Come khana ritengo che un gioco di ruolo (opportunamente focalizzato) possa avviare un processo di mimesi - e quindi di PARZIALE rivelazione della morale. La mia morale (e per evitare di parlare di cose astratte: la mia decisione di uccidere qualcuno in un live drammatico e denso, quale può essere un live jeepform) viene senza dubbio chiamata in gioco quando devo prendere una decisione "forte" (uccidere qualcuno); è tuttavia indebolito e filtrata in quanto non sono io, Michele, a prendere quella decisione, ma il mio PG. Si innesca così un riflesso che "umanizza" il PG, ma che avvicina il mio Io al PG. Ne risulta un MichelePG che non è né Michele né il PG, ma un qualcosa che mischia la libertà della mia morale alla sua necessità. (Libera perché la uso senza obblighi, necesseria perché viene usata IN FUNZIONE del mio personaggio, che è comunque UN'ALTRA PERSONA. Non lo percepiamo come "noi", ma come un'appendice che ci rassicura e ci realizza nelle scelte morali che gli facciamo compiere.)
E' un agire di riflesso, inconoscio e diretto; una morale a metà perché riflette, inequivocabilmente, i nostri indirizzi decisionali, ma non in modo puntuale. Ci permette di approfondire - ma con una riflessione che trascende l'elemento del giocato e rende la nostra azione applicabile in campo "universale" - e di riflettere su aspetti poco trattati (nel senso che, magari, noi stessi non ci pensiamo) della nostra moralità, mettendoli in gioco e sbattendoteli in faccia...ma si ferma lì.
Si limita a constatare, e in modo riflessivo, quindi parziale, proprio secondo il concetto di mimesis (imitazione) platonica.
leggere il giornale al massimo influenza la tua morale, ma di certo non la esprime.
parlare con gli amici... è un modo molto diretto, e la normale tendenza umana è mascherare la propria morale, su tanti argomenti. o comunque, sono argomenti è che imbarazzante portare a conversazione.
andare alle manifestazioni? è immorale! (
)
Sicuro? Leggere il giornale influenza e in qualche modo la esprime. Quando ti indigni, ti esprimi.
Parlare con gli amici? Ni. N -> è verissimo quello che dici. I -> dipende con chi parli.
e che c'entrano le manifestazioni?

No. Vedi appunto la fan mail (darla e spenderla), vedi mille altre tecniche e metodologie presenti in altri gdr. Puoi benissimo fare scelte non legate ad un personaggio.
Credo siano scelte di ammirazione e di "sublime" (intenso nel senso kantiano).
Perché quando ti siede a guardare un film di Tarantino (Pulp Fiction, per citarne uno) ne provi ammirazione e ti diverti? O Kenshiro?
Perché vuoi emularli?
O perché esiste un "orrendo che affascina"? [.cit Edmund Burke]
Allo stesso modo prendere decisioni non-riguardanti il proprio PG ma il mondo di gioco-gli altri PG-chicchesia ricade nel discorso precedente. E' un'azione della nostra morale, ma calata in un contesto non-reale (per quanto forte sia il gioco...inconsciamente TUTTI sappiamo che è una fiction!) e che quindi perde il suo valore e diventa imprecisa e non puntuale. Un riflesso opaco della nostra vera morale; un po' la differenza tra l'immagine del mare in una cartolina e il mare visto con i propri occhi. A prima vista la situazione è di poco differente (il "mare" è sempre lì), ma a un'analisi più approfondita le differenza sono - a dir poco - abissali.
Rimango dell'idea che il GdR - o meglio, alcuni GdR - sia un'ottimo modo per esprimere - anche involontariamente - le proprie azioni morali, cosa che avverrà, però, attraverso un processo di mimesis. Conosciamo meglio un'altra persona quando ci abbiamo giocato assieme? Ni, quindi.
Il miglior modo di conoscere la proprio moralità (sempre che ne esista una, e preso atto del fatto che non è "unicum" immobile ma un qualcosa in costante divenire) è mettersi in gioco, e senza filtri.
Il GdR è un filtro, perché è una fiction.
Riflettere su un libro, leggere un giornale, discutere con amici e non, prendere decisioni (ma quest'ultimo è un passaggio obbligato, in quanto tutti siamo "condannati" a scegliere) sono le prime cose che mi vengono in mente.
P.S. Perdonate il post scandaloso, ma sto leggendo l'Essere e il Nulla, e quindi divento inevitabilmente palloso
