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Vincent Baker (e non Lehman) su "RPG e non RPG"
Mattia Bulgarelli:
--- Citazione da: rgrassi - 2012-04-11 10:50:10 ---Perchè per me, che ho un approccio 'autoriale' alla generazione di fiction, l'interpretazione (che non sono in grado di fare perchè sono scarsissimo a recitare e perchè non ho ancora incontrato un gioco che possa usare l'interpretazione in maniera unica ed univoca per poter integrare una meccanica di gioco) si tramuta in qualità e quantità di "frasi di gioco" che faccio sulla fiction e che coinvolgono il personaggio da me guidato.
--- Termina citazione ---
L'assoluta mancanza di AP mi rende questa frase assolutamente incomprensibile. ?___?
Davide Losito - ( Khana ):
"interpretazione" è una di quelle parole che ogni volta genera 150 pagine di flame sulla sua... interpretazione :D:D
In questo caso non è sinonimo di "recitare".
Roleplaying non presuppone il "recitare", presuppone il "pensare dal punto di vista di un ruolo differente dal proprio".
Si può tranquillamente roleplayare in terza persona.
Mauro:
--- Citazione da: rgrassi - 2012-04-11 10:50:10 ---Baker non è Jesus è può dire ca***te anche lui
--- Termina citazione ---
Sì, certo; il mio punto è proprio che la definizione di Baker per me manca di un pezzo.
--- Citazione ---Il resto, system che supporta ed altre cose sono best practice di design. Non sono vincolanti al fatto che parliamo di rpg, nel senso che ad un occhio attento ci sono e si possono identificare, ma i giocatori possono anche fregarsene
--- Termina citazione ---
Se parliamo di percezione posso essere d'accordo, ma non se parliamo di presenza: se non ci sono meccaniche che spingono all'impegno verso il personaggio e lo supportano, perché dovrei interpretare? Nel gioco non c'è nulla che mi spinga a interpretare un ruolo, quindi il regolamento non mi porta a giocare di ruolo, se lo faccio è una cosa mia. Come se a Monopoli mi gioco il dialogo con l'impiegato dell'albergo: posso farlo, non viola nessuna regola, ma è una scelta mia, non qualcosa di stimolato e supportato dal regolamento.
Se quindi il discorso è "Non è necessario che il giocatore lo sappia", sono d'accordo; se invece è "Non è necessario che ci sia", no.
Matteo: In Magic quel centauro è tanto evocato quanto il mostro in un combattimento di D&D 4ª: in entrambi posso considerarli semplicemente pedine, ma di fatto sono lì e devo accettare che siano lì, per giocare.
Prendi Magic: Ti attacco [tappo la creatura], ti colpisco [non pari], ti faccio tre danni [guardo la forza della creatura].
Prendi Martelli da Guerra: Ti attacco [tiro il dado], ti colpisco [riesco nel tiro], ti faccio tre danni [tiro i dadi].
Entrambi possono essere giocati così (sono esempi reali), ricordo diversi combattimenti di Martelli da Guerra che erano un "Attacco [tira dadi] Sono nove danni" "Provo a schivare [tira dadi] Non riesco. Ti attacco [tira dadi] Sono sei danni" e avanti così per tutto il combattimento, senza dare il minimo dettaglio.
Importanza degli eventi fittizi, in quel caso? Pari a quella che ha, in Magic, considerare l'evento fittizio "Il Viaggiatore ha evocato un centauro": si stabilisce che è capitato e lo si accetta, ma è finito lì.
Davvero: nessuna differenza, potrei non considerare evento fittizio l'evocazione del centauro tanto quanto la serie di attacchi. Un esterno avrebbe capito che erano combattimenti di Martelli da Guerra solo per i materiali (dadi, scheda, ecc.), non per gli eventi fittizi: non cambiava nulla da un combattimento in Magic, se non che in Martelli da Guerra posso guardarli dal punto di vista del mio personaggio.
La differenza è nelle regole; che in Magic non considerano il personaggio, mentre in Martelli da Guerra sì.
Il punto non è il singolo gioco, è la definizione: quello che sto dicendo è che non bastano gli eventi fittizi, ci deve anche essere un ruolo (roleplaying) interpretato (roleplaying), perché sia un roleplaying game. Se non c'è né role né playing... che roleplaying game è?
Secondo te basta che sia necessario creare eventi fittizi, anche senza personaggi e interpretazione (in senso lato: prima persona, terza persona, in personaggio, fuori personaggio... sto comunque giocando un personaggio), perché sia un gioco di ruolo?
Se giochiamo a un gioco in cui io dico come cresce un albero e ti descrivo la cosa (trasmettendoti l'evento fittizio della crescita di quell'albero e della sua forma), e tu mi descrivi come un evento naturale - sfruttando le caratteristiche che ho descritto - lo distrugge (trasmettendomi l'evento fittizio della distruzione), stiamo giocando di ruolo?
In quel gioco dell'albero dobbiamo immaginare gli eventi (se non immagini come cresce e com'è l'albero, non puoi distruggerlo seguendo le regole) e dobbiamo concordare che sono veri (se non concordi che l'albero cresce e diventa come ho detto, non hai elementi per fare la tua parte); è un gioco di ruolo?
Il mio punto è semplicemente che il gioco di ruolo ha, tra le sue caratteristiche, il Personaggio: se ho una situazione in un'ambientazione ("Siamo su Arda, c'è un terremoto") e la faccio evolvere con un sistema ("Tiro 2d6: 7+, il lago è stato inghiottito a causa del terremoto"), è un gioco di ruolo?
Se guardiamo al Big Model, un gioco di ruolo è questo:
Color * [System * [Situation = Character + Setting]]
Se non c'è il Personaggio, se non ha davvero peso, se il sistema ti dice d'ignorare quello che vuole, che gioco di ruolo è?
Mauro:
Giusto per evitare equivoci: poi, trovo sia una distinzione che lascia il tempo che trova. Gioco di ruolo, di carte, da tavolo, di narrazione... m'interessa meno di zero: se mi piace ci gioco, se non mi piace non ci gioco. E non ho nessun interesse a convincere qualcuno che un determinato gioco (non) è un gioco di ruolo, l'importante è avere gente con cui giocarci.
Intervengo solo per spiegare perché la definizione di Vincent non mi convince, non perché consideri particolarmente importante che ci sia una definizione di "gioco di ruolo".
Matteo Stendardi Turini:
Mi sono probabilmente espresso male, perché mi sembra che tu stia cercando di dimostrarmi una cosa di cui non sto parlando: io non sto parlando di "basta un evento fittizio o serve anche un personaggio", ma di "giocare ad alcuni giochi (es. Magic) non crea, nella mia testa, alcun tipo di fiction".
Da ciò che hai scritto, ho avuto l'impressione che tu stessi sottolineando solo una parte della definizione di Vincent, ossia "we have to create fictional stuff", ma lasciassi un po' da parte da parte la seconda, cioè "and we have to agree that, for gameplay purpose, it's true".
Da qui il discorso a cui ho accennato prima del gdr come comunicazione: se io a Magic non ho accettato di immaginare eventi fittizi corrispondenti alle mosse delle carte, sto giocando a un gioco paragonabile alla briscola, non ad Apocalypse World. Siccome Magic non ha alcun metodo che stimoli, rinforzi né (nemmeno) richieda la presenza di una fiction, si può giocare perfettamente senza; così, quando tu evochi il centauro 3/3 passa-foreste, nella mia mente non si forma l'immagine di un centauro piuttosto robusto evocato da uno stregone su una torre, ma partono i calcoli sul come poterti eliminare quella carta dalla plancia.
Quello che sto dicendo è che giocando a Magic non si crea alcun evento fittizio su cui concordare, a meno che non sia esplicitamente definito prima di giocare.
La differenza con il muovere una pedina di D&D3, secondo me, sta proprio nel fatto che in D&D3 questo accordo c'è fin dall'inizio.
Quindi, per rispondere alla domanda: non basta creare eventi fittizi, ma occorre anche essere d'accordo che quegli eventi siano, per scopi di gioco, reali.
PS: peraltro, non so come Vincent giochi a Lupus in tabula, ma se il gioco è lo stesso che faccio io, anche lì non si crea alcun tipo di fiction, e tutte le interazioni avvengono a livello di giocatori, esattamente come giocare a poker.
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