Autore Topic: Design, On Stage Donne & Giochi  (Letto 14378 volte)

Michele Gelli

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Design, On Stage Donne & Giochi
« il: 2009-03-28 18:54:15 »
Premessa 1: ho scritto questo messaggio per un altro forum, ma hanno bloccato la discussione immediatamente dopo per problemi legati ad altri utenti. Siccome ci avevo messo un sacco di energie a scriverlo e sono stato molto sollecitato da Claudia (che lo ha ritenuto molto interessante), lo posto anche qui. Non ho avuto modo di rivederlo con la cura che avrei voluto, e magari mi sono sfuggite alcune cose legate all’altro forum, e potrebbe anche parere che il discorso salti un po’ di palo in frasca, ma aveva senso nella discussione in corso. Il senso generale però dovrebbe essere chiaro comunque e potrebbe suscitare una interessante discussione qui.

Il post parlava di Design, On Stage Donne e Giochi. Inviterei soprattutto le fanciulle – soggetto di questo mio lungo pistolotto – ad esprimere la loro opinione.

Premessa 2: una nota metodologica. In questo messaggio verranno chiamati “numeri” quelli dedotti dall’esperienza empirica e “Numeri” quelli rilevati con un qualche criterio perlomeno passabile.

Premessa 3: Farei un chiarimento su un punto che in diversi fanno una enorme fatica a razionalizzare, cioè perché tutti i parpuzi che passavano di li “sono uguali”. E la cosa più “drammatica” è che non le vedano dei designer come Curte e Angiolillo.

Ora, io sono un grande credente del “system DOES matter”, ancora da prima che Forge esistesse. Sono il primo a dire che il “modello matematico” del mondo creato dalle regole di MdG è diverso da quello di D&D che è diversissimo da quello di CoC. E sono altrettanto il primo a dire che queste differenze inevitabilmente avranno delle ripercussioni sull’esperienza del gioco.
Dove i giochi sono “tutti uguali” è proprio nel voler creare un modello matematico del mondo e nell’impostare sopra a questo le procedure di gioco alla “mother, may I?”

Trascritto in “videogiochese”, che magari è un linguaggio più semplice della teoria ludica, direi che i “parpuzi” (o “giochi classici”, chiamateli come volete) sono tutti uguali esattamente come sono tutti uguali Half-life, Quake, Doom, Duke Nuke’em e tutti gli altri first person shooteri. Da un lato non è vero che sono tutti uguali, perché avranno grosse differenze nel physical engine, potranno anche avere grosse differenze nelle texture e nel “decor”. Ma da un lato sono TUTTI uguali nel senso che, stringi stringi, sempre first person shooter rimangono.

Premessa 4: su On Stage. Si scrive On Stage ma si legge “occasione sprecata”.

È stato un gioco che nel 1995 era avanti anni luce rispetto a TUTTI. Violava buona parte dei criteri di design di un parpuzio. Abbatteva il taboo della necessità del physical engine. Divideva il tempo in scene. Introduceva il concetto di “regia”.

Aveva anche i suoi bei problemi. Come ad esempio affidare la regia all’alea dell’asta (e non a criteri estetici). Creare solo strumenti di destrutturazione di una storia (le carte), e non di costruzione. Creava un traguardo (i personaggi hanno uno scopo) e chiedeva alla gente di non correre (di pensare alla storia). Non credo sia un caso che delle decine di On Stage a cui ho partecipato (e quasi mai come regista), parecchi fossero stati “driftati” in qualche maniera.

Ma nonostante tutto nel 1995 era in assoluto il “top” della tecnologia, la punta di diamante della ricerca.

E poi?

Dove sono i giochi che hanno raccolto il testimone di On Stage e sono andati oltre? Siamo nel 2009. Sono passati *14* anni. Possibile che in *14* anni un gioco che ha avuto intuizioni tanto geniali non abbia stimolato nessuno?

Se la memoria non mi inganna, Trollbabe è circa del 2000. Più o meno della stessa data Sorcerer. Sono giochi citati nei ringraziamenti / fonti di ispirazione praticamente di tutti i successivi giochi forgiti. In qualche anno si è andati da Trollbabe a Cani nella Vigna a Avventure in prima serata a Polaris.

Se On Stage ha avuto come conseguenza quella di far sedere la gente sul cucuzzolo della prima collinetta e darle l’illusione di essere arrivati sulla cima del mondo dove non c’erano altre montagne da scalare (tanto che ancora oggi, dopo 14 anni, viene citato come “top” della tecnologia, e non come pietra miliare nell’evoluzione), allora è stata una delle peggiori iatture che potessero capitare all’ambiente del design italiano.

La sensazione sarebbe come quella di aver visto l’arrivo di Tetris (che per la cronaca è dell’85 / 86, si parla del periodo di furore del Commodre 64 e dello ZX Spectrum) e nel 2000 (siamo già in tempi di PS2) dopo 14 anni vederlo ancora indicare come il top della tecnologia, e non come la pietra miliare che ha creato un intero genere di giochi.

Ed adesso veniamo alle donne nel GdR

Come sono arrivate le donne nei GdR? Posso dire che a fine anni 70 / primi anni 80 una donna a Lucca (e/o in una qualsiasi altra convention di giochi / fumetti) avrebbe fatto più notizia dell’atterraggio di un UFO. Quando arbitravi i tornei di D&D i tavoli con una donna erano talmente rari che i master se li litigavano, e questo succedeva ad ogni livello (dai cittadini ai nazionali).

SICURAMENTE WoD ha storicamente dato una grossa mano, ma  (qui parlo di numeri) solo dopo che lo si è iniziato a giocare live. Prima le percentuali, per quanto sensibilmente migliori di D&D, (segno che si era colpita una estetica ed alcune tematiche più “favorevoli” – ammesso e non concesso che Vampiri: the Masquerade ne abbia una) erano comunque in linea. Il che significa che il mettersi in costume e l’invenzione della posizione sociale della “profumiera” un suo qualche impatto lo devono avere avuto.

Un’altra causa è stato l’arrivo degli Shojo Manga (e/o il ritorno degli anime in tv) che ha portato nelle fumetterie e nei negozi specializzati una quantità di donne prima assolutamente inimmaginabile (e su questo qualche Numero ce l’ho), mettendo un pubblico potenzialmente sensibile a contatto di un ambiente dove si sapeva cosa fosse un gioco di ruolo.

Non mi sono accorto di una sensibile variazione legata all’uscita di OnStage. Col senno di poi posso dire che è storicamente sempre più facile coinvolgere le donne in iniziative che hanno un “je ne sais quais” di teatro (dove quelli rari sono gli uomini) che non in una cosa che coinvolga la gestione di una scheda che ha più numeri di un 740. Per cui OnStage sicuramente avrà beneficiato di questo fatto che vuole le donne più “sensibili” ai live che al gioco al tavolo. Per quanto non abbia Numeri in materia, non mi stupirei affatto se le associazioni di live avessero una componente femminile molto più forte di quella delle associazioni di gioco da tavolo.

Vediamo un poco perché secondo me è più facile mediamente che una donna possa giocare ad un nw che ad un parpuzio che passava di li.

[ulist]
  • C’è meno investimento iniziale: i manuali costano meno e richiedono meno tempo per essere studiati.
  • C’è meno rischio iniziale: il fatto che i manuali siano “economici” porta come conseguenza che è meno rischioso fare dei tentativi. È più facile dire a qualcuno “studiamoci AiPS e vediamo se ci piace (80 pag. formato A5)”  piuttosto che “studiamoci D&D4 e vediamo se ci piace (1000 pag. formato A4)”
  • Le regole sono più chiare: le procedure di gioco sono spiegate correttamente e nulla – o comunque molto meno -  viene lasciato a convenzioni inter-gruppo o alla struttura sociale. Ad esempio il fatto che in un Parpuzio il Master –avvalendosi della regola zero – possa alterare “ad minchiam” le regole in corsa, fa sì che la pressione sociale sul master possa alterare il corso delle regole al tavolo sia altissima. Che non è esattamente un buon modo di creare un clima rilassato.
  • È più facile trovare un gruppo, perché non si pretende che i nuovi membri debbano entrare a gamba tesa inserendosi nella delicata alchimia di una struttura sociale costruita con fatica, ma semplicemente debbano giocare assieme.
  • Nonostante parecchi giochi si prestino a campagne lunghe, quasi tutti possono chiudere unità narrative soddisfacenti in tempi ragionevoli (una manciata di serate).
  • [/ulist]

    Ma, a guardarci bene, queste sono ragioni abbastanza unisex (eccettuato il fatto che la sopportazione delle donne per numeri , tabelle & Co. è molto più bassa di quella degli uomini).

    C’è chi individua fra gli altri, come meriti di On Stage e vantaggi nel reclutamento di un pubblico femminile, «un'attenzione a personaggi con maggiori sfumature di genere rispetto al gdr classico, un approccio ironico che aiuta a giocare senza mettersi troppo in gioco». Mi dispiace ma non sono assolutamente d’accordo. Per come è strutturato, le uniche volte che ho visto On Stage creare una storia veramente bella è stato quando la si è giocata in maniera farsesca “demolendo” una storia esistente. Quando Otello era più interessato a mettere le mani sotto questa o quella gonna piuttosto che a perseguire una sua qualche vendetta, per capirci. Perché una storia per essere costruita avrebbe bisogno di una struttura, che non può sopravvivere – ad esempio – agli interventi che i giocatori (perseguendo “onestamente” gli interessi del loro personaggio) possono effettuare attraverso le carte.

    I veri motivi per cui le donne potrebbero preferire i nw (e trovarci le cose che imho hanno cercato nel WoD trovandole solo in parte sono queste):
[ulist]
  • Pongono meno attenzione a quello che i personaggi SANNO FARE, e più attenzione a quello che SONO ed HANNO DA RACCONTARE.
  • Creano una bella storia
  • Offrono una esperienza più coinvolgente ed emotivamente intensa[/ulist]

    Altro che non mettersi troppo in gioco!

    Per quanto effettivamente “La maschera ed il Volto” (ed. Proxima, 1992) sia – a mia conoscenza – l’unica rilevazione numerica fatta su un campione consistente (si parla di circa 1400 intervistati) e con un certo rigore, non fotografa il FENOMENO ma “quanto affermato dai giocatori di D&D che a tornei e convention hanno risposto ad un questionario”. Capisco che difficilmente si sarebbe potuto fare altrimenti, ma già allora questo campione era scarsamente rappresentativo del FENOMENO all’epoca, figuriamoci oggi (a quasi 20 anni di distanza).

    Su quanto la fotografia è datata: secondo “La maschera ed il Volto”  KataKumbas è conosciuto quasi dal 20% degli intervistati e nessuno conosce Vampiri (che però, ammesso e non concesso che fosse già uscito, sarebbe stato una delle ultimissime novità in America).

    Sul metodo di rilevazione: dei miei DUE gruppi di gioco abituali (una dozzina di persone), c’è uno zoccolo di gente che va alle convention (solo due verranno all’InterNosCon; 5 massimo hanno messo mai piede a ModCon; solo 4 sono andate a Lucca; A naso non più di cinque hanno mai partecipato ad un torneo – ma si parla sempre delle STESSE 5 – 6 persone) ma la maggior parte non va / è mai andata a mostre / convention / tornei per le più varie ragioni, sfuggendo in questo modo alla misurazione de “La maschera ed il volto”. Questa percentuale che già si attesterebbe ad un drammatico (“drammatico” per la attendibilità dei dati de “La maschera ed il volto”) al 50% andrebbe probabilmente a picco se la estendessi alle centinaia di persone con cui mi è capitato di giocare nella mie “carriera” (che anche fossero solo 200, rappresenterebbero una percentuale veramente notevole delle 1.400 di cui sopra).

    Questo premesso “La maschera ed il Volto” parla di un 7.4% di donne (che rispetto agli standard degli anni 80 era già un Successone – a la maiuscola non è un caso), contro il circa 30% dell’InterNosCon.
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Design, On Stage Donne & Giochi
« Risposta #1 il: 2009-03-28 19:58:23 »
Ti chiedo una delucidazione o due (posso, anche se femmina non sono? :P ).
Citazione
[cite]Postato da: MicheleGelli[/cite]Il che significa che il mettersi in costume e l’invenzione della posizione sociale della “profumiera” un suo qualche impatto lo devono avere avuto.

Non ho capito questo passaggio, per esempio.

Citazione
[cite]Postato da: MicheleGelli[/cite]la gestione di una scheda che ha più numeri di un 740

Adesso si chiama Modello UNICO. :P Ma il senso è chiaro. :P

Per il resto... Discorso vasto. Ci vedo almeno 2-3 argomenti interessanti, ma lascio ad altri (preferibilmente ALTRE) aprire le danze.
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Michele Gelli

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« Risposta #2 il: 2009-03-28 20:12:28 »
La "profumiera" è una definizione - credo di Niccolò - che descrive quelle ragazze che partecipano ai live di Vampiri per essere le "star" di un ambiente a prevalenza maschile ed avere la possibilità di farla annusare a tutti in una posizione sociale che non bolla questo atteggiamento come "zoccoleria"
« Ultima modifica: 2009-03-28 20:31:30 da MicheleGelli »
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Rafu

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« Risposta #3 il: 2009-03-28 20:40:36 »
Citazione
[cite]Postato da: MicheleGelli[/cite][p]è una definizione - credo di Niccolò[/p]


Dato il contenuto, mi stupirebbe se non fosse sua...

Design, On Stage Donne & Giochi
« Risposta #4 il: 2009-03-28 21:44:58 »
Citazione
Il senso generale però dovrebbe essere chiaro comunque e potrebbe suscitare una interessante discussione qui.


Con tutta franchezza, non credo.
Qui, dubito che si trovino facilmente persone che la pensino in maniera apprezzabilmente differente, al momento...

Design, On Stage Donne & Giochi
« Risposta #5 il: 2009-03-28 22:08:02 »
System.05 è un sistema che da On Stage ha attinto a piene mani.
Era il sistema precedente a Fragma che usavo per giocare ad Elar.
Non ho voglia ora di citare i commenti che il "gota" dei teorici di design italiani hanno fatto a System.05, perché a questo punto ritengo davvero più proficuo pensare che nessuno l'abbia mai letto veramente.
Fortunatamente, molto di Sys.05 è rimasto in Fragma ma la "leggerezza" della scheda di On Stage è più visibile in Memories of War, gioco a cui molte donne partecipano con gradevole partecipazione.
Specialmente quando faccio notare che le "scene", i Fotogrammi di Memoria, si possono anche giocare Live.

Quello che cambia invece -moltissimo- per una donna non sono le metodologie, o meglio non sono "solo" le metodologie... sono i contenuti che cambiano. La stragrande maggioranza della fiction scritta da un uomo ha contenuti che interessano ad un uomo. E questo è normale, perché l'estetica si materializza come (ri)conoscimento di contenuti in strutture comunicative.
Le donne inizieranno in massa a giocare ad un table top quando questi proporrano temi (e non Themes, sto pralando di setting e colore) che siano "femminilmente" (ri)conoscibili. E oltretutto, vanno scritti in un linguaggio "femminile".
Ci vuole tantissimo impegno di ricerca di linguaggio e di espressività scritta per poter produrre qualcosa che sia esteticamente appagante per una donna, senza contare che (sempre generalizzando tantissimo e me ne scuso con chi legge) sarebbe anche doveroso che l'autore che appare sul gioco sia egli stesso femminile... ho citato lo storico esempio degli Harmony, scritti praticamente tutti da autori uomini, con pseudonimi femminili.
Bisogna parlare di "cose-donna" con un "italiano-donna".

Approfitto brutalmente di questo post di Michele per segnalare che sto lavorando su un GdR che -vuole- essere portato "alle donne" e che sarà ambientato... negli anni '80. Se qualcuno/a è interessato a partecipare al design si faccia sentire.
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

Renato Ramonda

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« Risposta #6 il: 2009-03-28 22:14:41 »
Tanto per chiudere il capitolo "profumiera"... per quanto sembrasse plausibile come teoria... NON e' di Nik :)

L'ho sentita usare un paio di giorni fa in tv, ad esempio. Magari e' un parte un regionalismo, ma e' un termine che esiste... in particolare, dalla definizione di Michele manca l'aspetto (implicato dal termine) che... alla fine c'e' solo l'annusamento :)
« Ultima modifica: 2009-03-28 22:15:59 da renatoram »

Moreno Roncucci

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« Risposta #7 il: 2009-03-28 22:42:20 »
Citazione
[cite]Postato da: khana[/cite]p]Quello che cambia invece -moltissimo- per una donna non sono le metodologie, o meglio non sono "solo" le metodologie... sono i contenuti che cambiano. La stragrande maggioranza della fiction scritta da un uomo ha contenuti che interessano ad un uomo. E questo è normale, perché l'estetica si materializza come (ri)conoscimento di contenuti in strutture comunicative.
Le donne inizieranno in massa a giocare ad un table top quando questi proporrano temi (e non Themes, sto pralando di setting e colore) che siano "femminilmente" (ri)conoscibili.


Edwards ha dedicato gran parte del volume "Sex and Sorcery"" a questo argomento, in termini non limitati al solo gioco "sorcerer". All'epoca scatenò polemiche terrificanti (come sempre...  :) ), consiglio la lettura a chi è interessato all'argomento...
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Rafu

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« Risposta #8 il: 2009-03-28 22:45:41 »
A questo proposito, Moreno... Sono reperibili in Italia Sorcerer e le sue espansioni? Perché zio Ron proprio non si decide a farne una versione in PDF, mi pare...  ç_ç

Moreno Roncucci

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« Risposta #9 il: 2009-03-28 22:59:39 »
Tempo fa erano distribuiti da Alliance, tramite un accordo con la Key20 (infatti, all'epoca li avevo comprati in Italia, sia pure ordinandoli apposta), ma ultimamente la Key20 è in guai finanziari e probabilmente non sopravviverà. Non so se Edwards ha già trovato un distributore diverso per Sorcerer, ma attualmente l'unico suo gioco disponibile nel catalogo Alliance è ELFS.

Consiglio di ordinarli direttamente tramite il sito del gioco o meglio ancora tramite l'Indie RPGs un-store, le spese postali sono basse e se divise per quattro volumi, magari spendi comunque di meno che a prenderli qui.
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Rafu

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« Risposta #10 il: 2009-03-28 23:00:22 »
thx

Design, On Stage Donne & Giochi
« Risposta #11 il: 2009-03-28 23:01:49 »
Da Matteo:
>Qui, dubito che si trovino facilmente persone che la pensino in maniera apprezzabilmente differente, al momento...

Eccomi qua, portatore di un pensiero lievemente diverso! ;)

Dico subito che dietro il mio pseudonimo si cela l'identità anagrafica di Andrea Angiolino, classe 1966, nato e quasi sempre vissuto a Roma, appassionato giocatore non solo di ruolo. Non sono una fanciulla ma qualcosina da dire l'ho.

Da MicheleGelli:
>perché tutti i parpuzi che passavano di li “sono uguali”. E la cosa più “drammatica” è che non le vedano dei designer come Curte e Angiolillo.

Non ho problemi a vedere e capire perché li consideri tutti uguali. Nell'ambito di questo argomento, però, si parlava di come giochi diversi possano in potenziali giocatori (magari donne) stimolare la curiosità piuttosto che generare il timore di dover imparare nuove cose. In questo, attenzione che non conta tanto che i giochi siano sostanzialmente uguali o diversi. Conta che vengano percepiti come uguali o diversi da tali potenziali giocatori, così come all'università (Economia e Commercio) ci insegnavano che per capire il comportamento di un consumatore non conta la qualità reale di un prodotto ma la qualità percepita. E che due "giochi classici" possano essere percepiti come diversi da un giocatore o potenziale tale, magari privo dei più raffinati e moderni strumenti teorici, è un dato di fatto dimostrato se non altro dalla quantità di giochi diversi che si sono venduti in passato. Se diamo per scontato che non solo tutti i giochi classici siano uguali, ma che vengano anche percepiti come tali da chiunque, difficilmente possiamo a mio parere capire il comportamento di chi vi si accosta.

>Dove sono i giochi che hanno raccolto il testimone di On Stage e sono andati oltre? Siamo nel 2009. Sono passati *14* anni. Possibile che in *14* anni un gioco che ha avuto intuizioni tanto geniali non abbia stimolato nessuno?

Io credo che abbia stimolato molti. Qua ci sono espansioni, varianti e materiali aggiuntivi fatti da 70 persone oltre l'autore (se ho contato bene):
http://www.mclink.it/com/agonistika/giochidiruolo/exponsta.htm
La cosa formidabile, a mio parere, è che la pubblicazione è del 1995 mentre le prime espansioni fatte dai giocatori sono del... 1991! On Stage! è frutto di un lunghissimo collaudo. A settembre 1991 c'è stata a Gradara Ludens la prima presentazione pubblica e qualche settimana dopo sono arrivate all'autore le prime espansioni, preparate dai giocatori entusiasti che avevano partecipato all'evento. Onestamente credo che sia una cosa rara, tanto che ci sono più espansioni fatte dai giocatori per On Stage! che per tutti i miei gdr classici messi assieme (che saranno una mezza dozzina, credo).

Magari OS! ha quindi stimolato più a utilizzarlo (è un gioco molto flessibile rispetto alle possibili ambientazioni e anche agli utilizzi più o meno "live") che a sviluppare sistemi diversi da lui.

Comunque posso dire che di giochi ispirati a OS! ne ho visto più d'uno. Perfino un gioco narrativo... sulle partite di calcio! Devo anche dire che dal 1995 per vari anni Magic ha congelato il mondo editoriale italiano dei gdr. Avevo due supplementi in uscita con Stratelibri che sono usciti con parecchi anni di ritardo. Il gioco di punta che la Nexus stava preparando con Maggi/Nepitello/Pancino è rimasto inedito. Figuriamoci cose più sperimentali. Dal fermento creativo italiano di metà anni '90 attorno a On Stage! e affini sono uscite tante belle cose rimaste praticamente tutte inedite. Sono usciti Pathos, ne verranno fuori il Flying Circus e il Premio Gloria Sadun. Di figli diretti di OS! no, ma direi che in generale il mondo del gdr italiano non si è più ripreso dalla contrazione di metà anni '90. La Nexus è passata a fare giochi da tavolo, assai più redditizi anche perché facilmente traducibili in tutto il mondo. La Statelibri ha chiuso dopo che è venuto a mancare il fondatore, e ora che esiste di nuovo... fa giochi da tavolo anche lei. Le riviste di settore hanno chiuso. Certo c'è nuova linfa e anche ottima, ma insomma... Le dimensuioni mi paiono ridotte, purtroppo per tutti.

Infine è vero, OS! è un'occasione sprecata. Non è stato tradotto in altre lingue (come quasi nessun altro gdr di autore italiano, salvo rarissime eccezioni), e credo che se fosse accaduto avrebbe lasciato un segno maggiore. Altri che forse avrebbero potuto portare avanti il discorso hanno preferito battere altre strade. Però non è necessariamente un demerito del gioco o dell'autore, a mio personale parere. C'è anche tanta miopia in giro nel nostro ambiente, penso che tutti i presenti me ne possano dare atto: non è detto che tutti i potenziali nuovi designer abbiano saputo o voluto vedere cosa c'era di buono e utile dentro.

>Se On Stage ha avuto come conseguenza quella di far sedere la gente sul cucuzzolo della prima collinetta e darle l’illusione di essere arrivati sulla cima del mondo dove non c’erano altre montagne da scalare (tanto che ancora oggi, dopo 14 anni, viene citato come “top” della tecnologia, e non come pietra miliare nell’evoluzione), allora è stata una delle peggiori iatture che potessero capitare all’ambiente del design italiano.

Io mi accontenterei che venisse citato appunto come pietra miliare e come prima collinetta conquistata, e credo che lo meriti.

Credo poi anche che ancora oggi abbia qualcosa da dire, ma non penso certo che sia tuttora il top. Però per restare nella metafora (con cenni tra parentesi per evitrare equivoci) penso che i designer di allora, scalata quella montagnola e dopo che una serie di frane e slavine (fase di mercato Magic) li ha trattenuti chiusi nel rifugio per anni, alla fine piuttosto che scalare montagne anche più alte (ulteriori gdr) si siano dedicati ad attraversare mari, esplorare foreste e tutt'altro (gioco da tavolo, ricerca scientifica...) con maggiori soddisfazioni, più che pensare ancora ai monti. Onore e gloria ai nuovi scalatori, ce n'è certo di migliori tra loro, e perdonatemi se non faccio più giochi di rolo dal millennio scorso e preferisco fare giocherellini da tavolo.

Sul fatto che sia distruttivo di trame più che costruttivo, io ho esperienze diverse da quelle cui Michele ha assistito. Ricordo vicende molto belle nate dalla costrizione di un personaggio a stare in scena e da due battute improvvisate per giustificarlo, da cui una trama nuova e sorprendente in un già risaputo Amleto. Ma capisco che ciascuno abbia le sue, di esperienze. Del resto, è noto che non tutti i giochi innovativi vengono capiti subito nel loro vero spirito.

Sul discorso della partecipazione femminile, ero proprio io che citavo On Stage! perché l'ho vissuto come punto di svolta che nella mia esperienza personale mi ha fatto verificare un afflusso decisamente più massiccio di giocatrici.

Per i Numeri, premetto che giocare, arbitrare e diventare autori/autrici sono cose diverse e che richiedono impegno, e che farlo in pubblico (giocare e arbitrare in associazioni tornei e manifestazioni, diventare autori/autrici pubblicando anziché solo per far giocare gli amici) pure. Comunque, nella scarsità di Numeri sul tema, al di là delle mie impressioni e dei miei ricordi spero possano essere presi con la N questi pochissimi che ho raccolto:

- dei 64 giocatori (non registi, giocatori) che hanno partecipato al playtesting di On Stage! fino al momento della pubblicazione (1995) e che sono citati nei ringraziamenti sul frontespizio (chi ha il gioco può verificare), 22 sono donne. Più del 34%.

- dei 78 nomi riconoscibili al link che prima postavo su autori di espansioni e scenari per On Stage! (chi vuole può cliccare), oltre a quello dell'autore e a due pseudonimi che non so identificare, 16 sono femminili. Più del 20,5%.

Ora, ero di nuovo io che citavo La Maschera e il Volto come una foto del mondo italiano ai tempi del gdr classico, 1991 (credo sia quello l'anno della rilevazione - il libro è del 1992), pre-On Stage! - del resto appunto altri dati non ne abbiamo, credo. Ai tempi avevo delle giocatrici nei miei gruppi e c'erano figure pubbliche nel gdr italiano, ma in effetti poche: era un hobby piuttosto maschile. Rispetto al 7,4% ivi citato, comunque, le giocatrici di On Stage! che hanno partecipato al collaudo sono in percentuale più che quadrupla; quelle che sono diventate in qualche modo autrici (passo più arduo) quasi il triplo. Vero che probabilmente c'era una partecipazione femminile maggiore e non registrata dal questionario, compilato in un evento pubblico... Però appunto anche farsi autrici non è un passo da poco.

Sulle caratteristiche differenziali di On Stage! rispetto ai giochi classici che possono aver aiutato questo maggiore afflusso di giocatrici, riassumo quanto ho ipotizzato:
- Forse la maggiore ironia che aiuta a prendere il gioco meno sul serio e a sentirsi meno in imbarazzo a vestire i panni di una figura immaginaria.
- Forse il minore impegno richiesto: On Stage! si basa su sessioni autoconcluse, di durata ragionevole (un'ora e mezza / due) e assai di rado concatenate in una "campagna".
- Forse anche la grande flessibilità nelle ambientazioni, che consente di venire incontro a gusti letterari/mediatici più variegati con un unico gioco e quindi di raggiungere un pubblico più vasto (anche femminile).
- Forse l'attenzione da parte dell'autore di aver inserito, già nel modulo base, ruoli femminili ben delineati che hanno un proprio senso e non sono solo una copia dei ruoli maschili in cui è stata barrata una casella F anziché una M... Anche se, durante le partite, giocatrici in panni maschili e giocatori in panni femminili si vedono di frequente.
- Forse l'eleganza del sistema e quindi la facilità di approccio.
- O forse le caratteristiche di cui sopra, insieme  hanno più semplicemente consentito al gioco di raggiungere un pubblico nuovo e più ampio, anche più adulto e di conseguenza anche con relazioni interpersonali fra sessi più consolidate: e quindi con un maggior coinvolgimento di gruppi sociali completi di donne, più che di adolescenti con i loro spazi di attività separati.

Vedo che Michele è d'accordo su alcune (che cita anche come caratteristiche dei nw rispetto ai classici) e non su altre. Io ammetto che sono mie riflessioni a tavolino: magari sarà qualche giocatrice a dirci la sua.

Salutoni e grazie dell'ospitalità,

Andrea
« Ultima modifica: 2009-03-29 00:56:40 da Angiolillo »

Moreno Roncucci

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« Risposta #12 il: 2009-03-28 23:37:53 »
Citazione
[cite]Postato da: Angiolillo[/cite]Dico subito che dietro il mio pseudonimo si cela l'identità anagrafica di Andrea Angiolino, classe 1966


Sei più giovane di me? Cavolo, dai post che facevi su IHGG mi immaginavo qualcosa tipo il Numero Uno di Alan Ford...  =:-I

Io identifico una differenza fondamentale fra la PRESENTAZIONE delle innovazioni portate da On Stage e da quelle portate da autori come Edwards, Czege, Law, West e Baker, che secondo me spiega benissimo l'effetto diverso che hanno avuto a livello di seguiti.

On Stage si presenta da subito come qualcosa di DIVERSO dal gioco di ruolo: sulla scatola c'è scritto "gioco di interpretazione teatrale", e persino nella mailing list del flying circus si è discusso parecchio sul fatto che fosse considerabile un gdr o no. Non so cosa ne pensassero gli autori, ma per "l'opionione pubblica" quelle di On Stage non erano tanto "innovazioni" tanto "simpatiche peculiarità dovute all'ispirazione di tipo teatrale". Quando è uscito On Stage NESSUNO ha pensato, scritto o detto che quella struttura a scene potesse essere usata anche per esplorare dei dungeon. C'era il gdr "normale", e c'era On Stage che era una "curiosità a parte".
Partendo da una simile divisione, puoi fare anche 76 varianti di On Stage, ma non influisci minimamente sul game design dei "veri gdr": quelle rimangono 76 varianti di On Stage, "una cosa a parte".

Quando Edwards inizia a teorizzare il narrativismo nel 1999 (e poi il gioco a bangs, system does matter, etc.) ci va giù a muso duro sul gdr tradizionale. Non è MAI presentata come una "simpatica curiosità", ma come un effettiva innovazione, per fare più cose (o cose diverse) e MEGLIO. Da subito, è una rivoluzione, non una curiosità.

E' interessante vedere a questo proposito quando viene introdotta la "struttura a scene" in Avventure in Prima Serata (spiego cosa intendo con "struttura a scene: in TUTTI i gdr si gioca a scene, e c'è qualcuno che fa il framing delle scene. Parlo di "struttura a scene" quando questo framing invece di essere libero è regolamentato direttamente, come appunto in AiPS). Avventure in Prima Serata (Primetime Adventures) è del 2004. La rivoluzione è in atto da cinque anni, e da almeno 3 esce un gioco innovativo dietro l'altro, che rivoluziona e sconvolge l'idea stessa di cosa sia un gdr. Come per On Stage, l'idea di base prende spunto da un tipo di rappresentazione (i telefilm, invece che il teatro), ma subito il processo diverge.  AiPS può sin da subito basarsi su un substrato di tecniche che, quando Giuliano scrisse On Stage, erano completamente sconosciute, e in più l'autore fa parte di un gruppo che sta _rivoluzionando_ l'idea di gdr, e quindi il mollare "vacche sacre" è visto come positivo.  Basta vedere la competitività sottostante ad On Stage (l'asta, le carte, i punteggi, etc.) e confrontarlo con il meccanismo della fan mail per capire quanta acqua sia passata sotto i ponti dagli anni 90.

E invece di una curiosità a parte, AiPS diventa parte di un processo che non si ferma mai: i giochi ispirati da AipS sono diversissimi fra loro (Contenders, per esempio: GM-less e sul pugilato), non è un corpo estraneo come è stato On Stage.

Cosa sarebbe successo se On Stage fosse stato tradotto in Inglese? Beh, dal punto di vista della conoscenza del gioco e dell'autore, sarebbe stata una cosa indubbiamente positiva. Ma come influenza sul design dei gdr? Non sarebbe cambiato un tubo. Perchè anche in inglese sarebbe stata presentata come una "curiosità". E di "curiosità" nel mondo dei gdr ce ne sono sempre state. Sarebbe diventata una cosa tipo Everway, o Baron Munchausen, magari riscoperti anni dopo, quando certe tecniche sono riutilizzate in maniera rivoluzionaria, ma viste all'epoca come curiosità, perché presentate dagli stessi autori come tali.
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Michele Gelli

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Design, On Stage Donne & Giochi
« Risposta #13 il: 2009-03-28 23:51:59 »
Citazione
[cite]Postato da: Moreno Roncucci[/cite]On Stage si presenta da subito come qualcosa di DIVERSO dal gioco di ruolo: sulla scatola c'è scritto "gioco di interpretazione teatrale", e persino nella mailing list del flying circus si è discusso parecchio sul fatto che fosse considerabile un gdr o no. Non so cosa ne pensassero gli autori, ma per "l'opionione pubblica" quelle di On Stage non erano tanto "innovazioni" tanto "simpatiche peculiarità dovute all'ispirazione di tipo teatrale".


Ad essere precisi, la scatola riporta la dicitura "Metodo di improvvisazione teatrale nel mondo di William Shakespeare". Non compare neppure la parola "gioco" (se è per cuesto, curiosamente, non compare neppure nel retro della scatola).
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Michele Gelli - Narrattiva
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Design, On Stage Donne & Giochi
« Risposta #14 il: 2009-03-29 00:27:31 »
Ciao!

>Sei più giovane di me? Cavolo, dai post che facevi su IHGG mi immaginavo qualcosa tipo il Numero Uno di Alan Ford... =:-I

Vero... è che sono vecchio dentro! ;) Sarà che ho visto cose che voi umani... lasciamo stare, va'.

Moreno:
>On Stage si presenta da subito come qualcosa di DIVERSO dal gioco di ruolo: sulla scatola c'è scritto "gioco di interpretazione teatrale", e persino nella mailing list del flying circus si è discusso parecchio sul fatto che fosse considerabile un gdr o no. Non so cosa ne pensassero gli autori

L'autore, uno solo, Luca Giuliano.

Michele:
>Ad essere precisi, la scatola riporta la dicitura "Metodo di improvvisazione teatrale nel mondo di William Shakespeare". Non compare neppure la parola "gioco" (se è per cuesto, curiosamente, non compare neppure nel retro della scatola).

Anche se sul retro, nel riquadrino dei materiali, appare due volte la parola "giocare".

Direi che il discorso è duplice. Da un lato c'era l'intenzione dell'autore di esplorare nuovi territori, come appunto quello del teatro. Ambienti diversi dal nostro, magari autorappresentantisi come più adulti (e magari lo erano davvero), dove la parola "gioco" poteva forse suscitare reazioni iniziali di rifiuto. Da qui quello che c'è, e non c'è, sulla scatola.

Però, appena apri il manuale, mica c'è scritto "simpatica curiosità": la prima frase in assoluto che leggi è "Il primo gioco di ruolo italiano senza dadi". Non poco, come rivendicazione, se parliamo di atteggiamento a muso duro. Intanto, a chi non si ferma all'involucro, On Stage! si rivendica come gioco di ruolo. E poi butta lì subito "senza dadi". Il che non vuole significare "che non ha i dadi perché usa qualcos'altro al posto dei dadi e avrebbe anche potuto usare dei dadi con il medesimo effetto": in quel senso non sarebbe stato il primo gdr italiano "senza dadi", ma nemmeno il primo di quello stesso autore, dato che con Luca Giuliano avevamo già pubblicato C.Y.B. nel 1991 che usava un mazzo di carte da poker per la risoluzione delle azioni (in fondo utilizzato in maniera non troppo diversa da un normale dado a 54 facce, almeno in prima battuta). On Stage! invece si presenta immediatamente a chi lo apre proprio come il primo gioco di ruolo in cui le azioni si risolvono senza l'intervento del caso. Poi ne sono arrivati altri (vedi per esempio "La regola del gioco" di Perez e Maraziti l'anno dopo, a proposito di influenze e discendenze e scuole - Perez è stato un pioniere dell'On Stage! veramente teatrale), ma questo è successo poi.

Inoltre l'accoglienza da parte del mondo del gdr italiano è stata esattamente quella che un gioco di ruolo (non un gioco da tavolo e nemmeno un metodo teatrale non giocoso) poteva attendersi. L'editore che lo ha pubblicato è la DaS, editore di giochi di ruolo (e di qualche gioco da tavolo) che lo ha fatto illustrare a Paolo Parente, all'epoca tra gli illustratori di gdr più in voga in Italia. Kaos, rivista dedicata ai giochi di ruolo, lo ha recensito e ha pubblicato moduli per On Stage! La collana di giochi vari I Giochi del Duemila ne ha pubblicato tre espansioni e le ha messe tutte e tre nella sezione DuemilaRuoli e non in altre sezioni. A Lucca Games (non a Lucca Theatres) On Stage! aveva il suo spazio e il suo folto pubblico, e ha vinto il Best of Show. Nella mia città i negozianti specializzati in gioco di ruolo (ma non in copioni teatrali) lo tenevano a scaffale... Eccetera, eccetera, eccetera. Non credo che il grosso dell'opinione pubblica del settore abbia avuto molti dubbi sul fatto che fosse un gioco di ruolo, anche se con caratteristiche assai insolite e innovative.

A confermarlo anche le varie espansioni prodotte dai giocatori spontaneamente: da subito di va dall'horror al fantasy, dalla fantascienza alle leggende... Si attinge a letteratura, cinema, fumetto e quant'altro. Anche teatro, ma tutto sommato marginalmente. Idem per quanto riguarda le espansioni ufficiali che da subito riprendono le favole, i film di Sergio Leone, il ciclo di Re Artù. Eppure in tutti questi casi si continua a giocare con un sistema di atti e di scene. Segno che la nostra "opinione pubblica" ha preso il meccanismo di On Stage! come un sistema di gioco universale per gdr di ogni ambientazione, e non appunto come un metodo schiettamente teatrale con peculiarità fortuite legate proprio al riferimento teatrale, di cui sbarazzarsi non appena ci si distacca da Shakespeare.

Insomma, quella del "metodo di improvvisazione teatrale" era una maschera per il mondo esterno voluta dall'autore rispetto alle sue finalità di espansione fuori dell'ambiente (e di percorsi curiosi ne ha fatti, On Stage!) in quel momento, assecondata peraltro dall'editore. I giocatori lo hanno per lo più riconosciuto per quel che era: un gioco di ruolo innovativo. Salvo qualche disquisizione teorica che però mi è sempre parsa minoritaria.

>Non sarebbe cambiato un tubo. Perchè anche in inglese sarebbe stata presentata come una "curiosità".

Non è detto. Almeno, se per presentazione intendi che ci sarebbe stato scritto "Metodo di improvvisazione teatrale" in inglese sulla scatola al posto di RPG... Ne dubito assai. Credo che l'uso di una dicitura piuttosto che l'altra sarebbe dipeso dalle finalità dell'autore e dalle scelte di tutt'altro editore su tutt'altro mercato, e non so se si sarebbe confermata la stessa usata in Italia. E poi in inglese "play" sta sia per giocare che per recitare, "role" è termine teatrale quanto giocodiruolistico... La dicotomia linguistica (ma anche concettuale) sarebbe comunque stata minore. Ma ripeto che secondo me non è la dicitura sulla scatola ad aver fatto la differenza.

In quanto all'accoglienza del pubblico e della critica, beh... Aimé sapremo mai cosa sarebbe successo, perché non è successo. Io non so dirlo con sicurezza.
« Ultima modifica: 2009-03-29 00:59:27 da Angiolillo »

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