Credo che Odifreddi abbia descritto solo una parte della questione, ossia quella in cui le storie vengono propinate a masse bovine come pastoni ai maiali - e rientrano in questo campo la pubblicità (anche se non tutta), i discorsi propagandistici dei politici e dei religiosi, le serie televisive da un tanto al chilo, i romanzi fuori dalla grazia di dio.
In questa situazione, con storie senza costrutto o palesemente faziose e un popolo massificato e bove, sì, sono convinto che le narrazioni di fantasia contibuiscano a predisporre un terreno di semina facile all'attecchimento di discorsi dallo scopo ben peggiore, soprattutto se il bombardamento inizia ad avvenire in tenera età.
Ma poi c'è la seconda parte, ossia quella in cui il popolo bove si scompone in singoli individui dotati di una propria autonomia intellettuale, interesse e curiosità critica verso il mondo e i suoi fenomeni, e quindi portati all'analisi competente di ciò che vedono. In questo secondo caso, le storie di fantasia possono aiutare a comprendere la natura umana esattamente così come le scoperte scientifiche possono aiutare a capire la natura fisica del mondo.
Intendo: sono storie di fantasia quelle di Joyce, di Pirandello, di Fo, di Dostoevskyj e Goethe, ma ciascuna di questa permette di avere piccole (o a volte anche grandi) intuizioni e rivelazioni su un determinato angolo di se stessi, e quindi hanno, a parer mio, esattamente l'effetto opposto rispetto a quello denunciato da Odifreddi.
[Ho utilizzato "grandi nomi" solo per comodità retorica, ma questa considerazione è vera anche per la letteratura di genere, naturalmente. Come per sopra, comunque, perlopiù dipende dalla qualità letteraria dell'autore in esame.]
Naturalmente fra il fruitore bove e il lettore critico e informato passa un mare che comprende qualsiasi grado intermedio, e mi rendo d'altra parte conto che, a livello quantitativo, probabilmente il primo ha rappresentaza molto superiore al secondo.
Se Odifreddi, quindi, si riferisce sostanzialmente al lato sociale della questione (ossia prendendo in considerazione masse e grandi numeri), tendo a concordare. In Italia il discorso è più facilmente scomponibile, ma in zone culturalmente più arretrate (penso ad esempio alle favelas brasiliane, o a molte aree dell'Africa o del Sud America) è innegabile che le visioni fantastiche della chiesa (ad esempio) abbiano avuto forti influenze sulle scelte di vita delle masse di persone in senso anti-scientifico - basti pensare al preservativo in Africa.
Quando però scrive: "Bisognerebbe fruire dei romanzi, dei film e della tv cum grano salis. Cioè, a pizzichi da spargere sul piatto forte della scienza per insaporire la vita.", non riesco a concordare del tutto, perché ho l'impressione che escluda dal conto proprio quelle persone intellettualmente indipendenti di cui sopra, per le quali le narrazioni di fantasia possono assumere un valore catartico ed epifanico e quindi - in definitiva - portare ad un miglioramento oggettivo della qualità della vita e ad un contrasto attivo proprio di quei meccanismi messi in luce da Odifreddi nell'articolo.
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Per qunato riguarda i gdr specificamente, penso che Moreno abbia centrato il punto quando mette in luce come le meccaniche (e le loro interazioni) possano conferire al gioco significati particolari.
Penso però che non si differenzino, in questo, da qualsiasi altro tipo di storia, e che quindi, come sopra, la parte fondamentale della questione sia di nuovo il pubblico, ossia se i giocatori siano intellettualmente autonomi e comprendano i meccanismi di fondo del gioco, oppure se siano fruitori passivi.
D'altra parte, i gdr sono un'attività meno pervasiva di molte altre, e s'inserisce all'interno di un contesto di vita in cui le opinioni del singolo tendono ad essere già formate e - spesso - anche granitiche. Non so se sia una caratteristica dell'attività in sé (non credo) o solo la conseguenza di una serie di fattori storico-culturali (le avanguardie tendono ad essere sempre più lucide delle masse che arriveranno dopo), ma mi pare che la situazione attuale sia questa.