Autore Topic: Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]  (Letto 18925 volte)

Leonardo

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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #60 il: 2010-06-02 08:59:51 »
Io mi sono reso conto di avere anche un altro dubbio. Non è che in fondo la letteratura di narrativa è, in sé e per sé, intrinsecamente escapista? Per parlare di argomenti in qualche modo concernenti la realtà del mondo, attuali o meno che siano, così come anche per parlare della natura umana, non è strettamente necessario ricorrere a romanzi, novelle, o altre forme di finzione. Al giorno d'oggi le librerie sono piene di saggi e opere di divulgazione. In fin dei conti se sono interessato al fenomeno delle Private Military Companies non è che vedere Route Irish di Ken Loach sia preferibile a leggersi Big Boy Rules, Blackwater: The Rise of The Most Powerful Mercenary Army o The Market for Force (tanto per fare alcuni esempi). Quindi dove è che si stabilisce il limite tra letteratura escapista e letteratura che tale non è?

Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #61 il: 2010-06-02 15:00:46 »
Leonardo, perdonami, ma hai completamente ribaltato il concetto stesso di esapismo.
Ribadisco che Farenheit 451 e il libro per eccellenza che parla degli effetti dell'escapismo sulle masse. Ed è un romanzo.

Citazione
[cite]Autore: Leonardo[/cite]Quindi dove è che si stabilisce il limite tra letteratura escapista e letteratura che tale non è?

La letteratura NON è escapista. Per definizione. Perché la letteratura ha sempre un messaggio e questo messaggio è sempre riferito alla natura umana e serve per "guardarsi dentro".
Esiste un errore storico di fondo che fa risalire l'escapismo a tutto ciò che è distacco dal lavoro produttivo.
Questa cultura (di non difficile identificazione) non è mai riuscita a dare un vero ruolo o un valore all'arte, riconducendolo sempre e solo ad una forma negativa alienante e generatrice di dipendenze.
All'atto pratico questa cultura è riuscita a produrre solo controllo dei medium e arte sociale: veicolo e strumento del controllo sulle masse. Ossia escapismo nel vero senso del termine. Non si può sempre e solo usare il materialismo storico per analizzare le cose. E' uno strumento di analisi socio-ecnomica, con le forme artistiche ed espressive non c'entra niente.

E' da 15.000 anni che l'uomo si inventa storie. Lo fa per insegnare, per condividere la propria umanità, per comunicare messaggi emotivi e per confrontarsi. E' innato. Fa parte di noi.
A mio avviso è paradossale che qualcuno che gioca di ruolo critichi di escapismo una qualsiasi forma espressiva, perché il gioco di ruolo è considerata la prima e principale forma di escapismo, proprio da questa cultura e da chi si è "inventato" questi concetti.
Il fatto che si "ruoli" A Flower for Mara o che si "ruoli" Word of Warcraft non fa nessuna differenza in termini di escapismo: stai comunque impersonificando un alterità, un diverso da te, un qualcosa d'altro che non esiste e non esisterà mai perché è fiction.
Dal momento che riesci a collegare questo tuo "ruolare" a fatti e situazioni che -TI- riguardano, non è escapismo.
E questa, insisto, è una capacità del giocatore, non del gioco, dell'autore o dello scenario. Perché se sto ruolando fatti che lo scenario mi impone e non sto parlando di "ciò che riguarda me", è comunque escapismo.

L'escapismo è rifuguarsi nella fiction per non pensare ai propri problemi. Non confondiamo il "non saper affrontare la realtà" con fatti di cronaca... non c'entra con l'escapismo; si è escapisti quando si trovano modi per evitare di pensare alla propria condizione sociale, quindi al sé riferito e calato in un contesto sociale che non si accetta.
Ma qualcuno avrebbe il coraggio di dire a Sartre che è escapista?
Escapismo e idealismo non sono sinonimi, nemmeno escapismo ed esistenzialismo sono sinonimi e non sono sinonimi neanche escapismo e fantasia.

Forse comincio a capire perché ogni tanto si vendono riferimenti negativi e giudizi negativi alla CA Simulazionista... che viene confusa per escapista. Io non sono di questo avviso.
Shakespear non è escapista, neanche nel Sogno di Una Notte di Mezza Estate.
Ma a pensarci bene, nemmeno Avatar è escapista. Il messaggio è chiaro e forte, magari banale, ma è lì e si vede, in tutta la sua celeste imponenza.
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

Moreno Roncucci

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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #62 il: 2010-06-02 16:06:16 »
Personalmente, credo che la confusione sia fra il "fuggire dalla realtà" e "l'uscire dai limiti della mia esperienza"

La letteratura, il cinema, il teatro, la pittura, l'arte in generale fanno per loro natura la seconda cosa: nella forma più banale ti fanno vedere com'è fatto un Canguro anche se non hai mai visto in vita tua, ti danno notizie, informazioni e magari propaganda. Ma possono fare molto di più: ti possono far capire come pensano altre persone, i loro punti di vista, possono espandere in maniera enorme il range delle tue percezioni.   Concordo con chi parla (non mi ricordo di chi è la frase, scusate) dell'analfabetismo (di andata e di ritorno) o di una vita senza questo tipo di interfacciamento con la produzione artistica di altre persone, come della mancanza di un organo di senso. Come essere ciechi, o sordi, ti manca uno dei mezzi più importanti per percepire la realtà. Come un cieco per "vedere" le facce deve toccarle, così un analfabeta per conoscere i pensieri di altre persone deve andare a "toccarle personalmente" parlando con loro una per una. Gli manca un organo di senso.

E questo lo fa OGNI opera.

l'Escapismo è un altra cosa.  E' "il non voler pensare".  (non concordo molto con la definizione che ne ha dato Khana: se leggi della guerra arabo-israeliana di sicuro non pensi ai tuoi problemi, ma non è certo escapismo...).

Ma in questa discussione abbiamo incrociato un po'  i flussi. Un po' tutti (io compreso) abbiamo usato escapismo e fantasia come parole-jolly che potevano significare un po' tutto, e probabilmente avremmo fatto meglio a specificare maggiormente.

Per esempio, una delle differenze di cui volevo parlare in uno di questi thread (anche se magari non in questo) era la differenza fra il Conan di Robert E, Howard e quello di De Camp.  E di come secondo me solo il secondo è escapismo. Ma mi rendo conto che usare "escapismo" in questa differenziazione provoca solo confusione, dovrei parlare magari di forme di wish-fullfillment.

Ma qui andiamo più sulla risposta a Fenna, che vado a scrivere...
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Mauro

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« Risposta #63 il: 2010-06-02 16:18:17 »
Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]se leggi della guerra arabo-israeliana di sicuro non pensi ai tuoi problemi, ma non è certo escapismo

Credo sia un concetto diverso: khana ha detto che l'escapismo "è rifugiarsi nella fiction per non pensare ai propri problemi"; leggere della guerra arabo-israeliana non è né rifugiarsi nella fiction, né un modo per non pensare ai propri problemi (di norma; chi lo fa, tra quelli che conosco, lo fa per altri motivi).
Per come ho capito, il discorso è piú che altro l'usare le storie come un mezzo per fuggire dai propri problemi (e io pongo la distinzione tra "fuggire" e "prendersi una pausa": se leggo un libro per non pensare per dieci minuti ai miei problemi, non è escapismo, è rilassarsi un attimo); quello di cui parli tu nel pezzo citato mi pare piú che altro leggere qualcosa che non ha l'effetto di farti pensare ai tuoi problemi, ma è un concetto diverso.
Ora non ho il libro (Albero e Foglia) sottomano, ma Tolkien in tal senso distingueva l'evasione del prigioniero dalla fuga del disertore.

Moreno Roncucci

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« Risposta #64 il: 2010-06-02 16:47:12 »
Citazione
[cite]Autore: khana[/cite]
Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite][p]Come mai nessuno ha citato la scelta di Moore?[/p]
[p]Perché non c'è molto da commentare, secondo me. Ha preso una scelta, anche artistica e non mi pare che il mondo ne abbia "perso".
Comunque non mi pare che V for Vendetta sia avulso da "calzamaglie"...[/p]


Rileggendo il thread mi sono accorto che nonm avevo risposto a questa.

V for Vendetta è del 1982 (almeno la concezione della storia e la pubblicazione su Warriow, anche se gli ultimissimi episodi sono stati disegnati molto dopo). Precedente a Watchmen.
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Leonardo

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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #65 il: 2010-06-02 17:03:10 »
Citazione
[cite]Autore: khana[/cite]Leonardo, perdonami, ma hai completamente ribaltato il concetto stesso di esapismo.


Lo so che è quello che ho fatto e sono essenzialmente d'accordo con la tua risposta. Forse non risultava chiaro dal post, ma il mio era un tentativo di ragionare "per assurdo" portando alle estreme conseguenze (anche un po' provocatoriamente) quelle parti dell'opinione di Moreno che non mi trovo a condividere (sempre se ho capito quello che intende).

Moreno Roncucci

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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #66 il: 2010-06-02 17:20:36 »
Citazione
[cite]Autore: fenna[/cite][p]Poi ci sono due livelli di critica a che ho capito e sono la parte interessante del topic. Ti chiedo conferma prima di andare avanti, quindi espongo i punti, poi passo alla critica.
Livello 1
Il perché il lettore legge fantasy o fantascienza, che tu per farla brutalmente breve identifichi con -> fuga dalla realtà. Perché qualcuno legge fantasy? Per quel motivo li. A questo hai collegato il discorso su Moore e il comportamento dei suoi lettori quando ha iniziato a scrivere altro rispetto agli uomini in calzamaglia;
Livello 2
Per parlare di certe cose, di altre cose, serve un lettore che lo voglia veramente.[/p][p]Aspetto la vidimazione per capire se sono i punti su cui posso ragionare o c'è altro.[/p]


La prendo alla lontana.  

A cosa serviva questo topic?

Parte dal topic sul wish-fullfillment. Che toccava diversi temi che mi stanno a cuore. Volevo quindi dare il via ad una SERIE di thread che li affrontasse.
Alcuni di quest temi (non mi sono fatto una lista, pensavo di affrontarli man mano che mi venivano in mente, quindi qualcuno lo dimentico di sicuro):
- la differenza fra "story now" e "right to dream" dal punto di vista del "mettersi in gioco", e conseguente a questo (anche se non è la stessa cosa), il gdr come entertainment e come attività creativa.
- Perchè i roleplayers fuggono da qualunque cosa di "reale" nelle loro storie fino ad arrivare a livelli di cui essi stessi ridono (vedere innumerevoli vignette online su chi vuole giocare un ninja a CoC o persino in Steal Away Jordan), e perchè c'è questa idea che "più fantasy/sf c'è, più ci si diverte"
- Perchè c'è questa idea che la realtà renda pallose le storie, quando l'esperienza quotidiana di tutti dice il contrario: le storie preferite e ricordate non sono praticamente mai, dopo una certa età, quelle puramente escapiste.
- L'escapismo come illusione e inganno, reclame, per vendere prodotti.
- Perchè la fuga della realtà rende il gdr un genere di intrattenimento, e non una forma espressiva. E viceversa, per essere una forma espressiva, deve potersi occupare della realtà.
- Perchè mai giocare giocare un personaggio "figo" dovrebbe farti sentire "figo", quanto l'esperienza insegna che poi, collettivamente, chi lo fa poi si autorappresenta come uno sfigato, vergognandosi come dopo essersi masturbato. E perchè mai giocare un personaggio "sfigato" dovrebbe farti sentire sfigato, quando è ovvio che non è così. (e corollario: "quante balle ci propina la pubblicità")
- Onestà al tavolo e paura di dire come la pensi.
- Come si fa a fare story now quando qualcuno al tavolo vuole solo sfogarsi uccidendo coboldi? (e la differenza fra il gamismo - mettersi in gioco vedendo se sei bravo, magari uccidendo coboldi - e la soddisfazione garantita "GM, voglio ammazzare almeno 400 coboldi, mettiti al lavoro e fammi godere"). Il GM è il mestiere più antico del mondo?
e così via, probabilmente potrei andare avanti  ancora un'altra pagina.  I temi continuavano a venire fuori da quel thread e altri.

Ma non da questo. Che era solo la premessa del discorso. Serviva a riconoscere, e a far vedere, l'esistenza di un limite che il gdr aveva ancora paura a superare, tranne rarissime eccezioni.  Solo che a vedere come questi temi negli altri thread saltavano fuori mentre qui ci si è chiusi a riccio a difendere il fantasy e la sf, mi sono reso conto che non è ancora ora.  Questo è un tema da rimandare a tempi migliori (si spera)

Tornando alla tua domanda:

Citazione
[cite]Autore: fenna[/cite]Livello 1
Il perché il lettore legge fantasy o fantascienza, che tu per farla brutalmente breve identifichi con -> fuga dalla realtà. Perché qualcuno legge fantasy? Per quel motivo li. A questo hai collegato il discorso su Moore e il comportamento dei suoi lettori quando ha iniziato a scrivere altro rispetto agli uomini in calzamaglia;


No. Fantasy e sf non vuol dure automaticamente fuga dalla realtà. Lo vuol dire per molti lettori. Per troppi lettori. Per questo sono generi letteralmente affogati nella merda, molto al di là delle percentuali di Sturgeon, e ho smesso di leggerle perchè ormai era peggio che cercare un ago in un pagliaio. Sono due generi praticamente ammazzati da orde di lettori che, detta schietta, "non hanno capito un " di che cos'erano veramente questi due generi, e li hanno ridotti a poco più che pornazzi che invece delle tette e uccelli hanno spadoni e elfi (tutti rigorosamente presi da D&D).

Ma ho troppi libri di fantasy e sf in casa che smentiscono l'idea che siano puro escapismo. Come farei a sostenere la vista di "Mattatoio 5", "Davy, l'Eretico" e il Signore degli Anelli che mi osservano dalla libreria?

Citazione
[cite]Autore: fenna[/cite]Livello 2
Per parlare di certe cose, di altre cose, serve un lettore che lo voglia veramente.


Questo sì. Questo è uno degli aspetti del Limite di cui ti parlavo.

La forza, e la dannazione, della sf è che riesce a parlare della realtà attuale (quella del lettore) senza farsi scoprire. Ci è riuscita così bene che purtroppo un sacco di lettori non l'hanno mai capito e pensano che se parla della realtà, non è più sf.

Per quanto "a fin di bene", questo inganno è ancora un inganno.  E ha dei limiti.  

Per superarli, devi poter dire al lettore "OK, questa non è fantascienza, va bene lo stesso?"

Il lettore, a quel punto, è in grado di superare il terrificante panico che sente di fronte a queste parole, o scappa terrorizzato? E se lo fa, non è un limite?

(sto ancora generalizzando di brutto, molti lettori lo superano o non sentono proprio alcun terrore. Quello che mi preoccupa ai fini di questo thread è che se andassimo a vedere quanti di questi lettori giocano ai gdr, li troveremmo quasi tutti fra quelli che scappano...)

Ma come ho detto, questo thread è praticamente fallito, non lo chiudo subito per dare a tutti la possibilità di postare le loro ultime considerazioni, ma non si è mai nemmeno avvicinato allo scopo originario.
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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #67 il: 2010-06-02 18:25:36 »
Anzitutto grazie.
Quello che volevo capire era dove volesse andare il tuo discorso per non perdermi, in effetti non erano tanto domande.

Il punto non credo che sia mai girato attorno al tanti o pochi, alla letteratura cattiva o a quella buona.
Il punto credo che sia, correggimi se sbaglio, lo scopo per cui si legge, si guarda un opera.
Quello che non riesco a vedere come negativo è l'accezione del farlo per puro godimento letterario, capisci il punto?
I meccanismi che portano il lettore verso l'affettività ad un testo sono molteplici, non esiste una scala vera e propria di valori. Puoi sentirti più vicino ad alcuni concetti che ad altri, ma di fatto sono da una parte simili, ma quello che cambia è il percorso che è singolo per ognuno: tizio può leggere perché la lettura è il momento per se stesso della giornata; può leggere indiscriminatamente perché è un bulemico divoratore di trame e intrecci; può leggere perché è attirato dallo stile della scrittura e si delizia nel vedere come sia cambiato negli anni. Il perché si legge e ci si affeziona a dei testi è cosa strana.
Che in parte riguardi il mettersi in gioco - non uso queste parole a caso - è effettivamente vero, che si possa stabilire una supremazia di un valore - ad esempio la vicininanza emotiva delle vicende del protagonista rispetto ad altro - per me è impossibile a dirsi.

E ora veniamo al play usafe, di sottofondo.
Dirò una cosa dura e userò una metafora forte: é ovviamente personale, non parlo delle persone, ma è una metafosa sulla classificazione dei gusti.
Di fatto il meccanismo del lasciarsi andare completamente e aprirsi al prossimo, anche sconosciuto, attraverso la creazione di una situazione fittizia altra è tipico del sesso bondage.
Questo tipo di esperienza così aperta, non è per tutti, io, ad esempio, la rifiuto abbastanza pesantemente, ma riesco a perfettamente a capire a chi piace.
Alla stessa maniera il gioco unsafe di cui parla Jessie nel suo articolo è qualcosa a di estremamente intenso, ma potrebbe non essere ne lo scopo per cui la gente gioca, ne essere uno strumento adatto a tutti i palati.
Quello che ritengo importante dell'articolo, ma del principio di fondo del unsafe è relativo al fatto che, se si vogliono dei personaggi vivi e vicini si debba mettere, inevitabilmente "parte di se".
Io parlo sto parlando di RPG tabletop, appena ho occasione di provare un live jeep se ne potrà riparlare.

Aloa!
Daniele "fenna" Fenaroli

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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #68 il: 2010-06-02 18:37:21 »
Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite](vedere innumerevoli vignette online su chi vuole giocare un ninja a CoC

Tipo questa: http://www.dorktower.com/2010/06/01/dork-tower-monday-may-31-2010/
Co-creatore di Dilemma! - Ninja tra i pirati a INC 2010 - Padre del motto "Basta Chiedere™!"

Mauro

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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #69 il: 2010-06-02 22:57:20 »
A seguito di un chiarimento privato con khana (iniziato perché avevo l'impressione - poi confermata - che alcune parti dei miei messaggi fossero equivocate), cerco di chiarificare il mio pensiero in materia.

Innanzitutto: io non sono convinto che una storia reale dia più impatto di una realistica; anzi: il mio dubbio è proprio perché una storia che sembra in tutto e per tutto reale (significato con cui uso "realistica" in questa sede) darebbe meno impatto di una che è reale; mentre una storia che ovviamente non è reale darebbe lo stesso impatto di una che lo sembra. Se è vera reale > realismo (come quantità dell'impatto emotivo, non nel senso di migliore), allora mi pare ancora più vero che realismo > fantastico, perché si è aggiunto un ulteriore, e più forte, distacco dalla realta.
Può essere vero che leggere una storia come Don't Tell Mummy credendo che sia finzione; e sapere che c'è qualcuno che l'ha veramente fatto; cambi cosa si prova (se non altro perché l'incazzatura passa da un inesistente personaggio a una specifica persona; ma questo potrebbe essere focalizzazione, piuttosto che vicinanza). Non sono però certo che il passaggio reale => realistico sia tale da inserire necessariamente un filtro.

Ora, il discorso del fantastico: per me inserisce un filtro? Dipende. Sicuramente credo che un elemento sovrannaturale rilevante per le vicende che vanno a toccare il lettore possa inserire un filtro emotivo.
Per esempio: se muore un personaggio e si sa che è possibile riaverlo, è ben diverso dal doverci convivere; questo perché il dolore di vivere la morte risiede (anche) nel fatto che non si vedrà mai più il morto: se la morte diventa un "Ci vediamo tra dieci minuti", è come se il morto fosse uscito a prendere le sigarette.
Magari ciò che il padre fa per riavere il figlio innesca milioni di cose che aprono milioni di Premesse (termine tecnico), che in quanto tali hanno rilevanza e impatto a livello umano; ma tale impatto non deriva dalla morte. In pratica, credo sposti il fulcro: l'impatto emotivo non è la morte del figlio, che è reversibile, ma quello che il padre fa per annullarla.
È stato detto che, inserendo elementi fantastici, l'importante per non perdere di impatto è che il fantastico non sia ciò che risolve tutto; partendo da quest'assunto: se il fantastico mi fa risolvere la morte, allora non è la morte che genera emotività.

Ora: il figlio del protagonista muore e c'è un Drago sullo sfondo? Chi se ne frega.
Il figlio del protagonista muore e c'è a fianco un chierico pronto a resuscitarlo? Impatto azzerato (tra l'altro: è uno dei motivi per cui trovo ridicolo il finale del film di D&D: tutti a disperarsi per la morte di uno... in un mondo con la resurrezione).
È la possibilità di annullare l'evento che credo tolga forza all'evento stesso.

Nell'ambito dei giochi di ruolo in cui il sovrannaturale è in mano ai giocatori, può agire da valvola di sfogo: mi da troppo fastidio che Fratello Joshua sia stato ucciso? Lo resuscito, e questo attenua l'impatto emotivo.

Poi c'è il discorso razza, che è ancora diverso: come detto, credo (non avendo esperienza di libri in tal senso) che Don't Tell Mummy con Elfi come protagonisti mi avrebbe preso meno; e credo che questo sia perché la protagonista umana potrebbe essere qualcuno che conosco, una parente, mentre se fosse un'Elfa... non potrebbe, perché nemmeno esiste.
Khana, giustamente, mi ha chiesto qual è la differenza con la cultura maori, che è tanto lontana quanto quella elfica; la differenza credo sia che, per quanto quella cultura sia lontana dalla mia, sono comunque Uomini, che come gli Elfi hanno (parlando di personaggi di una storia) la barriera "Il personaggio non esiste", ma non hanno né quella "La razza non esiste", né quella "Il personaggio non potrebbe esistere" (in quanto è un Elfo).
Forse, il problema è questo: se i protagonisti sono Umani, sono comunque personaggi che potrebbero esistere; se sono Elfi (o altre razze), a prescindere dalla caratterizzazione si sa che non potrebbero esistere. Quindi, si crea un livello (o, se preferite, un ulteriore livello) di sospensione dell'incredulità, che richiede da un lato di essere creato (devo sospendere l'incredulità), dall'altro di non essere spezzato.
Inoltre, finché ci sono Elfi credo sia piú facile, quando la storia diventi troppo forte, rifugiarsi in un comodo "Ma sí, tanto è solo un racconto", proprio per la presenza di qualcosa che lo separa nettamente dalla realtà.
La questione diventerebbe quindi fortemente soggettiva: posto che l'elemento fantastico non sminuisca l'evento (nel senso morte-resurrezione detto prima), dipenderebbe da quanto il singolo riesce da un lato a non sfruttare la comoda scappatoia del "Tanto è un racconto"; e dall'altro da quanto risente di quel livello di sospensione dell'incredulità che viene inserito.

C'è poi un'ulteriore questione, su cui non mi sono ancora soffermato: se prendiamo per vero il principio di play close to home, inserire elementi su elementi che distanziano l'opera dall'esperienza, fermo restando che non siano il modo con cui si risolve tutto, può essere fatto indefinitivamente senza toccare l'impatto emotivo? O avere un'opera "vicina a casa" è avvantaggiata?

Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]Il lettore, a quel punto, è in grado di superare il terrificante panico che sente di fronte a queste parole, o scappa terrorizzato? E se lo fa, non è un limite?

Sí; ma se il lettore non riesce a superare la paura è un limite del genere o del lettore?

Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #70 il: 2010-06-02 23:01:35 »
Citazione
[cite]Autore: Mauro[/cite]Sí; ma seil lettorenon riesce a superare la paura è un limite del genere o del lettore?

Bon, direi che abbiamo centrato il punto. :)
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

Mr. Mario

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« Risposta #71 il: 2010-06-03 03:36:37 »
Citazione
[cite]Autore: Mauro[/cite]È la possibilità di annullare l'evento che credo tolga forza all'evento stesso.


A dire il vero, no. "La zampa di scimmia" è un racconto fantastico ma emotivamente per me è di un certo impatto.

E' la possibilità di annullare l'evento ad un costo apparentemente nullo che toglie forza all'evento. Se il costo da pagare è terribile, l'emotività ti viene restituita intatta.
Sognatore incorreggibile. Segretario dell'Agenzia degli Incantesimi. Seguace di Taku. L'uomo che sussurrava ai mirtilli.

Moreno Roncucci

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« Risposta #72 il: 2010-06-03 03:52:14 »
Citazione
[cite]Autore: khana[/cite]
Citazione
[cite]utore: Mauro[/cite][p]Sí; ma seil lettorenon riesce a superare la paura è un limite del genere o del lettore?[/p]
[p]Bon, direi che abbiamo centrato il punto. :)[/p]


Come dicevo io diversi post fa...

Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite][p]Cosa sto dicendo invece? Leggete il TITOLO del thread: davvero, pensavo fosse abbastanza esplicito.  Sto parlando di un LIMITE. Un limite oltre al quale certi "genre trapping" tipo i costumi, gli spadoni, ma anche la fanciulla bellissima casta e pura o il giovine prode e valoroso ci stanno come i cavoli a merenda. Perché per superare quel limite serve la sincerità e onestà più assoluta, e il paravento fantasy con cui magari, in altre opere, si riesce a parlare di razzismo in maniera da arrivare anche al cuori di qualcuno che nella vita reale voterebbe Ku Klux Klan ma che si commuove a leggere degli schiavi di Deneb, non va più bene.[/p][p]Un limite che NON è il "limite di un opera".  Un opera è fatta e finita. Discutere se veniva meglio con gli elfi o senza astronavi, tranne i casi in cui effettivamente paiono messi dopo per riuscire a vendere il libro ad un editore (o il concept ad un produttore: "Gomorra nello spazio!") è abbastanza futile. Se parliamo di opere valide, gli elfi e le astronavi ci sono se hanno un senso.  Se invece l'opera non è valida, ha ben altri problemi che non la presenza di astronavi.[/p][p]Il limite è quello di AUTORI (che qui mi interessano poco, anche se ho usato l'esempio di Moore) e LETTORI (o nel gdr, GIOCATORI, che sono quelli che mi interessano), che lo porta anche ad essere un limite di EDITORI ("9 anelli agli editori, che più di tutto bramano un aumento di fatturato").[/p]


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Citazione
[cite]Autore: fenna[/cite]Quello che non riesco a vedere come negativo è l'accezione del farlo per puro godimento letterario, capisci il punto?
I meccanismi che portano il lettore verso l'affettività ad un testo sono molteplici, non esiste una scala vera e propria di valori. Puoi sentirti più vicino ad alcuni concetti che ad altri, ma di fatto sono da una parte simili, ma quello che cambia è il percorso che è singolo per ognuno: tizio può leggere perché la lettura è il momento per se stesso della giornata; può leggere indiscriminatamente perché è un bulemico divoratore di trame e intrecci; può leggere perché è attirato dallo stile della scrittura e si delizia nel vedere come sia cambiato negli anni. Il perché si legge e ci si affeziona a dei testi è cosa strana.
Che in parte riguardi il mettersi in gioco - non uso queste parole a caso - è effettivamente vero, che si possa stabilire una supremazia di un valore - ad esempio la vicininanza emotiva delle vicende del protagonista rispetto ad altro - per me è impossibile a dirsi.


Vedi il quote più sopra: non sto facendo un discorso di superiorità di un OPERA, sto facendo un discorso di superiorità DI APPROCCIO ALLE OPERE, o meglio, un discorso su un processo di autoriduzione delle opere che si considerano fruibili oggettivamente limitante (e che diventa anche un approccio "cieco" alle opere che si leggono, di cui si vuole vedere solo l'aspetto escapista rifiutandosi di accettare che ci sia altro)

L'escapismo, per come lo vedo io, è un problema soprattutto di atteggiamento del lettore: un opera non è escapista o no, ma è valida o no: è fatta bene o no, è arte o no, è bella o no.

Citazione
[cite]Autore: fenna[/cite]E ora veniamo al play usafe, di sottofondo.


Il play unsafe è un discorso diverso.  Certo, ci sono collegamenti,  ma giocare una spia a Berlino non è particolarmente più "unsafe" che non giocare un vampiro. Il discorso che volevo fare riguardava il giocatore che dice "se la spia è un vampiro o ha superpoteri lo gioco, altrimenti che senso ha? Cosa può capitare di interessante ad una spia a Berlino?"
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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #73 il: 2010-06-03 04:00:45 »
Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]Come dicevo io diversi post fa...

Perdonami Moreno, sembrava invece che la tua posizione fosse inequivocabilmente "è un limite del genere".
Mentre per me è un limite del lettore/giocatore.
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]
« Risposta #74 il: 2010-06-03 07:47:38 »
Sulla prima parte i miei dubbi sono sul meccanismi che portano gli attori del processo a un processo di autoriduzione delle opere che si considerano fruibili oggettivamente limitante, cioé, per farla ancor a più breve mi pare un approccio causa effetto semplicistico: il consumatore vuole leggere per evasione, l'editore pubblica romanzi dove l'unica cosa importante è l'evasione, esiste un impoverimento dell'opera.
Il punto è che in questo processo ci si dimentica che:
a) è un processo in atto da secoli, l'Orlando Furioso, il Morgante del Pulci, i romanzi de tocaria, tutta la commedia dell'arte, ma anche quella riformata, di fatto sono state fatte per vari pubblici e sopratutto per svago;
b) è un processo di cui non sappiamo nemmeno se esiste veramente: quanti fra gli autori minchioni fanno valangate di libri? Che processi di autoregolamentazione ci stanno dietro? Affettività verso i personaggi? Affettività verso un immaginario fantasy o SciFi?

Per quanto mi riguarda le tue considerazioni sono valide sotto certo aspetti, sotto quelli che ho evidenziato meno, ma va bene così.
Aloa!
Daniele "fenna" Fenaroli

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