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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]

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Leonardo:

--- Citazione ---[cite]Autore: khana[/cite]Leonardo, perdonami, ma hai completamente ribaltato il concetto stesso di esapismo.
--- Termina citazione ---


Lo so che è quello che ho fatto e sono essenzialmente d'accordo con la tua risposta. Forse non risultava chiaro dal post, ma il mio era un tentativo di ragionare "per assurdo" portando alle estreme conseguenze (anche un po' provocatoriamente) quelle parti dell'opinione di Moreno che non mi trovo a condividere (sempre se ho capito quello che intende).

Moreno Roncucci:

--- Citazione ---[cite]Autore: fenna[/cite][p]Poi ci sono due livelli di critica a che ho capito e sono la parte interessante del topic. Ti chiedo conferma prima di andare avanti, quindi espongo i punti, poi passo alla critica.
Livello 1
Il perché il lettore legge fantasy o fantascienza, che tu per farla brutalmente breve identifichi con -> fuga dalla realtà. Perché qualcuno legge fantasy? Per quel motivo li. A questo hai collegato il discorso su Moore e il comportamento dei suoi lettori quando ha iniziato a scrivere altro rispetto agli uomini in calzamaglia;
Livello 2
Per parlare di certe cose, di altre cose, serve un lettore che lo voglia veramente.[/p][p]Aspetto la vidimazione per capire se sono i punti su cui posso ragionare o c'è altro.[/p]
--- Termina citazione ---


La prendo alla lontana.  

A cosa serviva questo topic?

Parte dal topic sul wish-fullfillment. Che toccava diversi temi che mi stanno a cuore. Volevo quindi dare il via ad una SERIE di thread che li affrontasse.
Alcuni di quest temi (non mi sono fatto una lista, pensavo di affrontarli man mano che mi venivano in mente, quindi qualcuno lo dimentico di sicuro):
- la differenza fra "story now" e "right to dream" dal punto di vista del "mettersi in gioco", e conseguente a questo (anche se non è la stessa cosa), il gdr come entertainment e come attività creativa.
- Perchè i roleplayers fuggono da qualunque cosa di "reale" nelle loro storie fino ad arrivare a livelli di cui essi stessi ridono (vedere innumerevoli vignette online su chi vuole giocare un ninja a CoC o persino in Steal Away Jordan), e perchè c'è questa idea che "più fantasy/sf c'è, più ci si diverte"
- Perchè c'è questa idea che la realtà renda pallose le storie, quando l'esperienza quotidiana di tutti dice il contrario: le storie preferite e ricordate non sono praticamente mai, dopo una certa età, quelle puramente escapiste.
- L'escapismo come illusione e inganno, reclame, per vendere prodotti.
- Perchè la fuga della realtà rende il gdr un genere di intrattenimento, e non una forma espressiva. E viceversa, per essere una forma espressiva, deve potersi occupare della realtà.
- Perchè mai giocare giocare un personaggio "figo" dovrebbe farti sentire "figo", quanto l'esperienza insegna che poi, collettivamente, chi lo fa poi si autorappresenta come uno sfigato, vergognandosi come dopo essersi masturbato. E perchè mai giocare un personaggio "sfigato" dovrebbe farti sentire sfigato, quando è ovvio che non è così. (e corollario: "quante balle ci propina la pubblicità")
- Onestà al tavolo e paura di dire come la pensi.
- Come si fa a fare story now quando qualcuno al tavolo vuole solo sfogarsi uccidendo coboldi? (e la differenza fra il gamismo - mettersi in gioco vedendo se sei bravo, magari uccidendo coboldi - e la soddisfazione garantita "GM, voglio ammazzare almeno 400 coboldi, mettiti al lavoro e fammi godere"). Il GM è il mestiere più antico del mondo?
e così via, probabilmente potrei andare avanti  ancora un'altra pagina.  I temi continuavano a venire fuori da quel thread e altri.

Ma non da questo. Che era solo la premessa del discorso. Serviva a riconoscere, e a far vedere, l'esistenza di un limite che il gdr aveva ancora paura a superare, tranne rarissime eccezioni.  Solo che a vedere come questi temi negli altri thread saltavano fuori mentre qui ci si è chiusi a riccio a difendere il fantasy e la sf, mi sono reso conto che non è ancora ora.  Questo è un tema da rimandare a tempi migliori (si spera)

Tornando alla tua domanda:


--- Citazione ---[cite]Autore: fenna[/cite]Livello 1
Il perché il lettore legge fantasy o fantascienza, che tu per farla brutalmente breve identifichi con -> fuga dalla realtà. Perché qualcuno legge fantasy? Per quel motivo li. A questo hai collegato il discorso su Moore e il comportamento dei suoi lettori quando ha iniziato a scrivere altro rispetto agli uomini in calzamaglia;
--- Termina citazione ---


No. Fantasy e sf non vuol dure automaticamente fuga dalla realtà. Lo vuol dire per molti lettori. Per troppi lettori. Per questo sono generi letteralmente affogati nella merda, molto al di là delle percentuali di Sturgeon, e ho smesso di leggerle perchè ormai era peggio che cercare un ago in un pagliaio. Sono due generi praticamente ammazzati da orde di lettori che, detta schietta, "non hanno capito un " di che cos'erano veramente questi due generi, e li hanno ridotti a poco più che pornazzi che invece delle tette e uccelli hanno spadoni e elfi (tutti rigorosamente presi da D&D).

Ma ho troppi libri di fantasy e sf in casa che smentiscono l'idea che siano puro escapismo. Come farei a sostenere la vista di "Mattatoio 5", "Davy, l'Eretico" e il Signore degli Anelli che mi osservano dalla libreria?


--- Citazione ---[cite]Autore: fenna[/cite]Livello 2
Per parlare di certe cose, di altre cose, serve un lettore che lo voglia veramente.
--- Termina citazione ---


Questo sì. Questo è uno degli aspetti del Limite di cui ti parlavo.

La forza, e la dannazione, della sf è che riesce a parlare della realtà attuale (quella del lettore) senza farsi scoprire. Ci è riuscita così bene che purtroppo un sacco di lettori non l'hanno mai capito e pensano che se parla della realtà, non è più sf.

Per quanto "a fin di bene", questo inganno è ancora un inganno.  E ha dei limiti.  

Per superarli, devi poter dire al lettore "OK, questa non è fantascienza, va bene lo stesso?"

Il lettore, a quel punto, è in grado di superare il terrificante panico che sente di fronte a queste parole, o scappa terrorizzato? E se lo fa, non è un limite?

(sto ancora generalizzando di brutto, molti lettori lo superano o non sentono proprio alcun terrore. Quello che mi preoccupa ai fini di questo thread è che se andassimo a vedere quanti di questi lettori giocano ai gdr, li troveremmo quasi tutti fra quelli che scappano...)

Ma come ho detto, questo thread è praticamente fallito, non lo chiudo subito per dare a tutti la possibilità di postare le loro ultime considerazioni, ma non si è mai nemmeno avvicinato allo scopo originario.

Daniele "fenna" Fenaroli:
Anzitutto grazie.
Quello che volevo capire era dove volesse andare il tuo discorso per non perdermi, in effetti non erano tanto domande.

Il punto non credo che sia mai girato attorno al tanti o pochi, alla letteratura cattiva o a quella buona.
Il punto credo che sia, correggimi se sbaglio, lo scopo per cui si legge, si guarda un opera.
Quello che non riesco a vedere come negativo è l'accezione del farlo per puro godimento letterario, capisci il punto?
I meccanismi che portano il lettore verso l'affettività ad un testo sono molteplici, non esiste una scala vera e propria di valori. Puoi sentirti più vicino ad alcuni concetti che ad altri, ma di fatto sono da una parte simili, ma quello che cambia è il percorso che è singolo per ognuno: tizio può leggere perché la lettura è il momento per se stesso della giornata; può leggere indiscriminatamente perché è un bulemico divoratore di trame e intrecci; può leggere perché è attirato dallo stile della scrittura e si delizia nel vedere come sia cambiato negli anni. Il perché si legge e ci si affeziona a dei testi è cosa strana.
Che in parte riguardi il mettersi in gioco - non uso queste parole a caso - è effettivamente vero, che si possa stabilire una supremazia di un valore - ad esempio la vicininanza emotiva delle vicende del protagonista rispetto ad altro - per me è impossibile a dirsi.

E ora veniamo al play usafe, di sottofondo.
Dirò una cosa dura e userò una metafora forte: é ovviamente personale, non parlo delle persone, ma è una metafosa sulla classificazione dei gusti.
Di fatto il meccanismo del lasciarsi andare completamente e aprirsi al prossimo, anche sconosciuto, attraverso la creazione di una situazione fittizia altra è tipico del sesso bondage.
Questo tipo di esperienza così aperta, non è per tutti, io, ad esempio, la rifiuto abbastanza pesantemente, ma riesco a perfettamente a capire a chi piace.
Alla stessa maniera il gioco unsafe di cui parla Jessie nel suo articolo è qualcosa a di estremamente intenso, ma potrebbe non essere ne lo scopo per cui la gente gioca, ne essere uno strumento adatto a tutti i palati.
Quello che ritengo importante dell'articolo, ma del principio di fondo del unsafe è relativo al fatto che, se si vogliono dei personaggi vivi e vicini si debba mettere, inevitabilmente "parte di se".
Io parlo sto parlando di RPG tabletop, appena ho occasione di provare un live jeep se ne potrà riparlare.

Aloa!

Mattia Bulgarelli:

--- Citazione ---[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite](vedere innumerevoli vignette online su chi vuole giocare un ninja a CoC
--- Termina citazione ---

Tipo questa: http://www.dorktower.com/2010/06/01/dork-tower-monday-may-31-2010/

Mauro:
A seguito di un chiarimento privato con khana (iniziato perché avevo l'impressione - poi confermata - che alcune parti dei miei messaggi fossero equivocate), cerco di chiarificare il mio pensiero in materia.

Innanzitutto: io non sono convinto che una storia reale dia più impatto di una realistica; anzi: il mio dubbio è proprio perché una storia che sembra in tutto e per tutto reale (significato con cui uso "realistica" in questa sede) darebbe meno impatto di una che è reale; mentre una storia che ovviamente non è reale darebbe lo stesso impatto di una che lo sembra. Se è vera reale > realismo (come quantità dell'impatto emotivo, non nel senso di migliore), allora mi pare ancora più vero che realismo > fantastico, perché si è aggiunto un ulteriore, e più forte, distacco dalla realta.
Può essere vero che leggere una storia come Don't Tell Mummy credendo che sia finzione; e sapere che c'è qualcuno che l'ha veramente fatto; cambi cosa si prova (se non altro perché l'incazzatura passa da un inesistente personaggio a una specifica persona; ma questo potrebbe essere focalizzazione, piuttosto che vicinanza). Non sono però certo che il passaggio reale => realistico sia tale da inserire necessariamente un filtro.

Ora, il discorso del fantastico: per me inserisce un filtro? Dipende. Sicuramente credo che un elemento sovrannaturale rilevante per le vicende che vanno a toccare il lettore possa inserire un filtro emotivo.
Per esempio: se muore un personaggio e si sa che è possibile riaverlo, è ben diverso dal doverci convivere; questo perché il dolore di vivere la morte risiede (anche) nel fatto che non si vedrà mai più il morto: se la morte diventa un "Ci vediamo tra dieci minuti", è come se il morto fosse uscito a prendere le sigarette.
Magari ciò che il padre fa per riavere il figlio innesca milioni di cose che aprono milioni di Premesse (termine tecnico), che in quanto tali hanno rilevanza e impatto a livello umano; ma tale impatto non deriva dalla morte. In pratica, credo sposti il fulcro: l'impatto emotivo non è la morte del figlio, che è reversibile, ma quello che il padre fa per annullarla.
È stato detto che, inserendo elementi fantastici, l'importante per non perdere di impatto è che il fantastico non sia ciò che risolve tutto; partendo da quest'assunto: se il fantastico mi fa risolvere la morte, allora non è la morte che genera emotività.

Ora: il figlio del protagonista muore e c'è un Drago sullo sfondo? Chi se ne frega.
Il figlio del protagonista muore e c'è a fianco un chierico pronto a resuscitarlo? Impatto azzerato (tra l'altro: è uno dei motivi per cui trovo ridicolo il finale del film di D&D: tutti a disperarsi per la morte di uno... in un mondo con la resurrezione).
È la possibilità di annullare l'evento che credo tolga forza all'evento stesso.

Nell'ambito dei giochi di ruolo in cui il sovrannaturale è in mano ai giocatori, può agire da valvola di sfogo: mi da troppo fastidio che Fratello Joshua sia stato ucciso? Lo resuscito, e questo attenua l'impatto emotivo.

Poi c'è il discorso razza, che è ancora diverso: come detto, credo (non avendo esperienza di libri in tal senso) che Don't Tell Mummy con Elfi come protagonisti mi avrebbe preso meno; e credo che questo sia perché la protagonista umana potrebbe essere qualcuno che conosco, una parente, mentre se fosse un'Elfa... non potrebbe, perché nemmeno esiste.
Khana, giustamente, mi ha chiesto qual è la differenza con la cultura maori, che è tanto lontana quanto quella elfica; la differenza credo sia che, per quanto quella cultura sia lontana dalla mia, sono comunque Uomini, che come gli Elfi hanno (parlando di personaggi di una storia) la barriera "Il personaggio non esiste", ma non hanno né quella "La razza non esiste", né quella "Il personaggio non potrebbe esistere" (in quanto è un Elfo).
Forse, il problema è questo: se i protagonisti sono Umani, sono comunque personaggi che potrebbero esistere; se sono Elfi (o altre razze), a prescindere dalla caratterizzazione si sa che non potrebbero esistere. Quindi, si crea un livello (o, se preferite, un ulteriore livello) di sospensione dell'incredulità, che richiede da un lato di essere creato (devo sospendere l'incredulità), dall'altro di non essere spezzato.
Inoltre, finché ci sono Elfi credo sia piú facile, quando la storia diventi troppo forte, rifugiarsi in un comodo "Ma sí, tanto è solo un racconto", proprio per la presenza di qualcosa che lo separa nettamente dalla realtà.
La questione diventerebbe quindi fortemente soggettiva: posto che l'elemento fantastico non sminuisca l'evento (nel senso morte-resurrezione detto prima), dipenderebbe da quanto il singolo riesce da un lato a non sfruttare la comoda scappatoia del "Tanto è un racconto"; e dall'altro da quanto risente di quel livello di sospensione dell'incredulità che viene inserito.

C'è poi un'ulteriore questione, su cui non mi sono ancora soffermato: se prendiamo per vero il principio di play close to home, inserire elementi su elementi che distanziano l'opera dall'esperienza, fermo restando che non siano il modo con cui si risolve tutto, può essere fatto indefinitivamente senza toccare l'impatto emotivo? O avere un'opera "vicina a casa" è avvantaggiata?


--- Citazione ---[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]Il lettore, a quel punto, è in grado di superare il terrificante panico che sente di fronte a queste parole, o scappa terrorizzato? E se lo fa, non è un limite?
--- Termina citazione ---

Sí; ma se il lettore non riesce a superare la paura è un limite del genere o del lettore?

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