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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]

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Leonardo:
Io mi sono reso conto di avere anche un altro dubbio. Non è che in fondo la letteratura di narrativa è, in sé e per sé, intrinsecamente escapista? Per parlare di argomenti in qualche modo concernenti la realtà del mondo, attuali o meno che siano, così come anche per parlare della natura umana, non è strettamente necessario ricorrere a romanzi, novelle, o altre forme di finzione. Al giorno d'oggi le librerie sono piene di saggi e opere di divulgazione. In fin dei conti se sono interessato al fenomeno delle Private Military Companies non è che vedere Route Irish di Ken Loach sia preferibile a leggersi Big Boy Rules, Blackwater: The Rise of The Most Powerful Mercenary Army o The Market for Force (tanto per fare alcuni esempi). Quindi dove è che si stabilisce il limite tra letteratura escapista e letteratura che tale non è?

Davide Losito - ( Khana ):
Leonardo, perdonami, ma hai completamente ribaltato il concetto stesso di esapismo.
Ribadisco che Farenheit 451 e il libro per eccellenza che parla degli effetti dell'escapismo sulle masse. Ed è un romanzo.


--- Citazione ---[cite]Autore: Leonardo[/cite]Quindi dove è che si stabilisce il limite tra letteratura escapista e letteratura che tale non è?
--- Termina citazione ---

La letteratura NON è escapista. Per definizione. Perché la letteratura ha sempre un messaggio e questo messaggio è sempre riferito alla natura umana e serve per "guardarsi dentro".
Esiste un errore storico di fondo che fa risalire l'escapismo a tutto ciò che è distacco dal lavoro produttivo.
Questa cultura (di non difficile identificazione) non è mai riuscita a dare un vero ruolo o un valore all'arte, riconducendolo sempre e solo ad una forma negativa alienante e generatrice di dipendenze.
All'atto pratico questa cultura è riuscita a produrre solo controllo dei medium e arte sociale: veicolo e strumento del controllo sulle masse. Ossia escapismo nel vero senso del termine. Non si può sempre e solo usare il materialismo storico per analizzare le cose. E' uno strumento di analisi socio-ecnomica, con le forme artistiche ed espressive non c'entra niente.

E' da 15.000 anni che l'uomo si inventa storie. Lo fa per insegnare, per condividere la propria umanità, per comunicare messaggi emotivi e per confrontarsi. E' innato. Fa parte di noi.
A mio avviso è paradossale che qualcuno che gioca di ruolo critichi di escapismo una qualsiasi forma espressiva, perché il gioco di ruolo è considerata la prima e principale forma di escapismo, proprio da questa cultura e da chi si è "inventato" questi concetti.
Il fatto che si "ruoli" A Flower for Mara o che si "ruoli" Word of Warcraft non fa nessuna differenza in termini di escapismo: stai comunque impersonificando un alterità, un diverso da te, un qualcosa d'altro che non esiste e non esisterà mai perché è fiction.
Dal momento che riesci a collegare questo tuo "ruolare" a fatti e situazioni che -TI- riguardano, non è escapismo.
E questa, insisto, è una capacità del giocatore, non del gioco, dell'autore o dello scenario. Perché se sto ruolando fatti che lo scenario mi impone e non sto parlando di "ciò che riguarda me", è comunque escapismo.

L'escapismo è rifuguarsi nella fiction per non pensare ai propri problemi. Non confondiamo il "non saper affrontare la realtà" con fatti di cronaca... non c'entra con l'escapismo; si è escapisti quando si trovano modi per evitare di pensare alla propria condizione sociale, quindi al sé riferito e calato in un contesto sociale che non si accetta.
Ma qualcuno avrebbe il coraggio di dire a Sartre che è escapista?
Escapismo e idealismo non sono sinonimi, nemmeno escapismo ed esistenzialismo sono sinonimi e non sono sinonimi neanche escapismo e fantasia.

Forse comincio a capire perché ogni tanto si vendono riferimenti negativi e giudizi negativi alla CA Simulazionista... che viene confusa per escapista. Io non sono di questo avviso.
Shakespear non è escapista, neanche nel Sogno di Una Notte di Mezza Estate.
Ma a pensarci bene, nemmeno Avatar è escapista. Il messaggio è chiaro e forte, magari banale, ma è lì e si vede, in tutta la sua celeste imponenza.

Moreno Roncucci:
Personalmente, credo che la confusione sia fra il "fuggire dalla realtà" e "l'uscire dai limiti della mia esperienza"

La letteratura, il cinema, il teatro, la pittura, l'arte in generale fanno per loro natura la seconda cosa: nella forma più banale ti fanno vedere com'è fatto un Canguro anche se non hai mai visto in vita tua, ti danno notizie, informazioni e magari propaganda. Ma possono fare molto di più: ti possono far capire come pensano altre persone, i loro punti di vista, possono espandere in maniera enorme il range delle tue percezioni.   Concordo con chi parla (non mi ricordo di chi è la frase, scusate) dell'analfabetismo (di andata e di ritorno) o di una vita senza questo tipo di interfacciamento con la produzione artistica di altre persone, come della mancanza di un organo di senso. Come essere ciechi, o sordi, ti manca uno dei mezzi più importanti per percepire la realtà. Come un cieco per "vedere" le facce deve toccarle, così un analfabeta per conoscere i pensieri di altre persone deve andare a "toccarle personalmente" parlando con loro una per una. Gli manca un organo di senso.

E questo lo fa OGNI opera.

l'Escapismo è un altra cosa.  E' "il non voler pensare".  (non concordo molto con la definizione che ne ha dato Khana: se leggi della guerra arabo-israeliana di sicuro non pensi ai tuoi problemi, ma non è certo escapismo...).

Ma in questa discussione abbiamo incrociato un po'  i flussi. Un po' tutti (io compreso) abbiamo usato escapismo e fantasia come parole-jolly che potevano significare un po' tutto, e probabilmente avremmo fatto meglio a specificare maggiormente.

Per esempio, una delle differenze di cui volevo parlare in uno di questi thread (anche se magari non in questo) era la differenza fra il Conan di Robert E, Howard e quello di De Camp.  E di come secondo me solo il secondo è escapismo. Ma mi rendo conto che usare "escapismo" in questa differenziazione provoca solo confusione, dovrei parlare magari di forme di wish-fullfillment.

Ma qui andiamo più sulla risposta a Fenna, che vado a scrivere...

Mauro:

--- Citazione ---[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]se leggi della guerra arabo-israeliana di sicuro non pensi ai tuoi problemi, ma non è certo escapismo
--- Termina citazione ---

Credo sia un concetto diverso: khana ha detto che l'escapismo "è rifugiarsi nella fiction per non pensare ai propri problemi"; leggere della guerra arabo-israeliana non è né rifugiarsi nella fiction, né un modo per non pensare ai propri problemi (di norma; chi lo fa, tra quelli che conosco, lo fa per altri motivi).
Per come ho capito, il discorso è piú che altro l'usare le storie come un mezzo per fuggire dai propri problemi (e io pongo la distinzione tra "fuggire" e "prendersi una pausa": se leggo un libro per non pensare per dieci minuti ai miei problemi, non è escapismo, è rilassarsi un attimo); quello di cui parli tu nel pezzo citato mi pare piú che altro leggere qualcosa che non ha l'effetto di farti pensare ai tuoi problemi, ma è un concetto diverso.
Ora non ho il libro (Albero e Foglia) sottomano, ma Tolkien in tal senso distingueva l'evasione del prigioniero dalla fuga del disertore.

Moreno Roncucci:

--- Citazione ---[cite]Autore: khana[/cite]
--- Citazione ---[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite][p]Come mai nessuno ha citato la scelta di Moore?[/p]
--- Termina citazione ---
[p]Perché non c'è molto da commentare, secondo me. Ha preso una scelta, anche artistica e non mi pare che il mondo ne abbia "perso".
Comunque non mi pare che V for Vendetta sia avulso da "calzamaglie"...[/p]
--- Termina citazione ---


Rileggendo il thread mi sono accorto che nonm avevo risposto a questa.

V for Vendetta è del 1982 (almeno la concezione della storia e la pubblicazione su Warriow, anche se gli ultimissimi episodi sono stati disegnati molto dopo). Precedente a Watchmen.

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