[cite]Autore: Matteo Turini[/cite][su quest'ultima ho letto una fulminante battuta di Eco: "Ilmedium(o, per gli ignoranti, ilmedia)"]
Su questo c'era un interessante articolo su un numero di (mi pare)
La Crusca per Voi, ma dovrei ritrovarlo...
Comunque, ha senso andare a vedere l'etimologia per determinare simili cose? Da un lato verrebbe da dire di sí, dall'altro significa fare della lingua un ambiente per pochi intimi, quelli che conoscono il Latino, il Greco, l'Arabo (perché "Zaffiro" ci viene dall'Arabo, anche senza citare
kebab e simili), ecc. E non si tratta solo dei plurali: "provincie" o "Province"? "Ciliegie" o "Ciliege"? Anche qui, l'etimologia dà una risposta (che, per la cronaca, è: "provincie" e "ciliege"), ma diventerebbe appannaggio di chi sa il Latino.
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite]se non si adotta lo statuario punto di vista della Crusca
Quale statuario punto di vista hai in mente? Il sito dell'Accademia riporta
questo, che mi pare grossomodo in linea con quanto detto da Serianni.
Comunque, la questione non è cosí definita; i testi che ho controllato sembrano concordare sul fatto che, se è sentito come acquisito in Italiano, il termine è invariante, altrimenti lo si varia con le regole della lingua natia; Serianni dice che in linea di massima conviene adattare la cosa alla norma, quindi usarli invarianti.
Usando termini stranieri, si dovrebbero segnalare (virgolette, sottolineature, corsivi, ecc.). L'usare il plurale serve anche a trasmettere un senso di forestierismo.
I termini latini, almeno secondo Gabrielli, non andrebbero variati, almeno non con le regole latine; il che ha senso anche in un'ottica di coerenza: chi è che usa "agenda" come plurale (al posto di "agende") e
agendum come singolare?
Referenda al posto di "referendum"?
Alba invece di "album"?
Ultimata invece di "ultimatum"?
Se ci si chiede quale delle due sia esatta... entrambe, penso; seguire la forma latina dà un tono aulico.
Nota: gli esempi di cui sopra potrebbero essere sbagliati, sono presi in giro per Internet.