Ottimo pensavo di essere molto più anonimo
È proprio per questo che nelle prime righe ti ringraziavo, la tua voce non è quella di una persona poco competente e in questo forum si respira una buona atmosfera…per ora…

Sulla questione delle sfumaure c’è una forte componente di esperienze personali. Io sono convinto che per arrivare a stati emotivi chiamiamoli “principali” ci siano dei meccanismi abbastanza validi (non parlo necessariamente di SUD) per provocarli.
Le sfumature, sono invece elementi che non vedrai mai neppure nell’attore professionista, forse arriverai al punto di sentirli (se è davvero bravo), uno sguardo un sorriso, ma te ne renderai conto alla fine, momento in cui ti sentirai “riempita” e soddisfatta di ciò che hai visto.
Le sfumature servono per portare avanti il processo di immedesimazione non per esternarle poiché come strada è difficilmente praticabile.
Le sfumature delle emozioni escono solo in quei giocatori che sono predisposti, che hanno un’ attitudine a farlo.
è molto raro che una persona riesca alla fine di un live a capire se ha sentito nelle proprie emozioni delle sfumature, ci vuole una consapevolezza rara.
SUD non vuol essere elitario per quello ci siamo spinti su una ricerca “primordiale” Odio, Gelosia, Vergogna, Solitudine, Inadeguatezza.
Grotowski è stato uno dei grandi rivoluzionari del teatro del 900 creando il teatro povero. Molti dei ragionamenti di Giano si basano sulle sue intuizioni e su quelle del più famoso Stanislavskij.
Ho parlato di Ragionamenti non di tecniche, nessuno di noi si sente in grado di elargire metodi simili per incrementare le proprie capacità recitative sia chiaro, non siamo una scuola di recitazione e non ne abbiamo neppure le competenze.
Naturalmente, mach di improvvisazione (è questo che credo tu faccia è corretto?) ma anche il teatro più classico, si basano sul concetto della quarta parete. Che cos’è questo arcano passaggio? (naturalmente per chi non la conoscesse) Molto semplicemente è la parete immaginaria, che si staglia tra il proscenio e gli spettatori.
Quando esiste la quarta parete esiste una distanza tra spettatore e attore. È la capacità dell’attore, di sfondare questa parete attraverso il proprio lavoro, che viene chiesta per una buona riuscita di uno spettacolo.
Grotowski la sfondava a prescindere e buttava il pubblico all’interno dell’area di rappresentazione (poi gli attori facevano cose straordinarie che gli avrebbero permesso, qualora fosse esistitia, di sfondare una quarta parete spessa anche 3 metri, ma è la struttura la cosa utile per la nostra discussione).
Quando esiste la quarta parete, esiste qualcuno che guarda la scena dall’esterno, e solo in questa posizione come ho spiegato nel mio primo post riguardo all’attenzione, è possibile capire quasi completamente la situazione.
È chiaro che quando esiste la quarta parete, quindi un pubblico (intendevo il pubblico in questi termini nel mio primo post), sono le meccaniche consolidate, le scelte registiche o altro, a dare la possibilità allo spettatore di capire con chiarezza lo spettacolo, ed è per questo che si sceglie di mettere uno o al massimo due fuochi di attenzione in scena.
Nell’improvvisazione contando i motori, più che i fuochi, è fondamentale che tutti gli interpreti si concentrino su una cosa alla volta, per sviscerarla fino a che il motore si esaurisca, dando a se stessi la possibilità di creare l’improvvisazione, e allo spettatore di capire e divertirsi.
Quando parlo di pubblico (nel mio post precedente), non parlo del pubblico che condivide lo spazio “attorale”, ma quello che ne è al di fuori.
Nel live lo spazio attorale è condiviso da attore e spettatore nella stessa persona, in una sorta di straordinaria ubiquità. Qualora andassimo ipoteticamente a separare le due quiddità, permettiamo come sostenevo, una visione chiara della situazione da parte dello spettatore, ma visto che ciò non è possibile, è molto meglio per me, far sentire la situazione che capirla.
Per sentire non intendo vivere emotivamente per forza (anche se non sarebbe per nulla male), ma che ciò che accade intorno anche se non arriva con la massima chiarezza verbale, arrivi almeno attraverso il non verbale o il paraverbale, che le teorie di comunicazione ci insegnano essere più importanti.
Un attore passa anni a cercare la propria consapevolezza, e riuscire ad uscire da se stesso con occhio registico, non che consideri i giocatori di live incapaci di questo, ma è lo stesso discorso delle sfumature, non posiamo confrontarci con il gioco credendo che tutti possano arrivare a certe consapevolezze.
Secondo me la cosa straordinaria del gioco live, è la sua universalità la possibilità insomma di essere proposto a chiunque. Cercare soluzioni interessanti dal punto di vista teorico, che poi funzionano solo su pochi perché già predisposti a livello attitudinale, secondo me può avere il suo senso, ma non è certo quello che la Chiave di Giano sta cercando.
La mia risposta era un po’ dilatata nelle varie righe, in parte anche ciò che ho scritto sopra lo definisce ci provo in modo più conciso.
Visto che l’attenzione e la comprensione delle scene abbisogna di uno sguardo distaccato, uno sguardo dello spettatore dietro alla quarta parete, e che nel live, lo spettatore/attore sono insieme nello steso momento e nello stesso individuo, è inutile strutturare un live come se fosse uno spettacolo teatrale perchè le condizioni del teatro all’italiana non ci sono.
Le scene tendono a spingere il gioco nella direzione “attore diviso dallo spettatore”
Anche noi le usiamo certo (in trifariam gli spotlight in SUD il far luce), ma in modo ibrido e solo per spingere (in sud) il giocatore verso una certa consapevolezza e una certa emotività(in trifariam la cosa viene proposta in modo molto diverso).
Nelle scene ci deve essere il coinvolgimento e non dello spettatore che guarda un attore, ma di un attore/spettatore che ascolta con attenzione per poi continuare l’improvvisazione. Azione reazione.
Il sentirsi coinvolto dal lavoro che viene fatto dagli altri è un approccio troppo soggettivo, troppo legato al gusto personale. Tu mi dirai che anche nel tempo continuato c’è il rischio che uno non si senta coinvolto, ma nel processo di improvvisazione se non ti senti coinvolto è una tua scelta un tuo problema, non un problema del sistema che ti obbliga a guardare cosa stanno facendo gli altri.
Spesso ci sono persone che nel processo a scene pensino a cosa dovranno fare, mentre gli altri sono in scena a raccontare.
Questo è molto pericoloso qualora diventasse la struttura intera di un live.
Pensa alla massaia che è disperata per essersi dimenticata di comprare la pasta per il pranzo del marito violento, mentre guarda uno spettacolo. Di quello spettacolo non capirà una fava.
E di nuovo l’attenzione decade e il processo con essa. Spero ora di esser stato più esaustivo, non che per forza tu debba sposare questa tesi anzi… continuiamo ti prego.

Io non credo che le scene stemperino l’emotività, SUD non sarebbe stato strutturato così altrimenti, ma credo quello che ti ho scritto sopra, che le sole scene non funzionino. Abbiamo fatto spesso esperienze di questo tipo, e ti posso garantire che in tempi non sospetti, circa 8 anni fa circa, già ci provavamo.
MVL fu per me la prima esperienza in cui integrai questo approccio live, si dimostrò sicuramente interessante ma non esaustivo.
Sono convinto chche si siano ripetute alcune scene, anzi l’ ho proprio visto dai video Un giocatore è arrivato persino a dire sul “palco” è la stessa situazione di prima.
Ecco questa non è colpa sua, ma mi sento dire neppure del sistema.
Ci sono molti meccanismi, che in sud vengono proposti come regole, ma che trattano di improvvisazione, che non possono essere omesse. In questo caso l’errore che si è fatto è stata una mancanza o un incapacità di ascolto da parte di chi ha chiamato il far luce. In sud è segnalato, ogni giocatore ha a disposizione solo due far luce, questo serve appunto ad evitare le ripetizioni.
Per ascendere intendo la possibilità di toccare per pochi istanti uno stato emotivo e dire alla fine del live: "sono soddisfatto di quello che ho dato"
Non credo che il mio discorso si esplichi banalmente nel “te la fai e la sbrighi da solo” (mi sento di riassumere così la teoria del tipo che citavi, è corretto?), giocando così, da solo, ma più precisamente dico proprio il contrario.
Se non esprimi tutte le problematiche che esistono in te nel tuo PG, anche con scelte che vanno oltre quelle che il giocatore farebbe e che conosce già, mettendo in gioco il personaggio completamente (nella merda), come possono gli altri capire qualcosa del tuo personaggio e interagire con esso creando i problemi?
A pagina 13 del SUD c’è proprio un paragrafino in terza dipendenza, che parla di
“CREARE PROBLEMI E NON DARE FACILI SOLUZIONI: se non succede niente, non c’è nulla di interessante e accattivante da raccontare, e allora ben vengano problemi da risolvere e obiettivi. Saranno loro il faro che dá la direzione alla narrazione. Guai però a risolverli in fretta: solitamente l’impostazione che si può dare a una narrazione è divisa in 3 atti (come per esempio l’intero contenitore Sturm und Drang): Atto 1 Presentazione dei temi Atto 2 Problem Atto 3 Risoluzione.”Questo paragrafo è inserito proprio nelle questioni di improvvisazione.
Continua...
Scritto da Andrea Rinaldi...