Ciao Alessandro!
Notoriamente i miei post sono pieni di cattiverie gratuite. Stavolta la dico subito così mi levo il pensiero: il motivo principale per cui i giocatori di gdr tradizionali preferiscono (o dicono di preferire i gdr tradizionali) è che (1) non conoscono altro, e (2) imparare qualcosa nuovo è fatica, meglio far faticare un altro (il GM) per te. Poi cosa importa se la sbobba è rancida? Se non hai mai mangiato bene, non te ne accorgi neppure...
Ma senza questa base iniziale su cui poggiare il culo pesante? Quanto "fascino" abbiano i gdr tradizionali si vede dal crollo del gioco. Non tanto delle vendite (anche se crollano anche quelle), quanto proprio della gente che gioca. I massimi difensori del gdr tradizionale nei forum e newsgroup non gioca più da anni.... (ma continua a comprare manuali, tanto che ora penso che gli ex-gamer siano il target principale dell'editoria dei gdr)
Detto questo, credo che il fenomeno di ci parli, esista, ma non come osa che esiste concretamente al tavolo. E' più un immagine pubblicitaria, tipo la famiglia del Mulino Bianco....
Vediamo infatti come lo descrivi:
Dunque, dopo tutte le discussioni sull'argomento "Parpuzio/Non Parpuzio" (che se per qualcuno erano aria fritta, a me invece sono servite) mi sono interrogato su cos'è che ancora piace dei gdr tradizionali. Ciascuno ha ovviamente una sua risposta a questa domanda, alcune delle quali sono anche già state elencate nelle pagine addietro, ma la mia, dopo averci a lungo pensato sopra, è che mi danno la possibilità di creare mondi e storie.
E a giudicare dalla quantità di ambientazioni e avventure amatoriali che si trovano in rete, non credo proprio di essere il solo con questa passione!
Allora, la metafora è questa. Dovete sapere che io mi diletto di scrittura. Ho scritto diversi racconti, alcuni dei quali sono anche stati pubblicati. E tra i vari esercizi di scrittura che ho fatto ci sono stati parecchi "racconti staffetta", cioè racconti scritti a più mani, in cui ci si alterna alla stesura senza avere un'idea comune di dove si andrà a parare. Questo tipo di esercizio l'ho fatto sia via web sia in real, decine di volte. Ecco, io noto un certo parallelismo tra le mie esperienze come giocatore di ruolo e quelle come scrittore. Smentitemi se il seguente paragone non vi sembra azzeccato:
Un gdr non tradizionale è come scrivere un racconto a più mani. Non lo si può considerare letteratura, si tratta in effetti di un vero e proprio gioco, nel senso che ciò che ne uscirà sarà difficilmente interessante tranne che per coloro che vi hanno preso parte e che si sono divertiti nel farlo. Ed è un gioco che richiede un certo impegno da parte di tutti, soprattutto se non sei abituato a scrivere.
Un gdr tradizionale, invece, è come scrivere un racconto da presentare a un gruppo di lettori. L'autore può anche accettare tutti i suggerimenti che i lettori gli danno, ma l'ultima parola su ciò che viene messo nero su bianco spetta a lui. La stesura del racconto richiede da parte dell'autore tempo e impegno, ma se i lettori apprezzeranno l'opera le sue fatiche saranno ripagate. Da parte dei lettori, invece, l'impegno è minimo: insomma, leggere è più impegnativo che guardare la televisione, ma meno che scrivere! Ad ogni modo, se il racconto piace, tutte le parti saranno soddisfatte.
Che ve ne pare, siete d'accordo? Pensate che questa metafora possa aiutare il "dialogo" tra sostenitori e detrattori dei tradizionali?
Un primo punto da fare è che stai comunque paragonando approcci diversi al problema del "creare una storia" visto come obiettivo del gioco. Cioè assumi un presupposto ("si gioca per creare e vivere una storia") che è molto più presente nella letteratura e nel "fluff" dei manuali che nel gioco pratico. Credo che la maggior parte delle persone che gioca a D&D se ne freghi tranquillamente della storia. (siamo in Gioco Concreto quindi non sto a spiegare qual'è in termini tecnici l'errore di fondo del dare per scontata una premessa tipo "si gioca per fare questo e chi gioca con altri obiettivi non sta davvero giocando ad un gdr", l'ho già descritto numerose volte
)
Quindi, stiamo già parlando di un settore molto limitato di giocatori. Anzi, di GM, visto che nella cosa che descrivi, i giocatori NON DEVONO essere interessati a creare una storia, altrimenti ne ricaverebbero solo frustrazione e rabbia, essendo bloccati ogni singola volta dal GM che deve imporre la "sua" storia.
E' un "mito" molto presente e raccontato. Sì, un sacco di manuali ti prospettano questa visione: il GM che narra, con parole evocative, un mondo vibrante e pieno di colori, suoni, immagini, e i giocatori, trasportati dalla sua voce, vivono come in sogno avventure bellissime nella loro immaginazione.
Lasciamo stare l'ovvia obiezione "ma non fanno prima ad andare al cinema?", non si discutono gusti e scelte: la domanda da fare è: ma esiste davvero questa roba? A qualcuno è mai DAVVERO capitato? O i manuali che ti raccontano il gdr in questa maniera ti stanno solo spacciando la favolina del Mulino Bianco per Venderti Merendine strapiene di grassi idrogenati e conservanti che un mulino non l'hanno mai visto manco da lontano?
Io in rete ne ho visti (letti) tanti di GM che descrivono così le loro avventure. Ogni singola volta, senza eccezioni, quando ho avuto occasione di parlare con i giocatori, l'immagine che ne danno è ben diversa.
In certi casi, il GM passa la sessione a parlare, mentre i giocatori leggono fumetti o guardano la TV. I più motivati ascoltano cercando di trarre da tutta quella logorrea un po' di informazioni utili, ma vorrebbero tanto che il GM si dilungasse di meno che stanno facendo fatica a tenere gli occhi aperti.
In altri casi, se il GM è meno concentrato sul suo ombelico, è lui che guarda i suoi giocatori aspettandosi che facciano le cose che, nella sua immaginazione, facevano nella storia. Visto che Murphy gioca sempre insieme a noi, non capita mai. I giocatori fanno sempre la cosa sbagliata. O il GM li segue, frustrato, e butta nel gabinetto la sua "bellissima idea per un avventura", o glielo impedisce finchè non fanno quello che vuole lui, e si frustrano loro.
Questo secondo caso si tramuta poi spesso in un terzo: i giocatori, visto che tanto decide tutto il GM, diventano ultrapassivi (non esiste nella vita reale una percentuale di gente passiva e inespressiva alta come quella nei gdr tradizioni. La gente DIVENTA così giocandoli, non nasce così...), mentre il GM ci mette sempre meno immaginazione e passione, vedendo come viene accolta con inespressivo disinteresse la sua "opera".
Se l GM non guarda e non ascolta, e ha un ego ipertrofico, può continuare per anni a credersi un fine facitore di storie, e pensare che i suoi giocatori lo guardino inespressivi con occhi vacui non perchè si stiano abbioccando, ma perchè sono ipnotizzati dalle sue parole. Per questo, non ha molto senso parlare di queste cose con i GM. Per avere una descrizione reale del gioco reale, meglio parlare con i giocatori.
Tutte balle dunque? Beh, non posso escludere che da qualche parte, magari in un qualche misterioso luogo dell'estremo oriente celato da monti invalicabili, esista un GM capace di ridare con le sue descrizioni almeno le emozioni di un comune telefilm di quelli che ne passano tre al giorno in TV. Ma non mi aspetto di incontrarlo in questa vita.
Quello che esiste sicuramente, è il Mito. Quello che hai descritto. Quello che viene propagandato e a cui si crede ciecamente.
Come si comunica con chi crede nel Mito? Non lo fai. Non ha senso. Se hai di fronte una persona che non vede quello che avviene al suo tavolo... che senso ha parlargli di gioco reale?
PRIMA deve incrinarsi la sua Fede nel Mito. Dopo, e solo dopo, si può comunicare sulla base di reali esperienze di gioco.
Cosa non facile, quando c'è un intero hobby basato a livello commerciale sul messaggio "anche tu puoi essere Tolkien, se compri questo manuale. Se poi non ci riesci, è colpa dei tuoi giocatori"
Un'altra conclusione sarebbe che effettivamente, come dice Moreno, i tradizionali non sono veri e propri giochi (ciò non toglie che possano essere divertenti).
Attenzione, vorrei chiarire bene questa cosa che a volte ho buttato lì senza chiarirla abbastanza.
Io uso il termine "tradizionale" perchè, purtroppo, la memoria dei roleplayers è cortissima. E quindi considerano "tradizionale" la regola zero e lo story before. Ma sono "perversioni" saltate fuori dopo una decina i anni dall'inizio dell'hobby.
Non c'è solo il master che ti "racconta la storia" e lo story now. Non è così asfittica la cosa. Il Gusto del Delitto non ci sta dentro in queste due scotoline, e nemmeno Fiasco, e nemmeno le Mille e una Notte. Nemmeno Lamentations of the Flame Princess o molti altri retrocloni. Non ci sta il primo D&D, non ci sta un sacco di gente, gruppi e giochi.
Quello che non è un gioco, è il raccontare una favoletta. Il "vi racconto io la mia storia". Ma è questo l'hobby? Ah! E' quello che vuole farci credere il Mulino Bianco, per vendere un sacco di manuali. Ma chi compra questi manuali?
La realtà dei gdr, anche prima di The Forge, non è mai stata quella mostrata dai manuali di gioco. I manuali andavano venduti ai GM. GM che non li avrebbero in gran parte mai giocati. Ti raccontano cose che devono solleticare il tuo ego, sapendo che tanto non saranno mai messe alla prova dei fatti.
(non sto dicenso che sia una cospirazione. Chi scrive quei manuali probabilmente ne è la prima vittima)
I giocatori che "non seguono la storia"? Quelli che vanno a caccia di xp? Quelli che non ascoltano i png che gli voglio dire cosa devono fare? Quelli giocano. Quelli sono quelli che hanno salvato l'hobby da una masnada di autori frustrati che l'hanno scambiato per un palcoscenico per le loro "creazioni".
In un racconto a più mani, invece, ogni co-autore è veramente libero di scrivere quello che vuole. Il problema è che la storia del suo eroe potrebbe non uscire proprio come vorrebbe, anzi sarà imprevedibile. E tra l'altro i racconti a più mani sono limitati per loro natura: non è possibile scrivere un unico grande romanzo a più mani (ve lo garantisco).
Questo è quello che si credeva fino al 2003.
Poi è stato pubblicato La Mia Vita Col Padrone ("my life with master").
Ci soffro un po' quando vedo trattare LMVCP come un gdr come tanti altri. Ricordo quando nel 2006 si parlava con Michele e Claudia, dei giochi meritevoli di essere portati in Italia, e LMVCP è sempre stata nella lista. LMVCP è per i gdr quello che è stata la relatività per la fisica. Anzi, no, non è il paragone giusto: con LMVCP Czege è arrivato come arriva qualcuno in una riunione di fisici a dire "sapete, questo principio di indeterminazione, se cui basate tutta la vostra teoria? Mica è vero. Guardate che io ho una maniera di determinare con esattezza sia la velocità che la posizione di qualunque particella"
Alla stessa maniera, LMVCP ha distrutto in un colpo solo praticamente tutto quello che si dava per scontato del rapporto fra "gioco" e storia". C'è un articolo ultracitato (anche oggi) di Greg Costickan sul fatto che più un gioco è una "storia" meno è "gioco", più si limita a libertà dei giocatori, più è un railroading. Me l'hanno citato (credendo di citare chissà cosa) in una delle prime discussioni su questi giochi nel vecchio newsgroup it.hobby.giochi.gdr.
Io ci rimasi di merda: "ma come, non avete letto la rettifica?". No. In Italia, dopo quattro-cinque anni, non ne sapebvano ancora nulla (comunque, non ne sa nulla ancora un sacco di gente anche negli USA). Di come Costikan ha giocato a LMVCP e abbia scritto una recensione in cui fra l'altro, diceva in pratica "scusate, m,i sono sbagliato. Gioco e storia non sono per niente incompatibili, e questo gioco lo dimostra"
Oggi LMVCP (un gioco che credo non abbia ancora superato le 1000 copie vendute negli USA, visto che viene venduto solo da Paul direttamente e non è distribuito da nessuno) viene studiato nelle università, è fra i testi che si studiano per formare i nuovi creatori giochi (quelli dove girano i soldi, quelli per computer, non per i tabletop), perchè è i gioco che ha distrutto il principio di indeterminazione, che ha mostrato come fare giochi CHE siano anche storie. Il più grande passo concettuale dei gdr dai tempi di Braunstein (no, la nascita di D&D non gli sta a pari, D&D era una raccolta di pratiche già in uso da anni anche se fra piccoli gruppi)
Se giochi a LMVCP, la storia esce come la vuoi. il servitore si ribellerà, il padrone morirà. Non c'è alcun dubbio, accadrà, e lo sai dall'inizio.
E non c'è un singolo microsecondo di gioco che sia railroading o story before.
La "tecnica" va avanti, anche se il mondo dei gdr dorme, sognando il Mulino Bianco.
Ultima considerazione: proprio per una questione di impegno e creatività, molti potrebbero preferire il ruolo di lettore a quello di co-autore; non sto parlando degli iscritti a questo forum, ovviamente, ma del mio gruppo di amici, ad esempio, almeno la metà di loro la pensano così.
Questa cosa non riguarda il gioco. E' un problema di ordine sociale. Sono persone che non giocano, non hanno alcuna voglia di giocare, ma non vogliono essere escluse dal "gruppo".
Ho già scritto parecchio, quindi qui me la cavo mettendo un link ad un recente thread che ne parla:
non-playOra, con questo intervento io non voglio negare l’esistenza delle storie dell’orrore attorno ai tavoli da gioco, o il fatto che nella realtà dei fatti i tradizionali non driftati siano disfunzionali. Quello che affermo è semplicemente che il "sapore perduto" dei tradizionali, quel qualcosa che fa gridare a tanti irriducibili "questi non sono veri gdr", secondo me, consiste in quel che ho spiegato.
Sono d'accordo, e non vorrei che la veemenza del mio intervento ti sembrasse una polemica nei tuoi confronti. Hai descritto bene il Sogno del Mulino Bianco.
Chi sogna? Il GM che non si rende conto che sta stracciano le palle a tutti i giocatori (o che semplicemente non è tanto bravo come crede a creare storie). Il non-giocatore che sta nel gruppo, distruggendo ogni possibilità di giocare decentemente, ma si convince di essere sì a fare quello che fanno gli altri (mentre in realtà gli impedisce di fare cose che lui non è in grado di fare). Quelli che sfogano nel gioco frustrazioni varie e non hanno voglia di giocare. E poi? E poi, quelli che ci credono. Ci credono, perchè magari hanno letto i manuali, e poi "tutti gli altri ci credono", o semplicemente non immaginano nemmeno che esistono altre maniere di giocare.
Anche questi ultimi, come tutti gli altri, difenderanno il sogno con le unghie e con i denti. Perchè se non lo facessero, dovrebbero ammettere il loro sostanziale fallimento, gli anni persi, la realtà del loro gruppo di gioco.
A questi gruppi, serve un nemico. Serve qualcuno con cui polemizzare, per validare con la loro "lotta strenua" questa ultra-balla. Per questo cercano in lungo e in largo per la rete le discussioni sui giochi funzionali e le infestano. (e. viceversa, se guardi i principali infestatori, se riesci a fargli dire due frasi concrete su come giocano, percepisci la disfunzionalità e la noia che permeano tutto come un un tanfo).
Bisogna lasciarli da soli. Senza nemici da combattere, è più difficile non vedere il fallimento, e l'irrealtà del mulino bianco.
P.S.: in questo post ho usato diverse volte "sogno". Specifico che non nulla, ma davvero nulla a che vedere con il "right to dream". Sto parlando del sonno della ragione, non dell'usare la propria immaginazione per creare contenuti.