Mike, ti dico la mia sul perché premiamo molto sugli archetipi fiabeschi: perché sono archetipi, esattamente. Perché generazioni di letteratura occidentale (ma non soltanto: quando ti ho proposto l'Ingannatore pensavo al Renard medievale come a Coyote) hanno formato figure che bene o male abbiamo conosciuto tutti nella nostra infanzia, e che sicuramente risuonano anche in autori che tu citi come Brian Jacques o la Potter (pensare anche soltanto a Redwall, quanti eroi siano cavalieri o furfanti dal buon cuore e come, a memoria, gli antagonisti siano sempre animali carnivori.)
Insomma, brevemente: gli archetipi fiabeschi hanno carisma e possono benissimo adattarsi ai furry - e al contempo dare molte basi di gioco. Cavolo, giocare il Lupo, non un membro di una stirpe di testedilupo che ha imbracciato la spada ma Il Lupo che Soffiava, ti dà già tantissimi spunti e possibili conflitti emergenti per un personaggio. Il lato mostruoso come dice ottimamente il Niccolò.
Ed esatto, imbraccio il suo punto di vista anche sui playbook. Io ci vedrei bene il costrutto, l'animale da preda, . Anche senza avere esseri umani in giro: anzi, che l'umano sia una presenza misteriosa mi piace assai: magari gli unici personaggi giocanti dalla forma umana sono i costrutti di legno/pandizenzero/quelchelè.