Autore Topic: Il Tremendo Thread: i "generi" del fantastico. Come li definiamo?  (Letto 7611 volte)

Dairon

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    • Ass. Cavalcalupi
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-La fantascienza indaga su tematiche connesse all' innovazione tecnologica.

Uhm. Proviamo a sottoporre a verifica sperimentale tale definizione, con esempi conclamati (non "vaghi") di sci-fi. Cerco di usare romanzi perché credo siano più famosi, e escludo la space opera come detto.

Alle origini secondo me abbiamo roba che c'azzecca molto, ed è interessante. Quando vai a cercare nel seicento trovi The Man in the Moone che è così. Ancora nell'ottocento la parte sci-fi di Frankestein è tale (oddio, non è quel che definiremmo hard sci-fi, ma insomma). Quando non si parla di utopie, spesso la cosa è relativa ad avanzamenti tecnologici.
Cosa succede a cavallo tra ottocento e novecento, però? Mbeh, se Verne (e per quanto ne so, Robida) probabilmente rimane sempre "ivano-fi", Wells mica tanto! La Macchina del Tempo lo è, ma La Guerra dei Mondi sebbene sia indubbiamente "scientifico" (certo, non hard. Wells raramente fa "l'ingegnere") non riguarda mica sviluppi tecnologici dell'umanità.
Questo è interessante anche perché avviene prima dell'avvento di Rice Burroughs e della space opera, coi suoi stilemi "fantasy" (o meglio più semplicemente d'avventura). Tra l'altro fino diciamo alla seconda guerra mondiale la sci-fi "seria" credo resti molto legata alle utopie/distopie, quantitativamente parlando (Looking Backwards, Il Mondo Nuovo, Metropolis), dopo meno.
Negli anni '30 credo si formi quella che definiamo "davvero" sci-fi, o meglio cui pensiamo quando pensiamo ad essa, con Campbell ad Astounding (e altri). Non mi metto a fare un'analisi su tutti gli autori della golden age (non potrei, credo!), quindi ne prendo qualcuno tra i più famosi/importanti.
Asimov: ecco, uno dice, l'amante più famoso della sci-fi hard! Ma: coi Robot rientra nei canoni di Ivano, con la Fondazione no (la tecnologia è sostanzialmente un elemento di sfondo, si parla di scienza)! E non penso sia un caso isolato, non è così nemmeno con Nightfall sebbene l'ipotesi di base resti "scientifica".
Bradbury: ok, qua uno va a chiedersi come sia collegato alla sci-fi, quasi. Per contrasto, un Blish è sostanzialmente dentro alla definizione.
Heinlein: sì, ma non sempre sempre (Straniero in Terra Straniera mi sembra tratti il tema piuttosto alla lontana. Lui viene da Marte, ma... Credo i vari World as Myth non c'azzecchino, ma mi sbaglierò).
Clarke credo dei "big three" sia il più "ivanistico". Whyndham invece credo non c'entri proprio, anzi, alla fine non è nemmeno granché "scientifico".
Con la new wave dei sessanta riemerge (o meglio prende più dignità?) la space opera, ma soprattutto si vira verso il sociale. Ora, non è che l'essere più soft indichi di uscire dalla definizione proposta: però io mi domando, quando Brunner ci parla dell'apocalisse da inquinamento, sta parlando di sviluppi tecnologici? Io credo di no, ne Il Gregge alza la testa non ci sono tecniche nuove, ma si può essere in disaccordo.
Non penso Sturgeon possa avere un pattern riconducibile, e credo soprattutto parli spesso di cose poco distinguibili tra tecnologia e magia. Le Guin se ne frega delle distinzioni di genere o di parlare o meno di tecnologia, e anche di ricondursi specificatamente a sottogeneri già creati (La Mano Sinistra delle Tenebre è space opera?).
Il movimento cyberpunk per converso è sostanzialmente "ivanista", e probabilmente anche di più quello transumanista.

E insomma, penso l'analisi parli da sé, e anche per la mia poca convinzione.  ;)
Concludo dicendo: non dubito le categorie siano utili... quando funzionano. Se no, pace, "fantascienza" è un'etichetta che non ha molto più senso di fantasy quando noti che nello scaffale fantasy c'è Ende ma non Borges.

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