Autore Topic: allora ci provo.  (Letto 4506 volte)

larrymartelli

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allora ci provo.
« il: 2009-02-02 09:17:08 »
avrei piacere che commentaste questo:

Un'introduzione alla teoria forgista
di Ben Lehman
Traduzione di Niccolò “Domon” Ricchio
Revisione di Gabriele “TheKeeper” Pellegrini


#3 - Le regole, e cosa sono
Il punto assolutamente basilare per discutere il game design e la teoria gdr è la regola. E quindi, per proseguire nel mio discorso, vi darò una definizione di ciò che una regola è. Per cui, senza altri indugi:

Una regola è un metodo attraverso il quale influenziamo la nostra partita.

Che, se consideri il "sistema" come la somma di tutte le "regole", puoi considerare sia identico alla più canonica affermazione:

Il sistema è il metodo con cui i giocatori manipolano lo spazio immaginario condiviso.

Frase che nella terminologia Forgista è conosciuta col nome di “Principio di Lumpley”, perché è stata formulata da Vincent Baker il quale, per strane ragioni storiche che ho giurato di tenere segrete, ha assunto il nickname di "Lumpley".
(E' così che diamo i nomi alle cose su The Forge. Tutto quello che posso dire in nostra difesa è che è valido tanto quanto il sistema che ha dato alla chimica moderna elementi come il "Berkelio".)
Ad eccezione che la mia definizione include l'intero nostro giocare, piuttosto che il solo spazio immaginario condiviso. Lo approfondiremo nella prossima sezione.
Per ora, voglio parlare dell'incredibile ampiezza di ciò che intendo qui come "regola". Per dirne una, comprende tutte le cose alle quali pensereste come regole di gioco, cose come:

Quando attacchi qualcuno, tira dei dadi per vedere se lo colpisci o no;
Puoi spendere un Hero Point per ritirare i dadi;
I dadi che mostrano 7 o più sono successi e se ottieni più successi dell'avversario vinci;
E così via…
Ma include anche cose come:

Si determinano gli eventi del gioco attraverso il dialogo tra i giocatori, con il GM che semplifica;
Il GM ha l'ultima parola su tutti gli avvenimenti;
Il giocatore di un personaggio ha l'ultima parola su tutte le azioni, emozioni, e pensieri del personaggio, oltre a un certo grado di autorità sul suo destino;
Tutti i background scritti diventano canoni a cui attenersi in gioco, ogni giocatore scrive il background del suo personaggio;
E così via…
Tenendo a mente questo, possiamo notare con grande chiarezza una cosa: nei termini di questa definizione delle regole, non esiste una cosa come il gioco "ruleless" o anche, in verità "rulelight". Qualsiasi evento del gioco avviene a causa di una o più regole. Il gioco “Systemless” o “freeform” è semplicemente un modo di giocare in cui le regole sono meno evidenti, meno meccaniche, più sociali o qualcosa di simile. Con questo in mente, possiamo notare che il "systemless" è, in effetti, una sezione piuttosto ampia di modi di giocare con un sacco di differenti e interessanti tipi di sistemi (ricordate: Sistema = somma di tutte le regole). La cosa davvero bella è che possiamo renderci conto che, dato che anche queste sono regole, possiamo scriverle giù e condividerle con gli altri.
L'abitudine comune è, come designer, di saltare la scrittura della maggior parte dei nostri processi di gioco e scrivere invece un po' di risoluzione degli eventi, creazioni del personaggio, e di regole di avanzamento che possono o meno riflettere le regole effettive con cui giochiamo, e che di certo non sono tutte le regole con cui giochiamo.
Da un punto di vista teoretico e di design, tutto questo è molto stimolante. Dal punto di vista della partita, lo è anche di più. Non dobbiamo più dipendere dalle persone che si affidano allo stesso tipo di contratto sociale implicito che usiamo noi: i "buoni giocatori" e l'ancora più raro "buon GM". Invece, possiamo parlare apertamente di quali regole tra quelle che usiamo restituiscono una partita soddisfacente, e anche insegnarle agli altri.
In ogni caso, mi sto portando un po' troppo avanti. Parliamo di quello che le regole fanno durante il gioco.

P.S. Che regole come le seguenti valgano o meno come regole di gioco è una questione ancora dibattuta:

Il GM non paga mai la pizza;
Giochiamo a turno a casa di Jim e di Lauren;
Il padrone di casa ha l'ultima parola su quale campagna giochiamo;
Jim ha un cane rumoroso;
Betty ha una cotta per Jim, anche se lui è sposato con Christine.

Per quanto mi riguarda, ecco cosa ne penso al momento: Queste, così come sono formulate, non sono regole di gioco, anche se alcune di esse potrebbero essere regole sociali. La cosa importante è che, sebbene queste cose di certo possono influenzare il gioco e lo influenzano, non possiamo veramente usarle in maniera attiva per influenzare le nostre partite nello stesso modo - colorano le nostre interazioni, ma non producono davvero del gioco da sole.


Vorrei nello specifico, sapere se qualcuno di voi pensa che regole come "il GM non paga mia la pizza" possano essere regole di gioco.
Insomma, vorrei sapere se qualcuno ha un'idea diversa da questa:

"Per quanto mi riguarda, ecco cosa ne penso al momento: Queste, così come sono formulate, non sono regole di gioco, anche se alcune di esse potrebbero essere regole sociali. La cosa importante è che, sebbene queste cose di certo possono influenzare il gioco e lo influenzano, non possiamo veramente usarle in maniera attiva per influenzare le nostre partite nello stesso modo - colorano le nostre interazioni, ma non producono davvero del gioco da sole".

Grazie.

P.S. dovrei aver messo la firma, se non c'è significa che non so come metterla. Nel caso fatemelo sapere. Fatemi sapere inoltre se in qualche modo non ho rispettato qualche altra cosa del regolamento.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da larrymartelli »

Mattia Bulgarelli

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« Risposta #1 il: 2009-02-02 11:49:26 »
Citazione
[cite] larrymartelli:[/cite]avrei piacere che commentaste questo:

Proviamo. ^_^
Citazione

 :arrow: Una regola è un metodo attraverso il quale influenziamo la nostra partita.

Che, se consideri il "sistema" come la somma di tutte le "regole", puoi considerare sia identico alla più canonica affermazione:

 :arrow: Il sistema è il metodo con cui i giocatori manipolano lo spazio immaginario condiviso.


Ecco, per esempio non sono d'accordo sull'equivalenza perfetta delle due affermazioni, e qui sotto è tutto IMHO.

Direi che la prima potrebbe essere "corretta" così: "una regola è un metodo formalizzato con il quale influenziamo volontariamente la nostra partita".

Il Sistema lo definisco come la somma di tutte le regole e delle loro interazioni, come l'articolo dice.

Citazione

Vorrei nello specifico, sapere se qualcuno di voi pensa che regole come "il GM non paga mai la pizza" possano essere regole di gioco.
Insomma, vorrei sapere se qualcuno ha un'idea diversa da questa:

"Per quanto mi riguarda, ecco cosa ne penso al momento: Queste, così come sono formulate, non sono regole di gioco, anche se alcune di esse potrebbero essere regole sociali. La cosa importante è che, sebbene queste cose di certo possono influenzare il gioco e lo influenzano, non possiamo veramente usarle in maniera attiva per influenzare le nostre partite nello stesso modo - colorano le nostre interazioni, ma non producono davvero del gioco da sole".


Actual Play con risvolto medico: a Capodanno o giù di lì, il mio gruppo ha provato LMVcP.
Per l'esempio, nota bene, avrebbe potuto essere qualsiasi GdR, anzi: qualsiasi gioco.
Semplicemente, stavo male, e la mia partecipazione è stata ridotta come tempo e come contributo causa poca lucidità mentale.
Il mio stato di salute ha influenzato (sic :P ) la partita. In che modo non lo so, non si possono osservare due linee temporali alternative :P , ma presumo proprio che la partita sarebbe stata diversa.
Nessuno si sognerebbe di dire che i miei sintomi siano una regola.

Credo di concordare, quindi, che le regole finiscano quando viene a mancare la possibilità di usarle volontariamente.

C'è molta confusione su questo punto, difficile da definire, di confine tra regole interne al gioco e regole sociali, quando queste vanno ad influenzarsi o a collidere, tantopiù che molti giocatori considerano "regole" solo quelle che influenzano gli effetti intra-SIS (Es.: il PG cade -> 3d6 danno).

Credo che lo scopo dell'articolo sia di chiarire che le regole sono anche (o SOPRATTUTTO?) quelle rivolte ai giocatori (es.: Ora tocca a te iniziare la scena), reparto in cui il GdR tradizionale scarseggia (eufemismo).
Avrai presente i manuali di "consigli per diventare buoni GM", suppongo. Guardacaso :P sono blocchi di pagine e pagine con suggerimenti di regole extra-SIS: "dai spazio a tutti", "incorpora i suggerimenti dei giocatori", ecc... Tutte cose che i giochi "nuovi" fanno per regole normali.

Se hai dei dubbi più specifici, però, facci sapere, perchè non ho capito bene qual'è il punto "dolente" per te.

Per esempio, su IHGG (conosci?) si discuteva con Andrea Angiolino sulla validità dell'articolo alla luce dei giochi le cui regole mutano per effetto delle mosse dei giocatori, là dove l'articolo originale considera di default "malfunzionanti" i giochi con regole fluttuanti.
La "soluzione" sta da qualche parte tra le aspettative dei giocatori e la distinzione tra "essere in grado" e "dovere, sennò non va" cambiare le regole.
Interessante, ma tutt'altro discorso.

Citazione

P.S. dovrei aver messo la firma, se non c'è significa che non so come metterla. Nel caso fatemelo sapere. Fatemi sapere inoltre se in qualche modo non ho rispettato qualche altra cosa del regolamento.


La firma c'è, lo avrai visto anche tu, tutto ok! ^_^
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Korin Duval »
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Kappaprimo

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« Risposta #2 il: 2009-02-02 11:59:18 »
Mi esprimo succintamente dicendoti perché, secondo me, quelle non possono essere considerate regole di gioco e non devono.

Sebbene siano regole che possono avere una certa influenza sul gioco, ammettendole all'interno delle regole di gioco ci si troverebbe a dover considerare tali anche, ad esempio, le regole linguistiche, che influiscono ben di più e le regole sulle zone di prossimità personali e tutta la comunicazione non verbale (e immagino miriadi di altre regole). Tutto questo non sarebbe proficuo, nè interessante.
In più, come dice Ben Lehman, è difficile influenzare queste regole e piegarle allo scopo del gioco.

Edit: ups, crosspost. Quindi quest'ultima cosa non la sostiene solo Ben Lehman, ma anche Korin Duval :wink:
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larrymartelli

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« Risposta #3 il: 2009-02-02 12:25:09 »
Per ora gioco solo a Old D&D (modificato molto da me e dal mio gruppo) e vorrei riportarvi un esempio pratico che ho escogitato per verificare la mia idea:

Visto che mi piace cucinare, preparo sempre un dolce diverso per ogni seduta che facciamo.
Nell'untima seduta non ho volontariamente preparato il dolce per vedere cosa sarebbe successo, come questa "mancanza" avrebbe influito sul gioco.
Quando si sono presentati i giocatori hanno esclamato, chi più chi meno:"dov'è il dolce"!?; "perchè non lo hai fatto"?!; "forse questa è una serata di seri B"!?; "non meritiamo più il tuo dolce"!?; ecc...
Allorchè ho estratto dalla dispensa una scatola di biscotti già confezionati.
La reazione è stata, chi più chi meno: "cos'è adesso non ti vuoi più sbattere"!?; "bene, almeno si mangia qualcosa"!?; "se vai avanti cosi userai le avventure preconfezionate"!?; ecc...
Notare che questi commenti si sono ripetuti ogni qula volta c'erano delle situazioni di gioco particolari, tipo che io (il Master) non mi ricordavo subito le caratteristiche di un mostro, o di un png, ecc...
E' chiaro che tutti i commenti che vi sto riportando si sono svolti in tono scherzoso!!!
Alla fine della partita un giocatore mi ha detto:"comunque la prossima volta DEVEesserci il dolce, e che questa sia una REGOLA!! senza dolce non giochiamo".

Adesso, vuoi che io sia bravo a fare i dolci (non è mica sempre vero! io sperimento e a volte faccio solo cagate!!), vuoi che ho "viziato" i miei giocatori; ma il "bello" del "momento dolce" era assaggiare qualcosa di sempre diverso, criticare il cuoco, criticare il piatto, criticare il modo di mangiare di ciascuno, avere una sorpresa sempre nuova, ecc...
La verità è che il "momento dolce" prepara tutti al gioco. Crea intimità, complicità, allegria.
Il "momento "dolce" è diventata una regola del gioco.

Se io scrivessi un regolamento per gdr, sicuramente come REGOLA inserirei:

" preparare un dolce sempre diverso da gustare prima della sessione"

Poi è chiaro che le regole possono essere ignorate.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da larrymartelli »

Niccolò

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« Risposta #4 il: 2009-02-02 13:26:06 »
larry: l'osservazione sul dolce e sulle regole nascoste è interessante, ma io allargherei la cosa a un abbinamento pietanza+bevanda :)
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Mattia Bulgarelli

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« Risposta #5 il: 2009-02-02 15:38:17 »
Citazione
[cite] larrymartelli:[/cite]
 :arrow: Il "momento "dolce" è diventata una regola del gioco.
[...]
 :arrow: Poi è chiaro che le regole possono essere ignorate.


1) L'autore dell'articolo direbbe che è una "regola sociale". vista la definizione di cui sopra.
Sono interessanti, però, le conseguenze in gioco delle convenzioni/regole sociali.

2) Se le regole vengono ignorate è come se non esistessero più. ;)
E sì, IMHO ogni gruppo ha il suo "set" di regole sociali che arrivano "prima" (in vari sensi) di quelle del gioco che si fa qui-e-ora.
E ancora sì, sono regole che si modificano nel tempo, complice il fatto che spesso sono "vaghe" proprio perché non sono né scritte né enunciate esplicitamente.

Domanda per tutti:
Una partita di scacchi o di tennis in un torneo mondiale può avere le stesse regole di una partitella rilassata "tra amici"?
Le piccole concessioni che si potrebbero fare (pause per una bibita, "perdonare" infrazioni minori, ecc.) potrebbero essere interpretate come modifiche alle regole del gioco? Cioè, si gioca a due giochi diversi che sono QUASI identici?
Io credo di sì, se (e solo se) prendiamo alla lettera la definizione di "regola" di cui sopra.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Korin Duval »
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allora ci provo.
« Risposta #6 il: 2009-02-02 16:26:41 »
Citazione
[cite] Korin Duval:[/cite]Per esempio, su IHGG (conosci?) si discuteva con Andrea Angiolino sulla validità dell'articolo alla luce dei giochi le cui regole mutano per effetto delle mosse dei giocatori, là dove l'articolo originale considera di default "malfunzionanti" i giochi con regole fluttuanti.


C'è un discorso interessante, su questo argomento, in Godel Escher Bach di Hofstadter. è un po' datato, lo so, ma la sua analisi è ancora valida: dimostra, in pratica, che un gioco le cui regole sono fisse ed uno in cui le regole mutano per effetto delle scelte dei giocatori sono isomorfi. Ad esempio, si può usare una scacchiera per simulare una partita di scacchi ed i mutamenti alle regole degli scacchi che i giocatori potrebbero inserire durante quella partita. Quindi, se ho capito bene, l'articolo originale non avrebbe ragione di definire malfunzionanti i giochi con regole variabili purchè la fonte dei cambiamenti delle regole sia inserita fra gli elementi del gioco.
« Ultima modifica: 2009-02-02 16:42:25 da Jonni »

larrymartelli

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« Risposta #7 il: 2009-02-02 16:39:36 »
non conosco IHGG, cos'è? comunque il discorso mi interessa molto.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da larrymartelli »

larrymartelli

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« Risposta #8 il: 2009-02-02 17:08:10 »
Citazione
Domanda per tutti:
Una partita di scacchi o di tennis in un torneo mondiale può avere le stesse regole di una partitella rilassata "tra amici"?
Le piccole concessioni che si potrebbero fare (pause per una bibita, "perdonare" infrazioni minori, ecc.) potrebbero essere interpretate come modifiche alle regole del gioco? Cioè, si gioca a due giochi diversi che sono QUASI identici?
Io credo di sì, se (e solo se) prendiamo alla lettera la definizione di "regola" di cui sopra.


Sono d'accordo.
Per esempio succede che si possa fare una partita di calcetto dove non esiste il fallo laterale: per aumentare il divertimento si modifica una regola ottenendo un gioco quasi uguale.
Vorrei aggiungere che:
Di solito nei giochi "normali" come il tennis o gli scacchi, la motivazione di base è confrontarsi e vedere chi tra i due è il migliore.
In una partita tra amici lo scopo (di solito) è quello di divertirsi e passare del tempo assieme, ma sottosotto chi più, chi meno, ha l'idea di base di vincere la partita...se non altro per sfottere l'amico!
Quindi le "piccole concessioni" sono rare e soprattutto devono essere gestite "bene" per evitare (sempre che interessi) di sentirsi dire: "hai vinto solo perchè ti ho concesso questo o quell'alltro"
A questo punto forse era meglio non fare nessuna concessione per nessuno e usare le regole universali.

Infine vorrei ribadire che non so se si possono confrontare i giochi "normali" con i giochi di ruolo (anche se questo non è certo il caso) perchè nel gioco di ruolo la motivazione non è MAI stabilire chi è il migliore.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da larrymartelli »

Mauro

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« Risposta #9 il: 2009-02-02 17:34:13 »
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[cite] larrymartelli:[/cite]vorrei ribadire che non so se si possono confrontare i giochi "normali" con i giochi di ruolo (anche se questo non è certo il caso) perchè nel gioco di ruolo la motivazione non è MAI stabilire chi è il migliore

Con "motivazione" intendi "motivazione per giocare" o "quello che fa divertire"? Nel primo caso è decisamente piú sporadico: è vero che ci sono i tornei, ma almeno per la mia esperienza non c'è nessuno o quasi che si allena per vincerli (mentre ci si iscrive al torneo anche per vincere).
Nel secondo, anche nel gioco di ruolo ci si può divertire cercando di vincere: Donjon (ma non è l'unico) dice esplicitamente che this game is about winning. Don’t be fooled by the fact that you’re all friends: the GM’s job is to take whatever you say and twist it around and screw you with it. Think of the GM as a genie – an evil one.
You make wishes, and he tries work them to his advantage. The players’ job is to not let the GM do this: think of cool actions she can’t thwart, build characters that are engines of fun destruction, and smite down all the enemies she can throw at you
.
E per vincere si cerca, almeno per la sessione, di riuscire meglio degli altri, no?
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Mauro »

Riccardo

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« Risposta #10 il: 2009-02-02 17:39:28 »
Pensa ad Agon. L'obiettivo è proprio vincere, contro il GM e contro gli altri giocatori, raggiungere la gloria prima di tutti
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Riccardo »

larrymartelli

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« Risposta #11 il: 2009-02-02 17:53:49 »
si, avete ragione. ci sono dei giochi di ruolo dove si gioca per vincere.
E' solo che me ne dimentico spesso e volentieri.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da larrymartelli »

Mattia Bulgarelli

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« Risposta #12 il: 2009-02-02 18:10:19 »
Citazione
[cite] larrymartelli:[/cite]
Infine vorrei ribadire che non so se si possono confrontare i giochi "normali" con i giochi di ruolo (anche se questo non è certo il caso) perchè nel gioco di ruolo la motivazione non è MAI stabilire chi è il migliore.


In molti GdR (non tutti, come detto da altri qui sopra di me :P ) non c'è, in effetti, un fattore competitivo incentivato direttamente.
In alcuni salta fuori indirettamente; vedi in DnD come l'effetto "ma lui ha più PX di me" viene spesso house-rulato (si capisce che intendo?).
In altri proprio non compare (LMVcP, in cui la capacità di ogni PG è indipendente dagli altri PG e dalle giocate degli altri, di default).

Il problema primario, quindi, è stabilire "cosa entra nel gioco" e quindi chi ha il diritto di imporre un elemento nel SIS, quando, come.
Per evitare "ingiustizie": se il gioco è chiaro con tutti, o è un bel gioco o è un brutto gioco; se il gioco lascia buchi, non solo è brutto, ma va aggiustato con decisioni extra-gioco (vedi Rantone clamoroso di Moreno sulla Regola Zero).
Il senso dell'articolo, alla fine, è dire che "le regole" sono quelle che fanno 'sta roba qua: dare ordine, come il codice della strada dà ordine a chi circola, agli input dei giocatori.

Sto divagando, scusate. ^_^;
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Korin Duval »
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allora ci provo.
« Risposta #13 il: 2009-02-04 10:18:31 »
ALoa!
Ciao larry.
Il problema che hai riscontrato quando non hai fatto la torta è un problema sociale.
La sessione di gioco è innanzitutto un momento sociale, in cui diverse persone si incontrano, con lo socopo di giocare e divertirsi, ne consegue che i relativi problemi a livello sociale influenzino la sessione, per forza di cose.
Il problema sociale può essere la delusione delle aspettative dei presenti perché non hai fatto la torta, il fatto che due presenti si odino o abbiano interrotto il loro rapporto da poco e non riescano a vedersi, il fatto che uno fra i presenti provi imbarazzo a parlare liberamente davanti agli altri ecc ecc
Tutti questi eventi entrano nella sessione di gioco e la modificano, perché non siamo pupazzi che giocano a ripetizione, siamo persone, spesso amici, che non sono obbligati a vedersi per forza; quindi gli equilibri sociali hanno un peso importante nell'economia dello "svago".
Il vero problema è un'altro, a questo punto, rovescio la frittata e ti chiedo: regoleresti questo tipo di problemi?
Come?
La regolamentazione di questo tipo di problemi sarebbe un consiglio o una regola?

Il problema degli Scacchi.
Il problema così posto mi pare tanto un problema di priorità nel gioco.
Anzitutto bisognerebbe verificare la conoscienza dei partecipanti del regolamento degli scacchi, che a dire il vero in pochi conoscono bene. Sapere come si muovono i pezzi non è sapere le regole degli scacchi.
Questo è un grande spartiacque, poiché non è detto che il gioco sia identico, quel quasi è comunque da verificare sul campo con partite che prevedano l'adozione in toto del regolamento.
Fatte le dovute precisazioni, quello che è da evidenziare sono le priorità, cioé quale è la priorità della partita?
Anzitutto i due si confrontano per vincere, ma la priorità è spostata sul gusto del confronto e la vittoria passa in secondo piano, come giustamente avete fatto notare, a questo punto ci saranno delle convenzioni formali. Un esempio è permettere al giocatore di cambiare mossa una volta che il pezzo ha toccato scacchiera.
Questo permesso va però mediato, visto che ad uno dei due partecipanti potrebbe sembrare una cosa impropria.
La mediazione fra le parti è il secondo elemento.
Se hai mai giocato a scacchi con un bambino, il bambino tenterà, sempre che rimanga attento alle spiegazioni, di muovere i pezzi come meglio preferisce.
In una partita con mio cugino, aveva sette anni, io gli ho concesso di usare la torre come alfiere, purché utilizzasse bene il cavallo e le pedine.
La partita è andata avanti.
Ma stavamo giocando a scacchi?
Il gioco era simile?

Aloa!
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da fenna »
Daniele "fenna" Fenaroli

larrymartelli

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« Risposta #14 il: 2009-02-04 12:24:44 »
ciao a tutti!

Il Fenna scrive:
Citazione
ALoa!
Ciao larry.
Il problema che hai riscontrato quando non hai fatto la torta è un problema sociale.
La sessione di gioco è innanzitutto un momento sociale, in cui diverse persone si incontrano, con lo socopo di giocare e divertirsi, ne consegue che i relativi problemi a livello sociale influenzino la sessione, per forza di cose.
Il problema sociale può essere la delusione delle aspettative dei presenti perché non hai fatto la torta, il fatto che due presenti si odino o abbiano interrotto il loro rapporto da poco e non riescano a vedersi, il fatto che uno fra i presenti provi imbarazzo a parlare liberamente davanti agli altri ecc ecc
Tutti questi eventi entrano nella sessione di gioco e la modificano, perché non siamo pupazzi che giocano a ripetizione, siamo persone, spesso amici, che non sono obbligati a vedersi per forza; quindi gli equilibri sociali hanno un peso importante nell'economia dello "svago".
Il vero problema è un'altro, a questo punto, rovescio la frittata e ti chiedo: regoleresti questo tipo di problemi?
Come?
La regolamentazione di questo tipo di problemi sarebbe un consiglio o una regola?


Personalmente non regolerei questo tipo di problemi, perchè per mè è chiaro che non può esistere una regola che permetta ad un timido di non esserlo più.

Tuttavia non dico che qualcuno potrebbe non essere daccordo e giustificarne anche i motivi.

Però è altrettanto vero che io personalmente nel mio gioco di ruolo personale, cercherei di fare delle regole che "spingano" il giocatore timido ad esprimersi vincendo la sua timidezza, e dato che questo è un problema sociale, le regole non potrebbero che essere regole sociali.
Per esempio la storia della torta fa sentire il "timido" maggiormente a proprio agio e dunque un pò meno "timido".

E' anche vero che volendo, ogni gruppo di giocatori può regolarsi socialmente come crede...ma può anche darsi le regole di gioco che crede, modificando il regolamento base del gioco.
ciao!
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da larrymartelli »

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