Prendo atto che chiedere con gentilezza non serve e che la foga di rispondere è più potente dell'educazione.
Ho chiesto di non rispondere perché stavo partendo per il lavoro e desideravo trattare l'argomento in maniera unitaria, e inoltre ero tirato in ballo direttamente dall'apertura. Avrei evitato volentieri questo effetto, ovvero più post poco dettagliati e una certa deriva in "linguaggio tecnico", a cui preferirei il semplice ricorso agli esempi concreti. L'ho chiesto come gentilezza e come segno di rispetto nei confronti di qualcuno che, purtroppo, non ha la possibilità di postare in maniera articolata 24 ore al giorno ma che vorrebbe comunque partecipare al suo meglio alle discussioni del forum.
Credevo davvero che il favore chiesto da un utente, uno qualunque, venisse preso in considerazione.
Evidentemente mi sbagliavo e sono piuttosto amareggiato da questo fatto: io ho i mezzi per difendermi, ma se un utente meno sgamato del sottoscritto fosse stato trattato così mi sarei sentito personalmente in colpa, come facilitatore, nei suoi confronti.
Mi consola solo in parte il fatto che almeno il post di Simone sia un esempio di gioco e che Antonio abbia, in fondo, centrato il nocciolo del problema e scritto quello che, inizialmente, avrei scritto anch'io.
"Cavalcare la tigre" e "è lei che controlla" sono metafore ed iperboli utili a far capire la sensazione che da giocare correttamente a Trollbabe. Dice bene, però, Antonio, quando fa notare che il personaggio, la trollbabe... NON ESISTE.
Sarebbe da schizofrenici attribuirle una volontà e una personalità indipendente da quella che io gli concedo e desidero concedergli. Sarebbe come dire "me l'ha fatto fare il pupazzo".
Non è quello che si intende per "è lei al timone".
Partiamo dall'inizio:
La creazione del personaggio, in Trollbabe, è estremamente sommaria. Non si parla neppure di archetipi come fa Paolo, ci si ferma un gradino prima. Il giocatore descrive il proprio personaggio DALL'ESTERNO. Descrive le impressioni che, ad osservarla, da la trollbabe. Non dice quello che è
veramente, dice come la vede.
Ne fa un ritratto, non ne scrive un background.
Nel creare una trollbabe io mi sento come uno che si avvicina ad uno sconosciuto e, girandogli attorno, lo descrive.
E' ovvio che tutto quello che descrivo viene da me ed è ovvio che sto, in realtà, costruendo qualcosa che mi interessa, ma questo non toglie che, per ora, mi focalizzi solo sui dettagli esteriori. In questa fase non so ancora nulla di quello che la trollbabe vuole (o, meglio, di quello che io deciderò che lei voglia) o di quello che è stato.
In questa fase evito coscientemente di soffermarmici.
Inizierò quindi a giocare con un personaggio solo abbozzato, senza spessore. Un personaggio del genere non può durare per più di un qualche secondo in un gioco che ad ogni pié sospinto ti chiede per cosa sei disposto a morire. Già dal primo Conflitto sei obbligato ad "entrare dentro" quel bozzetto che ti sei creato e a dargli spessore e, quando questo succederà, non avrai altro a cui appoggiarti se non la fiction, la storia che hai contribuito a creare.
In questo senso non sarai stato l'unico a indirizzare il tuo personaggio e avrai la sensazione che questo si è mosso da solo.
La realtà è che hai preso una decisione semi-cosciente basandoti sulla tua percezione della trollbabe e gli eventi appena narrati.
Ti faccio un esempio terra terra.
Una volta Valeria si è presentata davanti alle porte di una città, chiedendo di essere ammessa. Una freccia le si è piantata di fianco al piede. A questo punto ho descritto come Valeria, sorridendo, procedesse a sfondare a colpi di boomerang (alto quanto lei) le suddette porte e ho esclamato: "Oh, no! Perché ho chiamato un Conflitto di combattimento?! Valeria è una maga! DI NUOVO!".
Non è che Valeria ha agito da sola. Sono stato io a deciderlo, però diciamo che la storia mi ha preso la mano: mi sono lasciato trascinare da qualcosa che non era totalmente sotto il mio controllo e ne ho ottenuto la sensazione di essere stato trascinato da una forza esterna a fare così. E' al 99% un'illusione, ma la sensazione è quella.
Chiariamo: avrei tranquillamente potuto chiedere una pausa e riformulare le azioni di Valeria in modo da poter sfruttare il suo punto forte. Non l'ho fatto perché andava bene così ^^
L'istinto, l'immedesimazione e il coinvolgimento nella fiction condivisa mi avevano portato a quella decisione... perché cambiarla?
Questo ci porta al secondo punto, ovvero l'advocacy.
Paolo, usi molto questa parola, ma non so se siamo sulla stessa lunghezza d'onda nel definirla e il termine stesso è storicamente un po' "scivoloso".
Diciamo che io sposo totalmente la visione di Burnenko. Ti rimanderei alla lettura di questo thread di Moreno, che probabilmente già conosci:
Character Advocacy: cos'é.Facendo un riassunto, dato che siamo in Gente che Gioca e abbiamo quindi il dovere di usare un linguaggio il più semplice e meno tecnico possibile, "fare advocacy" significa "assicurarsi che il proprio personaggio rimanga un protagonista", far si che le sue azioni abbiano un peso rilevante sulla storia. Significa lottare con ogni mezzo a tua disposizione perché il tuo personaggio rimanga attivo, propositivo, emozionante.
In questo senso io, giocando a Trollbabe, non smetto mai un momento di fare advocacy per il mio personaggio.
Torniamo all'esempio di prima, a Valeria che bussa "gentilmente" alla porte della città.
In quel momento io stavo, a tutti gli effetti, rendendo Valeria la protagonista indiscussa della sua storia. Agivo d'istinto, è vero, ma lo facevo pensando a LEI e soltanto a LEI, a quello che avevo imparato nelle sessioni precedenti (è una che non le manda a dire e che non ama gli umani) e lo stavo applicando con ferocia alla storia e al gioco.
Le conseguenze di quel gesto (nefaste, ovviamente... quando hai Numero 3 e ti metti a picchiare le conseguenze arrivano...) sono state perfette per continuare ad esplorare il personaggio, continuare a renderlo interessante e vivo per tutti.
In quel momento io stavo facendo advocacy ESTREMA, mostrando a tutto il gruppo chi era Valeria, quali fossero i suoi valori e i suoi comportamenti, la sua
umanità, attraverso la storia condivisa, nonostante questo mettesse il personaggio a rischio di fallimento.
Ti torna come situazione, Paolo?
Io trovo estremamente facile fare advocacy in Trollbabe. Sono il primo a non sapere a priori chi è il mio personaggio, sono il primo ad esplorarlo e scoprirlo: mi basta farlo ad alta voce.
Termino rispondendo a Khana.
Indubbiamente perdere l'autorità sul proprio personaggio e farlo narrare da altri da la sensazione di non essere in controllo. Anzi, fa effettivamente e ovviamente perdere il controllo del proprio personaggio.
Peccato che la procedura che descrivi non sia Trollbabe :-P
Prima di iniziare a tirare i dadi c'è sempre una fase Equa e Trasparente in cui il giocatore descrive quello che la trollbabe sta facendo per ottenere il suo obiettivo. Questo già dà indicazioni molto forti su cosa è narrabile oppure no. Se
il giocatore non descrive la sua trollbabe che, per arrivare al capo tribù, si fa largo a spadate tra donne e bambini, come fa il GM a inserire questo dettaglio? Se il giocatore non ha MAI descritto il suo personaggio come un'assassina, se, anzi, è stata mostrata come una tipa materna, che ha sacrificato il proprio braccio destro per salvare un cucciolo di troll, come fa il GM a dire che ora, d'un tratto, diventa una bestia assetata di sangue?
Andiamo a vedere a p. 85
Se sei il GM [...] il tuo compito è di descrivere la trrollbabe in tono eroico, in maniera adeguata a come il suo giocatore l'ha rappresentata fino a quel momento
Se, fino a questo momento, Retta non ha mai levato la mano contro un bambino e, magari, nella fase Equa e Trasparente, il suo giocatore ha specificato come stia attento a non ferire donne e bambini, il GM non ha alcun diritto di "dire quello che vuole".
In realtà un giocatore non perde MAI il controllo sulla propria trollbabe. Nelle narrazioni delle vittorie lo "presta" al GM che colorerà quel successo come gli sembra appropriato e qui vediamo se davvero hai fatto advocacy ;-)
Non si inventerà strane azioni, non stravolgerà il personaggio ma avrà il dovere di descrivere le azioni del personaggio coerentemente a quanto ha già potuto osservare del gusto del giocatore, coerentemente a quanto è già successo.
Non potrà quindi trasformare Retta in una massacratrice di bambini o Hella in un vampiro ("Uccidi il capotribù.... bevendogli il sangue!") senza che il giocatore abbia voce in capitolo. Il giocatore ha voce in capitolo eccome! Ha TUTTA LA GIOCATA PRECEDENTE per indicare al GM cosa dire.
E' un po' come il giocare una Relazione: il giocatore dice quello che il personaggio fa, il GM "colora" quelle azioni. Idem per le vittorie: il giocatore descrive nella fase equa e trasparente le azioni della trollbabe, il GM le "colora" descrivendo come queste abbiano successo, ma partendo sempre da quello che ha detto il giocatore e
in maniera adeguata a come il suo giocatore l'ha rappresentata fino a quel momento.E' bello e efficace l'esempio che c'è sempre a p. 85 e che paragona il GM al disegnatore di un fumetto che deve interpretare graficamente un personaggio il cui concetto è stato scritto dallo sceneggiatore.
Giocare col GM che si inventa cose a caso, senza badare a quanto è successo prima, solo perché durante le narrazioni dei successi è il suo turno di parlare è un passo in una direzione che distrugge totalmente lo scambio fruttuoso di input su cui Trollbabe si basa.
Il giocatore si troverebbe in una situazione ben bizzarra: quando sono in un Conflitto i casi sono due. O perdo e soffro o vinco e il mio personaggio fa cose che io non approvo.
E' facile prevedere dove si va a parare: nessun conflitto.
C'è, comunque, un effettivo momento in cui "la tigre da una scrollata" e va per conto suo, senza consultarti e in cui si verifica un'
effettiva perdita di controllo, ma non è il momento della narrazione di una vittoria. E' il momento della dichiarazione di un Conflitto da parte del GM.
Quando è il GM a chiamare il Conflitto è lui a descrivere il Tipo di Azione: Magia, Sociale o Combattimento? Nel farlo limita fortemente le opzioni del giocatore per il successivo Conflitto, senza che lui abbia voce in capitolo e senza essere realmente obbligato a rispettare altro che il suo gusto e senso estetico. Spesso la scelta è ovvia e forzata dalla fiction, ma altrettanto spesso ci sono sottigliezze che vanno a cambiare le carte in tavola...
Di fatto QUESTA è una perdita di controllo sul proprio personaggio.
Badate bene, però, agli effetti sul
gioco reale e concreto di questa regola: per non perdere il controllo del proprio personaggio, per non essere costretto ad andare in direzioni sconvenienti il giocatore è indotto a chiamare Conflitti più velocemente del GM, quindi a giocare più aggressivamente e, probabilmente, più d'istinto, a tenere in mano la situazione... e a farsi trascinare dalla storia che così si crea, tornando, quindi, al punto di partenza di questo thread ^^