Autore Topic: Improvvisazione e GdR [iniziata su "Giocatori alla prima esperienza"]  (Letto 18840 volte)

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[cite]Autore: Cyrik[/cite]Il mio semplice punto di vista e', SE un improvvisatore comprende "pienamente" le regole del gioco "x" e le "rispetta" non lo posso considerare come un totale principiante.

Io credo invece che, fermo restando i punti di contatto che ci sono fra le due tipologie di attività, quando si inizia una attività nuova, la parola principiante sia la più adeguata (magari un principiante dotato, talentuoso o con capacità facilmente impiegabili, o anche qualcuno che imparerà più in fretta di altri .. ma sempre principiante). Conoscere le regole della boxe non fa di una persona un pugile anche se ha praticato sport agonistico per anni (magari era appunto un maratoneta): quando questa persona inizierà il percorso per diventare pugile dovrà cominciare dall'inizio come tutti i principianti... anche se lavorare sulla resistenza, o imporsi un regime alimentare, sarà per lui sicuramente più facile. :-)

Inoltre, come improvvisatore, una persona partirà in svantaggio rispetto ad un wargamer se il gdr che prendiamo in esame è D&D4 :-)
Se giochi a Universalis dove l'Actor Stance non è nemmeno incentivata più di tanto (in particolare all'inizio è inesistente), le capacità di comunicare le emozioni "in character", mediante la mimica facciale, serviranno a ben poco.
Se giochi a 1001 Notte fare le cose per il "bene della storia" sarà la tua rovina! ;-)

Insomma, bisogna vedere prima di tutto di quale specifico gdr stiamo parlando (perché conta tantissimo.. altrimenti sarebbe come parlare di sport in generale) e solo allora si potrà valutare l'utilità di specifiche skill apprese ed allenate in altri ambiti. Se persino un giocatore di AiPS si deve considerare principiante di CnV se non ci ha mai giocato.. figuriamoci qualcuno che viene da un altro mondo (per quanto vicino possa essere). I punti di contatto ci sono, e sicuramente determinate skill possono essere utilissime.. la prima delle quali è sicuramente la capacità di creare una intesa creativa con i vari interlocutori, ascoltando ed usando i contributi di tutti in modo profittevole, andando così verso una armonica sinfonia (per usare la metafora degli strumenti musicali tanto cara a Ron Edwards): in altre parole la capacità di ascoltare gli altri veramente (come detto all'inizio da Claudia).

Citazione
[cite]Autore: Pabu[/cite]Voi sull'improvvisazione dite la vostra liberamente: io ho l'esperienza e una mia visione di come le cose si fanno, ma voi avete la freschezza e l'entusiasmo di chi si è affacciato da poco a questo mondo. Anche se cominciate a vedere la polvere sotto il tappeto, non lasciate che questo vi guasti l'esperienza; però lottate per la vostra visione, come fate per i GdR.
Poi, se e quando vorrete prendere la pillola rossa, ditemelo e vi mando il mio curriculum per uno stage.

Ah beh .. di pillole rosse, almeno per quanto riguarda il mondo dei gdr, qui puoi trovarne quintali. ;-)
« Ultima modifica: 2010-11-10 04:04:21 da Lord Zero »
Lord Zero - (Domon Number 0)

Emanuele Borio

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Io sono semplicemente dell'idea che l'esperienza per giocare ai GdR direttamente non serva. Semmai serve giocare realmente mettendo se stessi in gioco e niente altro.
Non esiste qualcosa come giocare male o giocare bene se ti immedesimi nel personaggio. Alla fine è come dire che ci va esperienza per godere di un film, leggere un libro o scherzare con gli amici.

Ovviamente questa cosa cambia se il gioco in questione è gamista, però IMHO se uno è più sciolto a parlare o più preparato dal punto di vista dell'improvvisazione non parte "Avvantaggiato" rispetto a un principiante totale, anche perchè in effetti non c'è nulla in cui avvantaggiarsi.

Se poi applichiamo questi ragionamenti ai giochi nuovi, che sono tutti diversi, richiedono tutti un approccio differente e per cadauno servono tecniche di gioco opposte, allora il cosiddetto vantaggio che verrebbe guadagnato dall'interpretazione svanisce letteralmente.
Ciao, sono Meme! - Fanmail 64 - DN=2 - Ingegnere delle Scienze Agrarie, Contadino, Nerd di Professione.

Mauro

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[cite]Autore: Pabu[/cite]Mi puoi chiarire qui la differenza tra la Scena e la Storia? Non trattandosi di un long form o di un qualche schema a quattro o a sei fatico a capirlo. O meglio, penso di averlo capito, ma prima di partire con un'altro sproloquio vorrei esserne sicuro

La storia può consistere in un'unica scena, ma può anche essere formata da più di una; anche senza andare in rappresentazioni particolarmente lunghe, due o tre scene di fila si possono mettere facilmente. Nel dire che magari la storia si incentrava sul rapporto col capo, mi riferivo all'insieme di tutte le scene che la formeranno.

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[cite]Autore: Pabu[/cite]se e quando vorrete prendere la pillola rossa, ditemelo e vi mando il mio curriculum per uno stage

Questo volentieri, anche se per quanto detto finora mi sembra che nel mio piccolo mi siano sempre state spiegate le cose di cui parli.

Non ho capito dove stiamo andando a parare...
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]
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[cite]Autore: Andrea Castellani[/cite]
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[cite]Autore: Pabu[/cite][p]Nel GdR questo è differente: le emozioni le narro, non le vivo[/p]
[p]EMike Pohjolasi rivolta nella sua bara da vampiro. ^_^[/p]
[p]Sta' bene lì. Anzi, passami il paletto di frassino![/p]

Sapessi quante volte l'ho impalettato io... Sempre la solita storia: sembra definitivamente andato, e poi quando meno te lo aspetti risorge come se nulla fosse. Lo cacci dalla porta, e lui rientra dalla finestra. Pensi di averlo finalmente incamerato, assimilato, digerito, rielaborato e sorpassato, lo metti in soffitta, e dopo un po' tira fuori un colpo dei suoi per ricordarti ancora una volta chi è il maestro e chi è l'allievo.

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[cite]Autore: lapo[/cite]
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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite][p]ho visto l'esperienza da improvvisatore rendere giocatori totalmente "immuni" ed insensibili a Dubbio (una cosa che non credevo possibile...)[/p]
[p]Non sono sicuro che sia l'esatto caso, ma ho un AP a riguardo: un de-briefing di Dubbio in cui le persone che mi erano parsepiùprese epiùcoinvolte hanno in pratica detto “sì va beh, carino, ma non mi ha detto molto”: ci sono rimasto di sasso. 0_o
(ah, e avevano vasta esperienza teatrale a quanto ricordo; in caso Rafu o loro stessi potranno correggermi)[/p]


Ovviamente non conosco il caso specifico, e non posso sapere cosa sia successo li'.

Pero' l'informazione della vasta esperienza teatrale, che suppongo non limitata ad Impro', non mi fa vedere alcuno sfasamento tra il fatto che sembrassero piu' coinvolti degli altri (per me e' molto credibile che lo fossero), e il loro giudizio relativamente freddo (non hanno detto che e' brutto: hanno detto "carino ma niente di che") sul gioco. Sono due comportamenti perfettamente coerenti.

Questo perche', come mi e' sembrato cercare di dire tra le tante cose anche il mio omonimo improvvisatore, se fai teatro come si deve, con o senza testo, sei abituato a essere coinvolto e coinvolgere e metterci del tuo.

Moreno Roncucci

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[cite]Autore: p[/cite][p]Pero' l'informazione della vasta esperienza teatrale, che suppongo non limitata ad Impro', non mi fa vedere alcuno sfasamento tra il fatto che sembrassero piu' coinvolti degli altri (per me e' molto credibile che lo fossero), e il loro giudizio relativamente freddo (non hanno detto che e' brutto: hanno detto "carino ma niente di che") sul gioco. Sono due comportamenti perfettamente coerenti.[/p][p]Questo perche', come mi e' sembrato cercare di dire tra le tante cose anche il mio omonimo improvvisatore, se fai teatro come si deve, con o senza testo, seiabituatoa essere coinvolto e coinvolgere e metterci del tuo.[/p]


Ma credo (la mia esperienza teatrale si riduce a "sentirne parlare da altri" quindi sono consapevole del rischio di dire cazzate. Nel caso correggetemi gentilmente, OK?) che nel teatro sia una cosa voluta e volontaria da parte dell'interprete. Anzi, si CERCA di far riemergere/riprovare cose vissute da usare per fare un personaggio fittizio.

"Dubbio" funziona al contrario. Prende giocatori che si aspettano di giocare senza molta partecipazione, come capita spesso nei live, o che si aspettano comunque di giocare "altro da sè" e nel corso del gioco riduce sempre di più le barriere fra giocatore e personaggio, finchè alla fine in scena ci sei davvero tu.

Da questo punto di vista, quello che ho visto spesso con giocatori che avevano una certa esperienza teatrale, è una maggiore "difesa", la capacità di mantenersi "in character" dall'inizio alla fine. E quello che è peggio, di considerarlo "giocare bene".

Molto indicativa la partita con Tobias come GM alla minimodcon: a me da osservatore (interessato: stavo cercando di carpire i "segreti" di Tobias guardandolo in azione...) la partita era sembrata molto bella, e aveva funzionato perfettamente.  A fine partita il giocatore italiano (che per me aveva giocato _benissimo_) era convinto di aver giocato malissimo perchè "non era riuscito a rimanere in character"

Può darsi che, semplicemente, Dubbio sia più adatto per persone senza quelle difese, e che per chi le ha serve altro (anche per questo vorrei che una buona volta tu venissi a giocare Dubbio, accidenti!). E può darsi che questo "altro" per queste persone debba essere una cosa fatta a teatro, non un gioco. Quello che è indubbio (scusa il gioco di parole) è che dubbio non si gioca così.
"Big Model Watch" del Forum (Leggi il  Regolamento) - Vendo un sacco di gdr, fumetti, libri, e altro. L'elenco lo trovi qui

Per inciso, cosa che non vorrei fosse fraintesa, non ho esperienze sul campo di giochi Indie, ho dei  manuali e continuo a leggere per capire bene ma ancora non potuto fare partite.
Non ho mai avuto l'intenzione di portare il mio punto di vista come quello di un esperto, come al solito sono stato troppo precipitoso a postare e il poco tempo non a disposizione non mi ha aiutato nella chiarezza :)
Passando all'argomento principale, quello che volevo sottolineare e' che un improvvisatore sara' in teoria piu' ricettivo, creativo e partecipativo del comodino in mogano della Zia Pina.
Ho potuto verificare dei miglioramenti nella mia vita privata data dallo scongelamento del cervello grazie all'improvvisazione e per questo mi sento di dire che "se" un improvvisatore comprende le regole del gioco a cui sta giocando "dovrebbe" giocare benino.
Questo non e' collegato a tecniche segrete o ad altro, mi riferisco alla malleabilita' dello strumento solitamente utilizzato nell'improvvisazione, la propria mente.
Se alcune tecniche possono presentare delle ottime aggiunte o dei pali clamorosi non lo posso sapere a priori, anzi, il mio interesse e' proprio quello di comprendere quali parti del mio bagaglio di improvvisatore faro' meglio a scollegare momentaneamente di volta in volta.
Dalla discussione emersa mi e' aumentata la voglia di giocare e di improvvisare, forse e' un buon segno. ;)
Di base posso dire che per quanto sia un improvvisatore non mi sento per niente convinto di giocare bene a  CnV ma solo perche' non sono sicuro di aver capito bene come si gioca ^____^



Mi scuso per i quote alla carlona, spero sia capibile.
Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]
Ma credo (la mia esperienza teatrale si riduce a "sentirne parlare da altri" quindi sono consapevole del rischio di dire cazzate. Nel caso correggetemi gentilmente, OK?) che nel teatro sia una cosa voluta e volontaria da parte dell'interprete. Anzi, si CERCA di far riemergere/riprovare cose vissute da usare per fare un personaggio fittizio.


Sempre come esperienza personale, ti posso dire che mi e' capitato di attingere al serbatoio di esperienze ma di solito non lo faccio.
Probabilmente lo puoi vedere come un guscio vuoto detto in questo modo.
Ti posso dire che l'emozione in se puo' essere autentica e sentita anche se scollegata da esperienze personali.
Viceversa una rappresentazione solo esteriore e non sentita puo' naturalmente essere indistinguibile da quella sofferta profondamente.

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]
Da questo punto di vista, quello che ho visto spesso con giocatori che avevano una certa esperienza teatrale, è una maggiore "difesa", la capacità di mantenersi "in character" dall'inizio alla fine. E quello che è peggio, di considerarlo "giocare bene"


Si, puo' essere tranquillamente un pilota automatico quello della difesa.
Per fare un esempio non tutti quelli che portano in scena uno stupratore hanno intezione di abbassare tali difese.
Puo' esserci anche un adagiamento su tale pratica e puo' accardere che alla fine si faccia tutto solo in quella data maniera.
La fossilizzazione del cervello e' sempre dietro l'angolo in tutti i campi ed e' cosi' semplice caderci che e' quasi imbarazzante, il giorno prima si e' autocritici e poi ci si ritrova con una lapide nella testa. :(
La capacita' di togliere tali difese ed accantonarle e' quello che definisco "capire il gioco".
I tuoi esempi sono effettivamente delle "fossilizzazioni" e le riconosco come tali, personalmente credo solo che la mente malleabile aiuti a capire e a mettere da parte i problemi piu' che in altri casi.

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]
Può darsi che, semplicemente, Dubbio sia più adatto per persone senza quelle difese, e che per chi le ha serve altro (anche per questo vorrei che una buona volta tu venissi a giocare Dubbio, accidenti!). E può darsi che questo "altro" per queste persone debba essere una cosa fatta a teatro, non un gioco. Quello che è indubbio (scusa il gioco di parole) è che dubbio non si gioca così.


Il mio semplice consiglio e' che in questi casi puo' essere necessaria una spiegazione piu' specifica di come si deve giocare con giocatori con difese del tipo esposto per permettere il loro smantellamento preventivo.

quote aggiustati. Nd-Spiegel-
« Ultima modifica: 2010-11-10 17:52:12 da -Spiegel- »

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite](la mia esperienza teatrale si riduce a "sentirne parlare da altri" quindi sono consapevole del rischio di dire cazzate. Nel caso correggetemi gentilmente, OK?)


Eccomi! ;-)

Ovviamente nei limiti della mia esperienza personale. Anch'io, come tutti, non mi ritengo la massima autorita' del campo.

Che, per inciso, non e' nel mio caso Impro/Theatresports/Whatever, ma qualcosa che per contrapposizione verrebbe da dire piu' "classico", non fosse che ho gusti sul dirty indie hippie andante anche li'.

E sento di dover premettere qualche altro avvertimento:

1) Non trovo facile spiegare queste cose a chi non ne ha esperienza diretta. Probabilmente saro' poco comprensibile (e non mi sento neanche solo: anche a Pabu sono scappati qua e la' riferimenti, che per fortuna nel suo caso non erano il centro del discorso, facilmente comprensibili a chi e' dell'ambiente ma facilmente fraintendibili da chi non ha il contesto.). So che e' cosi'. Non sentitevi cretini o offensivi a fare domande, nel caso.

2) Anche tra persone con basi comuni ho visto a volte scattare guerre di religione quando in realta' non si e' cosi' in disaccordo. Questo per dare un'idea della spinosita' ai non addetti ai lavori e per ricordare agli addetti di stare attenti a questo rischio: vorrei evitare.

3) Sempre rivolgendosi a persone che comunque hanno gia' le esperienze necessarie a capire certe metafore, e la cultura per potersi riferire a autori passati senza dovere ogni volta spiegare, su questi argomenti si possono scrivere, e si scrivono, libri interi. Quando uno li legge trova un sacco di cose, tra spunti e riformulazioni di esperienze che ha gia' fatto, e glie ne sfuggono molte altre; e comunque invariabilmente manca sempre qualcosa (non dello scibile sull'argomento, ma di cio' che lui sente di condividere profondamente con l'autore riguardo all'essenza del teatro, o meglio di certo teatro, quello a cui gli viene la tentazione di mettere la maiuscola...). Ricordiamo che questo non e' un libro di un grande uomo di teatro, ma un post di un povero st***zo. Di nuovo, quindi, indulgenza e domande sui punti poco chiari. Sapere che li avro' mi aiuta ad evitare la mia tendenza allo sbrodolamento...

4) Il mondo del teatro in generale e' vastissimo. Quando mi capitera' di dire che qualcosa "si fa in un certo modo", non staro' intendendo che e' l'unico modo per farlo (vedi al punto 2) e nemmeno l'unico modo giusto (vedi di nuovo il punto 2). Molto probabilmente non sara' nemmeno l'unico modo in cui la faccio io nel mio piccolo. Sara' solo un esempio che mi pareva appropriato in quel momento a quel discorso.

5) Idem per le idee, che non hanno pretesa di verita' assoluta ma saranno prese dalla mia personale scatola per gli attrezzi (che comunque comprende gia' piu' di un paio di occhiali).

Basta disclaimer, andiamo alla ciccia.

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]che nel teatro sia una cosa voluta e volontaria da parte dell'interprete. Anzi, si CERCA di far riemergere/riprovare cose vissute da usare per fare un personaggio fittizio.


Affidarsi al ricordo di cose vissute, come ti e' gia' stato detto, e' un espediente che puo' servire ma che non e' necessario, e di cui io nel mio piccolo preferisco servirmi il meno possibile (anche perche' l'emozione sara' legata strettamente all'esperienza in questione, e comunque la tua sensibilita' personale e il tuo vissuto andranno a influire su quello che fai; attingere in maniera piu' palese non rende necessariamente piu' personale, ne' come e' gia' stato detto piu' autentico, il tuo lavoro)

Un certo coinvolgimento emotivo, una certa energia, per essere piu' preciso, e' chiaramente voluta; per molti, me compreso, e' uno degli elementi fondamentali, forse il piu' importante, per alcuni addirittura l'unico, perche' ci sia "Teatro". Senza, facilmente si annoia l'attore e si annoia il pubblico. Chiaramente se quella sera non ce l'hai cerchi di tirarla fuori, quindi puo' anche essere, come dici tu, il risultato di uno sforzo volontario e di una ricerca attiva da parte di chi ce la deve mettere; ma non e' detto, e non e' nemmeno auspicabile: a volte "arriva" per conto suo, a chi non la sta cercando, e magari non sa neanche cos'e'... E succede anche nel gdr.

E' difficile spiegare che cos'e' e non ha una definizione precisa (e si', e' un termine "tecnico" del gergo teatrale; non ne sto facendo un uso arbitrario), eppure ti accorgi se c'e' o non c'e'; per fare un paio di esempi dal gdr "parateatrale" che hai visto anche tu: ha illuminato Claudia e Simone Colombo nel "momento buono" di quel controverso NciC a ModCon; Luigi Gaspari e' un giocatore che tendenzialmente se la porta dietro. Non so bene le modalita' di Luigi, ma penso che Claudia ti possa confermare che in quel momento non si stava sbattendo a fare la Super Sayian ne' a ricordare il suo passato per rievocarne le emozioni.

Eppure sono pronto a scommettere che se chiediamo non solo a Claudia stessa, ma anche a qualcuno del pubblico improvvisato (Michele, eri gia' entrato?), potranno confermare, se si ricordano ancora, che in quel momento e' successo qualcosa.

Mi aspetto che tu abbia visto momenti del genere anche in qualche Dubbio riuscito, o anche in qualche Montsegur, o altrove: mi e' appena venuto in mente che ricordo
 ancora la prima volta che sono stato toccato da un momento cosi': proprio in ambiente ludico, parecchi anni prima che mi avvicinassi al teatro, durante una sessione di D&D freeformato tra un master e un giocatore molto affiatati a cui stavo assistendo. E quella sensazione, che avevo provato di riflesso, e' stato un po' il Santo Graal che ho inseguito per anni nel gdr...

(proseguo in un altro messaggio: non mi restano molti caratteri. Pazientate un po'...)
« Ultima modifica: 2010-11-11 12:13:45 da p »

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite][p]Da questo punto di vista, quello che ho visto spesso con giocatori che avevano una certa esperienza teatrale, è una maggiore "difesa", la capacità di mantenersi "in character" dall'inizio alla fine. E quello che è peggio, di considerarlo "giocare bene".[/p]


Mi hai raccontato bene solo una delle tue esperienze specifiche in merito, quella fatta con persone (di cui non faro' i nomi) che conosciamo entrambi. Mi rifaro' a quella in  quanto segue.

E' vero che l'over-acting, la recitazione falsa, esagerata, macchiettistica, puo' essere spesso effetto di difese messe in atto dall'attore (o dal giocatore, a seconda). Come ti dico praticamente da quando ti e' successa 'sta cosa, credo anche che sia proprio quello che e' entrato in gioco con queste due persone.

Attenzione, pero': la stessa cosa si puo' dire dell'underacting, della scarsa espressivita', dell'essere un po' rigidi, del non portare fino in fondo i gesti o le intenzioni. E' questo, nella mia limitata esperienza, e' un problema che esiste anche tra i qui presenti, anche se spesso viene fatto passare per un "non problema," con la motivazione che non siamo attori eccetera eccetera. Questo non completamente a torto, dato che alla fine si riesce comunque a comunicare e ad avere partite soddisfacenti. Ma sono dell'idea, e spieghero' anche perche', che rimuovendolo si possano avere partite piu' soddisfacenti e piu' coinvolgenti.

Non c'e' bisogno di essere attori per sorridere, commuoversi, parlare con voce arrabbiata, anche semplicemente non stare in piedi tutti rigidi con l'espressione di quello che e' stato sbattuto su un palcoscenico e sta pensando a qualcosa da fare o da dire. Lo facciamo tutti, tutti i giorni, vivendo la nostra vita normale. Non abbiamo delle facce o delle voci inespressive (chi le ha il piu' delle volte ha anche lui in piedi delle difese eccessive, ma nella vita quotidiana, poveretto). Al contrario, quando ci emozioniamo per qualcosa, dobbiamo tendenzialmente fare uno sforzo cosciente per non manifestarlo (a meno di non essere molto inibiti dalla situazione e dalla educazione), e spesso non basta. Idem in gioco, e per l'essere bloccati: quando uno dice le battute del personaggio col tono di quello che sta pensando a come formulare la battuta invece del tono che dovrebbe avere il personaggio, il motivo non e' che sta provando fortissimo la stessa emozione del suo personaggio ma non riesce ad esprimerla perche' non sa fare le vocine (se sapesse fare le vocine avrebbe il tono di quello che fa le vocine, vedi sopra alla voce overacting). Il vero motivo e' che l'emozione piu' forte che sta provando in quel momento e' l'incertezza su come far parlare il PG. Puo' dire quello che vuole, ma e' il suo stesso tono di voce a tradirlo. Per riprendere l'espressione un po' gergale che ha gia' usato Pabu, in quel momento il giocatore e' da un'altra parte, nella sua testa, a ragionare su come contribuire alla storia (e magari a temere le eventuali brutte figure che potrebbe fare a contribuire nel modo  "sbagliato" - virgolette d'obbligo), non veramente nella scena, nella situazione, nelle emozioni del personaggio. E se siamo in una delle situazioni emotivamente cariche che dovrebbero essere il fulcro di un certo tipo di gioco, questa distanza che il giocatore sta mettendo tra se e il personaggio (e la situazione) e' un "problema" da eliminare, di cui la carenza di espressivita' nella giocata e' solamente il sintomo visibile.

(a meno che non si sia piu' interessati a un punto di vista autoriale che a sentirsi coinvolti in prima persona dai problemi del PG; che per me e' una scelta dignitosa come tutte le altre)

Dalla brutta giocata di sopra, in overacting (che ho appena sostenuto essere alla fine l'altra faccia dell'underacting: entrambi originano da una carenza di autenticita'/spontaneita' nell'azione portata in scena), hai tratto la conclusione che chi fa teatro impari tecniche per "mettere distanza" tra se' e il personaggio. Ora, pur conoscendoli, non conosco bene la formazione di queste persone; ma in generale non e' vero, anzi! Per dirla in una maniera molto grossolana che potrebbe costarmi parecchie frustate, per lo meno da Stanislavskij in poi (con alcune notevoli ma minoritarie eccezioni) il lavoro sugli attori tende a diminuire la distanza (emotiva, caratteriale, persino fisica) tra attore e personaggio, non viceversa.

Anche a volerla mettere dal punto di vista piu' beceramente istrionistico, voler piacere al pubblico e far carriera, l'eventualita' che quello che stai portando in scena tocchi qualche tua corda profonda (e che questo venga fuori) e' una risorsa che accogli come un dono di Dio, non un problema. La differenza tra le cose fatte meccanicamente e con trasporto si vede, te lo assicuro, e confrontare le giocate di cui parli a quelle "venute bene" e' proprio un modo per averne esempio.
Figurarsi poi dal punto di vista di chi ama quello che fa, ed e' spinto ad salire sul palco non certo dai soldi o da prospettive di carriera (che spessissimo proprio non ci sono), ma da questo mettersi in risonanza col materiale, la scena, i compagni, il pubblico.

Occhio che tutto quello che ho appena detto non significa che chi fa teatro riesca sempre e in ogni situazione ad "essere li'" e non nella sua testa, e ad essere toccato profondamente da quello che sta facendo. Ma che il tipo di allenamento che fa va di solito in quella direzione, non in quella opposta.

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[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]Quello che è indubbio (scusa il gioco di parole) è che dubbio non si gioca così.


Ma nemmeno si recita cosi'!

Penso che un Claudio Morganti ti direbbe che palesemente quei due non stavano mirando a fare Teatro, ma Spettacolo, e probabilmente neppure troppo bene (maiuscole del Maestro Claudienko).

Questo senza dare giudizi su di loro in generale, ma solo su come gli capita di fare giocando.

Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite]"Dubbio" funziona al contrario. Prende giocatori che si aspettano di giocare senza molta partecipazione, come capita spesso nei live, o che si aspettano comunque di giocare "altro da sè" e nel corso del gioco riduce sempre di più le barriere fra giocatore e personaggio, finchè alla fine in scena ci sei davvero tu.


Non l'ho visto in azione a sufficienza per dirlo, per cui qua potrei dire vaccate io; ma immagino che funzioni da una parte limitando le "circostanze date", che in sostanza si limitano a "sei fidanzato e attratto da qualcun altro" (e da questo punto di vista vedrei come un piccolo difetto il fatto che l'unica altra cosa che e' fissata, riguardo al "background", sia il dettaglio irrilevante delle professioni: puo' finire per mettere distanza e/o distrarre temporaneamente.), e dall'altra proprio nell'essere giocato non al tavolo ma sul palco, in una modalita' che non ti lascia il tempo di pensare a cosa dire e come agire, ma che ti costringe a reagire istintivamente agli stimoli.

Poi questo "davvero tu" e' meno univoco di quello che sembra, come penso tu possa immaginare bene, dato che ti ricordo aver scritto proprio qua sopra che ti sei ritrovato una volta a giocare in un modo inaspettato in cui non ti riconoscevi... E credo che sia un'esperienza che puo' aiutarti a capire come uno possa essere sincero, "davvero se' stesso" anche giocando personaggi diversi.
« Ultima modifica: 2010-11-12 17:34:28 da p »

Mauro

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Paolo: Fan Mail.
Unica nota:
Citazione
[cite]Autore: p[/cite]da questo punto di vista vedrei come un piccolo difetto il fatto che l'unica altra cosa che e' fissata, riguardo al "background", sia il dettaglio irrilevante delle professioni: puo' finire per mettere distanza e/o distrarre temporaneamente

Non credo sia irrilevante: fa sì che ci sia lo spettacolo, che fa da contraltare a quanto stanno vivendo, e che questo spettacolo sia - che lo odino, che lo amino, che adorino farlo o che lo facciano controvoglia - rilevante nelle loro vite.

Niccolò

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[cite]Autore: Andrea Castellani[/cite]e dopo un po' tira fuori un colpo dei suoi per ricordarti ancora una volta chi è il maestro e chi è l'allievo.


ah, conosce Ron?

Niccolò

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[cite]Autore: p[/cite](e da questo punto di vista vedrei come un piccolo difetto il fatto che l'unica altra cosa che e' fissata, riguardo al "background", sia il dettaglio irrilevante delle professioni:


mah... che i protagonisti siano attori non è un elemento irrilevante, visto che è collegato al fatto che nelle scene "dispari" i PERSONAGGI DI TEATRO dei protagonisti, giocati dagli altri due giocatori, diventano i protagonisti della scena.

P

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Mauro, Domon: ho splittato qui.

Citazione
[cite]Autore: Pabu[/cite]Ribadisco, perché in 46 post qualcosa si perde, che nelle mie affermazioni non parlo dei LARP, perché non ne ho esperienza.

Scusate, intervengo solo ora perché non avevo capito che questo commento si riferisse al mio post (ora me l'hanno fatto notare e probabilmente hanno ragione).
Non vorrei che si fosse generato un equivoco: ho citato Mike proprio perché lui sostiene (tuttora) che vivere le emozioni del personaggio nei GdR tabletop sia possibile, desiderabile e necessario. Tra l'altro questo è uno dei punti su cui siamo in disaccordo: potrebbe darsi che sia un limite mio (cioè, esattamente come esistono milioni di persone completamente incapaci di immedesimarsi in un live e altrettante che lo fanno con facilità estrema, può darsi benissimo che io sia completamente incapace di immedesimarmi in un GdR tabletop ma esistano persone per cui è possibile), ma non ne sono affatto convinto e resto della mia idea (cioè che l'immedesimazione nei tabletop sia una leggenda, o quantomeno sia immensamente più rara e difficile che nei live), perché oltre alla mia personale esperienza ho anche altre ragioni per sostenerla.
Tant'è, anche se non sono d'accordo con lui, ho citato Mike perché se avesse letto la frase "Nel GdR questo è differente: le emozioni le narro, non le vivo" avrebbe reagito in maniera violenta. Mi sembra la citazione appropriata di una persona con un sacco di insight che ha riflettuto a lungo su queste cose, anche se io personalmente su questa cosa non sono d'accordo con lui. E sto sempre parlando strettamente di tabletop (non di larp e neanche di ibridi tipo jeepform).
« Ultima modifica: 2010-11-12 10:25:17 da Andrea Castellani »

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