[cite]Autore: Mauro[/cite][p]Concordi con questo? Se no, come porteresti l'advocacyin uno spettacolo d'improvvisazione?[/p]
Per risponderti parto dalla scena della rivoluzione cubana.
Lo schema che tu citi a quattro lo conosco. Attenzione: Mosè non scese dal Sinai con scritto "11 - Lo schema a 4 deve essere comico", sono gli attori che lo vogliono fare comico. Nulla vieta che una coppia faccia un qualcosa di intenso, ma drammatico.
Il mio caso è differente: laboratorio d'improvvisazione per attori che non hanno idea di cosa sia il nostro concetto d'improvvisazione. Perciò meno pressione del pubblico, ma anche meno esperienza nella materia. Partenza brutale: due su, rivoluzione cubana - dico - e via si inizia all'istante, un'altra dozzina di attori assiste, chi vuole entra o a rompere una fase di stallo, o a chiarire il chi cosa dove o a chiudere la scena.
In scena due guerriglieri, la rivoluzione è appena terminata e stanno festeggiando; chiamiamoli, per comodità, Juan e Ramirez. Juan è il capo, Ramirez è il suo braccio destro e sognano un futuro radioso per Cuba e la rivoluzione. Ramirez vuole fare piazza pulita dei capitalisti dell'isola, Juan no: chi manderebbe avanti l'economia dell'isola mentre si passa al socialismo? Ramirez vuole fare fuori gli ufficiali di Batista, Juan lo ferma: bisogna che qualcuno tenga l'esercito sotto controllo e loro hanno esperienza. Juan comunica che partirà per New York, Ramirez è esaltato, si porta la rivoluzione in casa dei capitalisti, ma Juan lo ferma: andrà a parlare all'ONU. Anzi è per quello che Juan non indossa più la divisa. Ramirez dovrà tagliarsi la barba, perché non sono più nella giungla e dovrà dismettere la divisa: cosa penserebbe il mondo se una volta che la rivoluzione è terminata lui andasse in giro ancora così conciato? E i capelli? Piacciono alle donne? Bisogna dare rispettabilità alla rivoluzione. E quando Juan prende il mitra dalle mani di Ramirez dicendo - "Questo non serve più, ormai," Ramirez capisce: finisce la tequila, augura con un sorriso malinconico buona fortuna a Juan e si avvia mestamente fuori scena.
Durata: circa un quarto d'ora. Risate? Poche, un po' all'inizio. Gradimento del pubblico? Un boato di applausi e una spettatrice con gli occhi lucidi per la commozione.
L'advocacy non bisogna portarla in uno spettacolo: c'è già, bisogna solo tirarla fuori. Tutti e due i personaggi agivano e reagivano in maniera coerente, non erano mai macchiette e tra loro si percepiva l'ammirazione che Ramirez provava per Juan, il cameratismo, la progressiva disillusione di Ramirez e la sua disperata ricerca di una prova che i suoi sacrifici fossero serviti a qualcosa. Era una storia che ci parlava di illusioni, di gioventù, di pragmatismo.
Come la si è ottenuta l'advocacy? Tenendo un ritmo naturale, senza fretta, ascoltando e ascoltandosi e alla fine reagendo con sincerità e autenticità a quello che c'era in scena in quel momento. Tengo a precisare che non si sono mossi da lì: a festeggiare erano e a festeggiare sono rimasti senza viaggi a New York, scontri a fuoco o quant'altro.
Specifico anche quella scena è stata la punta dell'iceberg di scene eccellenti, alcune comiche e altre no, ma tutte intense, con personaggi costantemente sulla graticola delle loro decisioni. Ad avere trascritto le battute si sarebbe ottenuto un corto teatrale.
Ora, si può ottenere tale intensità in un GdR? A mio parere sì, anzi ce ne è di più in certe partite che in interi campionati di improvvisazione.
[cite]Autore: Mauro[/cite][p]Nel gioco di ruolo (semplifico) c'è un sistema che ci dice chi vince, quindi io posso concentrarmi completamente sulnonperdere.
Nell'improvvisazione... se entrambi facciamoadvocacy, dopo tre giorni siamo ancora lì a picchiarci, perché nessuno dei due accetterà la sconfitta del proprio personaggio. Manca un elemento esterno che dica "Basta, hai vinto tu".
L'advocacypuò esserci in relazione a elementi del passato ("Ieri ci siamo picchiati e ho vinto"; dico di sì a qualcosache è già capitato, e da lì proteggo gli interessi del mio personaggio), ma non so quanto in relazione a elementi del presente (l'esempio di prima).[/p]
Advocacy e personaggi che si menano. A parte i pugili nessuno mena per vincere, ma per ottenere qualcosa (le discussioni sul Conflitto in Trollbabe in altri thread vertono proprio su questo). Basta un pugno, o la minaccia del pugno stesso, poi ogni personaggio reagisce di conseguenza piangendo, sfidando l'altro a colpirlo ancora, restando stupiti, covando rancore, sentendosi umiliati eccetera. Stiamo parlando, dopotutto, di Teatro a in scena un pugno è come una bomba atomica.
Cioé, a teatro l'elemento relazionale ha il sopravvento sul semplice conflitto: l'importante è che Romeo uccida Tebaldo perché questo gli ha ucciso l'amico Mercuzio. Che poi lo faccia con un duello di cinque minuti o con una coltellata secca poco importa.
Ritornando a palla ai GdR: Spione, pag 169 "Se c'è una pistola di mezzo, la Spia è in una Crisi quando la pistola viene estratta e puntata, non quando spara. Può ancora essere bloccata, la persona può ancora scegliere di non sparare, la persona può scegliere di sparare a qualcuno di totalmente diverso, o mille altre cose". Spione è un gioco, perciò
deve dare uno strumento per risolvere il conflitto, l'improvvisazione no, però è importante questa sospensione del tempo tra l'estrarre e lo sparare, perché è in quell'istante che il personaggio - improvvisando - deve agire secondo l'advocacy. Nota a margine: nell'improvvisazione non fate entrare armi, neanche da taglio: sono una maniera sporca di assumere il controllo della scena e far fare a tutti quello che vogliamo noi. Nota a margine 2: secondo Stanislawski "Se si porta un fucile in scena, quel fucile deve prima o poi sparare" (confrontare con la storia di esempio sul manuale di Fiasco).
[cite]Autore: Mauro[/cite][cite]Autore: Pabu[/cite]introduci pure il Capo, che toglie focus dalla vostra relazione (che è ciò che veramente interessa al pubblico)
Non è detto che al pubblico interessi veramente quello: l'improvvisazione è appena iniziata. Magari, la storia parla del difficile rapporto tra lui (o lei) e il capo, e lei (o lui) serve solo a fornire un elemento iniziale di tensione.
Questo è un errore cruciale, peggio: una fallacia logica, peggio, che so...fate voi.
In scena, all'inizio, ci devono essere due personaggi e la loro relazione, stop. Se c'è un problema, tale problema impatta la loro relazione. Il parlare di cose fuori scena è tattica difensiva (inconsapevole) per evitare le responsabilità dell'interazione con l'altro. Se voglio mostrare il difficile rapporto tra lui (o lei) e il capo inizio la scena facendo il capo. Se non l'ho fatto allora la scena non riguarda lui. Lavoro solo con quello che è in scena, quello che è successo a Parigi, resta a Parigi (mmh, l'ho già sentita questa).
GdR: Trollbabe. Prima di risolvere il conflitto c'è la fase Equa e Traparente nella quale viene detto tutto quello che può entrare in scena in quel conflitto, ciò che non viene detto non può essere usato. C'è il capo in quell'inizio? No? Allora non esiste.
AiPS: fatto il framing della scena si lavora con quello che c'è. Il sistema prevede le eccezioni, ma di norma la scena va avanti con quello che è stato impostato all'inizio.
Vedete un sacco di improvvisazioni belle dove ciò che vi ho appena detto non accade? Non importa: il fatto che per duemila anni avessimo creduto che il Sole girasse attorno alla Terra non ha cambiato di una virgola quello che accadeva realmente nell'universo.