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Battezzare i personaggi
Ezio:
E... dove sta la difficoltà?
Non capisco sul serio.
Hai a disposizione una casistica ENORME, INFINITA, da Satimbe (Dogon del Mali) a Mario (Italiani del Mediterraneo) e facilmente accessibile. Se "senti" il personaggio (il luogo, l'oggetto) che difficoltà c'è nel fare Adamo e trovare il suono giusto che lo contraddistingua, anche soggettivamente?
L'unica risposta che sono riuscito a darmi per questa domanda, osservando cosa succedeva al tavolo negli anni è: desiderio di distacco.
Paolo "Ermy" Davolio:
Uhm... Domanda per Ezio: qual'è il "livello" che ti fa scattare i campanelli d'allarme di cui parli in questo thread, di preciso?
Cioè: un discorso è far entrare il pg in gioco senza che abbia un nome (e sì, concordo che non è il massimo per la credibilità della fiction), un discorso è avere un attimo di titubanza quando è ora di sceglierlo... Per poi farlo, dopo averci pensato un po'.
Quindi precisa meglio ;-)
Ezio:
Tempi "ragionevoli", Paul.
Non parlo di qualche secondo, o un paio di minuti, per valutare le opzioni che hai in testa, parlo di quei giocatori che vanno in panico totale quando c'è da scegliere come chiamare qualcosa o rimangono a pensarci per ore o lasciano fare agli altri.
Parlo di quando si esce dalla fase "pensa al personaggio", si deve battezzare quello che si è creato e vedi che chi hai davanti non sa che pesci prendere e preferirebbe fare qualunque cosa pur di non doversi (di nuovo!) inventare un nome per il proprio personaggio.
Non credo che sia capitato solo a me di vedere queste cose.
Niccolò:
un'altra cosa classica è il nome ricorrente (sotoinsieme del personaggio ricorrente)
è quando un giocatore fa lo stesso personaggio appena muore il precedente, e lo chiama con lo stesso nome, una variazione, o addirittura in maniera ordinale (pipino secondo, irenicus quinto, ecc).
a volte la scheda è uguale, a volte è diversissima. a volte il carattere è lo stesso, a volte varia. sono tutte iterazioni di uno stesso fenomeno, per voi? o vale la pena di separarle?
Ezio:
Forse sono diverse, ma non così tanto.
Mi spiego.
Io identifico l'incapacità di nominare un ente come una mancanza di commitment. Il nome dà realtà all'ente e non battezzandolo si evita di dargli questa dignità. Si crea un forte distacco, che ci consente di non partecipare alla storia di quest'ente. Vuoi come protezione (se non esiste non starò male quando verrà distrutto), vuoi come menefreghismo. Questo effetto può essere raggiunto anche con un nome privo di reale significato (Puzzon Puzzonentis in una campagna "seria" a D&D, per esempio) o il nome serializzato e standardizzato dall'ambientazione (Eleuterio l'Oscuro, del Clan Lasombra). Sono tutte tecniche di distacco dalla propria creazione attraverso la negazione dell'identità della stessa.
Di contro il "PG ricorrente" l'ho spesso visto in persone che sono TROPPO attaccate al personaggio e invece di difendersi passivamente adottano questa metempsicosi tra campagne, regolamenti e morti varie per salvaguardare la propria creazione, per impedire che chiunque possa mettere la parola "fine" alla sua storia, arrivando pienamente al marysueismo.
Quest'ultimo atteggiamento lo vedo molto meno nei giochi coerenti, in cui il tuo contributo narrativo è equamente considerato e quindi difficilmente il tuo personaggio arriverà ad una conclusione che non ti gusta. Di contro il primo fenomeno l'ho visto spesso anche con giochi coerenti.
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