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[Recupero] System-0 ed i problemi sociali
Mattia Bulgarelli:
--- Citazione ---[cite]Autore: Grifone[/cite]Lo sai l'esempio dei due polli no? Riguardo la statistica.
--- Termina citazione ---
Sì, che è una fesseria. >__
__< ]
Il giocatore che potere decisionale ha in tutto questo? ZERO.
Ciò è "male" in senso metafisico? No.
Però IMHO è una palla tremenda, una noia mortale. >__
Mattia Bulgarelli:
--- Citazione ---[cite]Autore: Steppenwolf[/cite]Faccio una brevissima riflessione sul tema dei rapporti sociali.
--- Termina citazione ---
Un'analisi precisissima.
Mi permetto di aggiungere, anche se non sono tecnico di sociologia (o quel che è :P ), un paio di righe.
Il Caio giocatore viola il contratto sociale con Sempronio (GM con R-0)... Perché?
I problemi riportati sui forum (non metto link perché poi quelli degli altri forum si lamentano) mi fanno pensare che i motivi siano questi:
1) Caio non ha chiaro il Contratto Sociale e pensa di avere dei "diritti" per il suo PG. La partita è, almeno per Caio, nel caso che viene chiamato "Illusionismo".
(esempio: "non puoi uccidere il mio PG a 5 minuti dall'inizio, in questo gioco si parla di eroi!" Oppure: "il GM ha fatto stuprare il mio PG da un orsogufo, che s*****o!")
2) Caio pensa che "premendo" out of game su Sempronio possa avere dei vantaggi... Quando non è il GM stesso a richiederlo! O__O
(esempio UBERclassico: il GM che dice "non tirare Diplomazia, convinci il mio PnG", ma vedi anche l'esempio di Michele a inizio thread su neve, lenzuola, forza di Coriolis, ecc.)
3) caso più distruttivo possibile, e anche questo mi è capitato: i giocatori si rompono le balle di obbedire ed iniziano a "giocare per conto loro" in modo "autogestito" e ignorano il GM. Se il GM prova ad imporsi con la forza (che altri mezzi ha il Re col popolo che fa la Rivoluzione? ^_- ) gli tengono il muso anche e soprattutto fuori dal gioco.
Ezio:
L'esempio della storia d'amore è un classico, ed è stato visto al tavolo molte volte.
Difficilmente un gioco tradizionale avrà meccaniche reali per gestire l'interiorità dei personaggi, o regole che coinvolgano questa interiorità veicolandola direttamente nel SiS.
L'esempio classico che mi mi viene in mente è giocare una storia d'amore in D&D 3.5. Di questo caso particolare io ho vissuto due varianti PG con PG oppure PG con PNG. In entrambi i casi, per vivere questa storia d'amore, si sono usate tecniche che non rientrano in quelle usate da D&D. Non mi importa in quanti vadano in giro a sostenere di poter giocare storie d'amore con D&D... non è semplicemente possibile, non esistono le meccaniche per farlo. Quando si ha l'impressione di farlo si è semplicemente usciti dal gioco, si sono chiusi i manuali e, in un momento che il gruppo ha scelto di chiamare "sessione a D&D" si sta facendo altro, che non appartiene però a quel gioco, e non ha alcuna regola, se non un contratto sociale non definito e spesso non definibile: il gioco non da indicazioni di alcun tipo su questo argomento. E cosa si fa, in questi casi? Decide il master!
In questo caso cosa succede? Il rapporto da due diventa a tre: se la faccenda si risolve tra due PG e il master è d'accordo (o indifferente) questi decideranno per conto loro. Nella migliore delle ipotesi entrambi saranno d'accordo a giocarsi la storia d'amore, e finisce lì, si scambiano due cazzate, due chiacchere, e tutto quello che si è fatto difficilmente influirà significativamente sul gioco, è tuttalpiù un piacevole intermezzo. È più facile che a uno dei tre non glie ne freghi mezza. Risultato: "Tu non sai giocare! Roll-player/Attore mancato!". Se due giocatori sono coinvolti ed è il master invece ad ostacolare (magari ha scritto una bellissima avventura in cui, però, la storia d'amore non c'entra) la cosa è ancora più marcata. In tutti i casi... è la fine, il gruppo scoppia per pressione interna. L'abilità in questo caso, da sviluppare, è non pestare i calli agli altri giocatori, e l'azione è classificabile come da Teorema Gelli a seconda della tua abilità a fare questo.
Il che ci porta all'abilità principe di un giocatore di tradizionali.
Il caso più comune è la storia d'amore tra PG e PNG. In questo caso la riuscita o meno del tuo intento è dipendente da quanto questa sia corrispondente all'idea che il Master si è fatto della storia. L'azione è tanto più difficile quanto più il master (e solo lui) ritiene sia giusto per la tua storia. Al massimo puoi fargli capire sottilmente quanto per te sia importante, ma sta a lui accettare o meno, e solitamente non lo farà. Il pensiero tipico, in questo caso (e parlo per esperienza personale: l'ho fatto) è: "Rendiamogli un po' la vita difficile, facciamolo sudare", senza altre considerazioni.
Apparentemente esistono giochi tradizionali che invece hanno meccaniche di questo tipo, come, chessò, Vampiri. Però qui l'illusione che Vampiri e D&D siano giochi diversi e non un unico, grande pentolone a Sistema 0, è terribilmente sottile. In Vampiri, data l'ambientazione emo-sentimental-romantic-gothic-porn, hanno inserito le regole per la "seduzione": una serie di tiri contrastati (che, tra parentesi, quando il master inizia ad usare contro di te è una goduria: "Mi spiace, ma l'anziano toreador ha millemila in carisma e settordici in seduzione, ora sei il suo schiavo sessuale per il resto dell'eternità. Bella la mia storia, vero?"). Tutto bene, no? La difficoltà è obbiettiva, data dal sistema, vero? No. La difficoltà è data sempre dal master, dato che è lui e lui soltanto, in base al suo criterio estetico a decidere quanto sarà difficile, e i risultati che avrà la tua azione, esattamente come faceva con D&D, e come farebbe in un qualunque altro gioco che implementi il Sistema 0.
Qui il cerchio si chiude: ogni singola decisione rilevante in questa situazione (ed in ogni altra) è sempre stata presa dal Master, che ha su di sé l'enorme onere di gestire tutto e soddisfare tutti. Una cosa del genere i problemi li chiama, è inevitabile.
Iacopo Frigerio:
sono lievemente, ma neanche tanto OT, volevo fare una precisazione...
Nelle scienze umanistiche, in particolare sociologia e psicologia il termine contratto sociale ha assunto, in taluni contesti, un riferimento che esula dalla concezione rousseauiana e riguarda direttamente il tipo di accordi e regole esplicite e soprattutto implicite che un gruppo di da nelle prime fasi della sua formazione...
Ad esempio le prime dichiarazioni di un nuovo professore a inizio anno in una aula scolastica, o i rapporti all'interno di una banda di teppistelli...
Ora non so che accezione sia data nella forge theory, ma cambia l'accezione perchè si passa da un contesto di sociologia a uno di psicologia sociale
Leonardo:
Chi non si è mai trovato almeno una volta in una situazione analoga a quella descritta da Michele alzi la mano. :)
Il problema è che la soluzione alla AiPS non è universalmente accettabile. E' sicuramente la soluzione migliore quando ti trovi di fronte a giochi che mettono la creazione di una storia collettiva al centro dell'attenzione. Esistono tuttavia gdr che non fanno della storia la ragione principale della loro esistenza e che assomigliano molto più ad esercizi di problem solving e corretta applicazione di analisi tattiche piuttosto che a sessioni di storytelling collaborativo (NB: di per sé questo non dice niente sulla CA che tali giochi supportano. Può essere indifferentemente gamista o simulazionista, a seconda dei casi e ammesso e non concesso che il gioco spinga effettivamente verso una CA definita). In giochi di questo genere* il protagonismo dei giocatori si manifesta proprio nella libertà di compiere scelte tatticamente corrette nel tentativo di sbrogliare la situazione in cui si trovano coinvolti e questo richiede 1) che esistano scelte multiple, alcune delle quali più vantaggiose di altre, e 2) che non sia triviale comprendere immediatamente quale sia la scelta più conveniente. Di per sé questo non ha niente a che vedere col realismo o la verosimiglianza. Le quattro categorie di stima della difficoltà che Michele ha elencato sopra sono neutre per natura. La verosimiglianza non entra nella determinazione della probabilità; quello che entra in gioco è semplicemente il sistema, coi suoi modificatori e le sue procedure. Anche l'incompletezza del "motore fisico" del gioco, come ad esempio l'assenza di linee guida o regole che coprano specifiche situazioni che possono presentarsi nella fiction, non è di per sé determinante. Se ad esempio c'è la regola che in caso di situazioni non coperte dal regolamento il GM decide a suo insindacabile giudizio il modificatore da applicare e i giocatori se ne stanno zitti e buoni, il gioco può essere perfettamente funzionante. Il problema sorge, come giustamente osserva Michele, quando si enfatizza l'importanza della verosimiglianza delle cause e si pretende che il GM vada a coprire le mancanze di linee guida producendo decisioni estemporanee che non solo mandino avanti il gioco, ma siano anche plausibili da un punto di vista del realismo. Qui entrano inevitabilmente in gioco esperienze personali pregresse e relative aspettative sul funzionamento del mondo che portano altrettanto inevitabilmente a dissensi e discussioni.
Paradossalmente trovo che i wargames (perlomeno alcuni) siano anni luce avanti ai gdr da questo punto di vista: fin dagli albori i designer di wargames sono stati abituati alla necessità di astrarre una miriade di "cause fisiche" condensandole in pochi importanti valori numerici per concentrarsi su principi di tattica militare e sulla verosimiglianza degli effetti (mai sentito parlare degli scacchi? ;) ). Mi spiego meglio: l'approccio dettagliato di molti gdr consiste nel modellare meccanicamente una serie di "cause" fisiche individuali che contribuiscono tutte alla risoluzione di un task, sperando e illudendosi che la somma di tutti questi contributi conduca alla fine ad un risultato plausibile (esempio: voglio determinare un tiro per colpire con armi da fuoco. Includo gli effetti di modificatori per distanza, visibilità, condizioni meteorologiche, posizione e velocità di bersaglio e tiratore, accuratezza dell'arma, precisione del tiratore, eventuali fattori di distrazione, ecc. Il valore di ciascuno di questi modificatori è stabilito sulla base di considerazioni di realismo. Tiro il dado e spero che complessivamente il risultato sia ragionevole). Molti wargames (quelli che si concentrano sulla simulazione... dimenticatevi Warhammer) tendono invece ad astrarre tutte queste microcause fisiche e si concentrano nel determinare statistiche e valori la cui validità trova una giustificazione a posteriori legata a quanto bene le meccaniche funzionano complessivamente. La discriminante è legata a 1) la capacità del sistema di riprodurre in media i risultati attesi in una situazione reale simile a quella simulata (e qui ovviamente la verosimiglianza è di solito valutata con la consulenza di esperti) e 2) la capacità del sistema di spingere/obbligare il giocatore ad adottare scelte tattiche e seguire principi militari che un comandante adotterebbe ragionevolmente nella corrispondente situazione reale. Certamente questa scelta di astrazione deriva anche da ovvi limiti imposti dalla natura stessa dei wargames: quando una miniatura sul tavolo rappresenta un plotone di 30-40 soldati è evidente che non puoi permetterti di considerare l'impatto del singolo fante sull'esito della battaglia (né ha senso provarci, esattamente come non è utile stabilire la traiettoria di ciascuna singola particella in un gas per comprendere il comportamento macroscopico del sistema). Tuttavia ho visto questo principio di astrazione applicato con esiti egregi anche a wargames che coprono scale molto più piccole e penso che anche molti gdr potrebbero trarre benefici di design procedendo sullo stesso sentiero.
*mi vengono in mente D&D 4e, Millennium's End e le varie incarnazioni di Twilight ad esempio (a proposito: con il regolamento di Twilight: 2013 la situazione descritta da Michele sarebbe stata ragionevolmente risolvibile senza creare discussioni)
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