Autore Topic: La spada e gli amori [Playtest]  (Letto 2274 volte)

Antonio Amato

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La spada e gli amori [Playtest]
« il: 2016-02-21 11:08:13 »
Giovedì sera mi sono ritrovato in Hangout con Daniele e Luca per giocare a La spada e gli amori, il playset di Archipelago su cui sto lavorando in questi giorni.

Citazione
La spada e gli amori è un gioco di ruolo e di storie in cui ogni giocatore controlla un personaggio principale in un intreccio di avventure nelle quali i personaggi metteranno a dura prova i loro valori e ciò in cui credono, per amore o desiderio. A turno ogni giocatore dirige e interpreta una parte della storia del proprio personaggio portandolo al punto del destino scelto, mentre gli altri giocatori interagiscono con la storia e la influenzano.

La spada e gli amori ha due illustri genitori: I romanzi cortesi di Chrétien de Troyes e Archipelago III di Matthijs Holter. L’atmosfera generale deve molto alle opere del primo, mentre le regole sono prese di peso dal gioco del secondo, pur con qualche modifica (con il permesso di Matthijs) atta a rendere il gioco più aderente alle caratteristiche della letteratura cavalleresca. Alcune regole, inoltre, non sarebbero esistite senza Love in the Time of Seið di Matthijs Holter e Jason Morningstar.

Dopo una breve introduzione ho passato ai miei compagni di gioco le schede in formato Google Sheet, che avevo precedentemente impostato in modo tale da accompagnare i giocatori nella fase di creazione della partita. Qui trovate un esempio: https://docs.google.com/spreadsheets/d/1ymR3B6pIqYk4s95yKmuofs3d6DdSGeFYDo3x6cftpOQ/edit?usp=sharing
Devo dire che l’idea ha funzionato: terminata la compilazione di un foglio, passavamo al successivo. Provvederò poi a fare in modo che nel foglio conclusivo (quello che si usa durante il gioco vero e proprio) confluiscano tutte le informazioni immesse precedentemente.

L’autorità

Il primo step è definire chi controlla cosa. Vi sono cinque elementi sui quali esercitare l’autorità: L’amore, La cavalleria, Il fantastico, Il macabro e La natura. Iniziamo a spartirci i compiti: Daniele si occuperà dell’amore, Luca della cavalleria e del fantastico mentre io eserciterò l’autorità sul macabro e sulla natura. Non è importante che tutti abbiano lo stesso numero di elementi da controllare; la cosa davvero importante è che gli elementi finiscano nelle mani giuste. E così è stato.

La mappa

Ecco come si presenta la mappa de La spada e gli amori prima di iniziare a giocare. Vi sono solo due luoghi importanti per il ciclo arturiano: Camelot e la mitica Avalon. Il resto è solo un immenso spazio bianco corrispondente all’Inghilterra meridionale.



Iniziamo creando un luogo ciascuno e fornendone una brevissima descrizione. Daniele crea gli Stagni dei cigni, un luogo fiabesco e idilliaco, con alberi arzigogolati e paludi piene di canne e cigni. Luca crea la Torre della maga azzurra; si mormora che la torre appaia solo a coloro i quali soffrono per amore. Io, invece, creo il Faro occidentale, un luogo desolato, solitamente immerso nella nebbia.

Gli archetipi

Dopo aver creato i primi luoghi, iniziamo a pensare ai nostri personaggi. Sfogliamo quindi i vari archetipi. Per ogni archetipo fornisco una breve descrizione e un personaggio della letteratura di riferimento, in modo tale da dare a Daniele e Luca alcune coordinate.

Vi sono cinque archetipi maschili e cinque femminili. Non è possibile cambiare genere, se non nel caso del bambino prodigio (che può benissimo essere una bambina); nella definizione degli archetipi, infatti, ho fatto un po’ di fatica per ammorbidire le caratteristiche dei personaggi femminili (i quali risentono di alcune concezioni datate), al punto tale che ho deciso di inserire l’archetipo della damigella errante prendendo come calco la figura di Eowyn de “Il Signore degli Anelli”.

I cinque archetipi maschili sono: il bambino prodigio, il cavaliere errante, il cavaliere leale, il re e il vecchio saggio.
I cinque archetipi femminili sono: l’amante scellerata, la dama astuta, la damigella cortese, la damigella errante e la fata.

Io mi butto subito sulla damigella errante, probabilmente il mio archetipo preferito e scelgo Brever come nome. Daniele è indeciso tra cavaliere errante e cavaliere leale. Luca, invece, non sa se scegliere il vecchio saggio o la fata (l’uno la controparte dell’altra). Ne parliamo un po’ e alla fine Luca opta per la fata (Kerrigan) e Daniele per il cavaliere leale (Gwyllean).

I luoghi

Giunge il momento di creare (o scegliere tra quelli esistenti) due luoghi importanti per il proprio personaggio. Molto probabilmente, nella versione finale del gioco sarà possibile creare un luogo scegliendo di rispondere a una delle tre domande contenute nella scheda dell’archetipo, mentre il secondo luogo sarà a scelta. In ogni caso, ieri sera abbiamo proceduto in entrambi i modi.

Daniele ha scelto di rispondere a entrambe le domande che avevo preparato per il cavaliere leale:
  • Dove si tiene il torneo più famoso del regno? E qual è il premio?
  • Qual è il luogo dove la tua lealtà è stata messa a dura prova? E perché?
Quindi, come primo luogo per Gwyllean ha scelto Camelot, dove si tiene il torneo più famoso del regno. In palio vi sono le fantastiche lame di un fabbro sassone. Come secondo luogo, invece, crea il reame di Cirin, luogo di origine di Gwyllean e regno rivale di Camelot; Gwyllean si è visto costretto, per non si sa quale motivo, a voltare le spalle al reame di Cirin e giurare fedeltà a Re Artù.

Io decido di scegliere il luogo che ho creato come primo luogo per Brever: il Faro occidentale. Si tratta del luogo dove Brever è cresciuta. Per il secondo luogo ho in mente una città a oriente, il suo nome è Alburnia e mi è stata indicata da una vecchia che mi ha fatto una profezia leggendomi la mano: lì incontrerò il vero amore.

Luca non ha molte idee e soprattutto non esistono ancora domande per l’archetipo della fata. Decido quindi di dare un’occhiata all’archetipo che ne è la controparte (il vecchio saggio) e gli propongo di rispondere a una domanda:
  • Dove hai incontrato per la prima volta la magia e quale potere alberga in quel luogo?
La fata Kerrigan ha incontrato la magia per la prima volta agli Stagni dei cigni ed è lì che è conservata l’esatta metà del suo cuore. Per il secondo luogo, invece, Luca decide di sfruttare Alburnia: lì Kerrigan è convinta di poter trovare un cuore che ama.

Le relazioni

Subito dopo aver creato i luoghi importanti per i personaggi, è necessario creare due relazioni importanti: una diretta con un altro personaggio principale e una indiretta (ossia una persona, un luogo, un oggetto o un evento che legano due personaggi principali).

Inizio io e dichiaro che Brever ha comprato una pozione d’amore da Kerrigan la fata. Si tratta di una relazione diretta.
Daniele invece vorrebbe che Gwyllean fosse il fratello di una di noi due. Luca all’inizio non è molto d’accordo ma, quando Daniele gli propone un rapporto di parentela sconosciuto a Kerrigan, accetta di buon grado. Daniele quindi scrive Kerrigan è segretamente mia sorella.
A quel punto Luca mette il carico e decide che Kerrigan è morbosamente innamorata di Gwyllean. La faccenda si fa estremamente interessante.

Mancano solo le relazioni indirette ed è a questo punto che Daniele mi propone di assegnare un tutore comune a Gwyllean e Brever. Io non sono molto convinto, a dir la verità, ma lascio che Daniele scriva Sir Bedimar, il mio tutore. E faccio bene, col senno di poi, perché la prima cosa che mi viene in mente è Sono la figlia bastarda di Sir Bedimar. Questa sì che è una relazione indiretta più interessante per tutti, sia per Gwyllean che per Brever. Luca decide di insistere sul povero Sir Bedimar e scrive Ho trasformato Sir Bedimar in un salice piangente negli Stagni dei cigni. Il quadro tragico è completo.

Brever, la damigella errante
Luogo: Il Faro occidentale, il luogo dove sono cresciuta.
Luogo: Alburnia, la città dove incontrerò l'amore.
Relazione: Ho comprato una pozione d'amore da Kerrigan.
Relazione: Sono la figlia bastarda di Sir Bedimar.


Gwyllean, il cavaliere leale
Luogo: Cirin, regno rivale di Camelot e mio luogo di origine.
Luogo: Camelot, dove si tiene il torneo più famoso del regno, con in palio le fantastiche lame di un fabbro sassone.
Relazione: Kerrigan è segretamente mia sorella.
Relazione: Sir Bedimar, il mio tutore.


Kerrigan, la fata
Luogo: Stagni dei cigni, dove ho incontrato la magia e dove è conservata la metà esatta del mio cuore.
Luogo: Alburnia, la città dove troverò un cuore che ama.
Relazione: Sono morbosamente innamorata di Gwyllean.
Relazione: Ho trasformato Sir Bedimar in un salice piangente negli Stagni dei cigni.


La speme e lo scoramento

Ogni archetipo è caratterizzato da cinque spunti/suggestioni: due spemi e tre scoramenti. Queste due tipologie di spunti saranno utili rispettivamente al giocatore che detiene il ruolo di guida e al giocatore che è investito del ruolo di traviatore.

Come funzionano questi due ruoli?

Il giocatore a destra del giocatore di turno è la guida, il cui compito è di mantenere il focus sul protagonista, assicurandosi che la storia che si sta raccontando sia il più possibile coinvolgente.

Il giocatore a sinistra del giocatore di turno, invece, è il traviatore, il cui compito è di tentare i valori e la pietas del protagonista, assicurandosi che la storia che si sta raccontando sia il più possibile drammatica.

Come assolvono a questo ruolo?

Sfruttando gli spunti presenti sulla carta dell’archetipo del personaggio protagonista. Vediamo un po’ le spemi e gli scoramenti degli archetipi scelti per la nostra giocata.

La damigella errante
Speme: Il valore, La dignità
Scoramento: La bassezza, La paura, La solitudine


Il cavaliere leale
Speme: L’amor cortese, La fiducia
Scoramento: Il discredito, Il rifiuto, L’oscurità


La fata
Speme: La fuga, La magia
Scoramento: L’antagonismo, L’asservimento, L’incompetenza


Il punto del destino

All’inizio di ogni sessione, ogni personaggio ha bisogno di un punto del destino. Si tratta di un evento che si verificherà nella vita del personaggio, qualcosa di drammatico, significativo, probabilmente qualcosa che gli cambierà la vita. Dato che siamo in tre, seguiamo la regola di Archipelago secondo cui dobbiamo scrivere tre punti del destino per ogni altro personaggio all’infuori del nostro. Daniele propone di usare la formula di Polaris: “E fu così che…” Siamo tutti d’accordo e iniziamo a scrivere, senza consultarci. I punti del destino non sono negoziabili. Chi li riceve, ne sceglie uno e scarta gli altri; non posso mai chiedere a un altro giocatore di modificare il punto del destino affinché mi piaccia. O lo accetto così com’è o lo scarto.

Io scrivo i punti del destino per Gwyllean e Kerrigan, rispettivamente i personaggi di Daniele e Luca.

Gwyllean
E fu così che, quasi sul punto di rivelare la verità alla sorella, decise di non farlo
E fu così che affrontò un grifone giunto alle porte di Camelot
E fu così che incontrò il vecchio guardiano del Faro Orientale


Kerrigan
E fu così che il re di Cirin la catturò
E fu così che le sue arti magiche salvarono il figlio di Artù
E fu così che partì verso Avalon


Daniele scrive i punti del destino per Brever e Kerrigan, rispettivamente i personaggi del sottoscritto e di Luca.

Brever
E fu così che accarezzò il volto umano sul salice
E fu così che lo vide togliersi l’elmo, e se ne innamorò
E fu così che non riuscì a salvarla, prima che si buttasse nello strapiombo


Kerrigan
E fu così che capì che il cuore che bramava apparteneva all’uomo che amava spasmodicamente
E fu così che richiamò gli spiriti dei morti in battaglia, ed essi ubbidirono
E fu così che giurò vendetta sulla tomba del padre ammazzato


Luca, infine, scrive i punti del destino per Brever e Gwyllean, rispettivamente i personaggi del sottoscritto e di Daniele. Ne scrive solo due per ogni personaggio, poiché è un po’ a corto di idee (e nessuno può dargli una mano in questa fase).

Brever
E fu così che una vecchia strega le rubò la voce
E fu così che scoprì che in realtà il suo vero padre era…


Gwyllean
E fu così che la moglie del re di Camelot, innamorata, usò su di lui un incantesimo di ammaliamento
E fu così che uccise suo fratello di spada dopo un disperato duello


Esaltati dai punti del destino emersi, scegliamo il punto del destino per i nostri personaggi.
Per Brever scelgo: E fu così che non riuscì a salvarla, prima che si buttasse nello strapiombo. Daniele sceglie per Gwyllean: E fu così che la moglie del re di Camelot, innamorata, usò su di lui un incantesimo di ammaliamento. Luca invece sceglie per Kerrigan: E fu così che richiamò gli spiriti dei morti in battaglia, ed essi ubbidirono.

Scelto il punto del destino, siamo pronti a giocare. Ecco la mappa dopo la fase di creazione della partita.



Ed ecco i fogli della nostra partita: https://docs.google.com/spreadsheets/d/1daciPDRnG2wEDkphhCatLhm2JIsYNyq7rFKLtgjGex8/
« Ultima modifica: 2016-03-05 12:00:27 da Antonio Amato »

Antonio Amato

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Re:La spada e gli amori [Playtest]
« Risposta #1 il: 2016-02-21 11:08:34 »
Le storie

Nota
Qui di seguito trovate il racconto di ciò che è successo.
All’inizio di ogni storia sono esplicitati i ruoli dei giocatori e i personaggi che controllano.
[Tra parentesi quadre, in stile macchina da scrivere, trovate i nostri interventi da giocatori.]

La storia di Gwyllean, il cavaliere leale
Daniele: Gwyllean
Antonio (traviatore): Glelot
Luca (guida): Neriath

All'imbrunire, ai margini delle rovine di Cirin, i cavalieri al seguito di Sir Gwyllean si stanno accampando per la notte. Gwyllean si trova davanti a un tumulo funerario e stringe tra le mani un fiore colto tra quelli che solitamente crescono numerosi sulle tombe degli uomini importanti. Una lapide incisa con lettere in una lingua antica si erge accanto al tumulo.

Sfruttando uno degli scoramenti del cavaliere leale (il discredito), inserisco un personaggio: Glelot.

Tra i cavalieri che conversano e giocano a dadi, si ode una voce roca proferire le seguenti parole: «Perché ci ha condotti qui, in un reame così inviso al re? E cosa spera di ottenere da queste pietre che sanno di morte e distruzione lontano un miglio?» Si tratta di uno dei cavalieri più riottosi e invidiosi, il tarchiato Glelot.

Sfruttando una delle spemi del cavaliere leale (la fiducia), Luca inserisce un personaggio: Neriath.

Nell'udire queste parole, il prode Neriath si avvicina a Gwyllean, gli posa una mano sulla spalla e si confida con lui: «Gwyllean, tra gli uomini vi è qualcuno che non è contento di stare qui e temo che possa portare dalla propria parte anche alcuni dei tuoi amici tra noi». Gwyllean è d'accordo con l'amico, lo loda e gli rende grazie. Alle belle parole di Gwyllean, molti si rincuorano e si scambiano cenni di assenso; solo uno si allontana un po', sputando per terra. Glelot è sempre più cupo.

Colgo l'occasione per descrivere qualcosa che riguarda il mio elemento: il macabro.

Rimasto solo, Gwyllean rivolge lo sguardo verso la cima del tumulo e vede accendersi un piccolo fuoco fatuo. Si sposta e guizza lentamente, fino ad avvicinarsi al cavaliere, poi si allontana, torna indietro, si muove lentamente. E in quel momento il tempo sembra fermarsi, i compagni di Gwyllean sono immobili. Solo il fuoco fatuo continua a muoversi, come se desiderasse essere seguito. Gwyllean muove un primo passo.

Luca ricorre a una delle frasi rituali: Non sarà così semplice. Vediamo cosa dice il manuale a tal proposito: Con questa frase stai chiedendo a qualcuno di pescare una carta Risoluzione. Assicurati di avere ben chiaro cosa il personaggio sta tentando di fare, poi chiedi al giocatore di turno di scegliere qualcuno per pescare la carta e interpretarla. Daniele deve dunque scegliere qualcuno per pescare la carta e interpretarla ma, essendo in tre, può trattarsi solo di me. Pesco la carta che dice: Sì, ma... guadagni un nuovo nemico, un debito o una cattiva reputazione nel processo. La interpreto e narro cosa accade.

Gwyllean segue il fuoco fatuo. I suoi compagni, per i quali è passato solo qualche istante, non lo vedono più. Glelot lo ha visto sparire sotto i propri occhi. Spaventato e sconcertato, comincia a pensare di avere a che fare con uno stregone. E, pur temendolo, cova i peggiori sentimenti su Gwyllean.

La storia di Brever, la damigella errante
Antonio: Brever
Daniele (guida)
Luca (traviatore): la bambina degli Stagni dei cigni

Brever cammina tra gli Stagni dei cigni, in compagnia del suo mulo. Indossa un abito da damigella piuttosto consumato a causa del suo essere perennemente in viaggio.

Daniele usa la frase rituale Ho bisogno di chiarire qualcosa per saperne di più sul rapporto che lega Brever al mulo. Ripensandoci a mente fredda, avrebbe potuto usare la frase Entra nel dettaglio, che - diversamente dalla prima - permette di saperne di più su qualcosa che non si conosce. Di fatto io ho inserito un elemento (il mulo) senza fornire ulteriori spiegazioni; a Daniele, invece, interessava qualche dettaglio in più proprio perché, da guida, voleva spingere sulle spemi del mio archetipo: il valore e la dignità. Secondo lui il mulo sarebbe stato un compagno fidato, una cavalcatura degna pur non essendo un nobile destriero. Ho bisogno di chiarire qualcosa, d’altro canto, serve in quei casi in cui le cose non sono chiare e c’è bisogno di un riepilogo.

Il mulo le è stato donato dalla stessa vecchina che le ha detto della profezia. Quella mattina, nelle foreste a occidente, le mise la cavezza dell’animale tra le mani e le disse «Per assicurarti che la profezia faccia il suo corso, non dovrai entrare ad Alburnia né a piedi né a cavallo».
Brever adesso si muove tra gli stagni e gli alberi di prugno, ma non vi è traccia del salice piangente.

Sfruttando uno degli scoramenti della damigella errante (la solitudine), Luca inserisce un personaggio: la bambina guardiana degli Stagni dei cigni.

«Non è qui ciò che stai cercando», dice una voce alle spalle di Brever. La ragazza si volta e su uno dei rami più alti di un prugno è seduta una bambina, la cui veste è molto elegante ma logora; ha una scarpina a un piede e l’altro penzola dal ramo nudo. «E tu, di grazia, come fai a sapere cosa sto cercando?», dice Brever. La bambina sorride misteriosa e afferma di sapere molte cose. Brever, allora, parecchio sfrontata, dice: «Vorrei essere messa a parte dei segreti che custodisci».

Daniele dice Non sarà così semplice. Luca pesca quindi la carta che dice: Sì, e... qualcosa del tutto non correlato si risolve in un formidabile successo. Ancora non abbiamo molta dimestichezza con le Carte Risoluzione, quindi succede che Luca narra semplicemente un formidabile successo per Brever. Va detto che non è facile pensare fuori scena e, soprattutto, che siamo ancora all’inizio e non è per niente facile intuire cosa potrebbe andare bene dall’altra parte del mondo, come conseguenza di un successo.

Dai rami più in alto alcuni corvi iniziano a gracchiare e, tra un verso e l’altro, infilano spezzoni di frasi di senso compiuto, come «lui non si ricorda di te» e «devi farlo tornare a ricordare». La bambina è visibilmente infastidita dagli uccelli e urla loro di smetterla ma i corvi si staccano dai rami e, in un turbinìo di ali, sfrecciano accanto a Brever e si muovono veloci tra gli alberi. Brever salta in groppa al mulo e segue i corvi, tra gli stagni e gli alberi dalle foglie scure, fino a giungere nei pressi di un salice piangente. Alcuni corvi si posano sui rami dell’albero e ne beccano la superficie legnosa; così facendo, fanno stillare grosse gocce di un liquido che sembra sangue. Tutto attorno al salice vi sono grosse pozze di sangue rappreso e anche l’erba è innaturalmente rossastra.

Brever scende dal mulo e guarda il salice con pietà. La bambina appare dietro di lei, mangiando piccoli acini d’uva e mormorando qualcosa sul fatto che Brever, nonostante tutto, è riuscita a trovare ciò che stava cercando. Brever, dal canto suo, non si perde d’animo e, arrotolandosi le maniche del vestito all’insù e scoprendo le braccia nude, dice «Quindi adesso non mi resta che toccare il tronco del salice e tutto si risolverà…»

Non potendo usare nuovamente la frase Non sarà così semplice, decido di chiudere qui la scena, anche perché è un buon momento per farlo.

La storia di Kerrigan, la fata
Luca: Kerrigan
Antonio (guida)
Daniele (traviatore): il vecchio barcaiolo, Katherine

Il sole è già sceso oltre l’orizzonte e Kerrigan si trova in un luogo chiamato le Acque della Depravazione, su una piccola imbarcazione guidata da un uomo anziano, diretta verso l’isolotto al centro del lago.

Luca ha deciso di ambientare la scena in un luogo finora sconosciuto. L’ha creato e abbiamo subito aggiornato la mappa.

Si tratta di un luogo magico e Kerrigan vi si è recata per ottenere qualcosa. La nebbia aleggia sulle acque immobili e il lanternino a prua riesce a stento a rischiarare la porzione di lago davanti alla barca.

Daniele usa la frase rituale Entra nel dettaglio per saperne di più sulle Acque della Depravazione. Luca fornisce una spiegazione sul nome del lago e Daniele la sfrutta subito.

Un’antica leggenda dice che, a chiunque vi si specchi, le acque restituiranno le rappresentazioni vivide dei propri pensieri più immorali e corrotti. Il vecchio barcaiolo si specchia per un attimo nelle acque del lago e vede distintamente se stesso possedere sessualmente la fata; ne ha timore, il poverino, e balbetta qualcosa chiudendosi poi in un muto silenzio. Intanto la barca è quasi arrivata al pontile di legno dell’isolotto.

Colgo l'occasione per descrivere qualcosa che riguarda il mio elemento: il macabro.

Le assi di legno che servono da sostegno per il pontile sono provviste in cima di macabri teschi umani illuminati all’interno da candele. Dalla casupola sull’isolotto provengono rumori simili a grida di maiali al mattatoio. Kerrigan afferra l’orlo del vestito rosso scarlatto e scende in acqua. Il barcaiolo le dice di camminare sul pontile ma la fata risponde che il sentiero percorso dai suoi piedi è sempre quello giusto. Così facendo si avvicina alla casupola; davanti alla porta di legno dice «Io non sto bussando» e bussa piano sul legno. La porta si apre con un cigolìo, all’interno è oscurità ma le grida sono cessate all’improvviso. Kerrigan dice «Io non sto entrando» ed entra; poi dice «Io non mi sto sedendo su una sedia» e si materializza una sedia. La fata, immersa nell’oscurità, dice «Non verrà nessuno a presentarsi».

Io dico Non sarà così semplice. Daniele pesca quindi la carta che dice No, e… qualcosa del tutto non correlato va dannatamente storto, e la interpreta.

Grosse radici si materializzano sulle pareti e sul pavimento della casupola, imprigionando Kerrigan. Una voce a lei familiare si fa strada nella mente di Kerrigan. Si tratta di Katherine, la fata degli Stagni dei cigni, tornata per tormentare Kerrigan, la quale l’ha uccisa per acquisirne i poteri. La fata è sconvolta e mormora «Non è possibile… Katherine…»

Qui si conclude la scena di Kerrigan.



Considerazioni finali

Al di là del fatto che, per motivi di tempo, non siamo riusciti a raggiungere i punti del destino scelti, è stata davvero una bella sessione. Avevo il timore che le modifiche fatte ad Archipelago non fossero sufficientemente incisive per raccontare storie di questo tipo, invece devo dire di essermi dovuto ricredere. Inoltre c’è una riflessione che secondo me merita un minimo di approfondimento. Parlo del mio personaggio, ovviamente, poi mi piacerebbe sapere le sensazioni di Daniele e Luca a riguardo.

Ho avuto come l’impressione di aver scoperto Brever a poco a poco, in maniera un po’ diversa da altri giochi di ruolo. Di fatto all’inizio di lei conoscevo solo due luoghi e due relazioni per lei importanti; sapevo anche dove sarebbe giunta alla fine della sessione. Allora mi sono aggrappato a quei luoghi e a quelle relazioni perché, sostanzialmente, siamo fatti anche di questo. Siamo esseri contraddistinti e caratterizzati da legami verso luoghi e persone a noi care. Non ci sono altre cose importanti. Tant’è vero che mi è capitato di narrare che Brever si portava dietro una lancia ma poi ricordo di aver detto che la posava per terra e proseguiva verso il salice piangente. Ecco, lì ho avuto la percezione che quel dettaglio era ininfluente, che non avevo bisogno di un’arma per narrare una storia interessante. Forse la particolarità di Archipelago sta proprio in questo farti concentrare sulla storia a discapito delle mille informazioni sul personaggio. Sai che quel personaggio è un protagonista e questo basta. Seguendo la storia, ti fai sorprendere dal racconto. Ed è bello così.
« Ultima modifica: 2016-03-05 12:01:24 da Antonio Amato »

Daniele Di Rubbo

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Re:La spada e gli amori [Playtest]
« Risposta #2 il: 2016-02-21 13:12:58 »
È stata davvero una bella partita! Al tavolo abbiamo agito molto in concerto e avevamo una bella comunione di intenti, che si è rivelata fondamentale ai fini della buona riuscita della partita.

* * *

La scelta di patrocinare l’elemento dell’amore mi è stata abbastanza congeniale, come molti immagineranno. Inoltre, gli altri giocatori mi sembravano interessati ad altri elementi più di quanto io lo fossi all’amore, per cui non nessuno gli si è gettato addosso. Per la verità a me piacevano tutti gli elementi, ma una decisione forte dovevo prenderla pure io, no?

* * *

La scelta dell’archetipo, dapprima, mi aveva visto interessato al cavaliere errante, ma mi sono deciso a cambiarlo quando ho letto bene le spemi e gli scoramenti: quelli del cavaliere leale mi interessavano molto di più, almeno in questa prima partita, per il concetto di cavaliere che avevo in mente.

Per farla breve: il cavaliere errante è molto più «fustigante» come archetipo, mentre il cavaliere leale è molto più «scopereccio». Meglio il «cavaliere scopereccio», dunque. ;-P

* * *

Per quanto riguarda le domande relative ai luoghi, ho deciso di rispondere a entrambe perché mi piacevano tutte e due, per cui non aveva senso mettersi lì a pensare a una terza eventuale domanda a cui rispondere.

Nel precisare quale fosse il premio per i tornei che si tengono a Camelot, ho ammiccato alle leggende su Weland il Fabbro dei cicli germanici.

Nel creare il regno di Cirin, mi sono immaginato quelle figure di cavalieri divisi tra più lealtà, come sir Mordred e – per certi versi, e non certo da cavaliere – anche Morgana.

* * *

A me piaceva l’idea di un legame fratello-sorella con uno degli altri personaggi o, almeno, fratellastro-sorellastra. Ma qui ricordi male, Antonio, perché Luca ha cambiato idea di sua sponte. L’idea che uno dei due, o anche entrambi, potessero essere all’oscuro della cosa è emerso soltanto in seguito, quando ne abbiamo parlato un po’ meglio.

E, sì, ho apprezzato molto il casino amoroso messo su da Luca. Non me l’aspettavo, ma mi stava benissimo (ricordate cosa ho detto sopra sul «cavaliere scopereccio»?). :D

Per la relazione indiretta col tuo personaggio, invece, avevo pensato a quella del tutore, perché mi sembrava un modo carino per collegare entrambi e, inoltre, legava Breven ai temi del cavalierato, che per una damigella errante, insomma, ce lo vedevo alla grande.

L’idea di Luca di chiudere il triangolo, poi, è stata particolarmente apprezzata, perché dà l’idea che i tutti i personaggi siano collegati nello stesso ciclo cavalleresco.

* * *

Ho proposto «scherzosamente» di usare la formula di Polaris per i punti de destino, per il semplice fatto che mi veniva abbastanza naturale formularli in quel modo e, in definitiva, lo è stato per tutti, mi pare. Anche concettualmente, esprimere i punti del destino in questo modo è qualcosa che funziona, visto che essi sono dei punti cruciali della storia dei personaggi, che dovranno verificarsi per forza.

Sui punti del destino, ricordo che scriverne sei a testa è stato un passaggio che ha messo un po’ in crisi tutti tranne me. Non so bene come mai, ma quella sera ero particolarmente lanciato e le idee sono semplicemente emerse con una facilità estrema.

Per quanto riguarda la mia scelta, se volete, avevo punti del destino che mi avrebbero fatto risultare molto più come un cavaliere senza macchia e senza paura (per esempio quello del grifone). Ho optato per la scelta dell’incantesimo scagliato dalla moglie del re di Camelot ,perché inseriva molto potenziale per il dramma, faceva emergere la figura di un cavaliere traviato attraverso la magia e questo andava nella direzione del mio elemento, l’amore. E poi c’era quella continuità d’intenti con l’idea originaria del «cavaliere scopereccio». ;-P

* * *

Nella prima scena di Gwyllean, c’è un gesto compiuto dal cavaliere che non hai riportato. Quando ho rincuorato i miei compagni, ho detto che quelli erano gli ordini di re Artù ma, subito dopo, ho bruciato la pergamena con sopra scritti quegli ordini nel fuoco. Non l’ho espresso formalmente, ma l’idea era quella di evitare che cadessero nelle mani nel nemico. Tuttavia, quando ho fatto quella scelta, ho prestato il fianco volutamente a voi: un cavaliere, unico a conoscere gli ordini, li brucia; cosa potrebbe andare storto? Magari potrebbe aver pure mentito e portato i cavalieri suoi compagni fuori strada, in un luogo lugubre come le rovine di Cirin, per scopi personali, chissà.

* * *

L’uso delle carte risoluzione mi ha spiazzato su un solo punto: il giocatore che le interpreta ha il completo controllo narrativo sulla situazione e suoi personaggi. Può dire come il personaggio al centro della scena agisca, cosa pensi e cosa provi.

Questo è un tipo di invadenza nelle autorità dei personaggi propri degli altri giocatori alla quale i giochi giocati negli ultimi anni mi hanno disabituato. È anche probabilmente un aspetto del gioco, forse l’unico, che appprezzo poco.

Sulla difficoltà del pensare fuori scena con le carte risoluzione, ho già espresso, a fine sessione, qual è stata la nostra difficoltà principale. Abituati come siamo ai giochi Powered by the Apocalypse – dove puoi fare mosse fuori scena, ma è molto più comune seguire la fiction e fare mosse logiche e che abbiano senso in scena in questo momento – il nostro ingranaggio dell’introdurre qualcosa di nuovo e assolutamente scollegato fuori scena si è probabilmente un po’ arrugginito.

Ecco, secondo me, perché abbiamo fatto fatica – Luca nella seconda scena e io in quella seguente -- a interpretare per bene quelle carte risoluzione.

* * *

Quando ho chiesto a Luca di approfondire le Acque della Depravazione, mi pare di aver usato anche qui Ho bisogno di chiarire qualcosa e non Entra nel dettaglio. Il ragionamento sul funzionamento di queste due frasi rituali l’hai già fatto tu sopra, per cui non lo ripeterò. Mi limito soltanto a sottolineare che la confusione è perdurata durante la sessione e che abbiamo fatto chiarezza solo dopo, ragionandoci a mente fredda.

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Nell’ultima parte dell’ultima scena, ti sei dimenticato un punto fondamentale, al quale ho accennato due paragrafi sopra. Nella mia narrazione della carta risoluzione, ho anche accennato al fatto che Katherine avesse accusato Morgana di turbare gli spiriti e che, allo stesso modo, anche altri spiriti ne sarebbero stati turbati. Ho quindi descritto la scena dei cavalieri accampati presso le rovine di Cirin (una sorta di siparietto alla prima scena di Gwyllean) e gli spiriti dei morti che si sollevavano dalla terra, gettando nel caos generale l’accampamento.

Per arrivare a questa narrzione ho dovuto pensare un po’ più a lungo del solito, confrontandomi con le difficoltà di cui ho parlato sopra.

Una cosa che non mi convince del tutto a riguardo è il non poter prendere spunti dagli altri giocatori, in caso si sia davvero a corto di idee. Secondo me non c’è nulla che lo vieti, se parliamo strettamente delle regole del gioco, ma potrei sbagliarmi.

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Condivido le riflessioni finali sull’autoemergere di Breven come personaggio e sulla centralità della narrazione in Archipelago. Nel mio caso, con Gwyllean, ho sentito di meno questo autoemergere del personaggio, forse perché avevo le idee più chiare su di lui fin dall’inizio, ma sono stato colpito molto positivamente da come tutte la storia si sia dipanata grazie alle regole del gioco.

Un ultimo ragionamento che abbiamo fatto a fine sessione, e che mi sento di convidere con voi, è stato introdotto da Luca, che si chiedeva quanto avessimo fatto noi come giocatori, con la nostra comunione di intenti e di immaginari condivisi, e quanto, invece, ci abbia facilitato il gioco, con le sue regole e le sue procedure.

Be’, secondo me, ci sono state entrambe le cose. Noi abbiamo già giocato assieme in passato e ci siamo sempre trovati molto bene, sia sulla comunione di intenti sia sugli immaginari condivisi. D’altra parte, lo scenario La spada e gli amori, così come creato da Antonio, è stato sicuramente cruciale nel fare emergere e canalizzare proficuamente il grande immaginario arturiano al quale abbiamo dato vita (un grande motore di color, insomma).

Di certo, questo va detto, Archipelago non è il genere di gioco «coi denti», che ti prende per mano e ti mette su un binario dal quale non puoi uscire. È un gioco con procedure e regole molto sfumate, che vanno usate da giocatori che sanno cosa vogliono ottenere dal gioco. Questo è chiaro.

Ritengo semplicemente che abbiamo saputo come usare il gioco nel modo più corretto e costruttivo possibile.