Sicuramente si può fare un videogioco con regole compatibili con quelle di D&D, in cui sul piano formale e meccanico si fanno le stesse cose (qui ti tocca un tiro salvezza, questo turno usi un certo feat, l'attacco è un colpo critico da tot danni...); probabilmente è un obiettivo esplicito del design di D&D fin dalla terza edizione, in modo da offrire molti punti di riferimento al giocatore che si accosta a uno dei numerosi videogiochi. L'impostazione rigida e analitica delle regole di D&D rende tale compito più facile rispetto a regole basate sul principio di tirare i dadi e poi inventarsi un risultato appropriato nella fiction (Dungeon World, ma anche le forme più estreme e dittatoriali di "decide il master"), perchè si allarga l'ambito dei dettagli determinati dalle regole a scapito di quelli che dipendono dalle abitudini e dalla cultura dei giocatori.
Per esempio, combattimenti analoghi in due partite di DW potrebbero essere una sequenza di acrobazie e astuzie per un gruppo e un accumulo di ferite dolorose e cruente per un altro: non c'è uno stile standard (solitamente fare molti danni in pochi turni) come in D&D.
Anche con le regole più deterministiche e meno aperte alle decisioni dei giocatori rimane la differenza fondamentale tra un programma per computer e un gruppo di persone che parlano attorno a un tavolo. Il videogioco è vincolato a seguire la sua sceneggiatura, e anche quando qualche aspetto viene determinato da meccanismi di costruzione procedurale e di intelligenza artificiale si tratta necessariamente di automi da esplorare, che sotto la varietà superficiale sono rigidi quanto una sceneggiatura fissa. Con questo non voglio dire che i videogiochi siano inferiori ai giochi di ruolo: in cambio della totale libertà del GDR offrono una forma fondamentalmente diversa di divertimento, la possibilità di esercitarsi, imparare, diventare giocatori forti e vincere, senza abusare delle regole e della pazienza degli altri giocatori.