Eccomi, come promesso. Così è andata la nostra prima sessione introduttiva al Dungeon World. Il racconto parte dopo che hanno creato le schede. Provo ad evidenziare in verde l'avventura creata dai giocatori, in arancione le mosse morbide e in rosso le mosse dure per un fallimento di una prova. Chiedo scusa in partenza, so di essere un po prolisso e per questo difficilmente ricontrollo quello scritto in prima battuta per eventuali errori di ortografia e/o grammaticali. In breve, vi riassumo i vari capoversi successivi.
Hanno creato i due personaggi.
Li hanno fatti partire dalla taverna cittadina. Un tiro sbagliato di percepire mi ha fatto venire in mente di mettergli contro come mossa dura tre Corruttori mandati da una setta (ancora senza nome) a recuperare informazioni sul Libro della Regina dei Nonmorti, avvistato per essere passato dal monastero. Tutte le informazioni date dai Corruttori risulterranno false, hanno agito e detto per ciò che i personaggi avrebbero voluto sentirsi dire per invogliarli a fare il lavoro "sporco" per loro, Chimay è un potente chierico dell'ordine (anche questo senza nome), far agire contro le sue difese i suoi figli adottivi può metterlo in difficoltà. Sono stato convincente comunque, hanno abboccato.
La scena successiva con Padre Chimay mi ha permesso con una mossa morbida di far partire il flashback del libro che volevo collegare alla descrizione dell'elmo di Jedar, un'ammaccatura per difendere Leffe a dodici anni, ma non ricorda come se l'è procurata. Ma forse è stato un po troppo presto, i personaggi mi hanno stupito con la loro prudenza (condotta giustificata dall'età nei loro ragionamenti, giusto).
Vediamo come andrà a finire nella prossima sessione, proverò con un altro flashback a stuzzicare la "curiosità che uccise il gatto". Iniziamo.
-------
Capitolo 1, la genesi.
Quella che proveremo a raccontare è l'avventura di due uomini vissuti in un'epoca e in un mondo a noi lontani, i fratelli umani Leffe e Jedar Afflinger. Leffe è un monaco ventottennte di un monastero trappista disperso su di una collina nella foresta Schwarzwald. Occhi acuti, capelli sempre arruffati a cui non riesce a dare mai una piega degna, un fisico esile ma un carattere buono che lo porta a mettersi anche in pericolo per poter guarire qualcuno; l'esatto opposto del fratello Jedar, che si mette continuamente in pericolo e che Leffe tenta sempre in ogni modo di tenere al sicuro. Jedar di fatto, che è due anni più grande di Leffe, è esattamente l'opposto del fratello. E' un combattente nato, un palmo più alto del fratello e pesante almeno il doppio, corpo ben piazzato e pelle abbronzata fanno la cornice ai suoi occhi smaniosi e bramosi, questi sono solo degli indici che comunque confermano a prima vista il suo carattere altamente egocentico ed edonista. Anche nel quotidiano indossa sempre un elmo ammaccato sulla tempia destra con una piccola fissura in direzione di una piccola cicatrice ed un gigantesco martello a due mani di fattura molto antico, non ricorda però quando e come è venuto in possesso di questi oggetti ne quanto meno ha memoria di come si sia ammaccato l'elmo e procurato la cicatrice, l'unica cosa di cui è certo è che se l'è procurata almeno vent'anni prima per difendere Leffe, ma non ricorda la situazione; forse una rissa ma non si ricorda. Per Jedar nient'altro conta oltre il fratello. Ha giurato di proteggerlo perchè è un debole, non potrà mai lasciarlo finchè non diventerà come lui. LA storia la raccontano i vincitori, non i perdenti. Entrambi vivono nel monastero con i profitti della birra che producono nel monastero, dove ormai vive solo il loro padre adottivo, Padre Chimay. Si ricordano che quando erano piccoli c'erano molti più monaci nel monastero, ma forse la mancanza di vocazione in un periodo così ricco nella società aveva portato il monastero a diventare solo un fantasma del fasto che fu in passato. Quello che è sicuro è che non hanno intenzione di abbandonare il loro Padre adottivo, anche se la mancanza di emozioni li costringe forse romanticamente a passare quasi tutte le sere a bere birra, che loro forniscono, nell'unica taverna di Elzach, un paesino anonimo nelle Swarzwald ai piedi della collina su cui sorge il monastero, sperando in qualcosa di nuovo.
Una sera come tante nella taverna Dal Nunzio, dal nome del proprietario, a sorseggiare birra. Nessun volto nuovo tra la poca gente seduta ai tavoli. Hanno quasi finito tutti i loro ricavi giornalieri. D'un tratto la porta della taverna si apre e tre figure umane travisate da una cappa da viaggio con cappuccio tirato sulla testa entrano senza destare l'attenzione di nessuno tranne dei due fratelli, che le osservano mentre scelgono con cura il tavolo nell'angolo più scuro della bettola per sedersi in silenzio. Uno di loro estrae da sotto la cappa l'occorrente per preparare una pipa finemente intarsiata. I due fratelli rimangono catturati dall'entusiasmo di vedere finalmente degli stranieri in città e che stranieri! Provengono sicuramente dalle terre del Nord per la loro cappa di panno pesante. Non sono sicuramente dei viandanti, saranno quanto meno degli avventurieri, ma che tipo di avventurieri è tutto da scoprire. Jedar prova ad osservare ogni particolare dei tre individui, al fine di capire se possa trarre un qualsiasi profitto dagli stessi. Mentre l'unico straniero che porge il fronte alla stanza continua con calma a preparare la pipa, riesce ad intravedere una piccola daga sotto la sua cappa, il cui fodero è finemente intarsiato. Devono essere veramente benestanti pensa tra se e se. Decisi a voler rompere il ghiaccio per poter scambiare due parole con gli stranieri, chiamano Nunzio e fanno portare tre birre a credito al tavolo degli avventori, i quali dopo aver scambiato qualche parola tra di loro la iniziano a sorseggiare mestamente. Quello è il momento giusto per presentarsi. Si portano con qualche difficoltà, perchè al limite di quello che si potrebbe definire brillo, al tavolo all'angolo nella locanda portandosi le sedie dietro. Leffe chiede rivolto agli stranieri: "le birre sono buone, vero?". Jedar risponde per loro: "Ovvio che sono buone, le abbiamo fatte noi e le abbiamo offerte noi. Nulla è più buono di una cosa offerta da uno straniero armato di buone intenzioni. Se poi consideriamo anche il prezzo che avete pagato per berle, direi che la bevuta è ottima". I due fratelli osservano la reazione dei tre stranieri, che continua a tardare. Quello che per loro è chiaramente il capo dei tre, l'uomo della pipa, è l'unico che ha alzato lo sguardo verso di loro; gli altri due senza che loro se ne siano accorti sono riusciti a girarsi dandogli il profilo, continuando a tenere il volto coperto dal cappuccio. Lo sguardo del capo è quasi magnetico, due taglienti occhi azzurro ghiaccio passano da uno all'altro molto lentamente ma in modo deciso, precludendo un qualche ragionamento silente. Rialza il boccaglio e sorseggia nuovamente, così fanno gli altri due. Riappoggiato il boccaglio, con un accenno di sorriso che gli permane dice una sola parola: "ottima". Leffe sta perdendo quasi la pazienza, è ansioso e quasi irritato con i tre. Decide di parlare nuovamente, facendo cenno al fratello di non intervenire: "noi la nostra offerta di presentazione l'abbiamo fatta, dalle vostre parti non è dato ricambiare?" L'uomo dalla pipa spenta alza una mano per richiamare l'attenzione di Nunzio, che arriva al tavolo con il vassoio raccolto al corpo con le due braccia, quasi a volersi fare scudo. L'uomo pronuncia la frase: "portaci quello che di meglio hai da offrire, buon uomo", mentre con una mano messa sotto la cappa lancia lentamente sul tavolo una Corona d'Oro, la moneta dell'Impero. Jedar immediatamente sgrana gli occhi bramosamente. Si chiede di ricordare quanto può costare in locanda una pinta della birra da loro prodotta. Una pinta di birra costa una moneta di rame, fa rapidamente due calcoli, il cambio è 100 rame una moneta d'argento, 100 argenti una Corona d'Oro. Mentre è distratto per un istante da questo ragionamento, l'oste ha già messo la sua mano sul prezioso. Mano grossa e nodosa da lavoratore, ma non grossa quanto quella di Jedar il guerriero che gli si schianta sopra per poi stringerla ferma sul posto. Jedar da seduto crea un contatto fisso con il suo sguardo a quello dell'oste e lo apostrofa: "questa fortuna è troppa per un solo uomo di Elzach, credo sia meglio che a fine serata tu la condivida con qualche amico, oppure potrebbe succederti anche qualcosa a mia insaputa, sia chiaro, che mi potrebbe dare molto dispiacere". Mentre queste parole sono proferite il gigantesco martello antico di Jedar è stretto nella sua mano destra, impugnato al di sotto della testa dell'antica arma, mentre il pomello è appoggiato a terra. Il consiglio però sembra non avere avuto proprio l'effetto voluto. Nunzio prova a intonare un discorso scherzoso dicendo: "credo che con questa fortuna uno sventurato come me possa decidere anche di cambiare aria...". La frase non finisce perchè il martello di Jedar, che ha aperto la sua mano destra, cade su un tavolo posto poco dietro di loro mandandolo in frantumi, mentre Jedar continuandolo a guardare negli occhi pronuncia: "Non ho capito bene, con tutto questo chiasso che sembra stare per iniziare". Nunzio deglutisce e gli risponde: "proverò a fare il possibile con qualche amico a fine serata". A quel punto anche la presa della mano sinistra di Jedar perde di forza e Nunzio riesce a sgattaiolare velocemente verso le cucine, mentre Jedar si ricompone l'uomo della pipa continua a sorridere mestamente. "Non fare subito l'esagerato" lo apostrofa Leffe. "L'ho detto per lui, corrono tempi bui, una fortuna del genere può portare un solo uomo a sentirsi solo. Lo faccio per lui". Leffe non sembra convinto della bontà delle parole di Jedar, lo conosce fin troppo bene. A quel punto decide di incalzare l'uomo dalla pipa: "uno sfoggio di tale ricchezza in un paese così sperduto non è stata una mossa non voluta, o sbaglio?" L'uomo della pipa risponde mentre iniziano ad arrivare taglieri di salumi e di cacciagione al tavolo: "come avete potuto notare non l'ho fatto con malizia, ho preso la prima moneta che ho trovato sotto le dita, potessi tornare indietro saprei che commetterei un errore non di poco conto con una tale leggerezza". I due fratelli prendono per buona la risposta ed iniziano a dividere il pasto con i tre stranieri. Già, ancora stranieri. "Credo che non ci siamo ancora presentati. Noi siamo Leffe e Jedar Afflinger, voi come vi chiamate?". Come sempre parla l'uomo dalla pipa sul tavolo "Nelle nostre terre chi ci conosce ci chiama Passoveloce, Enigma e Senzavolto". Leffe sembra contrariato dalla risposta. "Qui non siamo nelle vostre terre, dei nomi del genere sono dei soprannomi, possibile che non ci potete dire come vi chiamate?". "Credo che vi dovrete accontentare di questo per adesso, anche se non siamo nelle nostre terre siamo comunque venuti qui per una commissione", rispose Passoveloce. Leffe a quel punto fiutò la possibilità della tanto agognata avventura, mentre Jedar fiutò la possibilità di soldi facili. Entrambi rizzarono le orecchie, aspettando una mossa di Passoveloce. Ma i tre continuarono a mangiare il pasto, come se quello che aveva appena detto Passoveloce non fosse stato mai proferito. Leffe era sempre più eccitato: "Potremmo fare noi quello che dovete fare, alla fine siamo più esperti delle zone!". "Non siete abbastanza determinati a mio parere, forse dovreste aspettare compiti più facili adatti al vostro livello. Qui si parla di una ricompensa che voi non potete neanche immaginare." Jedar si ridestò dal sonno alcolico a quelle parole: "Per la gloria e per i soldi non ci sono difficoltà che mi possano fermare! Metteteci alla prova!" provando a mascherare senza riuscirci l'emozione che gli si era stampata sul volto. A quel punto Passoveloce si bloccò dal mangiare, così fecero quelli che lui aveva chiamato Enigma e Sanzavolto, ed iniziò nuovamente a passare il suo sguardo su entrambi alternatamente, molto lentamente. "Quello che vi sto per dire non dovrebbe esservi proferito, perchè voi ne potreste essere coinvolti emotivamente. Siete sicuri che io debba fidarmi di voi?". I due sono convinti. "Siamo stati mandati qui dai nostri signori che vivono nel profondo Nord a Rostock per mettere in sicuro un oggetto. Un oggetto molto pericoloso. Abbiamo certezza che questo libro sia nascosto da anni in un monastero qui vicino. Questo oggetto pericoloso è un libro, un libro che non avrebbe mai dovuto esistere". Mentre queste parole venivano pronunciate da Passoveloce, Enigma abbassò lentamente la testa ed iniziò impercettibilmente a cantilenare sottovoce, Leffe riconobbe una orazione elfica di augurio. Leffe e Jedar iniziarono a guardarsi smarriti, che loro ricordino hanno girato in lungo e in largo il monastero nei trentanni in cui ci vivono, mai sono incappati in un libro pericoloso. O è nascosto bene, o è un libro che non sembra quello che possa davvero essere, o non se lo ricordano. Si interrogano sulle tre possibilità. "Sappiamo chi siete, ma proprio per il vostro valore abbiamo deciso di mettervi alla prova. Chi custodisce il libro forse non sa di farlo, forse è soggiogato da forze superiori che lo hanno incatenato. In entrambi i casi, a voi la scelta. Siamo sempre in cerca di nuovi valorosi da aggiungere alle nostre fila, vi do tempo una settimana, dopodiché ci muoveremo noi. Credo che provare a mettere in sicurezza il pericolo senza eccessivi traumi sia la scelta più saggia. Ovviamente divideremo il compenso con voi in parti uguali. A voi la scelta. Ci troveremo qui tra una settimana per saggiare i vostri risultati e per mangiare nuovamente assieme, forse pbrindando alla vostra nuova ricchezza". Detto questo i tre si alzano quasi all'unisono ed abbandonano la taverna così come ci sono arrivati. Leffe e Jedar decidono che la cosa migliore sia di chiedere a Padre Chimay del libro, si fidano comunque di lui. E' colui che li ha cresciuti fin da piccoli. Prima di abbandonare la taverna Jedar si presenta da Nunzio chiedendo la sua parte di Corona d'Oro. Nunzio è spaventato, gli dice che non ha mai visto tanti soldi tutti una volta e non sa come cambiare quella moneta per dividerla equamente. Jedar allora chiede quanto ha incassato quella sera, 34 monete di rame. Decide di prenderle come acconto e che prenderà la restante parte tra una settimana, uomo avvisato. Leffe non è daccordo con il comportamento del fratello, chiede di lasciar stare Nunzio in pace. Jedar biascica una cosa tipo "lo faccio per il suo bene, tu non sai quanti malintenzionati girano da queste parti in questo periodo" mentre esce dalla taverna considerando la discussione conclusa.