Credo ci siano diverse componenti nella questione e il problema principale sta nel cercare di mettere assieme più piani che cercare di non ignorarne alcuni.
Penso anche a quanto siano diversi i punti di vista da Autore, Giocatore, Negoziante, Produttore e altri... E ci sono anche molti altri punti di vista, tra chi adora le fiere, adora i tornei di gdr, adora le con, adora i giochi indie.
Ora ognuno di noi non può essere rappresentante di tutti i piani, non è ammissibile cognitivamente.
Tra l'altro in molti casi si va su un discorso di approccio paradgmatico, da discussioni che coinvolgono medi sistemi, e per non sgranare cerco di rimanere vincolato al tema Gioco dell'Anno.
Il rischio principale è quello di ridurre tutto a pochi piani, di cui siamo parte e ignorare gli altri, di cui non facciamo parte, ma che sono parte fondante e a volte importante del discorso.
Comincio da cose banali, anche solo agganciandomi a parte delle cose emerse da Alessandro, Vigiak e Luca.
Il Gioco dell'Anno nasce e ha una vocazione commerciale, vuole anzi diventare proprio un trampolino di lancio per la commercializzazione di un prodotto (e già commercializzazione è un termine confuso, c'è dentro affari, diffusione, soldi, fiducia non è un termine comodo, ne semplice). Lasciando perdere i difetti di gioventù e gli errori di misura, il GdA nasce per rivolgersi a tutta la popolazione italiana e per cercare di diffondere le vendite ovunque.
Il sistema-Italia di negozianti e distributori è totalmente imperfetto, a tratti dannoso ma non ha senso non rivolgersi a quello che oggi rimane il principale terminale di diffusione e vendite del gioco in Italia.
Il Gioco dell'Anno ha questa vocazione, e la ha esplicitamente fin dalla sua incarnazione, e questo porta i suoi pesi. Se si vuole concentrarsi solo sul fatto che (per citare Alessandro, ma senza volerlo contrastare in modo diretto) "un gdr andrebbe giudicato quasi esclusivamente in base alla sua efficacia presso gli appassionati (è funzionale? è fruibile? che soglia d'ingresso pone? etc) e solo dopo, come notazione secondaria, si possono valutare ANCHE cose come il sex-appeal, la vendibilità, etc." il GdA è esplicitamente fin dalla sua incarnazione un premio sbagliato. Serve ad altro, fa altro. Se si vuole un premio che si concentri su quello che dice Alessandro, andrebbe creato ad hoc (poi va da sé che a me farebbe solo piacere se si creasse, ma poi lla domanda rimane sempre quella, chi se ne prende la responsabilità? Continuo a vedere ben poca gente con questa voglia).
Poi ovviamente ci sono gigantesche perversioni. Rimango ancorato al caso concreto, cioè il mio. Quest'anno non ho partecipato, ne sono stato costretto, perché nessuno dei miei giochi eliggibili (quelli pubblicati entro la finestra del regolamento) era presente in distribuzione o nei negozi. Nessuno se ne è voluto fare carico, sono giochi troppo economici (troppo poco margine), troppo poco "appariscenti" (la confezione è misera) e nessuno li crede commercializzabili. Probabilmente c'è una ragione di fondo (peraltro c'è da dire che non credo avrebbero meritato vittoria, molti sono giochi adatti ad introdurre al giocare di ruolo, ma non per introdurre il gioco di ruolo, penso ad esempio a GxB). Però probabilmente in questo caso c'è un problema ancora più a monte, dato che faccio comunque fatica a trovare (all'interno di persone che si occupano di blog, fanzine etc.) persone interessate a scrivere un articolo (o co-scrivere) riguardo al lancio del Play-Away come collana e filosofia. Di queste perversioni è giusto (e lo rinvio a Vigiak, per quanto non abbia effettivamente una soluzione) tenerne conto. La presenza nei negozi è a mio stesso avviso imprescindibile, però esiste un "filtro oscuro". Anche Contenders non è presente nei distributori e negozi. "Il tema non è commercializzabile!", ma così non è nemmeno presente, se non è presente nessuno potrebbe interessarsene, se nessuno se ne interessa diventa difficile si crei domanda e via verso questo circolo vizioso. Posso suggerire che anche solo la presenza su negozi online certificati possa costituire una presenza garantita (negozio dell'editore, ma penso anche a Lulu o DriveThrou), ma è solo un tentativo.
Anche il discorso Convention è a mio avviso un discorso a doppio taglio. Io faccio parte attiva del "movimento delle con", ne organizzo una che nei nostri confini ha una discreta importanza. Però non possiamo riferirci solo a queste. Hanno una portata limitata (anche potenziale, quante persone si potrebbero gestire, quante basterebbero?), hanno un limite geografico (chi ha mai raggiunto la Sicilia, la Sardegna, la Valle D'Aosta o Trieste, ma anche solo quali nostre convention stanno in pianta stabile in Piemonte, Lazio o Umbria?) e questi limiti sono ben lungi da poter essere superati. Non sto parlando del "movimento delle con" in sé. Ma faccio il raffronto tra la volontà di portata del GdA con l'effettivo riferimento delle con. Servirebbe un sistema di Con, organizzato centralmente o totalmente ararchico (è lo stesso) ma oggi non è proponibile ed è comprensibile che l'organizzazione di Lucca pensi e guardi ad altro.
Poi... penso che alcuni degli spunti critici di Luca abbiano un senso. Il GdA in sé ha senso che rimanga per lo scopo che ha, ma un premio solo (un premio e tre quarti considerando il gioco di ruolo dell'anno, che sono (anche per motivi di diffusione e commercializzazione) figli di un dio minore, non che la cosa sia priva di senso, per carità) è troppo poco per una nazione che ha un interessante materiale umano ma che su tutto il resto è arretrata (non è una critica, anche una constatazione, mi pare ovvio che un paese con tanto bel tempo e sole e attività culturali, attrazioni etc. abbia una cultura del gioco al tavolo più scarsa di paesi che invece godono di condizioni climatiche peggiori, con più ore di buio, freddo, pioggia etc..). L'ho scritto nella mia lettera della prima riunione, lo ribadisco ovunque posso, che va dato maggiore peso e riconoscenza a quegli editori che investono nell'Italia, magari creando loro una edizione localizzata nuova, a quegli autori italiani che portano vento nuovo in Italia, per me la coltivazione di una cultura ludica di riferimento passa da una maggiore attenzione al pubblico, ma passa anche dal creare maggiori "eroi" italiani, a cui ispirarsi e a cui radunarsi. (per dire, considero che se avessimo iniziato l'anno scorso sarebbe stato un ottimo inizio, L'unico anello riassume molte più caratteristiche positive di Rogue Trader).
Va beh, ho parlato di meno di un quarto delle cose che volevo dire e ho rubato fin troppo tempo rispetto a quello che avevo a disposizione. Mi spiace non avere tempo per partecipare meglio a queste discussioni.