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[Dilemma] Viaggio nella mente di un'Ala

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Matteo Suppo:
E così ho giocato per la seconda volta a Dilemma. Ancora non ho letto il manuale nella sua interezza, ancora non ho fatto il Patrono. Ancora non conosco il gioco così bene da poter dire con certezza: Ecco, si gioca come ho fatto io.

In questo thread vorrei esplorare quali sono state le motivazioni dietro alle mie scelte in quanto Ala Arancio, sia quelle che son state dettate dalla pancia, sia quelle che son state dettate dalla testa. Considerando che è una distinzione fasulla, dato che anche le emozioni risiedono nel cervello, ho deciso di chiamare questo thread così: Viaggio nella mente di un’ala.

Non siete obbligati a leggerlo o commentare! Lo scrivo perché mi piace parlare di me, ma se ritenete che stia esagerando e volete sgonfiarmi un po', un imbarazzato silenzio e nessun nuovo commento nell'arco di 24 ore funzioneranno alla perfezione.

Capitolo 1: Con chi giocare, e in che era.
Io e Laura volevamo giocare separati, e io era un bel po’ che volevo giocare con Marco Andreetto. Quando ho visto che al tavolo non c’erano donne ho sbuffato mentalmente. Ho questa convinzione che le giocate siano migliori quando partecipano delle donne, ma è una convinzione errata, dato che questa giocata è stata estremamente piacevole.

Marco faceva il patrono, mentre le altri ali erano Luca Bonisoli, con un’ala blu che ritornava, e Gabriele Zibordi era la prima volta che giocava a Dilemma, dopo (se non ricordo male) anni di dungeons and dragons.

Devo ammettere di avere un altro pregiudizio nei confronti di chi ha giocato a dungeons and dragons (e curiosamente non mi considero nella categoria): cioè che non sanno giocare e non ci riusciranno mai. Anche questo pregiudizio è stato profondamente distrutto nella giocata, perché Gabriele aveva delle ottime idee. E’ rimasto solo un po’ spiazzato da quanto profondamente diverso Dilemma è da tutta una serie di giochi.

Discutiamo un attimo su dove ambientare la giocata. Diamo la patata bollente in mano a Gabriele, che propone la Cornovaglia. (Dove diamine è la Cornovaglia? Dice il mio animo iNNiorante). Siamo un po’ titubanti. Nessuno sa nulla sulla Cornovaglia, se non che c’è il mare e che piove, essendo in Inghilterra. Wikipedia ci viene in soccorso! Riesco a recuperare qualche informazione, per esempio che ci sono delle isole! Oh che idea! Ambientiamolo sull’isola di St. Mary, nella città di Hugh Town. Tutti sono d’accordo. Ho spinto parecchio, usando la mossa: Convinci gli altri che la tua idea è fighissima.

Capitolo 2: Le chiavi
Ah, morivo dalla voglia di scoprire che ala sarei stato, ma prima c’è da fare le Chiavi. E’ un momento che mi spaventa un poco. Bisogna essere aperti, costruire sui contributi degli altri e dire cose interessanti (nel senso che interessano a TE!). Sono tutte cose in cui mi sento carente.

La prima chiave che viene definita è Shelley Winters. A me tocca la descrizione. Panico! Non sono abituato a pensare per immagini e con me il consiglio “Pensa a qualcuno che conosci” cade nel vuoto, dato che farei molta fatica a descrivere chiunque, a memoria. Per fortuna conosco i trope, per cui mi lancio su una descrizione del tipo “Lunghi capelli biondi, circa 17 anni, guarda l’oceano dalla scogliera” MI fanno anche domande tipo su che forma del viso ha (Dio mio ma che ne so? °°). Ne esce un ritratto molto romantico.

Dagli altri viene fuori che dipinge, che lavora al bar con i suoi genitori, che è un po’ una sognatrice. E poi tocca a me dire qual’è il suo difetto. Qua è più facile! I trope mi aiutano di nuovo: E il suo Fatal Flaw è... Prende poco seriamente i suoi doveri di figlia e aiutante al bar. Mi faccio uno spuntino di complimenti (Mi nutro di quelli) e aspetto cosa le è successo di romantico di recente. Ha incontrato un ragazzo! Ma non ha avuto il coraggio di avvicinarlo e lui è partito. Si chiamava Daniel. Ah! Sarà divertente.

La seconda chiave è Steve, Steve Rogers. Sì, ho deciso di chiamarla Steve Rogers. Non so perché, forse perché ci sta bene come nome, forse perché volevo far pensare a tutti a Capitan America, o forse perché li stavo sfidando ad andare contro agli archetipi memetici che si portava dietro il nome. Non lo so, son fatto così, a volte lancio palle curve.

Fatto sta che sto tizio è il Sindaco, sempre ben vestito e in perfetto ordine, ha una bella casa con moglie e due gemelli, ed è competente in quello che fa (l’ho deciso io perché mi piacciono le persone competenti e geniali, e voglio che le chiavi mi piacciano). Solo che il suo difetto è che non ha mai avuto una scelta, ha sempre avuto e sempre avrà la strada segnata (presidente del mondo), e sogna una vita differente, o quantomeno la possibilità di scegliere.

La cosa oscura che gli è successa è che lo stanno ricattando con delle foto di suo figlio che compra della droga. Non ero granché convinto di questa cosa. Mah. Però ho deciso di lasciar andare per vedere se questa cosa si sarebbe rivelata un errore in seguito (presente come quando Dottor House sospende le cure per vedere se il paziente peggiora e mostra NUOVI sintomi?),

Infine la terza chiave mi sorprende molto. Johnny viene descritto come un vecchio. Interessante! Io dico che è un vecchio marinaio, che ogni tanto aiuta al porto e che ha una casa sulla scogliera. Perché l’ho detto? Mi sembrava credibile, e poi volevo che facesse ancora cose. Quando io sarò vecchio vorrò continuare a fare cose! Naturalmente viene fuori un po’ burbero, con un cartello “Non oltrepassare” sul vialetto di casa. Non ricordo quale era la sua qualità, tuttavia. Buh chissà!

Quando tocca a me dire cosa gli è successo di Felice, non ho alcun dubbio! Ha ricevuto la visita suo nipote (poi verrà trasformato in pronipote, cioè nipote del fratello, per questioni di età). Il semplice fatto che sia stato definito quello come evento felice indica che per il personaggio lo è! E’ un burbero dal cuore d’oro, in pratica, sepolto in profondità sotto la barba.

In realtà c’è un ulteriore motivo per cui ho detto questa cosa: volevo vedere un po’ di gap generazionale. E’ sempre interessante.

Per stasera è tutto, le palpebre mi si fanno pesanti, le gambe mi dolgono e voglio leggere un po' Endymion che son ben due giorni che non lo faccio. Bye bye!

Marco Andreetto:
Trovo appassionante e affascinante questo tuo viaggio.
Non vedo l'ora di leggere il resto!! <3

Matteo Suppo:
Capitolo 3: Le larve ed il ritorno di Eco
Io e Gabriele dobbiamo fare delle ali nuove di zecca, quindi passiamo a fare la scena dell’ala. Io cedo a Gabriele l’onore di andare per primo, in modo che possa scegliere la chiave con cui farlo, ma forse è stato un errore. Avrei dovuto forse prima fargli vedere un esempio.

Nella scena della larva non hai ancora preso piena forma umana, e le chiavi ti registrano come essere umano, ma non ricorderanno niente di te. In più non ti devi mai descrivere. E’ come se non fossi mai inquadrato dalla telecamera.

Gabriele ha qualche difficoltà perché in effetti questi concetti non sono semplici da spiegare. Soprattutto non capisce come poter interagire senza mostrarsi. E non vuole neanche mostrarsi. La maggior parte della scena la passa nascosto, non visibile.

Comunque le sue idee son molto belle. Lui sceglie Shelley (se non l’avesse fatto lui l’avrei fatto io), e Marco descrive Shelley sulla scogliera triste che ha appena finito un quadro del paesaggio, ma ha lasciato un pezzo bianco. Il quadro dipinge il cielo come se fosse mare, e il mare come fosse il cielo. Io mi immagino cosa avrebbe dovuto esserci in quello spazio vuoto, e lo riempio mentalmente con la nave di Daniel che si allontana.

Gabriele dice che usa i suoi poteri per riempire quello spazio vuoto con il sole. Ecco perché dico che c’è del potenziale nel ragazzo. Marco descrive come Shelley sia sorpresa e che si giri a chiedere chi va là. Qua ci fermiamo un po’ perché Gabriele non sa davvero come procedere, come interagire senza avere una forma vera e propria. Credo sia qua che gli suggeriamo di fare qualcosa, parlare, interagire e gli diciamo quella cosa della telecamera che non ti inquadra mai.

Alla fine esce allo scoperto, con Shelley che gli butta addosso tutta la sua frustrazione, la sua voglia di partire, ma la paura di scoprire che oltre l’orizzonte non ci sia altro che il bianco della tela. Le cose che si dicono sti due qua, seppure intermezzate da Gabriele che ci pensa, non sa che dire, chiede consiglio, sono molto poetiche. Utilizzano la metafora della tela per parlare della vita, e voi sapete quanto a me piacciano le metafore.

Infine Marco dice che gli basta, chiude la scena e tocca a me. Io vado con Steve, il sindaco. Non ho ancora ben deciso che tipo di persona fare, ma so già che sarà una donna. E’ un po’ di tempo che gioco solo personaggi femminili, non vedo perché dovrei smettere. Marco descrive Steve (camicia senza cravatta) con la lettera del ricatto in mano, che sta per andare a parlare a suo figlio.

Mi domando per un millisecondo come fare a entrare nella casa e parlargli senza violare la sua privacy. Col senno di poi è facilissimo: quando una ala si immerge nel mondo, le onde vanno a riscrivere leggermente la realtà, nel passato e nel futuro. Se la chiave non aveva una domestica, ora ce l’ha. Se la chiave non aveva nessuno in casa, ora ce l’ha.

Tuttavia decido di suonare il campanello. Ho anche già una storia di copertura: sto facendo volantinaggio e raccolta firme per qualcosa di politico, tipo riguardo la scuola. Sto usando ben consapevolmente una tecnica di Ingegneria Sociale per l’infiltrazione: Il contatto avviene attraverso qualcosa per cui il soggetto prova empatia. E’ un politico, ha dei figli, non può non essere interessato alla salute della scuola.

Un’altra tecnica che uso è quella della leggera figuraccia. Quando viene ad aprire (visibilmente sollevato dal non dover fare questa conversazione con il figlio) inizio con una specie di nastro registrato “Stiamo raccogliendo firme per la ristrutturazione della scuola...” e poi mi blocco dicendo con fare un po’ imbarazzato “ma non avevo considerato che lei è il sindaco e quindi è sicuramente a conoscenza della problematica”. Gli propongo comunque di firmare lo stesso, e Marco parte con una frase in politichese del tipo che i giovani sono il nostro futuro e bla bla bla. Un’altra battuta che faccio è “Oh, non deve parlare in politichese con me, sono dalla sua parte”.

Sì, è stata una recita costruita appositamente per fare simpatia. Io lo so che la chiave sarà comunque ben disposta nei miei confronti, ma non voglio forzarle la mano, voglio che si fidi di me naturalmente. Marco descrive come lui abbia ancora in mano la lettera e sia un po’ impacciato nel prendere e firmare. Mi offro di tenergli la lettera, ben consapevole di mettere in difficoltà il personaggio. Dopo aver stabilito dei confini già abbastanza larghi li sto spingendo. Questo verrà fuori essere il modus operandi della mia ala: avvicinarsi alle persone quasi con la forza, con decisione. E’ decisamente estroversa.

Lui non mi cede la lettera (non mi aspettavo che lo facesse) e invece mi fa accomodare. Prima che io possa iniziare a “pescare” con domande apparentemente casuali lui inizia a parlare di suo figlio, e della severità. Mi chiede consiglio, e questo mi coglie un po’ impreparata, perché non avevo idea di cosa consigliare. Meglio, perché ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente: una parafrasi de “Il giusto sta nel mezzo”. Ogni tanto bisogna essere severi con i propri figli. Ci aggiungo anche che bisogna farlo per evitare che prendano strade di cui si potrebbero pentire. In modo che arrivino a poter fare una scelta consapevole.

Marco mi dice che gli basta come scena. Passiamo quindi a vedere Eco, l’ala blu, tornare sulla terra e vedere Johnny. Johnny è al porto a portare una cassa di pesce, quando la cassa gli cade spargendo il pesce ovunque. Lui intima che nessuno lo aiuti e si mette a raccogliere tutto. A me questa scena grida Martire, e lo dico a Marco. Lui lo aveva messo Egoista, ma decide di Martirizzarlo. Faccio ancora un po’ fatica a distinguere e ricordarmi chi è egoista da chi è martire. Dovrei fare il patrono per interiorizzare i concetti, suppongo.

Eco ovviamente non può fare niente nella scena, e io ancora non ho una visione di che tipo di persona sarà. Si descrive come una persona comune, un lavoratore, ma oltre a questo boh. Si vedrà.

Fatto sta che dopo ci chiamano a fare la foto. Io mi guardo le descrizioni delle ali, cercando di vedere cosa potrei diventare. Dico anche a gabriele quale ala potrebbe essere lui, ma non ricordo quale fosse. Gli eventi che sono successi dopo hanno cambiato tutto. Vado a fare la foto con la mia maglietta da ala Rossa, con la trepidazione di conoscere chi sarò. Mi sto anche facendo i viaggi su chi poter essere. Questo perché un mio principio cui non riesco a rinunciare quando gioco è “Fai progetti. Poi buttali via”.

A Gabriele offrono l’ala viola, ma la rifiuta, prendendosi infine l’ala gialla (gialla come il sole che ha disegnato sulla tela. Ci sta. A me Marco offre l’ala arancio. Io so già che prenderò la prima cosa che mi darà, la vedo un po’ come una sfida. Sono una persona competitiva nel gioco di ruolo, e ho anche un sacco di paura che questa cosa un giorno mi creerà problemi.

Ho anche un ego smisurato, per cui mi torna in mente una conversazione sentita in precedenza durante il pranzo che diceva “Nessuno ha ancora fatto una ala arancio chiamata Meg”. Che altro nome dovevo prendere? A mia discolpa posso dire che ho provato a immaginarmi tutti gli altri nomi e non suonavano così bene, ma è solo una scusa. Volevo essere la prima ala arancio Meg.

Scelgo che abbia uno sguardo Generoso e uno stile Colorato (che come si vedrà non significa che abbia buon gusto nel vestire). Questi li scelgo perché mi sembrano in tono con il tipo di persona che ho in mente, non per altri motivi esterni al gioco (giuro!). Non mi si chiede di scegliere un attrice, per fortuna, perché avrei avuto serie difficoltà.

Capitolo 4: Il primo giro di scene
Nel primo giro di scene io andrò da Johnny, Eco da Shelley e Caesar da Steve. La prima scena è di Eco, che visita Shelley riportandole il quadro che aveva lasciato alla scogliera, bussandole alla finestra come un vampiro stalker. Non poteva comunque fare altrimenti, perché Shelley era in camera sua a fare la valigia per partire. Mi sarei trovata in serie difficoltà a entrare in quella scena. Eco la convince a rimandare, a non partire subito.

Io decido di andare a visitare Johnny, perché Steve l’ho già visto e Shelley è già occupata. Quando Marco mi descrive Johnny piazzato sulla veranda a fumare una pipa e sorvegliare il vialetto so già cosa devo fare: la tecnica del carroarmato puccioso. Si tratta di invadere la privacy altrui, costringendo gli altri a riconoscere la tua presenza, ma facendolo con aria innocente e con gli occhi grandi e pucciosi.

Descrivo Meg che arriva con la bicicletta su per la salita, con la sciarpa arancione che svolazza nel vento. Proseguo dritto su per il sentiero oltre al cartello Non Oltrepassare, come un carroarmato puccioso. Il dialogo che segue va più o meno così

“Non ha letto il cartello proprietà privata?”
“No, ce n’è solo uno con su scritto ‘Non oltrepassare’
“Eh, non sa leggere?”
“Ma volevo vedere cosa c’era qui. Ooooh, si vede il paesaggio! Posso fare delle foto?”
“No! vada via”
“Ci metterò solo un attimo!”
“Ho detto vada via!”
“Sa, è un bel posto qua, pensa di aprirlo ai turisti? Sarebbe così bello che potessero venire a vedere il panorama”

Al tavolo scherzavamo che avrebbe preso il fucile e cominciato a sparare. Ma non lo ha fatto. Il nipote ha fatto una breve comparsa: un ragazzino di 15 anni metallaro che dice “Nonno, stai facendo di nuovo l’antipatico?” Al che rispondo a voce alta e giocosamente offesa “Sì, lo sta facendo!”

Non so ancora che mossa fare, non le conosco così bene. Quando mi prende per un braccio però so che devo fargli Smettere di fare questa cosa, che fa male agli altri, dove gli altri sono io. Non è una mossa per taggare, ma non importa. Mi lascia andare e me ne vado dicendo, di proposito “Arrivederci”. Non chiudo i ponti, non ho ancora finito con te, Johnny. E’ una minaccia!

Caesar va invece a trovare Steve. Si piazza dentro casa sua, fingendosi l’insegnante del figlio. Il motivo per cui Steve non lo caccia via subito è da ricercarsi nella magia delle ali, e del loro sguazzare nella realtà sembrando sempre al posto giusto. Parlano del figlio, Caesar dice che è preoccupato perché non socializza, e Steve mostra di essere molto severo (Se i voti vanno bene, allora tutto va bene). Non viene segnato, in questa scena.

Manuela Soriani:
Ma è bellissimo!

Sono incantata!!!
Voglio leggere anche il resto, promettimi che non mi abbandoni a metà, Zippolo!

Matteo Suppo:
Non abbandonerò. Al massimo dovrò interrompere per un po' per cavalcare l'ondata di lavoro che sta per arrivare nella casella di posta.

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