A fine game chef cerco di fare un sunto sulle questioni esposte anche solo per rispondere ad alcuni questiti postimi dai recensori.
Purtroppo manca Rafu, di cui aspetto ancora la valutazione, ma non dubito sarà molto approfondita e colpirà i passaggi deboli del gioco.
Il gioco ha tutti i limiti del caso, essendo stato ideato, costruito e scritto sì e no in 5 ore tra tutto, purtroppo per me è stato come partecipare a un contest 24 ore. Il confronto col gioco dello scorso anno è impietoso, se pensiamo che La cosa più preziosa era un gioco praticamente stabile, con un testo già affidabile e che sul lato meccaniche ha subito un solo cambiamento nell'anno trascorso in playtest (cambierà il testo, integrandosi con un saggio approfondito sulla pena di morte e adattandosi alle necessità di comprensibilità per non giocatori, ma sto divagando).
Una delle cose più importanti che manca è un testo finale che chiosi sulle scelte fatte, sulle ispirazioni e sulle motivazioni. Quando ho finito di descrivere le meccaniche ero 40 minuti oltre il termine di consegna stabilito, ero molto stanco cerebralmente e non ho avuto tempo di scrivere qualcosa che mi avrebbe ulteriormente fatto ritardare.
Cerco di rimediare ora a questa mancanza.
Le ispirazioni esplicite del gioco sono per me Kagematsu, Cold City e il boardgame 011 (perché da tradizione ogni mio gioco deve rubare qualche idea a un boardgame). Ufficialmente non ce ne sono altre, anche se immagino che frequentando lo stesso brodo si finisca sempre per assomigliare ad altro.
In realtà le ispirazioni volevano essere minori rispetto a quelle che ci sono state, ad esempio nell'idea originale (che se mai tornerò sul gioco riprenderò) dovevano esserci una lista di scene tipiche tratte da film di guerra, tra azioni, esercitazioni, momenti di morte di intimità o di difficoltà, una lista che serviva ai giocatori da spuntare e usare da interpretare (in modo simile ai concetti che stanno alla base della struttura di Contenders) nelle scene, non c'era tempo per questo e mi sono arrangiato riducendo la meccanica a una "copia" di Kagematsu (per giunta brutta copia, perché Kagematsu trattiene differenti tipi di scene decise dall'intento dei giocatori su che cosa voglio ottenere da Kagematsu), ero cosciente del limite, ma ancora più cosciente degli stretti limiti di tempo.
Anche dal punto di vista del senso delle meccaniche, penso, mi sono allontanato molto dal modo in cui erano state usate nelle mie fonti d'ispirazione. Così come l'anno scorso ho voluto scrivere un gioco che trattasse e criticasse la pena di morte, quest'anno ho voluto scrivere un gioco che trattasse e criticasse la guerra, ovviamente alla mia maniera, cercando il più possibile di non schierare il gioco, ma puntando sull discernimento critico delle persone di fronte a fatti "vissuti" (anche se immaginari). Qui sono stato ruffiano, l'esercito, la guerra sono presentati qui in modo confortevole all'inizio sono "viatici per costruire una vita nuova, migliore" il conto per questo viatico lo presenta l'epilogo alla fine, a guerra vissuta. In questo ho cercato di astrarre ai miei fini due meccaniche che trovavo adatte, la prima è la scelta Pietà/Amore di Kagematsu, dove in realtà io faccio una scelta diversa, kagematsu è un giocatore/personaggio, per quello che ho visto quando fa la sua scelta sta in un confine labile tra una scelta pienamente del giocatore e una scelta simulata entro i termini definiti di un personaggio. Nel mio gioco chiedo esplicitamente a un giocatore, in quanto giocatore e con un ruolo che lo porta a essere più distaccato di fare una scelta etica (ed estetica) rispetto a quanto visto, senza filtro. E voglio che ci sia un confronto alla fine tra la visione delle cose "da dentro" e "da fuori", come diventa facile giustificare una azione vivendola e come diventa facile criticarla da fuori. La fiducia invece è una riflessione invevitabile sul dilemma del porcospino, in cold city la fiducia è una cosa che va e viene, che può essere tradita in qualsiasi momento e da chiunque verso chiunque, nella Legione invece punto sull'inevitabilità del cameratismo e della condivisione di destino comune e alla fine (e solo alla fine) uno tradirà, colpendo solo un personaggio (ho riflettuto a lungo sulla possibilità di inserire una scelta se tradire o meno, ma era tutto meccanicamente troppo immaturo per permettermi di affrontare questa cosa, quindi ho lasciato perdere), in cold city questa meccanica è la fonte principale di paranoi (centrale nel gioco), qui la vera paranoia dovrebbe edulcorarsi presto, i personaggi non sanno, non vivono durante le scene la cosa e saranno presi da questioni più urgenti, tra sopravvivere alla guerra e uscirne senza più debiti psicologici col passato, rimarrà sempre un dubbio esistenziale sul perché gli altri fanno qualcosa per me, ma vuole essere nell'ordine delle "cose naturali", perché penso che ognuno di noi si pone sempre queste domande verso gli altri (i confini di gioco rendono questo aspetto più sicuro e controllato, io ho cercato di rendelo di nuovo incerto come nella realtà). La parte di 011 è la più plagiata... A mia discolpa dico solo che cerco semplicemente di renderla funzionale per un gioco di ruolo.
Sono molto contento delle recensioni, fanno luce su aspetti di cui terrò conto in futuro.
In particolare Lavinia colpisce molti punti meccanicamente sensibili, in questo il suo punto 1 e punto 3 erano già limiti che avevo presenti (anche se lei entra ancora più in profondità del problema, infatti non mi ero soffermato così tanto sulla debolezza dell'infiltrato) non mi ero invece accorto del punto 2. In particolare volevo legare Eredità e Segreto alle scene da scegliere, per far emergere di più il bisogno di redenzione dei personaggi, ma era complesso e ho rimandato).
Mattia e Manuela, terrò conto dei vostri consigli per migliorare il testo, renderlo più chiaro e anche più empatico verso il lettore, mi spiace non aver citato le fonti ma non era questa l'occasione, con così poco tempo a disposizione, d'altronde anche solo una lettura dei miei altri giochi (quelli pubblicati, ma anche quelli ancora non finiti ma disponibili) rende meglio l'idea sia della mia ricerca di chiarezza espositiva, sia del mio orgoglio nel citare le fonti (d'ispirazione). Accolgo poi l'obiezione di Manuela, La legione vuole essere un gioco molto cattivo che spinge su situazioni dure e che spinge i personaggi a fare i conti tra sopravvivere o lasciarsi la propria vecchia vita alle spalle, ma l'emotività dovrebbe essere il passaggio cruciale, in questo c'è da ricalibrare il rapporto fallimento/morte per renderlo un qualcosa di più utile sul versante del dilemma, che non voglio sia meramente meccanico. Ho una domanda/curiosità, da parte vostra la review si è concentrata essenzialmente su una critica/analisi testuale, ma non ho avuto da voi quasi nessuna indicazione meccanica, come mai?
Non rispondo puntualmente qui a tutte le domande, anche perché su alcune cose non ho tutte le risposte. In parte ci sono punti oscuri nella mia testa, che dovrei chiarire, in parte mi rendo conto di aver traferito sul testo solo parte delle indicazioni.
vorrei però chiarire qualcosa a te, per dovere :-D
Le Eredità e segreti devono essere sincere, davvero quei personaggi devono lasciarseli alle spalle, non avrebbe senso che fingessero. Quelle dell'Infiltrato dovrebbero essere false (non ha senso meccanicamente che siano vere). Cosa i commilitoni sanno è lasciato alla libertà dei "personaggi" di dirlo, durante il gioco, tenendo conto che il gioco dovrebbe spingere per far sempre emergere qualcosa. (più alto il livello di buyoff, ma che scende per ogni scena che viene investita su di essi).
L'ultimo turno con difficoltà maggiore è una scelta meccanica, narrativamente è una cosa a posteriori (racconti qualcosa che va storto più del previsto), ma serve proprio per far "litigare" o "accordare" i giocatori/personaggi, per stimolarli anche in prospettiva dell'ottenere fiducia, il "mi sacrifico/mi sono sacrificato" ha sempre effetto.
La brutalità si aggiunge dopo, per il solo calcolo finale.
Può aiutare chiunque, il giocatore sceglie solo 1 per i fini meccanici. Il giocatore assegna punti a chi vuole, senza limiti.
Sul finale, in teoria la scelta finale dei giocatori su Pietà/Brutalità dovrebbe essere riscontrabile ai fini meccanici, a meno che abbia sbagliato a scrivere. La brutalità non mi interessa (coscientemente), la Pietà si riversa sul finale, ho commesso qualche errore nello scrivere? Il motivo di questa scelta è tirare in mezzo anche tutti gli altri giocatori nel giudizio etico finale, che mostri sono stati? In che cosa li ha trasformati la guerra all'occhio altrui?
La morte del pg è un grande tema aperto che non sono riuscito a chiudere in tempo, non ho avuto tempo di rifletterci e sapevo fosse un problema insoluto.
Nota a margine, non evidenziata. Lo squilibrio delle caratteristiche è voluto, intendo non tanto il lato numerico, ma il lato narrativo, la caratteristica più bassa di base (Astuzia) è più neutra più facile da inserire in una cornice di Pietà. L'altra è volutamente forzata verso Brutalità, difficile cavarsela se si punta (solo) su quella, ma può anche essere una strategia