Ander, sai cosa penso?
Penso che quelle che hai esposto siano ottime ragioni per leggere Shahida.
Adesso parlo da "storico dilettante" e ti prego di tener presente che se anche il mio nome compare sul manuale la mia collaborazione con Narrattiva per questo progetto è stata minima: ho riletto i due capitoli sulle religioni per vedere se erano stati usati i termini più corretti in Italiano e se il tutto aveva senso, niente di più.
Innanzitutto te lo dico chiaro e tondo: neanche io, spesso, sono d'accordo con Ron. Contesto, per esempio, il suo approccio alle tesi di Sand (con cui non concordo da un punto di vista storiografico, e che lui analizza invece, presumibilmente, attraverso il filtro della genetica), il suo sottostimare il Concilio di Nicea e gli scismi seguenti in area Siriaca e un mancato approfondimento dei flussi culturali tra Sciiti e Sunniti tra il X e il XV secolo a favore del rapporto est-ovest.
In questi argomenti e in altri Ron arriva a conclusioni che non condivido analizzando, secondo me, in maniera scorretta o parziale i dati: quello che per lui porta ad una conclusione per me invece porta ad un'altra.
Questo non mi preclude il godimento del saggio-Shahida o del gioco-Shahida.
Shahida non è un testo storico in senso stretto. Non è, cioè, una collezione di fatti e un'analisi obiettiva degli stessi simile a quei testi su cui potresti aver studiato alle Superiori o all'Università. Non è un libro di testo.
Shahida è un saggio personale, che esprime, dichiaratamente e apertamente, l'analisi dei fatti fatta dall'autore. Nei Capitoli tendono a concentrarsi i fatti più oggettivi e nei Profili l'autore tende a dare opinioni maggiormente personali.
Il testo fornisce puntualmente una bibliografia impressionante, che se non fosse diffusa arriverebbe tranquillamente ad occupare lo spazio dedicato al gioco, e rende sempre evidente quando l'autore parla con la propria voce piuttosto che esporre dei fatti o, almeno, piuttosto che esporre dei dati.
Qual'è quindi lo scopo di Shahida (e di Spione per quel che conta)?
Shahida è lì per suscitare riflessioni, per invitare al dialogo, all'approfondimento e alla ricerca. Non sei d'accordo con quello che scrive l'autore? Bene! Confrontati con lui, scrivi un saggio, gioca una partita al gioco evidenziando quella che tu credi essere stata la realtà dei fatti, scrivi un gioco con lo stesso stile "in risposta".
Quello che leggi in Shahida è il risultato di ricerche, dialoghi con i reduci, letture personali dell'autore. Sono le sue idee e le sue teorie sugli eventi.
Lo scopo del libro non è quello di istruire, di essere un punto di arrivo, di essere quel volume che te lo leggi e sai tutto su quello che successe e succede in Libano.
No, lo scopo del libro è quello di far si che TU, lettore, ti ponga delle domande, faccia delle contestazioni, ti chieda: "Ma come è possibile che l'autore sostenga questo?", vada a fare le tue ricerche ed esponga la tua visione e le tue conclusioni come l'autore stesso ha fatto.
Story Now è una lettura attiva, è un rendere vivo e vitale la prospettiva storica attraverso il confronto di tesi, anche e soprattutto, di tesi estreme. Edwards, qui come in Spione, non si risparmia nei giudizi, va giù pesante e non le manda a dire presentando la sua personale lettura dei fatti perché il suo scopo non è creare un libro statico, dogmatico, ma è quello di stimolare, anche attraverso l'indignazione, la riflessione e la ricerca personale.
Ti invidio, quindi.
Sei, ancora più di me, nelle condizioni giuste per apprezzare Shahida.
Abbi solo l'accortezza di non approcciarlo come un libro di testo, un resoconto obiettivo, ma prendilo per quello che è realmente: l'esposizione di una serie di analisi personali e l'invito all'inizio di un dialogo.