Autore Topic: Quisquilie grammaticali qui!  (Letto 14416 volte)

Quisquilie grammaticali qui!
« il: 2009-05-13 23:48:40 »
Qual è o qual'è?
Se stesso o sé stesso?
Edìle o édile?

Ma soprattutto chiacchiera o chiacchera? :P

I puristi della grammatica si sfoghino qui!

Mauro

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Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #1 il: 2009-05-14 00:44:07 »
Grazie per averla aperta (ammetto che mi era vergognosamente passato di mente) :)

Citazione
[cite]Autore: Gabriele Pellegrini[/cite][p]Qual è o qual'è?
Se stesso o sé stesso?
Edìle o édile?[/p][p]Ma soprattutto chiacchiera o chiacchera?[/p]

Qual è.
Utilizzabili entrambi; personalmente concordo con quei linguisti che considerano preferibile la forma accentata, in quanto non c'è motivo di far cadere l'accento.
Edìle.
Chiacchiera :D

Riporto i messaggi che ci siamo scambiati qui in privato Matteo e io sulla questione del "qual è":

Citazione
[cite]Autore: Mauro[/cite]
Citazione
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite][p]Scredo di aver letto su un qualche manuale di Marazzini, Garavelli o Beltrami (credo di poter escludere Serianni, pur non avendo rinvenuto tutti i suoi libri, dato che in "Prima lezione di grammatica" bollaqual'ècome errore tout court) un convincente paragrafo in proposito, che spiega come 'qual', inteso troncamento, non sia praticamente quasi più utilizzato, se non appunto, nella forma 'qual è'[/p]
[p]Confermo l'esclusione di Serianni: nella suaGrammatica Italianaconsidera giusta la versione non apostrofata.
Comunque, "qual" è utilizzato in "qual [verbo essere]" (inteso come "qual è", "qual fu", ecc.), in forme come "qual buon vento" e simili; ma, anche se fosse poco utilizzato, questo non cambiaerebbe la sia natura di troncamento; se trovi il paragrafo in questione lo leggerò volentieri, perché di per sé l'utilizzo non mi pare cosí convincente (intendo l'utilizzo della forma troncata, quello "qual è" rispetto a "qual'è" sarebbe un altro discorso).[/p]
Citazione
[p]Migliorini, del resto, sostiene che la distinzione sia semplicemente teorica (anche se, ad essere onesti, poi aggiunge che, una volta accettata, vada rispettata)[/p]
[p]Di per sé non è necessariamente teorica, perché il troncamento può essere fatto davanti a consonante, l'elisione no. Forse ci sono anche differenze fonetiche, ma qui dovrei controllare.
C'è da dire che Leone sostiene che foneticamente davanti a vocale si possa parlare solo di elisione, che sia o no contrassegnata dall'apostrofo; apostrofo che sarebbe usato per distinguere le due parole quando la prima non possa esistere a sé stante.[/p]


Citazione
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite]
Citazione
[p]Di per sé non è necessariamente teorica, perché il troncamento può essere fatto davanti a consonante, l'elisione no. Forse ci sono anche differenze fonetiche, ma qui dovrei controllare.[/p]
[p]Guarda, ho rintracciato facilmente la frase di Migliorini (è in un testo alla prima pagina di ricerca su Google per "qual'è"):E sentiamo Bruno Migliorini: « Che si scriva un uomo e non un'uomo, un enorme peso e invece un'enorme ingiustizia è una distinzione non fondata sulla fonetica ma sulla schematizzazione dei grammatici. Distinzione artificiale è perciò quella fra "troncamento" e "elisione", ma una volta che questa distinzione si accetti, ne discende come un corollario ineluttabile che si debba scrivere senza apostrofo tal è, qual è... ».
Leggendo quella pagina, però, mi sorge il dubbio di aver confuso l'argomentazione di Folchi (che non conosco oltre a questo articolo, peraltro) con quella di un altro linguista di cui abbia libri in versione cartacea. Le sue argomentazioni sono simili a quelle che ho riportato, in effetti.[/p][p]Ad ogni modo, se rintraccio questo paragrafo (sempre che, appunto, non lo stia confondendo con quello di Folchi) fra il marasma di libri di linguistica che ho, te lo riporto volentieri (ma, realisticamente, non contarci molto: ho troppi libri spersi per la casa e troppo poco tempo per cercare dentro ad ognuno di essi...). E poi magari scopro che la citazione era non di Marazzini o Berruto, ma di Roncoroni, e faccio la parte del bischero, come si dice in Toscana.[/p]


Citazione
[cite]Autore: Mauro[/cite]
Citazione
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite][p]E sentiamo Bruno Migliorini: « Che si scriva un uomo e non un'uomo, un enorme peso e invece un'enorme ingiustizia è una distinzione non fondata sulla fonetica ma sulla schematizzazione dei grammatici[/p]
[p]Spero di riuscire ad approfondire la questione a breve, anche perché leggendo Serianni sembrerebbe che Leone parli invece di una distinzione fonetica (sostenendo che foneticamente davanti a vocale si abbia solo elisione); di per sé però la cosiderazione se si possa fare o no davanti a consonante (o, per dirla secondo Leone, se sia fatta o no davanti a consonante) non so quanto sia artificiosa.[/p]
Citazione
[p]poi magari scopro che la citazione era non di Marazzini o Berruto, ma di Roncoroni, e faccio la parte del bischero, come si dice in Toscana[/p]
[p]Non li conosco nemmeno, quindi vai tranquillo :P[/p]


Citazione
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite]
Citazione
[p]Spero di riuscire ad approfondire la questione a breve, anche perché leggendo Serianni sembrerebbe che Leone parli invece di una distinzione fonetica (sostenendo che foneticamente davanti a vocale si abbia solo elisione); di per sé però la cosiderazione se si possa fare o no davanti a consonante (o, per dirla secondo Leone, se sia fatta o no davanti a consonante) non so quanto sia artificiosa.[/p]
[p]Si possa fare che cosa? Distinzione in base alla fonetica?
Che differenza trovi fra "qual è" (/kwal'?/) e "qual'è" (/kwal'?/) [sempre che abbia capito il senso della tua obiezione].[/p]
Citazione
[p]Non li conosco nemmeno, quindi vai tranquillo :P[/p]
[p]I primi due sono linguisti di professione, l'ultimo è un professore dalla cultura molto meno settoriale, ma, per questo, meno specifica. Ha scritto anche una grammatica normativa dell'uso piuttosto completa, me che salta a piè pari qualsiasi considerazione teorica.[/p][p]In compenso, io non ho letto alcun articolo di Leone! (A proposito: Paola o Alfonso?)[/p]


Citazione
[cite]Autore: Mauro[/cite]
Citazione
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite][p]Si possa fare che cosa?[/p]
[p]La caduta della vocale: la distinzione classica è che può avvenire davanti a consonante nel caso del troncamento, che non può nel caso dell'elisione.
Per la fonetica non so dirti, come detto dovrei approfondire; mi rifaccio a quanto detto da (Alfonso) Leone, che sembra indicare una distinzione fonetica tra troncamento ed elisione (attento a una cosa: lui sostiene che davanti a vocale foneticamente è sempre elisione, quindi lo sarebbe "qual è" quanto "l'uomo"; l'apostrofo segnerebbe solo che "l" non può esistere a sé stante).[/p]
Citazione
[p]non ho letto alcun articolo di Leone[/p]
[p]Nemmeno io, mi sono rifatto a quanto riportato da Serianni sulla sua grammatica; devo vedere se riesco a procurarmi qualcosa.[/p]
« Ultima modifica: 2009-05-14 00:45:04 da Mauro »

Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #2 il: 2009-05-14 13:11:53 »
Citazione
[cite]Autore: Mauro[/cite]
Citazione
[p]Se stesso o sé stesso?
[p]
Utilizzabili entrambi; personalmente concordo con quei linguisti che considerano preferibile la forma accentata, in quanto non c'è motivo di far cadere l'accento.[/p]


Personalmente io ritengo più esatto "se stesso". In italiano "sè" vuole l'accento solamente per non confonderlo con la congiunzione "se", e -attenzione- è un accento puramente grafico.

<>
http://it.wikipedia.org/wiki/S%C3%A9_(grammatica)

Siccome davanti a "stesso" non è più possibile fare alcuna confusione ecco che si può scrivere senza accento.

Cmq non ritengo errato scrivere "sé stesso".
« Ultima modifica: 2009-05-14 13:12:56 da Gabriele Pellegrini »

Mauro

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Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #3 il: 2009-05-14 15:25:59 »
Citazione
[cite]Autore: Gabriele Pellegrini[/cite]Personalmente io ritengo più esatto "se stesso". In italiano "sè" vuole l'accento solamente per non confonderlo con la congiunzione "se", e -attenzione- è un accento puramente grafico

Vero, ma c'è una serie di problemi:

- inutili complicazioni: si dovrebbe scrivere "se stesso" "sé stessi" ("se [io] stessi") "se stessa" "sé stesse" ("se [lei] stesse").
- mancanza di coerenza: si dice sempre che "sé" non andrebbe accentato con "stesso" e "medesimo"; perché con "stante" sí? "A sé stante" non mi pare avere molta possibilità di confusione.
- analogia con gli altri monosillabi: se il concetto è "Visto che non c'è confusione non lo accento", allora perché non scrivere "La visse Manzoni" (è impossibile confondere quel "la" con l'articolo), "Si, mi piace" (impossibile la confusione con il pronome), "Sara e bella" (impossibile la confusione col verbo), "Luca, da quel CD a tuo fratello" (impossibile confondere "da" con la preposizione); ecc. Perché solo "sé" dovrebbe fare eccezione?
- forse è anche possibile la confusione; ma devo controllare che la costruzione sia giusta, e comunque sarebbe un caso talmente particolare che io per primo dico che basarsi su quello sarebbe se non altro opinabile.

Una volta deciso che va accentato, tanto vale non incasinarsi la vita e lasciarlo accentato.
« Ultima modifica: 2009-05-14 19:00:38 da Mauro »

lapo

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« Risposta #4 il: 2009-05-30 23:53:59 »
Participerei volentieri anche io a questo thread, ma per quanto io sia considerato da molti amici un fissato della grammatica, Mauro mi supera di parecchio e lascio a lui la parola :P
Vogliamo forse parlare del fatto che a Milano viene usato "cucchiaio di legno" al posto di "mestolo" e "mestolo" al posto di "ramaiolo"?
Vi sembra concepibile che un oggetto di uso comune come un mestolo non abbia una parola dedicata e vada chiamato con tre parole distine? Nahhhhh.

Mauro

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« Risposta #5 il: 2009-06-01 00:46:26 »
Le meraviglie delle varianti regionali: qui da me "ramaiolo" non è usato, mentre si usa "mestolo".

Citazione
[cite]Autore: lapo[/cite]Participerei volentieri anche io a questo thread, ma per quanto io sia considerato da molti amici unfissato della grammatica, Mauro mi supera di parecchio e lascio a lui la parola

Tu partecipa, giusto ieri ho altrove scoperto una nuova cosa grazie a un intervento altrui :P

Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #6 il: 2009-06-01 16:20:58 »
Eh, a Lucca c'è "rumaiolo", con la U.

Fabrizio

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« Risposta #7 il: 2009-06-07 23:12:43 »
E' corretto l'utilizzo dell'articolo davanti al nome proprio di una persona (il Luca, la Betta ecc.)?
Se no, sapete per caso spiegarmi perché i toscani tendono ad abusarne?

Mauro

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« Risposta #8 il: 2009-06-08 11:25:05 »
A quanto ne so di norma andrebbe evitato, ma nel parlato regionale e familiare a volte si usa; piú che essere sbagliato, penso appartenga a un registro informale proprio di alcuni ambiti e che risenta di forme dialettali (in Piemonte per esempio può capitare di sentir dire "Facciamo che andiamo?" invece del semplice "Andiamo?", che riflette una forma dialettale).

Fabrizio

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« Risposta #9 il: 2009-06-08 12:55:35 »
Capito, grazie ;)

Suna

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« Risposta #10 il: 2009-06-08 15:49:17 »
Citazione
[cite]Autore: Bagi[/cite][p]E' corretto l'utilizzo dell'articolo davanti al nome proprio di una persona (il Luca, la Betta ecc.)?
Se no, sapete per caso spiegarmi perché i toscani tendono ad abusarne?[/p]


mi è sempre stato detto che è fondamentalmente scorretto anche perché nella maggior parte dei casi che sento è utilizzato solo nel parlare di persone di sesso femminile.
Specie qui nel Veneto si dice quasi sempre "la Claudia", "la Laura" ecc., di contrario non si sente mai dire "Il Moreno" o "il Michele".
Imperciocché tendo a considerarla come una forma di sessismo (giudizio squisitamente personale), sono abbastanza inflessibile nel non mettere mai l'articolo davanti ad un nome.

Mauro

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« Risposta #11 il: 2009-06-08 18:35:09 »
Confermo che di norma si usa davanti ai nomi femminili e che davanti ai maschili è (spesso?) un'estensione; ma non so se sia sessismo: almeno con i cognomi, per esempio serve a fare chiarezza: "Musso" è un uomo, "la Musso" è una donna.
Di per sé la cosa ha radici culturali stratificate da tempo, che ormai hanno fatto perdere, a mio parere, ogni eventuale connotazione sessista; un po' come il maschile per il neutro, caso in cui vedo semplicemente un uso radicato, non una volontà sessista.

Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #12 il: 2009-06-08 19:02:32 »
Citazione
un po' come il maschile per il neutro, caso in cui vedo semplicemente un uso radicato, non una volontà sessista.

Con neutro intendi termini astratti, ideologici, professionali?
Ad esempio espressioni tipo: "Siamo tutti fratelli", oppure "L'avvocato Nicoletta Gandus"?
In questo senso sono tendenzialmente d'accordo. Il tentativo di virare al femminile simili nomi tende a risultare un po' goffo ("L'avvocata", "La studente"...), quando non proprio ridicolo ("A tutte le donne e a tutti gli uomini", con il genere femminile in precedenza... - Non bastava dire "A tutte le persone"?).
Nel '93 fu stampato un opuscolo curato da Alma Sabatini, in cui si analizzava Il sessismo nella lingua italiana, fornendo proposte lessicali...stonate, diciamo. Tipo: accordare il verbo con il genere dell'ultima parola di un elenco ("Luca, Marco, Paolo, Giovanni e Sara sono andate", "Laura, Maria, Rossana, Mirco sono andati), accordare il participio passato al femminile perché è il genere maggiormente diffuso fra i nomi ("Marco ha rotta il vetro..."!?) e idee simili.

Citazione
almeno con i cognomi, per esempio serve a fare chiarezza: "Musso" è un uomo, "la Musso" è una donna.

Per quanto riguarda questo, invece, non sono d'accordo. Se è vero che la lingua è una stratificazione di usi (usiamo le "penne", anche se ormi sono di plastica e non le strappiamo dalle oche), credo che, laddove si utilizzino forme particolari esclusivamente per un genere, si possa tentare un'unificazione (perché "Signora/Signorina" e non "Signore/Signorino"?). Così, scriverei Gianfranco Fini e Rosy Bindi, oppure "Fini e Bindi", ma non "Fini e la Bindi".
Ritango che, a livello culturale, sia una differenziazione analoga all'imposizione del cognome del marito, che vigeva in Italia fino al 1975, per le donne sposate.

Rafu

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Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #13 il: 2009-06-08 21:11:25 »
L'articolo femminile davanti a cognome era un tempo molto usato e oggi è deprecato perché sì, è inutile sessismo. Io personalmente tendo a dirlo, ma a pensarci due volte prima di scriverlo, e alla fine non lo scrivo.

L'articolo femminile davanti a nome proprio è un dialettalismo tipico di certe zone del nord Italia. Qui in Emilia sarebbe quasi anomalo parlare di una donna in terza persona senza premettere l'articolo al suo nome... ma non mi convincereste a scriverlo nemmeno sotto tortura.
L'articolo davanti a nomi di persona maschili, invece, è un dialettalismo meno diffuso. Nella mia esperienza è tipico della parlata trentina. Immagino si usi anche in altre regioni, ma non so quali.

Mauro

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Quisquilie grammaticali qui!
« Risposta #14 il: 2009-06-08 23:28:09 »
Citazione
[cite]Autore: Matteo Turini[/cite]Con neutro intendi termini astratti, ideologici, professionali?

In generale il neutro: se ho visto diecimila donne e un uomo, dico "Li ho visti", non "Le ho viste". La prima frase non specifica se erano tutti uomini, la seconda implica che erano tutte donne.
Stesso discorso per "Ho due figli" e simili: se mi chiedono quanti figli ho, rispondo a prescindere che siano maschi o femmine; se mi chiedono quante figlie, si è portati (almeno nella mia esperienza) a prendere la domanda per quello che è: "Quante femmine hai?".

Citazione
In questo senso sono tendenzialmente d'accordo. Il tentativo di virare al femminile simili nomi tende a risultare un po' goffo ("L'avvocata", "La studente"...), quando non proprio ridicolo ("A tutte le donne e a tutti gli uomini", con il genere femminile in precedenza... - Non bastava dire "A tutte le persone"?)

Questo rischia anche di causare casini: pensa a una legge che inizi rivolgendosi a "uomini e donne" e poi parli di "uomini"... comprende le donne, in quel passo? no? E forse è un caso reale.
Comunque, tenete presente ci sono dei nomi che per loro natura valgono per entrambi i sessi.

Citazione
Per quanto riguarda questo, invece, non sono d'accordo. Se è vero che la lingua è una stratificazione di usi (usiamo le "penne", anche se ormi sono di plastica e non le strappiamo dalle oche), credo che, laddove si utilizzino forme particolari esclusivamente per un genere, si possa tentare un'unificazione (perché "Signora/Signorina" e non "Signore/Signorino"?). Così, scriverei Gianfranco Fini e Rosy Bindi, oppure "Fini e Bindi", ma non "Fini e la Bindi".
Ritango che, a livello culturale, sia una differenziazione analoga all'imposizione del cognome del marito, che vigeva in Italia fino al 1975, per le donne sposate

Se è detto per discriminare potrei essere d'accordo, altrimenti qual è il problema? È tanto culturale quanto usare "avvocato" per entrambi i sessi; se una simile unificazione verrà nessun problema, ma non vedo particolari problemi nell'usare la forma con l'articolo. Inoltre, a differenza del cognome del marito non c'è un'imposizione.
"Signora/Signorina" e non "Signore/Signorino" semplicemente perché l'evoluzione linguistica ha portato a quello (a posteriori magari si è anche trovata la motivazione, personalmente non la so); allora perché "il dio/gli dei", ma "il ditale/i ditali"? L'unica motivazione è il modo in cui si è evoluta la lingua.

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