Su consiglio di khana, riporto i miei commenti circa l'esperienza che ho avuto con Memories of War, sabato mattina.
Il gioco mi è piaciuto parecchio, e alcune meccaniche (quella legata agli assi e al potere di fare scene framing in particolare) mi hanno decisamente colpito. I temi del ritorno della memoria e del giudizio finale della morte, inoltre, sono molto azzeccati e fighi

Un paio di punti, però, mi hanno lasciato un pò perplesso.
In particolare, non ho ben chiaro quale fosse l'obbiettivo del gioco (il "what is this game about" di Paoletta, per intenderci). Durante la partita non ho ben capito se il gioco ruotasse intorno al battere gli altri personaggi accumulando tratti (per evitare che il proprio pg finisca nell'abisso) o all'esplorare i drammi che il proprio personaggio ha vissuto durante la guerra, magari ricostruendo, nel frattempo, i propri ricordi (sto pensando alle domande fatte dalla morte, alle risposte e al tirare in ballo situazioni legate ai sentimenti dei personaggi). L'impressione che ho avuto è che la cosa più importante fosse proprio l'accumulare tratti e "vincere"... quindi le seguenti considerazioni si basano su questa visione dell'obbiettivo del gioco.
L'accumulo dei tratti mi è sembrato un pò "lento" e spesso passivo. Durante la fase nel Limbo solo un personaggio può guadagnare un Tratto, mentre durante la fase Fotogramma l'acquisizione di nuovi Tratti sta sostanzialmente in mano al giocatore che interpreta la morte (se lui non chiama conflitti, l'unica cosa che si può guadagnare in quella fase sono i token da puntare successivamente nella fase Limbo). Tuttavia, non so quanto questa considerazione possa valere: mi sono trovato a giocare in una situazione un pò particolare, con Mauro che doveva spesso assentarsi per fare da segretario, e noi che non ce la sentivamo di prendere anche il ruolo della morte e chiamare dei conflitti con noi stessi...
La seconda cosa che mi ha colpito (ma penso di avertelo accennato anche a Internoscon) è il fatto che si possano creare, spesso, dei momenti in cui un giocatore non sa come mandare avanti la narrazione: non avendo spunti, né particolari obbiettivi da raggiungere (quello che conta per un giocatore, in fondo, è l'avere più conflitti possibile con la morte, in modo da guadagnare nuovi tratti) c'è il rischio che la narrazione si "blocchi" perché il giocatore non sa come andare avanti e spera che qualcuno altro lo interrompa chiamando un conflitto (durante la partita, questo è successo un sacco di volte... e con giocatori più "passivi" immagino che sia un rischio da non sottovalutare). Mauro ci ha detto che un buon modo per inserire dei conflitti fosse il fatto di narrare che gli altri personaggi fossero dei traditori, in maniera da metterli in cattiva luce con la morte (mi sembra di ricordare una frase simile, ma in quello stesso giorno ho assunto quantità abnormi di alcool e non voglio mettere parole sbagliate nella bocca di altri). Mi è sembrato un buon consiglio... ma, in termini di meccaniche, che un personaggio sia o meno un traditore, un vigliacco o un bastardo, è ininfluente.
In definitiva, mi sembra che ci sia del buon potenziale, sia a livello gamistico che, sotto sotto, a livello narrativistico (rileggendola, 'sta frase suona di stronzata... probabilmente perché non capisco un cazzo di teoria. MA sto studiando ^^ )
Ovviamente, questi sono solo i miei 2 cent
