Autore Topic: Di come iniziò...  (Letto 8780 volte)

rgrassi

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Di come iniziò...
« il: 2012-07-26 19:45:51 »

Colgo la "provocazione" (in senso buono) di Ezio ed il suggerimento di Mattia.
E vi racconto alcune esperienze di gioco con i bambini e cosa ho imparato (molto).
La prima volta che iniziammo a giocare "alla Levity" (lasciatemi passare questo termine se no non ne veniamo più fuori) fu nel corso di una partita di Cluedo che stavo giocando con i miei nipoti e due loro amici (erano tutti bambini intorno agli 8/9 anni) ed era una estate di molti anni fa. 2002? Qualcosa del genere.
La partita di Cluedo non stava entusiasmando molto, cosicchè quello che feci (memore di alcune partite di D&D giocate, ma soprattutto viste, alcuni anni prima) fu di dire, "Volete provare un gioco in cui usiamo la plancia di Cluedo come 'mappa' e voi muovete i vostri personaggi, decidete cosa vogliono fare ed io vi dico se la cosa riesce o meno?" (o qualcosa del genere, onestamente non ricordo i dettagli, sicuramente non giocarono a loro insaputa, :) cosa che va molto di moda di questi tempi bui.) Dissero tutti sì.
Quindi avevamo 5 bambini che non avevano mai giocato prima, più io che ricordavo 'più o meno vagamente' come si potesse gestire qualcosa di simile.
La cosa che mi interessava però, in quel momento, non era tanto capire come potesse procedere 'tecnicamente' il gioco, ma quello che accadeva al tavolo. Naturalmente non avevo la più pallida idea di voler scrivere un manuale. Quindi iniziammo il gioco. Mi ero dilettato negli anni a scrivere gioco di interactive fiction per computer, avevo giocato ai librogame, avevo giocato alle avventure grafiche, mi dilettavo di sceneggiature per fumetti e cinema e così via. Insomma, avevo un bagaglio di conoscenze tecniche 'extra gdr' che avrebbe potuto aiutarmi. Così mi lanciai.

Tanto per cominciare la casa di Cluedo iniziò a diventare una casa 'abbandonata' ed in cui era accaduto un "mistero da scoprire". Nessuno dei bambini disse nulla. Questo mi fece capire il concetto di "autorità", e cioè che ci sono dei momenti di gioco in cui alcune cose 'passano' nella fiction senza che nessuno possa o voglia opporsi e vengono prese "così come vengono dette". Perchè è importante e mi focalizzai sul "come vengono dette, intendendo proprio le parole espressamente dette". Per una serie di motivi. Il primo è molto pratico. E cioè che quando si gioca con i bambini (con tanti bambini, non con uno solo) ci può essere molta confusione e non c'è sempre tempo/modo di capire cosa vogliono intendere. Il secondo è che solo facendo dire esattamente cosa uno vuole gli altri giocatori (compreso il Narratore) possono prendere una posizione. Il terzo è che se sei costretto a dire esplicitamente tutto quello che vuoi, ci saranno molte meno cose vaghe che vuoi ottenere ma ci saranno anche molte meno cose vaghe che non hai detto esplicitamente di volere ottenere (tutte queste cose sarebbero poi confluite nelle Essenze di Levity). Il quarto, molto più didattico, era anche quello di esercitare i bambini a pensare prima di parlare e di 'educarsi a formulare correttamente le frasi'.
In questo senso: "Provo ad aprire la porta" era qualcosa che non aveva senso per il 'sistema (nel senso di lumpley)' che stavamo usando. "Apro la porta." aveva senso. Perchè quella frase, così espressa, obbligava me e gli altri giocatori a prendere una posizione. Se nessuno si opponeva, 'passava come detta' e cioè che nella fiction il professor Plum apriva la porta della Cucina (E BASTA. ricordate, solo quello che veniva detto esplicitamente sarebbe diventato vero.)
Capito questo assunto i bambini, che capiscono subito le regole e come piegarle a loro favore, iniziarono a dire cose del tipo "Apro la porta e trovo uno spettro che legge un libro davanti al camino." Questo mi fece molto riflettere. Non iniziai a scomporre questa cosa nella "authority" (cosa che non mi entusiasma neanche ora) ma mi focalizzai invece su quello che vidi al tavolo. Frasi più lunghe (che erano espressione di una volontà di verità della fiction più complessa) avevano meno probabilità di passare. Gli altri giocatori iniziavano a dire "Ehhh... esagerato/a. A me non sta bene tutto. Ti faccio passare che trovi lo spettro." Mi focalizzai quindi sul meccanismo base di funzionamento (di ogni rpg? non lo so) ed era una cosa a cui non avevo mai pensato prima.
Qualcuno dice qualcosa, qualcun altro si oppone a questo qualcosa. Quello che resta da questo "scontro di frasi" (e di volontà retrostanti) è la fiction validata. Questo era il modulo "MINIMO" di gioco. Più cose uno vuole, meno probabilità ci sono che passino tutte insieme nello stesso momento, per come le ha dette. Quando qualcuno si oppone, deve esserci un meccanismo che regoli questo 'blocco'. Anche chi si oppone non può dire ciò che vuole. Anche per lui vale la pratica del "più cose dici CONTRO, meno probabilità hai che si avveri quello vuoi tu invece che lui".

Il gioco procedette così (perdonatemi, la mia memoria non è il massimo, e non ricordo esattamente la storia che ne venne fuori, anche se ricordo che parlava di una bambina uccisa molti anni prima e che una sua materializzazione di molti anni dopo, rientrava nella casa, e ritrovava una sua vecchia bambola in cui era nascosto un diamante) , ricordo vagamente che io 'controllavo' la casa (intendendo che io avevo il controllo sugli elementi scenici) ed i giocatori avevano il controllo dei personaggi. Ogni volta che loro dicevano cose che non mi andavano bene (come se la casa avesse una volontà propria) si andava ai conflitti (di cui vi parlerò dopo). Lo stesso valeva per le interazioni dei personaggi tra di loro.

Se non ricordo male in quella prima sessione ogni bambino muoveva un solo personaggio. L'idea di continuare a scambiare personaggi mi venne più avanti ad un'altra sessione di cui vi parlerò un'altra volta.
Un'ultima cosa, anche io ovviamente iniziai a cercare di capire sino a quanto potessi spingermi in là con una eventuale narrazione che potesse essere "non adatta". Semplicemente concordai con loro: "Nessun personaggio guidato da voi morirà." "Nessun animale sarà ucciso o maltrattato." Questo mi fece venire in mente l'idea dei "Vincoli" (terminologia mutuata dal project management) e cioè cose che non si possono violare/modificare, che valgono tra i giocatori e che DEVONO avere una attualizzazione nella fiction. Se restano tra i giocatori sono 'regole di gioco', semplicemente. I Vincoli non necessariamente dovevano essere concordati, ma quando non lo erano, avevo l'obbligo di dire come dovevano essere approvati. Quindi dissi. Oltre queste cose che abbiamo deciso, ne metto una io e voi non potete opporvi: "Se anche ci fosse un tesoro in questa casa, il tesoro non potrà uscire da lì, senza qualcosa in cambio." Questo, capii dopo come formularlo, era un Vincolo imposto di autorità.
Spero che questo inizio di 'actual play' (lo è?) possa iniziare a farvi incuriosire.
Rob


Edit: Variazioni minori, piccole correzioni, formatting, ove ritenuto opportuno.

« Ultima modifica: 2012-07-26 22:40:08 da rgrassi »
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Jah Messenger

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #1 il: 2012-07-26 22:37:14 »
Fan Mail ;)
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rgrassi

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #2 il: 2012-07-26 23:01:49 »
Grazie Filippo.
Ora non so se continuare a buttare dentro robe/esperienze/cose imparate o aspettare e rispondere a singole domande.
Il rischio è che poi la discussione esploda in mille rivoli ed io non abbia il tempo di seguirli tutti come si dovrebbe.
Rob
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Dairon

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #3 il: 2012-07-26 23:05:31 »

Colgo la "provocazione" (in senso buono) di Ezio ed il suggerimento di Mattia.
E vi racconto alcune esperienze di gioco con i bambini e cosa ho imparato (molto). [...]



Domanda, se ti ricordi:

ricordo vagamente che io 'controllavo' la casa (intendendo che io avevo il controllo sugli elementi scenici) ed i giocatori avevano il controllo dei personaggi.

Ci dovrebbe essere stato almeno un "PNG" (lo spettro della bambina): era sotto il tuo controllo?


EDIT: No, ragazzi, le immagini di cani e gatti invece di un discorso completo no. Ezio
« Ultima modifica: 2012-07-26 23:12:08 da Ezio »

Jah Messenger

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #4 il: 2012-07-26 23:06:36 »
Secondo me è meglio uno schema abbastanza lineare...mi spiego meglio :)  potresti attendere delle domanda su questo evento e su come ha influito con la creazione di Levity e poi passare ad un altra giocata significativa per il gioco e le sue regole ;)
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rgrassi

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #5 il: 2012-07-26 23:18:55 »
Facciamo così, se Ezio è d'accordo.
Mettete qui tutte le vostre domande e, non ricordo se consentito dal regolamento, io poi farò un unico post mettendo insieme tutte le risposte e nel frattempo, nello stesso post, andrò avanti a raccontare di altre sessioni.
Rob

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Dairon

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #6 il: 2012-07-26 23:25:11 »
Fanmail^2, allora! Spero vada bene. I punti universali individuati nella "fenomenologia del gdr" mi sembrano ineccepibili.

A me va benissimo se fai così con le domande.
« Ultima modifica: 2012-07-26 23:48:45 da Dairon »

Ezio

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #7 il: 2012-07-26 23:44:33 »
Rob, scusa, da quando c'è bisogno del mio permesso per parlare concretamente di un gioco? Finché non violi il regolamento fa un po' quel che ti pare...^^
Just because I give you advice it doesn't mean I know more than you, it just means I've done more stupid shit.

rgrassi

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #8 il: 2012-07-27 00:37:51 »

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Domande & Risposte sui thread precedenti


@Dairon
Citazione
Domanda, se ti ricordi:
ricordo vagamente che io 'controllavo' la casa (intendendo che io avevo il controllo sugli elementi scenici) ed i giocatori avevano il controllo dei personaggi.
Ci dovrebbe essere stato almeno un "PNG" (lo spettro della bambina): era sotto il tuo controllo?


Si, la bambina era sotto il mio controllo. Ma questa domanda in effetti mi aiuta a spiegare (ora molto meglio di qualche anno fa) come io concepisco il 'controllo/possesso di qualcosa' e quindi la conseguente possibilità di narrare e di opporsi.
La bambina, che non era ovviamente prevista, e che è nata durante la narrazione, è stata introdotta da me come se fosse un elemento scenico. Poi, piano piano, i bambini hanno iniziato ad interessarsi e questo "elemento" ha progressivamente acquisito spessore. Poichè "faceva parte della casa" rientrava nell'ambito di cui avevo il controllo ed il potere di narrare. Questo voleva dire che le interazione che io facevo tra gli elementi scenici (compresa la bambina che era sotto il mio controllo) erano "in conflitto di interesse". Tra gli elementi della casa, se non coinvolgevo i personaggi guidati dai bambini, potevo fare ciò che volevo senza chiedere a nessuno. Era davvero così? No, perchè l'esperienza al tavolo mi faceva notare che quando qualcosa non piaceva o non tornava non era possibile far passare le cose d'autorità (questo lo avevo notato anche in molti anni di 'osservazione' di D&D). Quello che era palese al tavolo era il potere di veto (termine preso dalla nomenclatura in ambito di Business Process reengineering e di organizzazione aziendale).
Anni dopo formalizzai compiutamente quali sono gli strumenti di opposizione a disposizione di un tavolo di giocatori. Il Vincolo, descritto prima, Il Conflitto (anche questo preso dal project management) ed il Veto. Il veto veniva fuori al tavolo in questo modo:
"Le piastrelle si aprono e la bambina, con la bambolina, cade nel vuoto, morendo per la seconda ed ultima volta."
Nessun vincolo era stato violato, nessun conflitto era possibile (i bambini non possedevano nulla per poter opporre, nella fiction, un desiderio contrario), eppure la reazione al tavolo poteva essere: "Nooooooo, che schifo!" oppure "Noooo... non sta in piedi. La bambina non aveva la bambolina. Quindi cade solo lei." Questi dopo molto rimuginare diventarono i Veti di Coerenza ed i veti Estetici.
Il Potere (e quindi l'ambito) di Narrare in Levity è sempre determinato da quello che possiedi. E "quello che possiedi" è sempre molto 'fisico'. Se controlli un personaggio, devi immaginare una sorta di guaina intorno alla sua sagoma. Tutto quello che è confinato dalla guaina ricade sotto il suo controllo. Quello che resta da regolare sono le sue interazioni con l'esterno o con il plot. E' un veggente? Quando dirà frasi che riguardano il futuro dovrà necessariamente specificare qualcosa (un altro personaggio, una location, un evento [che dovrà necessariamente parlarci di qualcosa o di qualcuno]). Il proprietario di questo qualcosa nel futuro dirà se la cosa gli sta bene o no.
Il personaggio "sa" qualcosa? Se "sa" qualcosa perchè è determinata dalla sua esperienza (btw, è un concetto mutuato dal verbo greco oida) allora vale la stessa cosa detta per il futuro. Se "sa" qualcosa perchè è una sua convinzione e non esce al di fuori del suo cervello non sta impattando nulla che vada al di fuori della sua guaina.
Il personaggio vuole qualcosa da un altro personaggio? Il giocatore deve dirlo esplicitamente e obbligare chi possiede l'altro personaggio a non opporsi, oppure andare ai dadi.
"Mentre sto combattendo con il morto vivente entra Plum [personaggio guidato da altro giocatore] e mi lancia una pistola."
Chi controlla Plum si doveva opporre in quel momento o mai più.
"Mentre sto innaffiando le orchidee Miss Scarlet entra e mi abbraccia, dicendo 'Ti amo'."

Chi controlla Scarlet si doveva opporre in quel momento o mai più. Se non lo avesse fatto, quel fatto nella fiction era vero. I bambini ci mettevano poi un secondo a domandare: "Ma lo ama davvero?" Ed io chiedevo a chi controllava Miss Scarlet. "Lo ami davvero?"


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Continuo a raccontare delle sessioni/esperienze di gioco.
Quindi vi ho detto di come iniziai a capire i Poteri al tavolo.
Potere di Narrare (con un ambito ben preciso, la guaina di cui sopra) e Potere di Opporsi (con uno strumento ed un ambito ben preciso, Vincolo, veto o Conflitto).
Quando giocavamo quella prima partita (ma tutt'ora), mi resi conto che molto del mio modo di narrare ed immaginare era molto mutuato da un linguaggio cinematografico / fumettistico. Questo era 'fuffa', ovviamente, perchè quello che immaginava la mia testa non era la stessa cosa che immaginavano gli altri. Non lo era, in tutti i dettagli. Questo mi fece venire in mente quelle partite di D&D in cui si andava avanti per una noiosissima mezz'ora per capire dove si trovasse esattamente il personaggio e a che altezza si trovava esattamente il libro che doveva far cadere dallo scaffale. Giocando con i bambini questo non era affatto un problema. Primo perchè non immaginavano le cose come le stavo immaginando io (ed il fatto di immaginare due cose diverse è fondamentale nel mio modello di gioco) e secondo perchè non erano stati 'corrotti' da un certo modo di "frammare" (inteso come 'frame','inquadratura') le scene e di gestire la fiction condivisa. Anche qui, ciò che non era detto esplicitamente, non valeva. Se ad esempio non dicevo che l'anfora era a 20 metri d'altezza, l'anfora sarebbe stata all'altezza che il giocatore che narrava volesse. Ecco come più o meno andava.
"Plum entra nel salone. Il vaso con l'orchidea è lì."
Io: "Uhmm... no. Non doveva essere lì. Non lo avevo immaginato lì. Acc! Dannaz! Malediz!" Ma non potevo oppormi. Non con la configurazione di gioco che IO stesso avevo chiesto. (questo fece nascere l'esigenza di poter cambiare configurazione di gioco quando si vuole). Quindi verificavo l'unico modo che avevo per potermi opporre. In sequenza. Vincoli-Veti-Conflitti. Qualche vincolo era violato? No. Potevo opporre qualche veto estetico tipo "Noo... Il vaso non può essere lì. Chi è con me?" Avrei perso sicuramente. Potevo opporre un Conflitto. E come? Con quello che controllavo. Controllavo il salone? Certamente. E quindi dicevo... "No, IL SALONE si oppone".
Al prossimo post.
Non vi ho ancora detto che usavamo anche la plancia e talvolta tornava utile sapere dove fossero i personaggi. Anzi, ora che mi viene in mente, i giocatori lanciavano i dadi e spostavano i personaggi sulla plancia come se si stessero muovendo per un normale Cluedo. Tutto questo mi ricordava anche un po' D&D ed aiutava nel gioco.
IN quella sessione nessuna scheda del personaggio fu creata (lo facemmo dopo).
Al prossimo post, con un sacco di cose da dire.
Rob

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Mattia Bulgarelli

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #9 il: 2012-07-27 01:01:05 »
Mettete qui tutte le vostre domande e, non ricordo se consentito dal regolamento, io poi farò un unico post mettendo insieme tutte le risposte e nel frattempo, nello stesso post, andrò avanti a raccontare di altre sessioni.


Raccogliere domande e risposte in discorsi unitari di senso compiuto è MOLTO INCORAGGIATO dal Regolamento (principalmente perché rende i thread leggibili anche a distanza di tempo, creando un archivio utile nel tempo)! ^_^

Mi chiedo se questo thread stia meglio in Gioco Concreto o, visto che si parla di meccanismi di GdR legati non solo ad uno specifico gioco, se starebbe meglio Sotto Il Cofano.

Rob, sei TO: che ne pensi? (fermo restando che in entrambe le sezioni si parla a partire da esperienze concrete nello stesso identico modo)
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rgrassi

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #10 il: 2012-07-27 01:34:50 »
Lasciamolo pure qui.
Chi fosse interessato a cosa c'è sotto il cofano ha tonnellate di pagine di Levity da leggere già pubblicate.
Rob
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Re:Di come iniziò...
« Risposta #11 il: 2012-07-27 02:02:43 »
Ok, lasciamo qua. Però allora occhio a non usare "termini tecnici"!
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rgrassi

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #12 il: 2012-07-27 18:59:40 »

La prima giornata di gioco (credo che giocammo per molte ore) si interruppe perchè i bambini dovevano andare a cenare. Lasciammo il tavolo pronto per giocare il giorno successivo.
(Nota, vi racconterò più avanti di come la giocata con gli stessi bambini qualche anno dopo fosse molto diversa, in particolare le dinamiche di gruppo variarono ed anche lì nacquero alcune esigenze che inclusi nel 'sistema').
Quando il giorno dopo ci ritrovammo, dopo un breve riassunto fatto dai bambini, riprendemmo a giocare. Inutile dire che loro, la sera, dopo cena, si erano riuniti per ridisegnarsi la mappa e fare un mucchio di congetture su come dovesse procedere la storia e come si ricollegassero tutte le cose che trovavano (indizi, visioni, fantasmi), in modo da poter trovare il tesoro e risolvere il mistero della casa.
Quello che mi fece riflettere era che quello che avevano trascritto sui loro fogli era "quello che avrebbero voluto accadesse nella fiction", ed è una cosa estremamente importante, soprattutto da un punto di vista didattico ed educativo. Per certi versi, è più importante quello del resto che abbiamo giocato.
Avevano già effettuato un processo di immaginazione ed avevano concordato tra di loro che quanto avevano trascritto rappresentava un buon risultato, per loro. Sarebbero stati soddisfatti sia come contenuti che come estetica della storia. Immaginavo che avrebbero spinto per ottenere quello che volevano. Ma potevano? Certamente no, visto che non controllavano tutto ciò che serviva loro per avere quello che volevano.
Questo consolidò il concetto della "separation of duty" ( http://en.wikipedia.org/wiki/Separation_of_duties ) (termine antico, mutuato dal mondo del lavoro e dell'organizzazione aziendale), che nel mondo del gdr ho visto poi essere assorbito nel principio di Czege, come "modulo minimo" molto importante per il sistema. Quello che cercavo di fare era applicare le mie conoscenze di lavoro, se utili, a quel tavolo.
Dopo aver visto i loro fogli, che mi avevano ovviamente mostrato (qui ci sarebbero da fare un mucchio di discorsi su conoscenze dei giocatori/personaggi), pensai anche ad un'altra cosa. Nelle sessioni di D&D che vedevo l'informazione non era simmetrica. Questo non era necessariamente un male, ma poteva diventare patologico. Quando l'informazione non è simmetrica e la sorgente dell'informazione (inteso come informazione di gioco) è singola, l'unico modo per far sì che l'informazione "passi e sia valida" è quello di autorità. E' per questo che il DM di D&D deve 'fregare' (lanci [senza alcun valore, in alcuni casi] nascosti, deve narrare lui e nessun altro, etc...). La cosa mi era nota da parecchio tempo, ma non essendo allora (ed anche ora, in un certo senso) "gdr addicted" non avevo sentito la necessità di approfondire la cosa. La prima soluzione che mi venne in mente fu di preparare una busta chiusa, che avrei lasciato al centro del tavolo, scrivendo posizione del tesoro e come si risolvevano e collegavano gli indizi del mistero. Non tutte le minutaglie, ovviamente, ma solo le cose più importanti, quelle decisive. Questo semplice gesto, farebbe saltar per aria tutti i Parpuzi di cui sento parlare da anni ed anche molte discussioni inutili e per partito preso. In questo modo, i bambini avrebbero avuto la certezza che non controllavo la 'storia' ed il 'mistero' a mio piacimento, ma nemmeno loro.
Anche questo concetto è associato alla "separation of duty" nel suo segmento di "separazione e gestione dell'informazione".
E' ormai un paio di anni che spiego questi argomenti alla convention degli amici ludici a mantova.
Rob

« Ultima modifica: 2012-07-27 19:05:52 da rgrassi »
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Mattia Bulgarelli

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #13 il: 2012-07-27 23:01:16 »
Quando l'informazione non è simmetrica e la sorgente dell'informazione (inteso come informazione di gioco) è singola, l'unico modo per far sì che l'informazione "passi e sia valida" è quello di autorità. E' per questo che il DM di D&D deve 'fregare' (lanci [senza alcun valore, in alcuni casi] nascosti, deve narrare lui e nessun altro, etc...).

Mi sfugge il passaggio tra queste due affermazioni... un esempio concreto?

Citazione
La cosa mi era nota da parecchio tempo, ma non essendo allora (ed anche ora, in un certo senso) "gdr addicted" non avevo sentito la necessità di approfondire la cosa. La prima soluzione che mi venne in mente fu di preparare una busta chiusa, che avrei lasciato al centro del tavolo, scrivendo posizione del tesoro e come si risolvevano e collegavano gli indizi del mistero. Non tutte le minutaglie, ovviamente, ma solo le cose più importanti, quelle decisive. Questo semplice gesto, farebbe saltar per aria tutti i Parpuzi di cui sento parlare da anni ed anche molte discussioni inutili e per partito preso. In questo modo, i bambini avrebbero avuto la certezza che non controllavo la 'storia' ed il 'mistero' a mio piacimento, ma nemmeno loro.

Le "informazioni in busta chiusa" sono una tecnica interessante.

Quando ho fatto un breve esperimento di retrogaming (un D&D "ricostruito", sulla base della Scatola Rossa italiana) con alcuni del mio "gruppo storico" il patto esplicito era "io (DM) non tirerò a fregarvi, non mi inventerò nulla che non sia già scritto sulla mappa (completata prima della creazione dei PG), tirerò i dadi scoperti".

Non c'è stato un meccanismo di verifica a posteriori (l'apertura della busta), anche perché non abbiamo finito tutta la mappa, e ci siamo basati su un "patto d'onore", ma il princìpio era quello.
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rgrassi

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Re:Di come iniziò...
« Risposta #14 il: 2012-07-28 17:59:47 »

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Risposte / commenti


Quando l'informazione non è simmetrica e la sorgente dell'informazione (inteso come informazione di gioco) è singola, l'unico modo per far sì che l'informazione "passi e sia valida" è quello di autorità. E' per questo che il DM di D&D deve 'fregare' (lanci [senza alcun valore, in alcuni casi] nascosti, deve narrare lui e nessun altro, etc...).


Mi sfugge il passaggio tra queste due affermazioni... un esempio concreto?


In D&D il depositario dell'informazione "valida" per il gioco (cioè quella che dovrà essere vera ed uguale per tutti) è SOLO il DM. Informazione asimmetrica (il DM sa molte più cose dei giocatori), sorgente di informazione unica (il DM è l'unico che 'distilla' le informazioni). Quando si verifica questa configurazione, l'unico modo per far sì che questa informazione resti 'valida' è quello che sia solo il DM a fornirla. Nella quantità e qualità che decide lui.
Immagina di vivere in un mondo totalitario in cui ci sia SOLO una agenzia di stampa. Quello che lei racconta è vero e devi crederci, per definizione. E' così. Ora immagina che esca fuori un Pierino che all'improvviso dice. "Ma no, non è così. L'ho visto io di persona." Non sarebbe 'creduto'. Non è lui la fonte autoritaria di informazione.
Ne parlo qui.
http://www.levity-rpg.net/it/download/ManualiBase/Levity-GAN-I-Color.pdf
Da pagina 43 a 64.
Esempi concreti se ne possono fare a bizzeffe, ma praticamente OGNI cosa che fa il DM di D&D rientra in questa casistica.


Citazione
Le "informazioni in busta chiusa" sono una tecnica interessante.
Quando ho fatto un breve esperimento di retrogaming (un D&D "ricostruito", sulla base della Scatola Rossa italiana) con alcuni del mio "gruppo storico" il patto esplicito era "io (DM) non tirerò a fregarvi, non mi inventerò nulla che non sia già scritto sulla mappa (completata prima della creazione dei PG), tirerò i dadi scoperti".
Non c'è stato un meccanismo di verifica a posteriori (l'apertura della busta), anche perché non abbiamo finito tutta la mappa, e ci siamo basati su un "patto d'onore", ma il princìpio era quello.


Non è necessario che si apra la busta, ovviamente.
E' necessario che l'informazione (la cui autorità rimane sempre nelle mani del DM, anche con la busta chiusa, visto che è lui che decide cosa scriverci) non possa essere modificata dalla stessa fonte (autoritaria) che l'ha creata e che la valida. Questo non ha nulla a che vedere con l'autorità, ma è un problema di "Chi controlla i controllori?" "Who watches the watchmen?". E' noto da migliaia di anni.
Ed anche un problema di "separazione dei poteri" collegato alla "separazione delle responsabilità" di cui ho parlato prima.
Tutte cose su cui avremo modo di tornare.
Insomma, nel mondo c'erano già tutti gli elementi per poter capire cosa succede ad un tavolo, non c'era bisogno di crearne altri.


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A dopo.
Rob

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