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The Wire

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Moreno Roncucci:
OK, è ufficiale: dopo aver visto la sessantesima puntata (l'ultima, la decima della quinta stagione) confermo: THE WIRE (5 serie, realizzate dal 2002 al 2008) è la più grande serie TV che abbia mai visto.

Definire "grande" in questo caso non è facile. Non è la più costosa, non è la più avvincente, non è quella recitata meglio (per quanto i cast è davvero eccezionale, soprattutto pensando che in gran parte è composto da attori sconosciuto o veri e propri avanzi di galera...  la ragazzina che ha interpretato "snoop", definita da Stephen King "perhaps the most terrifying female villain to ever appear in a television series", era appena uscita di galera dopo una condanna a 16 anni per omicidio avuta a 14 anni (scontati 6). Il personaggio e l'attrice hanno lo stesso identico nome e soprannome... e un personaggio ricorrente positivo, un sacerdote impegnato nel sociale, è interpretato da un ex boss della droga arrestato trent'anni fa da uno dei co-sceneggiatori che all'epoca faceva il poliziotto e condannato a 34 anni di galera... e questi sono solo i due casi più eclatanti ).

No, la grandezza di The Wire è difficile da definire perchè è su un piano separato rispetto a quello di tutte le altre serie TV che ho visto. Non è pura fiction, non è un documentario, non è un finto documentario, non è una serie interessata solo al "realismo" (per quanto sia considerata, altro record, la serie poliziesca più realistica mai realizzata). No, è una serie con un opinione, con un tema, che vuole dire qualcosa e lo grida forte, ma che per farlo non piega la realtà alle leggi della fiction perchè non ce n'è bisogno.

Non è una serie "solo" poliziesca, perchè gran parte dei personaggi sono bambini e vanno a scuola. Una serie sull'infanzia? No, mostra i traffici politici a livello di sindaco e governatore e FBI e politiche federali. E la stampa. E il sindacato. E l'abbandono familiare. E le politiche sulla droga. E lo fa sempre con i personaggi in primo piano, con le loro vicende, senza mai mettersi direttamente sul podio a dare lezioni (per tutta la serie, se un personaggio sale su un podio di solito è per mentire e trarre vantaggio dalla credulità popolare...).

Personaggi che vanno da bambini che vivono nelle strade a boss del traffico di droga (piccoli, locali, con un territorio di pochi metri quadri, o di quartiere, o chi comanda il traffico di una città, o capi di organizzazioni internazionali), a lavoratori portuali sempre sull'orlo della disoccupazioni, e del loro sindacato, fino al sindaco e al capo della polizia e ad un senatore.  E i giornalisti e la stampa. Il numero dei personaggi che si aggiungono nel corso delle varie serie è impressionante. Nell'ultima puntata, solo per far vedere come finisce una parte dei sopravvissuti (che non sono la maggioranza) ci  vogliono 90 minuti...  l protagonisti di una stagione magari non si vedono quasi nella stagione successiva, ma in realtà non c'è un vero protagonista se non la città di Baltimora. Personaggi positivi vengono corrotti dal sistema o dalle loro stesse debolezze, personaggi negativi hanno momenti in cui sono quasi eroi, ma non esistono davvero personaggi positivi o negativi in The Wire, né eroi.

La città di Baltimora descritta da un cast di sceneggiatori che comprende un ex cronista di cronaca nera, un ex poliziotto (e poi insegnante nelle zone più disastrate della città), e poi un ex commentatore politico, e altri che si aggiungono con le loro competenze, per mostrare una città nei suoi 5 lati critici: Polizia, Lavoro, Scuola, Politica e Giornalismo. Tutti descritti nel loro totale fallimento.

Ma di che parla alla fine? Nelle parole del creatore della serie, David Simon: 
“The Wire,” Simon often says, is a show about how contemporary American society—and, particularly, “raw, unencumbered capitalism”—devalues human beings. He told me, “Every single moment on the planet, from here on out, human beings are worth less. We are in a post-industrial age. We don’t need as many of us as we once did. So, if the first season was about devaluing the cops who knew their beats and the corner boys slinging drugs, then the second was about devaluing the longshoremen and their labor, the third about people who wanted to make changes in the city, and the fourth was about kids who were being prepared, badly, for an economy that no longer really needs them. And the fifth? It’s about the people who are supposed to be monitoring all this and sounding the alarm—the journalists.

Sempre dall'articolo di Stephen King citato prima:
"-Welcome to Hell...and to the world of The Wire,[...] 
[..]The Wire keeps getting better, and to my mind it has made the final jump from great TV to classic TV — put it right up there with The Prisoner and the first three seasons of The Sopranos. It's the sort of dramatic cycle people will still be writing and thinking about 25 years from now, and given the current state of the world and the nation, that's a good thing. ''There,'' our grandchildren will say. ''It wasn't all Simon Cowell.''

No. There was also Chris and Snoop. Their terrible nail gun. And the empty houses that have become tombs, standing as silent symbols for what has become of some of our inner cities. The Wire is a staggering achievement.

Altri commenti di Simon (da fonti e interviste separate):

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The second season is "a meditation on the death of work and the betrayal of the American working class ... it is a deliberate argument that unencumbered capitalism is not a substitute for social policy; that on its own, without a social compact, raw capitalism is destined to serve the few at the expense of the many."

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Season 3 "reflects on the nature of reform and reformers, and whether there is any possibility that political processes, long calcified, can mitigate against the forces currently arrayed against individuals." The third season is also an allegory that draws explicit parallels between the Iraq War and drug prohibition, which in Simon's view has failed in its aims and has become a war against America's underclass.

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Simon has identified the organizations featured in the show — the Baltimore Police Department, City Hall, the Baltimore public school system, the Barksdale drug trafficking operation, The Baltimore Sun, and the stevedores' union — as comparable institutions. All are dysfunctional in some way, and the characters are typically betrayed by the institutions that they accept in their lives. There is also a sentiment echoed by a detective in Narcotics—"Shit rolls downhill"—which describes how superiors, especially in the higher tiers of the police department in the series, will attempt to use subordinates as scapegoats for any major scandals. Simon described the show as "cynical about institutions" while taking a humanistic approach toward its characters. A central theme developed throughout the show is the struggle between individual desires and subordination to the group's goals. Whether it is Officer Jimmy McNulty using all his cards to pursue a high-profile case despite resistance from his own department, or gang member D'Angelo Barksdale [censurato per evitare spoilers] this type of conflict is pervasive in all aspects of the show.

Insomma, guardatevelo.

Come al solito: solo in lingua originale (non so come è stato adattato in Italiano, ma visto il tipo di dialoghi non scommetterei un centesimo su una buona traduzione), in formato originale (in questo caso, 4:3)

Non aspettatevi di avere tutto spiegato per filo e per segno nella prima puntata: ogni stagione è concepita come un unica storia divisa in episodi che non vanno visti a sè stante. Fino al quarto episodio non si capisce bene nemmeno di che parla davvero...  (anche per questo non ha mai avuto grandi ascolti, oltre che per il fatto di avere un cast in gran parte nero, che è il bacio della morte nella TV americana)

Mr. Mario:
Una volta tanto sono completamente d'accordo.

Enrico Ambrosi:
Non ho cercato tantissimo, ma ci sono dei sub in italiano?

Iacopo Benigni:

Qui credo abbiamo già tutti i sottotitoli in italiano:

http://www.subsfactory.it/index.php?ind=downloads&op=section_view&idev=197


Dovrebbero esserci anche in inglese da qualche parte.


Mauro:
Segno; se mai inizierò Buffy dopo potrei guardare questa.

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