Campagna fantascientifica. Il mio personaggio è un'imprenditrice ricchissima che scopre di essere stata oggetto di un esperimento da piccola. Il di lei padre ha creato una macchina che contatta altre dimensioni ma quello che ha contattato si è rivelato più pericoloso del previsto. Risultato? Non ha trovato idee migliori che imprigionare la creatura così arrivata nel corpo della figlia e poi morire prima di darle spiegazioni. Da adulta lei decide di capirci di più e di contrastare l'avvento di queste creature mettendo insieme una squadra di individui con abilità particolari e usandola come squadra di vigilantes privati.
Anche se la trama è un po' supereroistica, per il mio personaggio i due interessi principali sono
1) costruire legami di fiducia con persone in grado di aiutarla nella sua missione
2) Non usare MAI i poteri che il demone che ha dentro le offre. (Tanto per chiarirci, io ero un umana in un mondo di gente in armatura potenziata o mezza demone. Potevo però accedere a poteri assolutamente fuori scala, lasciando il controllo alla creatura dentro di me)
Tra una battaglia e l'altra, gente morta perché io non l'ho salvata e tradimenti interni al gruppo che non si fida di me (malgrado io sia DAVVERO una brava persona) arriviamo ad un momento critico in cui la situazione è disperata e io sto facendomi prendere dallo sconforto.
E' una serata da gioco dal divano in stato di semi-shock, mentre il mondo attorno al mio personaggio cade a pezzi.
Pochi secondi dopo succede l'armageddon, i demoni invadono, noi scappiamo nello spazio in una base orbitale e passano 5 anni in una cutscene. ARGH!
Semplicemente non stavamo giocando tutti lo stesso gioco.
Secondo esempio. Giochiamo a D&D. Background: l mio personaggio è un ragazzino di 15 anni che vive con la madre perché il padre è un famoso avventuriero che l'ha abbandonato appena nato. La locanda viene messa a ferro e fuoco da dei predoni e lui sopravvive solo perché il mercenario assunto per difendere tutti gli fa scudo col suo corpo. La lancia che lo trapassa però taglia in modo orrendo la faccia del mio povero PG. Quando si risveglia si rialza, decide di cambiare il suo nome in quello del mercenario che gli ha salvato la vita e parte alla ricerca del padre. Quando dopo mesi lo raggiunge in un posto isolato, in cima alla montagna, scopre perché il padre è sparito. Un'antica maledizione gli ha dato fenomenali poteri, ma lo ha costretto a stare lontano da me. Quando lo raggiungo infatti i suoi poteri passano a me, ma lui si trasforma in pietra davanti ai miei occhi. Con la maledizione mi passa anche la sua missione: proteggere gli innocenti.
Ora il mio PG vaga le terre del mondo conosciuto con una missione che non vuole compiere, odiando gli dei che gliel'hanno data e con la certezza di non potersi innamorare di una donna e avere un figlio da lei se non pagandolo con la propria vita.
Dov'è il problema? In un anno di gioco nessuno si è dimostrato interessato neanche a sentirla, questa storia. In compenso abbiamo fatto una sacco di (pur divertentissimi) combattimenti e sconfitto un beholder non-morto con un trucco da morir dal ridere (e senza neanche volerlo fare apposta).
Semplicemente non stavamo giocando tutti lo stesso gioco.
Io ai giochi tradizionali non gioco più perché non ho trovato qualcuno che sapesse portare con efficacia il peso che creare una narrativa da soli richiede.
Poi non sono così rigido nella scelta e se c'è da provare un gioco nuovo, lo provo volentieri e mi diverto pure. Solo cerco di giocare allo stesso gioco che giocano gli altri. C'è un buon momento per trucidare bande di goblin nella vita di chiunque
E un buon vecchio dungeon può essere un'esperienza rilassante, se presa con lo spirito giusto.
Detto questo continuo a fare il Master (D&D4E, da 4 anni) cercando di tessere trame avvincenti, di concentrarmi su quello che interessa ai giocatori, di modificare l'universo per renderlo qualcosa di dinamico e avvincente, di ascoltare con attenzione come i giocatori vogliono che vada avanti la storia, di porli di fronte a scelte che abbiano un impatto (grande o piccolo). Cerco insomma di rispettare la responsabilità che mi hanno dato i miei giocatori quando mi hanno chiesto di scrivere una storia per loro (e con loro), sessione dopo sessione.
Non penso però che esistano giochi "sbagliati" o "bacati" o "non divertenti". Penso che sia una fortuna poter scegliere il gioco che fa per me e anche questa definiozione si applica in modo diverso nel tempo. C'è chi si diverte col curling e chi con il sadomaso. A me il curling non ispira per niente.