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[SLOW DOWN]"Mai più D&D": perchè?
Antonio Caciolli:
io non gioco più tradizionale perché non mi viene in mente un gioco tradizionale che faccia le cose come le vorrei.
Non è tanto un astio verso il tradizionale in se ma la consapevolezza che per ogni gioco tradizionale dovrei spendere così tanto tempo e fatica per farlo girare a modo rispetto ad un gioco "indie" che preferisco non provarci nemmeno. e non avrei nemmeno la varietà che mi viene offerta altrimenti
Matteo Stendardi Turini:
Io non gioco più ai giochi tradizionali perché, dopo anni di giochi scritti bene per minimizzare le pressioni sociali sul gruppo, ho perso il senso che mi permetteva di capire che cosa il master e gli altri giocatori volessero, e ho sempre paura di rovinare la giocata agli altri.
Lo scorso ottobre, a Lucca, ero iscritto alle ruolimpiadi. Una delle partite a cui ho partecipato era Cthulhu d20. A un certo punto, sul finale dell'avventura, arriva questo enorme cigno nero/divinità finnica, il master fa tirare l'iniziativa e tutti iniziano a fare qualcosa.
Ora, il mio pg era il più inutile di tutti, in combattimento: donna (ehò...), studentessa, tutta fondata su carisma e abilità sociali (non guardate me, erano pg prefatti). Quindi boh, io mi trovo lì, nella scena clou finale, e che diavolo devo fare?! Mi potevo muovere di 9 metri per round, potevo attaccare ma rischiavo un attacco di opportunità, il cignone aveva una classe armatura che avrei colpito solo con un 20 naturale, e avevamo i proiettili contati.
Il primo round, dico che mi allontano e mi metto in un angolo, il più lontano possibile dal bestio.
Tutti mi guardano come se fossi scemo, allora nel secondo round farfuglio che boh, provo a sparare al mostro.
Tutti mi guardano come se fossi ritardato, e nel terzo round capisco finalmente che loro volevano che io utilizzassi il mio round per ricaricare il fucile al combattente del gruppo, e poi glielo porgessi.
Una volta capito, è filato tutto liscio: ho passato i 6 round successivi a dire: "Ricarico e porgo il fucile!" - piuttosto noioso, ma almeno avevo capito che cosa volessero, e ho evitato di mettermi fra loro e il divertimento che si aspettavano di ricevere dalla sessione.
Con un gioco moderno avrei saputo dall'inizio che cosa le persone si aspettassero dal gioco, perché a mia volta sarei stato lì per quello, e non avrei avuto incertezze di questo tipo; qualsiasi azione avessi fatto intraprende al mio pg sarebbe stata sensata anche per gli altri. Magari non la migliore in assoluto, ma almeno non assurda.
Mattia Bulgarelli:
Ah, dimenticavo il fattore "ci metto un quarto d'ora a tirare un colpo di fucile perché ci metto un casino a calcolare i modificatori".
Ammetto che nel mio post l'Actual Play è scarsino... se vuoi ripesco un episodio a caso per categoria, ho una decina di anni di sofferenze da riesumare. ^^;
Dairon:
Boh, secondo me nonostante le loro somiglianze macroscopiche e improponibili se fossero giochi come tutti, non è del tutto corretto parlare dei tradizionali come se fossero tutti la stessa cosa.
O perlomeno, non lo è per quanto riguarda ciò che vorrei giocare, penso.
Per cui dovresti domandarmi i motivi per cui non gioco più al gioco specifico: a DND 3.X (circa il 50% della sessione mi sembra noia inutile; perché la gente con cui lo giocherei in ogni caso a livello ambientativo non vuole inventare molto di interessante; perché sono stufo di subire la storia che conta senza far nulla, non voglio che le mie scelte sia solo alcune tattiche di combattimento e nemmeno molte), a MDT (non mi interessa conservare lo status quo; se devo essere un mostro, non riesco a non pensare vi siano sistemi che me lo fanno sentire), Cyberpunk (troppe pippe mentali, fatemi spaccare subito e bene!); L5R (critiche simili a MDT, e in più se non l'ambientazione il metaplot mi causa l'itterizia); etc.
Sarebbe legittimo estrarre dei motivi generali, ma al momento non mi interessa e non ne sarei in grado.
(per inciso: vi è anche qualche "nuovo" che non so se rigiocherei, perché non mi è sembrato poi tanto bello. Nessuno che abbia giocato così tanto da escluderlo o che mi abbia proprio fatto schifo, tranne forse un caso. Penso sia corretto e fisiologico anche questo)
Detto questo, vi sono N tradizionali che vorrei giocare almeno un po', come Ars Magica o Pendragon, forse Exalted. Non credo di essere entusiasta, a sentirli, di nessuno di essi, ma certamente li giocherei un poco.
E' interessante come i tradizionalisti miei amici sebbene si dichiarino ad essi interessati poi non li vogliano fare concretamente, per rivolgersi più a cose generiche e già viste, preferenza che non riesco a capire e tendenzialmente esclude gli innovativi che piacciono a me... ma questa è un'altra storia.
Manuela Soriani:
Procedo ad editare il mio post, così che diventi IT. ^_^
E perdonatemi il WoT (...What? Wall of Text).
Circa 20 anni fa, Mattia mi propose di giocare favolose avventure di lotta contro i draghi. Mi promise storie di avventure straordinarie e fantastiche, piene di elementi avvincenti e romance.
E così cominciai a giocare a una variante di D&D/AD&D con il mio gruppo di amici.
Mi ricordo le serate estive a disegnare mappe tutti insieme, sparare cavolate e battute sui nostri personaggi mentre mangiavamo pizza al taglio con le mani e in tv (su Telepadova!!) passava la prima messa in onda di Hokuto no Ken.
Bellissimo.
Mi sono innamorata del mio primo ragazzo giocando di ruolo, e sono certa che parte dell'attrazione che provavo fosse dovuta a come lui muoveva in gioco il suo guerriermago, elfo grigio, nei rapporti con la mia maga pura, Wana.
Mattia (il mio master) mi aveva dato motissimo: le avventure che cercavo, una storia d'amore concreta (se pur finita male, come tutte le storie adolescenziali) e un gruppo di amici sinceri, di quelli che stanno con te anche se non porti l'ultimo paio di scarpe alla moda.
Un paio di anni dopo (avevamo circa 16 anni), quando il fantasy alla D&D ci aveva stufato, Mattia ha inserito nel ns gruppo di gioco (di cui non restava più nulla dell'originale, ormai, ma molti dei ns amici attuali facevano già parte di questo gruppo) un sistema più generico: GURPS.
E' stata un'epifania!
Improvvisamente potevamo fare tutto!!!
Ma soprattutto potevamo applicare delle regole scritte sulla base di una filosofia di gioco della quale in AD&D non avevamo trovato traccia: lo chiamavamo "PARLATO".
A scriverne qui mi vengono quasi i brividi, pensando a quanto era forte l'esigenza di scambio sociale, piuttosto che guerriera.
"Come faccio a imporre la mia volontà diplomatica sul re del regno?"
"Come posso far si che le mie doti di danzatrice intrighino il sovrano degli elfi oscuri, mentre, ballando per lui, gli sussurro parole della saggezza del mio popolo?"
"Come posso, con la mia guerriera, conquistare il cuore del drago parlando al mio esercito e dimostrandogli quanto sono nobile e forte anche senza usare la spada?"
"Come posso creare un veleno per l'assassino, infilarmi nella sua stanza da letto e compiere il misfatto anche se sono una maga?"
Avevamo tutte le risposte: Le abilità.
Magiche, perfette, utilissime!!
Ma le schede si fanno con i punti, per cui era impossibile poter dare davvero voce a tutte le idee che ci frullavano in testa.
Passano gli anni, e Mattia ha sempre meno tempo di creare storie per noi.
E' umano, eppure AMIAMO così tanto giocare insieme che decidiamo di continuare a farlo (tutte le sere, in ogni sabato pomeriggio libero, in ogni domenica)!
Come fare?
Semplice, il "PARLATO" ci viene incontro.
Passiamo a giocare sui divani invece che al tavolo.
La scheda diventa secondaria e cominciamo a tessere delle storie meravigliose, scambiandoci idee gli uni con gli altri.
A Mattia non frega più nulla se abbiamo o no quell'abilità.
Ci siamo fatti furbi... teniamo sempre un gruzzoletto di punti da parte, e appena vogliamo fare qualcosa, Mattia ci estrae la giusta abilità dal manuale, noi aggiorniamo la scheda e poi via, procediamo, con la nostra tripletta di dadi da sei in mano.
Ci accorgiamo che un personaggio a testa non ci basta più, vogliamo di più, creiamo altri personaggi, paralleli ai principali, che poi diventano principali a loro volta. Creiamo "Hoffnung": il nostro mondo di gioco perfetto. Una civiltà bellissima, fantastica, fantasy e tecnologica, plasmata in 4 anni gioco dai gusti di tutti.
Tutti i membri del mio gruppo portano nel cuore il ns mondo.
Hoffnung fa parte di noi e morirà con l'ultimo di noi.
Tutti ne hanno solo ricordi felici.
E allora perchè non ha funzionato?
Semplice, perchè, crescendo (i giocatori, di età), i gruppi di gioco si allargano.
Non eravamo disposti a "cedere" spazio a qualcun altro nella nostra civiltà perfetta.
Per cui abbiamo provato a fare lo stesso con gli altri. Ma erano una nota stonata.
Quando hai più di 20 anni e sei già formato, le sinergie non potranno mai essere perfette.
Ecco che ritornano le regole a metterci dei paletti per farci andare tutti d'accordo e con le stesse possibilità... ora è difficile spiegarlo, ma voi non avete idea di quanto male si può stare quando trovi la libertà e poi te la tolgono.
Mi era sembrato che mi strappassero le ali.
Eccoli lì, fottuti numeri che limitavano tutto il mio essere. Li ho odiati e ho dei ricordi terribili della frustrazione.
Abbiamo smesso di giocare per molti anni, pieni di ferite e desiderosi di poter toccare di nuovo tanta eccellenza creativa (chi aveva bisogno di stupidi film? Noi eravamo il miglior film possibile per noi stessi!!!).
Mattia ci ha introdotto i giochi nuovi dopo molti anni di litigi e accuse reciproche.
Il gioco è un legante, ma essendo un legante molto forte, ci rende deboli. E ci da molte "armi" per ferire gli altri, soprattutto per il nostro (del mio gruppo) modo di giocare, in cui mettevamo già moltissimo di noi nelle giocate.
Ci abbiamo messo anni ad imparare a "fidarci" di nuovo del "gioco" senza essere diffidenti.
Nel mio caso specifico, per esempio, Cani nella Vigna è un gioco bruciato. E' uno dei primi che ho provato, ed ero troppo ferita e sulla difensiva per capirlo davvero, per lasciarmi guidare dalle meccaniche e dall'atmosfera del gioco.
Mi ha fatto entire molto frustrata e sono molti anni che non provo più nemmeno ad aprire il manuale.
Ma poi ci sono stati tanti altri giochi, le convention, le persone calde e amichevoli già dal primo incontro.
Tutto questo mi ha guarita e mi ha permesso di "non giocare più con il freno a mano tirato". Ora sono libera.
Conlusione:
Voi perchè non volete più giocare ai gdr tradizionali?
Non gioco più ai giochi tradizionali perchè voglio "qualcosa di più".
Ecco cos'è quel qualcosa:
Voglio avere peso nelle trame;
Voglio influenzare il mondo di gioco;
Voglio sentitre la trama della giocata scorrermi tra le dita come sabbia;
Voglio stupirmi;
Voglio poter inserire delle scene d'amore nei giochi che lo consentono;
Voglio avere schede leggere di facile lettura;
Voglio che il mio personaggio abbia SEMPRE le stesse possibilità degli altri;
Voglio decidere io quanto/quando/come rischiare la vita del mio personaggio;
Voglio spiegare un gioco in un'ora e poter giocare con chiunque per le 3 successsive dello slot;
Voglio sentirmi parti di un gruppo vero di scambio;
Voglio il METAPLAY. SEMPRE.
Voglio una catarsi comunitaria con i miei compagni di gioco.
E poi si, perchè no...
Voglio aver il coraggio di fare giocate capaci farmi piangere.
Cosa vi manca negli "indie"?
Al momento, nulla.
cosa non riuscite a sopportare dei gdr vecchio stile?
Semplice, non c'era davvero un modo efficace per avere tutte le opzioni aperte.
E poi, in molti mancava il "PARLATO". (vedi sopra)
Quando l'avete capito?
Quando il nostro gruppo di gioco, crescendo, si è allargato, e mentre le amicizie si saldavano (il mio attuale gruppo di gioco è quello che ha portato lo squilibrio), il gioco ci separava, perchè le meccaniche non ci permettevano di incastrare al meglio le aspettative di tutti.
Scusate ancora per il lungo post, ma rappresenta praticamente tutte le fasi della mia vita ludica.
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