Stavolta è da sola. Non mi incenerisce immediatamente (cosa che un po’ temevo, dato che sto direttamente contravvenendo a una sua “gentile richiesta”). È in generale più affabile dell’ultima volta.
Le dico ciò che ho capito: che so perché se ne va da Faerie, e che posso offrirle una via di fuga: se lei tornerà da Auberon, quando si annoierà della vacuità di Faerie e sentirà il bisogno di esperienze, emozioni e sentimenti veri potrà venire qui e vivere da umana per un po’, magari anche venire a scuola con me e Diana se la cosa le farà piacere. Vivere e fare esperienze da mortale. Lei giustamente si arrabbia, accusandomi di essere arrogante (la modestia non è una mia virtù, in effetti) a pretendere di sapere cosa voglia la regina delle fate. Fortunatamente riesco a calmarla, le faccio presente che sì, ho questa presunzione perché io non sono una fata, ma nemmeno un umano normale. Che forse ci voleva qualcuno che ha visto e vissuto in entrambi i mondi per capire che è questo che desidera.
Questo sembra piacerle, l’idea che non ho colto questo suo desiderio perché sono “migliore” ma perché “diverso” probabilmente la rassicura, però continua ad esitare. Fa presente che se lei vivesse sulla Terra da umana, allora Auberon avrebbe gioco facile nel venire a prendersela. Tento il tutto e per tutto e le dico che in caso ci penserò io a lui. Vedo che sta per impermalosirsi di nuovo, quindi aggiungo in tono tagliente: “Già una volta l’ho convinto a darmi qualcosa di più e se ne sta pentendo”. Questo pare convincerla e mi promette che fra poco esaudirà la sua parte del contratto, a patto che io prepari il terreno per la sua venuta. Non ho la più pallida idea di cosa questo voglia dire e mi puzza di sola lontano un miglio, ma dato che ho ben poche alternative accetto. Le faccio presente che però se lei non torna subito da Auberon i cavalieri torneranno alla carica, e quindi potrebbe non esserci nessuno a preparare alcunché. Lei ride e dice che ci manderà un campione.
Oh merda. Prima ancora che prosegua la frase, ho già capito di chi parla. Jordan. Non so come reagire, da un lato sono felice perché vuol dire che non è morto-morto, dall’altra… e adesso che cazzo gli dico? Come reagirà Diana? Jordan campione, ma scherziamo? Inizio a sentire un nodo allo stomaco, brutto segno....
Torno da Diana, che ormai si è completamente ripresa. Usciamo per andare verso casa e le riferisco in sintesi quanto accaduto. Prima che possa arrivare alla parte su Jordan, lui compare. È più vecchio di qualche anno e sembra decisamente più maturo. Sto ancora cercando le parole da dire, una scusa sufficiente per averlo ammazzato e, peggio, averlo fatto finire a Faerie. Jordan si inginocchia davanti a me (e già qui partono i campanelli di allarme) e inizia a parlare. Dice come finire a Faerie sia la cosa migliore che gli sia mai capitata, come abbia capito molte cose, come abbia capito che non è colpa mia se è morto (no, non è vero! Che diamine, l’ho ucciso per una sciocchezza!), che ha capito che io volevo aiutarlo, che ha capito… che mi ama. Oh cazzo. Avverto, più che vedere, Diana che diviene lupo e corre via (ha sentito il bacio che Jordan mi aveva preso a forza durante la prima sessione, sembra un’epoca fa). Il nodo allo stomaco peggiora, mi viene un enorme groppo in gola e devo trattenermi per non urlare a Jordan, per non mettergli le mani addosso. Lui continua a blaterare stronzate d’amor cortese, cercando di rimanere calmo (ma la voce mi trema comunque un po’ e il tono è tagliente), gli dico di lasciar perdere. Che sto con Diana, e per lei provo le cose che lui dice di provare per me. Che non posso amare nessun altro, nemmeno lui. Lui per tutta risposta mi guarda e dice: “Posso aspettare”. Ok Jordan, non ti ho preso a cazzotti ora, non credo lo farò mai più. Ho perso già troppo tempo e chissà dove sarà Diana, devo andare a cercarla. Jordan però deve restare qui. Ci metto un bel po’ a convincerlo ma ce la faccio. Mi offre la sua spada. Faccio presente seccato (altri secondi preziosi che se ne vanno, ogni parola sembra durare minuti) che non so usarla. “Beh, ma sei della stirpe fatata…” Quando è troppo è troppo. Io non sono un fatato Jordan, non sono uno di quelli che t
i hanno preso e fatto il lavaggio del cervello finché non sei diventato così, uno schiavo di ogni loro capriccio, felice di aiutare la persona che ti ha ucciso come si ucciderebbe un insetto. Ma tanto anche se glielo dicessi non capirebbe. Dico soltanto “Io sono umano”, mi assicuro che vada a casa mia (un po' sono preoccupato anche per i miei genitori) e corro dietro a Diana.
Ora, io sono una persona estremamente emotiva. Sono una di quelli che piangono ogni volta che Mufasa muore, piango alla fine di Billy Elliot, piango durante Philadelphia, mi commuovo per un nonnulla insomma. Allo stesso modo vengo “contagiata” da rabbia, delusione, ma anche gioia e pucciosità. Insomma, è facile che mi faccia trascinare dalle emozioni, anche giocando. Poi finita la sessione passa tutto. Ma stavolta scrivendo questo AP qualcosa lo sto sentendo. Molto leggero, ma quel senso di malessere è lì, in sottofondo, e ci rimarrà finché non finirò di scrivere e di ripensare così a fondo agli avvenimenti della sessione di ieri. Scrivo questo "disclaimer" per dare un’idea di quanto fossero forti, quelle emozioni.
Fra il momento in cui Diana se ne è andata e la mia scena successiva c’è stato un bel po’ di tempo, almeno un quarto d’ora se non 20 minuti. Tempo che ho passato stando fisicamente male, scrivendo in chat invece di commentare live perché non mi fidavo della mia voce, con un nodo in pancia assurdo e cercando di ricacciare indietro le lacrime. Mi sembra di non riuscire a combinare nulla di giusto: provo ad aiutare la gente e finisco per peggiorare la situazione (ripenso alla scorsa sessione, quando volevo aiutare Diana e per tre volte è stata lei a salvarmi), finisco per fare del male alle persone attorno a me (prima Jordan, adesso Diana, stamattina Walter, anche se lui un po’ se lo meritava). Sono pieno di rabbia, rabbia per Jordan che ha dovuto arrivare ora, rovinando tutto, e che si rifiuta di vedere la mia colpa, non permettendomi di fargli le mie scuse e sentirle accettate; rabbia per Diana che è fuggita senza una spiegazione, fosse anche solo uno schiaffo in faccia; rabbia per me, che avrei dovuto in primo luogo non ammazzare Jordan; rabbia per i fatati, che pensano di poter giocare impunemente con le nostre vite: prima me, poi Diana, ora Jordan.
E questo pensiero mi causa anche una tristezza immensa e un rimpianto: io volevo riportare indietro Jordan, è il motivo per cui sto svendendo il culo stringendo patti a destra e a manca con creature che vorrei non dover vedere mai più in vita mia. Ma questo non è Jordan. Il vecchio Jordan era uno stronzo ed un coglione, ma era anche così pateticamente umano. Coi suoi dubbi, con le sue debolezze. Era qualcuno che potevo capire, con cui relazionarmi, se possibile aiutare. Per lui, provavo qualcosa, avrebbe potuto esserci dell’altro.
Questo non è Jordan, non più. È una creatura di Faerie, la sua personalità rimpiazzata con un cavaliere da saga arturiana. Non ha nessuna delle debolezze di Jordan che mi attraevano, e anche il suo amore… quanto è sincero, e quanto è frutto del lavaggio del cervello che ha subito? È qualcosa di vero, o solo l’ennesima illusione di Faerie? È qualcosa che posso accettare, anche se non ricambiare, o un veleno?
Mi ero immaginato cosa avrei detto a Jordan quando sarei riuscito a riportarlo indietro. Tanti scenari: che mi perdonasse, che mi rifiutasse, che cercasse vendetta, che volesse nuovamente il riposo della morte, e mille altri. È tornato, e scopro che ancora una volta il prezzo non l’ho pagato io, ma lui. Mi sento male per questo, perché tutto ciò che chiedevo era la possibilità di dimostrare che sono in grado di assumermi le mie responsabilità e chiederli, no, implorare, il suo perdono. Scopro invece che questa possibilità mi è stata tolta, forse per sempre (questa cosa non l’avevo realizzata ieri giocando, ero troppo agitata. L’ho capito adesso e, ragazzi, se fa male). E invece di cercare il suo perdono, mi sono ritrovato a rivolgergli parole dure e di rifiuto, e non se le merita, dato che è colpa mia se è finito a Faerie, se si ritrova in questo stato. E mi sento ancora più in colpa perché è stato mandato qui a combattere, morire se necessario, per me e Diana. Per chi l’ha ucciso, e la persona che ha ciò che lui vorrebbe. E lo farà con gioia.
E poi c’è Diana. Diana, per cui morirei, Diana che è la prima persona che ho amato, Diana a cui ho causato tanti, troppi problemi, più di quanti ne abbia risolti. Diana che mi ha abbandonato, a ragione dopo quello che è successo con Victoria questa mattina e Jordan ora, ma che è riuscita a farmi sentire completamente abbandonato con questo gesto. E non so dove sia finita, se sia al sicuro, se vorrà ancora vedermi, parlarmi. Dove dormirà stanotte? Farà sciocchezze?
A rabbia, dolore, rimpianto e frustrazione si aggiunge anche la preoccupazione. Vado a cercarla, ma non sono molto in me. Mi tremano le mani (anche fuori dal gioco), e mentre la chiamo, senza accorgermene, inizio a grattarmi nervosamente. Le braccia, il volto. Mi graffio, in alcuni punti a sangue, ma sono troppo sconvolto emotivamente per accorgermene.
Il fatto di assistere alla scena fra Diana e Darius al caffè non aiuta. Non per gelosia di Darius, ma perché Diana lascia intuire che non intende tornare a casa mia stanotte, e questo ovviamente non aiuta. Però vedo che adesso riesce a fidarsi di lui, e questo mi rincuora, perché almeno se ha deciso di rompere con me non sarà sola.
Trovo Diana al caffè del mercato coperto. È con Darius, stanno parlando tranquillamente e questo mi fa tirare un sospiro di sollievo perché anche se non mi fido al 100% di lui, so che vuole aiutarla. Diana è al sicuro e, ancora meglio, sta iniziando ad accettare la sua parte lupo.
Parlare mi è difficile, sia perché mi manca il respiro, sia perché controllare il tono per evitare di essere troppo duro non è facile. Non devo avercela con lei, per quanto la tentazione sia grossa. E le lacrime e il groppo in gola di certo non aiutano (anche fuori dal gioco. Questo è uno dei motivi per cui non sono troppo convinta della funzione live degli hangout, non per certi giochi).
Cerco di controllarmi, mentre faccio un bel respiro profondo cerco una frase neutra da dirle… e non ci riesco. “Allora, devo dire ai miei di non preparati il letto stasera?” Non era quello che dovevo dire. Non era quello che VOLEVO dire. Perché l’ho detta? Perché se Diana mi lascia adesso starò male per un bel po’, ma poi non dovrò più preoccuparmi di soffrire così? Di fare soffrire lei? Non lo so. Anche adesso, ripensandoci, non ne ho idea.
Diana fa notare giustamente che i fatti della giornata l’hanno messa sotto pressione ed aveva bisogno di una passeggiata per schiarirsi le idee. Giusto, nulla da dire. Che doveva fare quando è arrivato Jordan versione cavalier servente a dichiararmi il suo amore? Non doveva lasciarmi lì da solo, senza una parola, a confrontarmi con lui senza lei al mio fianco. A dovergli dire “levati dai piedi”, a insistere perché mi si staccasse di dosso, a cercare di fargli capire che io amo solo Diana e c’è posto solo per lei nel mio cuore e nella mia mente. Che, soprattutto, non dove lasciarmi lì a chiedermi dove fosse finita lei. Se stesse bene. Lasciarmi a preoccuparmi, di nuovo per la sua incolumità. Io voglio proteggerla.
Glielo dico, ma non è facile. La voce mi si spezza più volte, certe parole forse non si sentono nemmeno. Mi impongo di non piangere, ma a metà discorso capisco che provarci è inutile. Mi devo fermare un paio di volte per calmarmi (as usual, avrei evitato volentieri ma queste cose stavano succedendo anche a me). Poi sto zitto, e non so cosa aspettarmi, se una scenata, un rifiuto, un abbraccio, cosa.
Per fortuna i miei timori erano infondati. Diana mi perdona (forse si sente anche un po’ in colpa per avermi ridotto così, ma ehi, me lo merito tutto), mi dice diverse cose ma ora non le ricordo, ero troppo preso ad elaborare il fatto che lei stesse scegliendo di nuovo me, anche dopo questo mio ennesimo pasticcio. Tutto il grumo di emozioni che avevo dentro si scioglie. Quasi tutto: continuo a sentirmi terribilmente in colpa per Jordan, e incazzato come una biscia con le fate. Capisco però che Darius è dalla nostra parte, e ne sono sinceramente felice: non riesco a capirlo e quando ho provato a parlarci mi è sempre andata male, magari questa è la volta buona. Diana mi chiede di farle una promessa, la stessa che ha già chiesto a Darius: che anche dopo ce questa storia con le fate sarà finita, resterò al suo fianco. Mi sento per un attimo ferito dal fatto che debba chiedermelo e non sappia già la risposta, ma che diamine, non mi sembra il momento di innervosirsi di nuovo. Per lei mi infilerei all’inferno con un biglietto di sola andata, certo che resterò al suo fianco.
Diana dichiara che adesso c’è bisogno di rinsaldare il nostro legame, e ci metto un attimo a capire cosa intenda. Salutiamo Darius e andiamo a casa mia. Jordan è sdraiato sull’erba del salotto, fissa le stelle sul soffitto. Scambiamo qualche frase, ma anche qui è tutto un po’ nebuloso. Io e Diana andiamo verso la mia camera da letto, e dopo un inizio un po’ goffo (che volete farci, siamo entrambi verginerrimi, anche se Ezio continuava a dimenticarsene…), Facciamo l’amore. E anche se è la prima volta per entrambi, riusciamo a renderla una cosa non imbarazzante e anzi piacevole. Mi rendo conto che per quanto mi piaccia considerarmi una persona sincera, nei confronti delle altre persone mi trattengo sempre un po’ perché ho paura di fare loro del male. Con Diana posso lasciare questa paura da parte, perché mi ha appena dimostrato che lei rimarrà al mio fianco. E anche se non vorrei farlo, perché so che la sua risposta la legherà a me in maniera potenzialmente dannosa, le chiedo di continuare a farlo: di non abbandonarmi di nuovo, di restare al mio fianco come io ho promesso di restare a fianco a lei. Lo promette, e non so se fare i salti di gioia o preoccuparmi. Quando ho perso il controllo ho ucciso Jordan, e lui era una persona verso cui avevo un interesse tutto sommato superficiale. Cosa farò a Diana se mi succederà di nuovo? Non voglio pensarci, meglio dormire. Con lei di fianco, stanotte non farò brutti sogni.