Gente Che Gioca > Gioco Concreto
[AP] INC e Kagaymatsu
Mr. Mario:
Normalmente, questo thread non esisterebbe. C'è un motivo per cui non si scrivono gli actual play di A flower for Mara, o di Fat Man Down. Ma Manuela ha insistito, e io, a quanto pare, non posso negarle niente.
Partiamo dall'inizio. Qualche tempo fa Manuela è venuta a Reggio e, tra le altre cose, mi ha detto che stava preparando un hack di Kagematsu, dove i giocatori non interpretano donne che cercano di conquistare un uomo, ma uomini che cercano di conquistare un uomo. Un'idea interessante, ho pensato. Kagematsu, oltre ad essere un gioco affascinante, è un mezzo per esplorare alcuni dei propri pensieri sugli uomini e le donne, su cosa provano, su cosa si comportano, e su ciò che gli uni pensano che piaccia alle altre e viceversa. Richiede necessariamente, perché possa funzionare, una certa disponibilità a lasciarsi esplorare, e con un po' di onestà. L'idea di Manuela, intellettualmente, mi sembrava richiedesse una ancora maggiore disponibilità in questo senso. Cercare di sedurre un altro uomo, anche se per gioco, significa rappresentare comportamenti che, negli anni, ti è stato detto in molti modi e toni diversi che sono sbagliati. Significa andare a tuffarsi in questa melma putrescente, uscire dall'altra parte, e vedere se si è davvero riusciti ad andare a toccare il fondo di quello che pensiamo davvero oppure no, la melma ha vinto, e tutto quello che tocchiamo ne resta insozzato. Una sfida non indifferente. Manuela temeva che trovare uomini disposti a raccoglierla sarebbe stato molto difficile. Dal momento però che la sfida, benché incutesse un certo timore, era interessante, e che con Manuela, non so bene perché, ho una certa sintonia quando gioco*, le ho promesso che l'avrei accettata.
* (Ora che ci ripenso, quando, prima di INC, incitavo i giocatori interessati a farsi sotto e mostrare coraggio, sono stato ingiusto. Io partivo dalla posizione di vantaggio del fatto che conoscevo e mi fidavo già di Manuela, cosa che per qualcuno in una situazione diversa poteva essere non scontata e non banale.)
Gli ultimi giorni prima di INC sono stati un po' frenetici. Ricordo che l'ultima volta che ho controllato il programma, eravamo iscritti solo io e Fabio, uno in meno di quanto servisse per far partire l'evento. Un po' dispiaciuto e un po' sollevato, lo ammetto, credo di aver dato l'esperimento per spacciato, e di essermi figurato la scena in cui io avrei onorevolmente mantenuto, nominalmente, la promessa fatta a Manuela, ma preso atto della codardia (che bastardo che sono) degli altri giocatori, avremmo poi finito per giocare ad altro. Una volta a INC scopro che in realtà non solo gli altri giocatori non sono affatto dei codardi, ma l'evento è addirittura pieno. Un po' sorpreso e un po' spaventato dalla cosa ho cominciato a pensare a come avrebbe potuto essere. In una parte forse un po' stupida della mia testa, volevo dimostrare a me stesso e agli altri, di essere una persona evoluta, in grado di cavarsela con agio in situazioni in cui gli altri provano imbarazzo. Immaginavo che avrei scelto un personaggio con più Fascino che Innocenza per lo stesso motivo della prima volta che ho giocato a Kagematsu, ovvero per mettermi alla prova e scoprire se quel grado di sensualità che è richiesta quando si cerca di ottenere un Segno d'Affetto per il quale Kagematsu tira molti dadi contro fascino era nelle mie corde oppure no. Indubbiamente, questo ha a che fare con delle profonde insicurezze che ho, come persona, riguardo ad un certo tipo di intimità. E' questo il motivo per cui, parlando con non ricordo più chi, avevo affermato di ritenere che un personaggio con alta Innocenza è una scelta più 'safe'.
A INC succedono molte cose e si provano molte emozioni. La sera prima di giocare, io e Luca abbiamo fatto provare l'Amore al tempo della Guerra a Claudia e Meguey. Eravamo nella situazione particolare di aver scritto un gioco per tre giocatori e tre ruoli diversi, e averne provato solo uno, così ho chiesto di giocare l'innamorato. Non sto a spiegarvi il gioco, non sono nella posizione corretta per farlo, ma tra le mazzate che arrivavano da tutte le parti, il mio personaggio voleva essere un marito e un padre decenti, e Meg, che interpretava la mia compagna lontana, mi ha reso estremamente facile mettere davvero tanta emotività in quel ruolo. Anche più di quella che avevo pensato ci finisse scrivendolo. Devo dire che questo mi ha spiazzato e sbloccato un po', ed è servito a spazzare via la maggior parte dei pensieri stupidi che dicevo prima.
Così, al sabato pomeriggio, trovandomi seduto lì, al tavolo, alla destra di Manuela con altri tre volenterosi compagni, avevo decisamente meno certezze di quando ero partito. Poi, con quel tempismo che si crea inevitabilmente ad un tavolo di gente che ha voglia di giocare, i pezzi hanno cominciato a cadere. Io sono rimasto indietro. Makoto, il personaggio creato da Daniele, sembrava avere quella fisicità e quella tranquilla fiducia in se stesso che avrei voluto per il mio, e, a dire il vero, che vorrei anche per me stesso. Ryu, il personaggio di Fabio, era un poeta ed un arciere formidabile, sembrava di ferro temprato. Takeshi, quello di Will, aveva convincenti tratti di misticismo e spiritualità. E io non sapevo ancora che fare.
Al tavolo da gioco mi succede spesso di aspettare che gli altri facciano le loro scelte, per poterne prendere di diverse. E' come se avessi bisogno di esprimermi, in quella differenza. In questo caso però, non è stata una scelta volontaria. Spinto fuori dagli spazi che si erano già scelti gli altri, e non volendo andare a competere con loro sul loro terreno (ecco, qua si vede chi è il vero codardo), il mio personaggio Shinja, è venuto fuori all'opposto di quello che avrei detto una settimana prima. Rispetto agli altri, sarebbe stato quello umile, grassoccio, più vecchio, con un atteggiamento dimesso, forse un po' tormentato dietro a degli occhi gentili e un lieve sorriso tra il comprensivo e il divertito. I miei preferiti divennero un orticello, il vecchio e intrattabile mulo del tempio e il mio flauto, dal suono sommesso.
Un personaggio che facevo fatica a immaginare che Kagematsu volesse anche solo guardare, figuriamoci toccare o baciare. Un momento di passione era inconcepibile. La mia mano scriveva Innocenza 6 e Fascino 1, l'unica cosa che mi sembrasse avere senso, e io mi sentivo in colpa, come se mi fossi tirato indietro rispetto a quello che il gioco e Manuela volessero da me, come se scrivendo quei numeri li avessi traditi. Come se fossi un codardo. Uno così potrebbe forse essere un buon amico, non certo un amato, mi sono detto.
Le scene degli altri non sono mie da raccontare. Le ricordo, mi sono piaciute tantissimo, ma se questa partita li ha colpiti con un decimo della forza con cui ha colpito me, credo che non vogliano sentire la loro storia dalla voce di qualcun altro. Penso lo stesso per Manuela e Takumi, ma ovviamente Kagematsu è in tutte le mie scene, e spero che non le faccia troppo male guardare il suo personaggio attraverso i miei occhi.
Non sono certo di ricordare tutte le scene nell'ordine corretto, potrei fare degli errori. Non credo di fare errori sul come mi hanno fatto sentire.
Sono ovviamente l'ultimo, nel giro delle scene. La scelta del mulo si vede che colpisce l'immaginazione di Manuela, che setta lì la mia scena, Shinja arriva trovando il ronin dagli occhi bendati nella stalla che si avvicina al mulo, sempre più ombroso. Scelgo di puntare ad una parola gentile, e descrivo come Shinja si scusa per il fatto che il mulo non ha il temperamento di un nobile ed obbediente destriero, e rivela al ronin un trucco, un piccolo segreto di cui gli altri monaci non sono a conoscenza, e dà al ronin un fico per corrompere l'animale, che cede alle lusinghe e si lascia toccare. Non ricordo quale fosse la parola gentile, forse qualcosa sulla sensibilità di Shinja che capisce gli animali. Nulla di sorprendente se non l'intensità che Manuela mette in ogni singolo gesto del ronin.
Al secondo giro tocca a me settare una scena. Ho bisogno di un modo in cui mostrare la timidezza e la ritrosia di Shinja. Nelle cucine, di sera, sta facendo scaldare un bricco d'acqua per il té, suonando il suo flauto piano piano per non svegliare nessuno. Il ronin arriva e, forse per non disturbarlo, rimane in silenzio. Quando il rumore delle bolle diventa più forte della musica, Shinja versa l'acqua in due tazze, mette le foglie e comincia un altra melodia, una che dura esattamente il tempo necessario per l'infusione. Questa cosa colpisce il ronin, che chiede al monaco come faccia ad avere una tale sensibilità riguardo al tempo. (Incasso un momento condiviso e un sorriso, credo, e lì mi fermo.) Shinja gli risponde solo che lì è facile, perché il tempio è un luogo senza passato.
Che vuol dire? Io non lo so di preciso, ma comincio a pensarci. Da dove vien il mezzo sorriso di Shinja? Dal fatto che lui un passato invece ce l'ha, deve essersela vista brutta, per cui essere al tempio per lui è un sollievo, e gli affanni, suoi e degli altri, qualcosa di cui con un po' di prospettiva si possa sorridere, perché ha visto molto di peggio. Credo che tutte le scene finora avessero qualcosa di idilliaco, che il fatto di essere sotto un'incombente minaccia non si respirasse affatto, che il tempio sembrasse un luogo quasi fatato.
Manuela ha un suo stile nel giocare, ed è capitato che mentre noi cercavamo di tirare la scena in una certa direzione, lei invece ci interrompesse con "Ho un'idea; tira i dadi". Ricordo che mi ha colto un po' di sorpresa, perché mi è capitato più spesso il contrario, ovvero di vedere il giocatore di una donna convinto di aver perorato a sufficienza la propria causa, e Kagematsu, insoddisfatto, dirgli di non tirare ancora. Nel caso particolare, però, è stato sicuramente piacevole. Nella scena il ronin dice davvero pochissime parole, ma Shinja lo sente comunque vicino, come se di quelle parole non ci fosse poi così bisogno. E questo, non me ne rendo conto subito ma lo sento, mi mette molto a mio agio. I silenzi non imbarazzanti sono il segno di una buona familiarità.
Nel terzo giro la minaccia si fa sentire, e si prende la vita di uno degli altri monaci. Quando il giro torna a me, Shinja sta suonando una canzone che ha gli echi delle terre da cui veniva Satoshi, il monaco morto. So che il ronin ha viaggiato e suggerisco che lui li riconosce nella musica di Shinja. L'idea era portarlo a parlare forse di quelli, per sapere di più su di lui, e ottenere la presentazione. Manuela mi fa tirare quasi subito, perché evidentemente il ronin è turbato per un altro motivo. Riesco, e il ronin rivela che il nome non da samurai, quello che gli aveva dato sua madre, è Takumi, che significa l'ombra della notte, e lui teme che questo nome sia una maledizione su di lui e che lui porti l'oscurità ovunque vada.
Agisco d'impulso, gli prendo la mano (è la prima volta che lo tocco, e si toccheranno tante poche volte che per me è una cosa importante) e gli chiedo di seguirmi in un luogo che devo mostrargli. (Da dove arriva questa prima persona, tutt'ad un tratto?) Ci allontaniamo dalla pira funebre e lo porto in un luogo della foresta dove gli alberi sono talmente fitti che la luce non passa, non c'è sottobosco, e il terreno è coperto solo di morbide foglie cadute. Le stelle non si vedono sopra di noi, ma si sentono i richiami notturni degli usignoli che fanno il nido qui. E quando ha avuto la possibilità di assaporare la pace di questo luogo, gli dico che non credo che ci sia nulla da temere nell'ombra della notte. Non voglio che sia turbato per qualcosa che non è colpa sua. Lui mi fa una domanda strana, ovvero se credo che gli alberi possano sentirci. Gli rispondo che credo di no, che gli alberi sentano il vento con le loro fronde, che qui sono troppo più in alto di noi. Manuela mi fa tirare i dadi, e io riesco ad ottenere che mi riveli un segreto. Takumi si toglie la benda, vedo per la prima volta, nella penombra delle luci lontane del monastero, i suoi occhi che sembrano come sbiaditi, e lui dice di aver ucciso un bambino, agli ordini del suo padrone, e di aver cominciato a perdere la vista a partire da quel giorno.
Ora, la scena dovrebbe finire qui. Ho ottenuto il segno d'affetto che volevo. Ma non posso lasciarlo così, è più forte di me, non posso accettare che lui condivida qualcosa di così importante con me senza dargli qualcosa anch'io, senza aprirmi anch'io. Agisco di nuovo d'impulso, sollevo la manica del vestito e gli mostro una lunga cicatrice lungo il polso sinistro. Tutti i monaci del tempio portano il marchio del kami della foresta. Il mio è un viticcio verde sul mio braccio, come abbarbicato alla cicatrice, prima di rendermene conto sto dicendo che anch'io ho creduto di non poter più vivere dopo aver preso una vita, ed è qui che ho imparato nuovamente a farlo.
Non sono il primo ad aver imparato il suo nome, ma sono il primo di fronte al quale si è tolto la benda. So che ora a leggere qui è difficile da capire, ma è stato un segnale di intimità fortissimo. Ed è qui che ho finalmente capito l'altra metà del gioco. Cercare di ottenere i Segni d'Affetto serve a costruire intimità. Ci sono due strade, e quella del Fascino è forse più evidente, ma quella dell'Innocenza ha esattamente lo stesso obiettivo. In quel momento solo io so il segreto di Takumi, e mi fa sentire speciale in una maniera che non riesco a descrivere.
E io mi fermerei anche qui, ma il gioco si guarda bene dall'essere finito, e la lista dei segni d'affetto da ottenere comincia ad andare decisamente in salita. E' comodo ottenerli quando hai più dadi di quelli che tira Kagematsu, ma quando cominci ad averne di meno? Potrei puntare ad ottenere un dono, contro 7 dadi. Ma sarebbe orribile. Mentre si dipana un altro giro di scene stupende, mentre devo di nuovo aspettare il mio turno, ho questo nodo dello stomaco che si aggroviglia sempre di più. La gente comincia a passare e a dirci che dobbiamo andare a cambiarci, a metterci in costume per la cena, e io avrei voglia di urlargli addosso, perché è così evidente che quello che sta succedendo qui è più importante, cavolo, come fanno a non vederlo?! (No, non ce l'ho con voi, siete stati invece gentilissimi, è che stavo proprio male). E mi rendo conto del perché. Ho un bisogno assoluto di sciogliere questa tensione. Ho bisogno di sapere che si sente così anche lui, maledetto ronin arrivato da chissà dove. Ed ecco che il gioco viene in mio aiuto. C'è, in effetti, un modo per farlo. C'è il segno d'affetto da 8 dadi. La dichiarazione d'amore.
Spero che Fabio non me ne voglia, ma ero piegato in due nell'attesa che la sua scena finisse. Finalmente è il mio turno, e devo dire che dichiarare che stavo andando per quel segno di affetto è stato come togliersi una spina. Finalmente sapevo cosa aveva fatto soffrire tanto Shinja in passato.
Shinja sta suonando, di nuovo. Suona perché con le parole è un po' un disastro, non diversamente da quel disastro che lo gioca. Suona una canzone su Takumi. Una canzone che cerca di fondere la pace della notte, il canto degli usignoli, con i colpi secchi e violenti di una lama passeggera. Suona senza curarsi del volume, per la prima volta. Poi si interrompe bruscamente, perché la canzone non ha un finale. Shinja, l'uomo che tratta il tempo come un amico, l'uomo che sa gestire il tempo di ogni cosa, ha una canzone cui non sa dare un tempo. Takumi arriva alle sue spalle. Gli dice che la sua musica è diventata violenta. E io gli spiego che è tornata violenta, perché mi sono già sentito così. Gli spiego che Shinja, in passato ha amato un musicista, l'uomo che gli insegnò a suonare. Che in cambio lui volle che gli insegnassi ad usare le erbe, erbe per togliere il dolore, per togliere la vita. Che il fatto che la loro canzone d'amore non abbia trovato un finale lo ha quasi ucciso. Takumi non capisce il senso del racconto, è quasi offeso dal fatto che Shinja gli abbia detto del suo amore passato, si sente come se fosse solo un rimpiazzo. Mi volto verso di lui, scuotendo la testa, gli appoggio per un istante le mani sul petto, in modo minaccioso, ma senza crederci davvero (è il secondo tocco). E' il contrario. Non voglio perdere di nuovo qualcuno a cui tengo così tanto. Non voglio essere spezzato di nuovo. Non mi ricordo bene le parole che sono venute dopo. So che Takumi ha accusato nuovamente se stesso di essere la causa di tutto questo turbamento, e io invece che se non sapeva guardare oltre a se stesso, a quello che stava davvero accadendo, era davvero ancora più cieco di quanto non credessi. Sono stato crudele. Odio i gesti disperati, perché sono così difficili da usare in un modo che non allontani l'altra persona, che non spezzi l'incantesimo. Forse Takumi aveva bisogno di essere messo crudelmente di fronte alla realtà. Non lo so. So che con quel dado ho ottenuto il segno d'affetto. So che Manuela ha usato un espressione per descrivere quello che stava provando Takumi, ed era esattamente quello che provavo io in quel momento. Ha detto (di nuovo non ricordo le parole esatte, se ve le ricordate vi prego, correggetemi) che lui si sentiva qualcosa dentro, di così stretto, di così forte, che non dovrebbe avere il permesso di esistere.
Takumi aveva rivelato in un altra scena che avrebbe voluto essere un musicista, ma il padre lo aveva obbligato ad abbandonare la musica e ad essere un guerriero. Quando mi ha detto che aveva ritrovato la sua musica, che pensava di aver perduto per sempre, in me... beh ok. Premete il tasto di pausa. Il mondo può fermarsi qui. Sulla scena di Shinja che accarezza appena con le dita le palpebre umide di Takumi.
E in un certo senso ha dovuto fermarsi qui, perché abbiamo dovuto interrompere per la cena.
Mr. Mario:
Avevo preso un sacco di impegni per il sabato sera, fatto promesse che non ho mantenuto e per le quali mi sento molto in colpa. Ma non potevo assolutamente prevedere tutto questo.
Quando abbiamo ripreso, ero martellato da ondate di sentimenti contrastanti. Principalmente verso gli altri giocatori. Mi ero preso una cosa così grossa, così bella, e sentivo di avergliela rubata. Ed erano bravissimi, e volevo loro troppo bene. E li odiavo, perché cercavano di prendersi ciò che era mio. C'è stato un momento in cui Manuela mi ha chiesto di dare una mano a Will/Takeshi a usare un gesto disperato, e credevo di esplodere. Daniele/Makoto ha ottenuto il bacio, e io volevo applaudire, baciarlo io, e ucciderlo allo stesso tempo. Fabio, quando Ryu ha confessato il suo amore, hai rischiato la vita. Era straziante, da un lato desideravo che Takumi potesse vivere, e che la Paura calasse (io ormai non facevo più la differenza); dall'altro, se qualcuno altro fosse riuscito a ottenere la dichiarazione d'amore, ci sarei stato male in un modo che proprio non so spiegarvi.
Quando la scena è tornata a me, avevo bisogno di una conclusione, ma la Paura era ancora troppo alta. Ho ripiegato sul cercare un dono che non volevo. Avevo già ricevuto così tanto. Nell'orto ormai raggiunto dalla corruzione, Shinja è inginocchiato, incurante della pioggia leggera che gli cade addosso e gli scivola sul cranio rasato. Anzi, ha bisogno di quell'attimo di sollievo, forse. Takumi arriva e io non riesco a voltarmi a guardarlo, come se fosse qualcosa che potrebbe abbagliarmi e distruggermi. Gli spiego che c'è un erba, dalle lunghe foglie, che potrebbe aiutare i suoi occhi, ma che servirebbe a poco se la guarigione non cominciasse dal suo cuore. Manuela mi fa tirare i dadi subito, e i dadi mi sorridono (sono stato molto più fortunato dei miei compagni, che hanno tutto il diritto di odiarmi per questo, visto che avevamo lo stesso punteggio di amore). Takumi si scioglie la benda di seta per l'ultima volta, me la avvolge intorno a una mano, perché ora non ne avrà più bisogno. Avevo notato che dopo essersela tolta nella mia scena, si era mostrato in qualche occasione anche agli altri senza benda. Non so se gli altri ci hanno fatto caso, ma era una cosa che mi riempiva di orgoglio. Io, che valgo così poco, ho avuto un effetto sulla vita di lui. Stupefacente.
Ultimo giro di scene, compresa una che viene interrotta dalla minaccia in un modo che mi strazia il cuore, quella di Takeshi, se non ricordo male. E' stata una cosa feroce, perché gli è stata tolta l'ultima possibilità di dire e fare ciò che sentiva di dovere. I dadi sanno essere davvero crudeli.
Arriviamo al punto in cui io e Daniele abbiamo Paura zero, ed entrambi siamo pronti a tentare di chiedere la promessa. Diavolo. Questa sarà l'ultima scena, la resa dei conti. Daniele, io non ho parole per ringraziarti di aver lasciato andare me. Ti devo un favore grande come una casa. Spero che la cosa non ti abbia fatto male come il contrario avrebbe fatto male a me.
Come potevo chiudere la nostra storia? Shinja, di fatto, non ha mai chiesto niente a Takumi. E il bisogno che aveva, non aveva davvero più nulla a che vedere con la minaccia. L'unica idea che mi è venuta, è stata chiudere il cerchio.
Takumi trova Shinja che lo aspetta dove lo ha visto la prima volta, sul sentiero che porta al tempio. Ha portato il mulo, bardato come se fosse pronto per un viaggio. E' sereno, in un certo senso, è come se avesse ritrovato quel piccolo sorriso pacifico che aveva all'inizio. Takumi non capisce. E d'altronde Shinja certe cose non le può spiegare, dev'essere Takumi a capirle. E' lui che deve fare un viaggio, e prendere una decisione. Quello che poteva imparare dal tempio, da me e dagli altri monaci, lo ha imparato. La sua vita non sarà più la stessa. Ora può solo proseguire, e diventare ciò che vuole essere. Gli regalo un flauto, perché, se vuole possa ritrovare la sua musica anche da solo, e nel farlo nascondo il marchio sul mio braccio, che è diventato rosso, come dove la corruzione ha toccato la foresta. Takumi mi forza il braccio facendomi male, facendomi addirittura sanguinare, nel tentativo di togliere quel marchio da me ma è troppo tardi. (Quarto tocco.) Ormai, nemmeno i monaci possono più fare nulla. Takumi può solo andarsene, e dimenticare se può - e io spero davvero che lui possa - oppure andare fino in fondo. Takumi protesta, e come può non protestare? Decidere deriva da tagliare, fa sempre male. Fa talmente tanto male, che quando finalmente i dadi dicono che è pronto per prendere la sua decisione, non può più nemmeno guardarmi. Mi manda via, e mi fa promettere di non voltarmi indietro. E io lo faccio, sentendomi sfinito, non ho la forza di oppormi.
Non ho nemmeno più dadi da tirare per lo scontro finale. Ormai non c'è più niente che dipenda da me. E' una sensazione surreale, come essere sospesi. Questa cosa tremendamente importante sta per succedere, e io non posso farci niente.
E qui succede una delle cose che testimoniano che il destino, quando vuole, ci vede benissimo. Manuela tira i suoi dadi, Will e Fabio tirano i loro, io e Daniele aspettiamo trepidanti. In realtà ci sono un sacco di persone che aspettano trepidanti, ai margini del mio campo visivo, ma sono troppo devastato per riuscire a pensare anche a loro.
Credo che Mauro, la mia metà destra, si alzi per ricontare e scuote la testa.
Manuela comincia a raccontare che Takumi arriva alla grande quercia ed estrae la sua spada, che scopriamo solo in quel momento essere spezzata, e si trafigge inchiodandosi all'albero. La spada però, essendo spezzata, non arriva abbastanza in fondo.
Sono annichilito. Non ce l'ha fatta. C'è un po' di casino, delle discussioni sulle regole che viaggiano sopra la mia testa per almeno venti secondo prima che io mi riprenda.
Vedo Manuela che solleva lo schermo e mostra i dadi. No, non è una sconfitta, è un pareggio. E che diavolo succede con il pareggio? Mauro porge il manuale con la pagina giusta a Manuela, che legge e chiude gli occhi un attimo.
Mi dice che, quando Shinja rientra nella sua casa, inciampa, e si rompe il legaccio di un sandalo, un oscuro presagio. Spinto dall'intuito, si precipita fuori, c'è qualcosa che lo guida verso la grande quercia, e la scena che gli appare è quella di Takumi trafitto, apparentemente esanime, il suo sangue sparso sulle foglie. Sul tronco, quello che sembra essere un volto, anziano, sereno, contemplativo. Cado in ginocchio, e lo supplico di non portarmelo via. Qualunque cosa, purché non lo porti via da me. Takumi riesce a muovere appena le dita, muove il braccio e mi sfiora il piede scalzo.
Questa è la quinta e ultima volta che mi tocca. Non mi toccherà mai più.
Risulta che con un pareggio, Kagematsu vince. Manuela spiega agli altri che Shinja è l'amato e che devono raccontare un epilogo per il loro personaggio, raccontando l'impatto che Kagematsu ha avuto sulle loro vite. Io ho le orecchie ovattate e la testa frastornata perché per un attimo non riesco a capire cosa sta succedendo.
Gli altri raccontano tre finali meravigliosi. Qualcosa di splendido. Io ho il trucco del re di atlantide sparpagliato ovunque perché non riesco a smettere di tormentarmi la faccia.
C'è solo un problema. Takumi non compare, in nessuno dei loro finali.
Infine Manuela si volta verso di me, e mi spiega che noi dovremmo raccontare insieme il finale di Shinja e Takumi. Io credo di non riuscire a sollevare lo sguardo. Devo dire qualcosa, e le storie che posso raccontare sono una parte tanto profonda di me che ogni tanto parte e prende il sopravvento su tutto il resto. Sgancio i freni e lascio uscire quello che arriva.
In casa di Shinja il pentolino dell'acqua comincia a bollire, ma nessuno arriva a toglierlo dal fuoco per fare il té. Nessuno vide mai più ne Shinja né Takumi. Trovarono forse la spada, forse la pozza di sangue. Forse il vecchio mulo brucare attorno alla quercia, con l'aria di chi avrebbe conservato il segreto. Di certo c'è che, qualche tempo dopo, la gente cominciò a dire che vicino ai punti dove la foresta è più fitta e non passa la luce, a volte si sentono dei suoni, come se qualcuno avesse appeso agli antichi alberi, impossibilmente in alto, verso le fronde più alte, come delle campane a cercare il vento. E che quando suonano, il vento risponda, con il suono di un flauto.
Alzo gli occhi verso Manuela, che non sono riuscito a guardare mentre parlavo, e lei annuisce, con le lacrime agli occhi. Io non posso più dire niente. Posso solo abbracciarla.
Mauro:
--- Citazione da: Mr. Mario - 2012-05-21 18:21:15 ---Credo che Mauro, la mia metà destra, si alzi per ricontare e scuote la testa
--- Termina citazione ---
Tra me e mio fratello abbiamo contato cinque volte.
Grazie per l'AP, si sente quanto la partita è stata profonda. Ho potuto assistere solo alle ultime scene, ma alla fine avevo le lacrime agli occhi. Avrei voluto giocarla, o almeno vederla tutta, davvero.
Se qualcuno degli altri giocatori vorrà parlare della sua esperienza lo leggerò con estremo interesse. Ma se non vorrà lo capisco benissimo.
Luca Ghibaudo:
Complimenti per il resoconto e grazie. Grazie per avermi fatto assistere ad una partita unica che ha colpito anche me molto profondamente. Grazie per non avermi mai nemmeno citato, perché, vista la difficoltà del tema, temevo che la mia sola presenza, un osservatore non previsto (sempre di fianco al Master e perciò "pesante"), potesse essere un freno o un disturbo ma, almeno per te, sono lieto di essere stato un osservatore non visto.
GRAZIE!
Mr. Mario:
Più che non visto direi che sei stato parte della mia bolla di sicurezza. E' importante perché credo che sia un actual play non solo del gioco ma anche di questa INC il cui clima permeava tutta l'aria che respiravamo. Non sono certo che se tu e gli altri non ci foste stati sarebbe stato lo stesso.
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