La prima cosa che devo dire è che una sola lettura non mi è bastata per capire il gioco; sono dovuto passare alla seconda, e solo allora ho avuto l’impressione di capirlo. Questa cosa non è davvero preoccupante: la maggior parte dei testi di una certa profondità (sicuramente dovrebbe essere così per quasi tutti i giochi di ruolo) richiedono almeno due letture per essere assimilati. Sicuramente, nel caso l’autore decida di pubblicare il gioco, gli consiglio una revisione dell’esposizione degli argomenti e una maggiore esplicazione iniziale di cosa sia il gioco e su che cosa verta. Che questo manchi, invece, è tipico di un gioco che esca dal Game Chef, provvisorio per natura; quindi, ancora una volta, non siamo di fronte a un vero e proprio difetto, ma ad una semplice segnalazione all’autore per migliorare il gioco.
Ora passo a valutare gli ingredienti. Il tema “Last Chance” è presente nell’idea di base della Veglia, giocata una sola volta: qualcosa che sa molto di nativo americano e di sciamanico. Per gli ingredienti: “Coyote” è inteso nel ruolo di imbroglione, avvocato del diavolo: colui che deve mettere in discussione le scelte del Tu, il che è sempre legato ai miti dei nativi; “Dottore” è inteso come ‘spirit doctor’ – noi diremmo “sciamano” – il che è sempre azzeccato (è cosí che i nativi chiamavano il loro “clero”) per il ‘color’ scelto. “Lanterna” è inteso nel senso di “illuminazione interiore” proveniente dalla Veglia spirituale. Ci sono anche altri due ingredienti presi dai ‘thread’ “A Pre-Game Questionnaire” (
http://indie-rpgs.com/archive/index.php?topic=24855.0), che sicuramente è presente nella fase di preparazione al gioco, e “
finding muse/writing exercises” (
http://indie-rpgs.com/archive/index.php?topic=27047.0), col quale vedo meno collegamento, ma in effetti era un ‘topic’ abbastanza fumoso, e non si può dire che l’autore non abbia fatto uso della scrittura creativa in questo gioco. Per farla breve, si noti che l’autore ha usato ben cinque ingredienti, alcuni dei quali non erano di semplice interpretazione e utilizzo. Credo anche che, in alcuni casi, il collegamento sia poco piú che abbozzato, oppure non immediato, ma non posso fare a meno di vedere gli ingredienti piú come spunti che come gabbie, e sicuramente l’uso che ne è stato fatto è qualcosa di originale.
Ora passo al ‘gameplay’. All’inizio non si capisce bene su cosa verta il gioco e l’autore entra nella spiegazione “tecnica” senza prima precisare bene alcune cose che sarebbero propedeutiche, il che non facilita la lettura. Alla fine tutto sembra tornare, anche se in maniera un po’ confusa. Qui, come nota positiva, emerge la possibilità di personalizzare il gioco a seconda del tipo di Approccio, che può essere piú o meno profondo. In base a questa scelta il gioco sembra a tratti aspirare ad essere quasi un’esperienza catartica. Qui non si capisce bene come comportarsi con le domande (cosa che è spiegata meglio piú avanti), ragion per cui io prima metterei la parte sui Ruoli.
La parte sulle “Considerazioni”, secondo me, andrebbe spostata all’inizio del gioco e resa piú chiara ed esplicita: in fondo ti spiega il concetto di base di “Veglia”, che poi sarebbe il gioco stesso. La sezione sui Ruoli chiarisce meglio le idee e comincia a dire chi deve fare cosa e perché. La cosa che rimane nebulosa fino alla fine è quando si dice che per ogni Concetto possono esserci al massimo cinque Domande, ma nello schema iniziale viene proposta una proporzione variabile e “semi fissa” di Domande e di Concetti. Qui davvero non riesco a capire come bisogna comportarsi.
Tutto il gioco si basa su domande e risposto inviate prima segretamente dal Tu al Coyote e al Dottore: durante il gioco vero e proprio non si possono pronunciare le domande e risposte originali del Tu, se non quando si va a verificare che queste “combacino”. Se questo si verifica si innesca un meccanismo di ricompense che, attraverso dei ‘token’, dà carburante ulteriore al gioco. In particolare tutto il gioco vede un sistema di flusso dei ‘token’ quanto meno interessante (anche considerando che non ci sono dadi). Quando le domande finiscono il gioco è finito (ma ci sono anche altri casi); in buona sostanza il senso è che il Tu dovrebbe rivelare i Concetti che voleva esprimere. Alla fine chi ha piú ‘token’ tra Coyote e Dottore ha il diritto all’Epigramma, che è una specie di epilogo recitato: un mantra catartico e rituale; un’idea decisamente carina.
Come conclusione trovo questo gioco basato su idee molto intriganti, ma lo vedo ancora un po’ troppo confuso e poco chiaro per intenderlo come un gioco finito. Non so se sia chiaro cosa bisogna fare, non so se sia chiaro lo spirito del gioco, non all’autore, ovviamente, ma semmai al lettore e al potenziale giocatore. Eppure non posso fare a meno di riconoscere che ha l’aria di essere un gioco che dovrebbe rivelare abbastanza sui giocatori. Credo che andrebbe necessariamente playtestato e sicuramente scritto piú chiaramente, approfondendo per bene i singoli aspetti sul quale l’autore vuole porre l’accento.