Inizialmente questo doveva essere un replay alla discussione di Hasimir sul
Desiderio di Impotenza dei giocatori, poi mi sono accorto che diventava un po' troppo lungo (al solito) e che rischiava di essere OT con la richiesta di consigli dell'autore, quindi provo ad aprire un nuovo topic.
Mi è capitato ieri con La Mia Vita col Padrone.
Avremmo dovuto giocare ad AiPS, ma mancava la nostra gentile donzella, perciò, anche per far capire che è inutile accanirsi a giocare a qualcosa quando ne mancano i presupposti, ho proposto altro, ovvero La Mia Vita col Padrone. Ora, io sento che in quel gioco c'è qualcosa che mi sfugge, qualcosa di affascinante ed evasivo al tempo stesso, ma c'ho voluto provare.
L'idea originale per ieri era quella di far sbattere il muso su certi aspetti del gioco al gruppo. Avrei voluto farli giocare ad AiPS "senza rete di sicurezza", aspettando che fossero loro a chiamare i conflitti, lasciando totalmente in mano a loro la definizione delle poste, in modo da far vedere da un lato quanta libertà espressiva si potesse trovare, e dall'altro come la riuscita o meno di una partita non dipendesse unicamente dal master, ma dai loro stessi sforzi. Continuare a spiegare queste cose era ormai inutile... solo la pratica, solo vederlo al tavolo, poteva farglielo capire davvero.
Terapia shock, insomma, come strofinare il muso di un gattino sulla sua pipì per insegnargli a farla nella sabbia, e ho deciso di andare avanti con questa idea, e usare La Mia Vita col Padrone.
Ho quindi spiegato il gioco, ambientazione e tiri di dado e tutto quanto serviva. Ho specificato più volte che il gioco serviva a raccontare "Storie gotiche d'orrore, infamia e disgusto di sè" e come i personaggi di queste storie non potevano essere qualunque cosa, ma avrebbero dovuto rispondere a determinate esigenze, soprattutto avere un potenziale per la caduta o la redenzione ed essere legati a doppio filo col Padrone. Gli ho spiegato come le iterazioni fra Servitori e Padrone fossero pratiicamente familiari, anche se disfunzionali, come ogni servitore, anche davanti all'ordine più efferato dovesse comunque avere dei dubbi, essere tentato di obbedire al Padrone perché Lui è tutto quello che ha. Ho spiegato come l'unica via d'uscita a questo fossero i Legami, come questi dov'essero essere rapporti
d'affetto, anche se non necessariamente corrisposto.
I giocatori erano 4, e una era la mia ragazza, che conosce il gioco, quindi non è, qui, rilevante.
Gli altri tre sono gli stessi tre sturlini che giocano con me
ad AiPS.
Per un paio nessun rilevante problema, in realtà. Credo che la terapia shock abbia funzionato. Hanno creato un paio di servitori piuttosto anonimi, anche se con un paio di belle idee (Come Più che "Nessuno mi nota a meno che non abbia il volto coperto", costringendolo a rendersi anonimo se voleva avere speranza in una qualunque relazione... e questo era il vantaggio...bello!) e inizialmente cercavano di aggirare le loro limitazioni, piuttosto che affrontarle. Giocavano per lo più ad "facciamo la quest per il Padrone", più che a creare una storia, ma, alla fine, credo abbiano capito cosa intendovo, e hanno chiesto di riprovare. Credo stiano iniziando a capire cosa significa raccontare una storia significativa piuttosto che battere un'avventura e che quando dico che "il gioco affronta questi temi" non sto dando consigli, ma esprimendo regole tanto pregnanti quanto "Tira un 7 per avere un successo".
L'ultimo giocatore, Alex, è quello su cui vorrei concentrarmi. Ha creato il tipico serial killer da bimbominkia che neanche Jason di Venerdì 13. Nel farlo ho notato come tendesse a raccontarsi solipsisticamente la storia e le motivazioni del suo personaggio, senza realmente portarle al tavolo, e i suoi legami erano un paio di persone a cui rubava cose. Un personaggio insomma del tutto piatto e inadatto, senza potenziale per nulla, se non, forse, nella spazio immaginario privato di Alex, come, per inciso, è costume nel giocare WoD. Ci si fa i "viaggi" sul proprio piggì e quasi mai li si condivide realmente con gli altri attraverso il gioco reale, ci si racconta quanto è figo, bello, cattivo e sanguinario, ma tutto da soli, senza mettere alla prova figacceria e cattiveria.
Pur vedendo tutto questo non ho corretto. Le cose le avevo spiegate, e, come ho detto, non aveva più senso parlarne. Abbiamo giocato e ci ho fatto sbattere il muso.
Dopo un paio di giri di tavolo mi sono fermato e ho candidamente chiesto al gruppo se sapeva perché non si stavano divertendo, iniziando a discutere e a spiegare, questa volta forte della pratica, come funziona realmente un gioco narrativista. Con Eric e Mattia pare aver funzionato, come ho detto, con Alex no.
Emblematiche da parte sua un paio di considerazioni.
Prima di tutto ha contestato che i dadi erano inutili, e, anzi, ostacolavano il gioco, che sarebbe stato meglio diceless (e qui mi è venuta voglia di fargli molto, molto male con Polaris... e non solo picchiandolo col manuale), che non capiva il senso di prima tirare e poi narrare le azioni (o la risoluzione delle stesse).
Contestava che non aveva motivazioni per obbedire al Padrone, che non capiva perché dovesse tirare un dado per resistere all'ordine. Perché dovrei obbedire a quel pirla? Cos'ha, dei poteri ipnotici? Semplicemente (e questo lo dico io), non capiva dove ci fosse conflittualità sufficente a chiamare i dadi. E ti credo, dico sempre io! Per tua stessa ammissione al tuo personaggio non glie ne frega nulla del Padrone, non è legato, non entra MAI in conflitto quando il Padrone ordina perché, semplicemente, lo guarda e gli dice di no, senza alcun investimento emotivo (e qui ho sbagliato io. Ho iniziato con ordini "soft", per testare le resistenze. Con lui dovevo andarci giù pesantissimo da subito). Il personaggio era completamente centrato su sè stesso e sulla sua storia privata e solitaria (e mai completamente condivisa con gli altri), non aveva potenziale per dei Legami, come si è visto quando ha dovuto crearne, o dal fatto che Alex stesso non immaginava scene in cui "ci stesse l'approccio al legame", non era neppure legato al Padrone. Era solo, nel suo mondo avulso dal nostro. Il suo personaggio era pazzo, gli piaceva uccidere, e se il padrone gli ordinava qualcosa di diverso non aveva ragioni per ubbidirgli nonostante tutto, mentre se l'ordine colpiva la sua fantasia da psicokiller non aveva ragione per non ubbidirgli, non genrava mai conflitto interiore fra la necessità della moralità e la necessità del Padrone. Il suo "gioco" sarebbe stato una serie di tiri di dado per Violenza alternati all'Orrore Svelato. Sai che divertimento...
Per questo, ho provato a spiegare, il gioco non funzionava, il sistema non girava. Il tuo personaggio non apparteneva a quel gioco. Lo stesso Alex, contestando AiPS ha usato le parole "Mi sembra di avere il controller di un videogioco rotto", commentando la (per lui) mancanza di controllo autoriale sul PG. Ma non è rotto, santi numi! Funziona benissimo, ma lo lasci appoggiato sul divano! E tu, ora, stai giocando pure ad un altro gioco! Giochi a Trivial Pursuit con le regole del Monopoli e ti lamenti perché le domande di "Imprevisto" sono poco chiare!
Come si collega questo sproloquio con il "desiderio di impotenza" dei giocatori?
A me sembra di notarlo fortemente anche qui, unito, paradossalmente ad un desiderio di onnipotenza.
Alex, credo, sta cercando un gioco che gli consenta di fare quello che vuole per sfogare un proprio impulso creativo.
Un gioco new wave gli consentirebbe di sfogare questo impulso all'unica condizione che lo incanali in un contesto e a uno scopo preciso, e quando lo vede, percepisce questa costrizione come immorale e ingiusta, e si mette di traverso, masochisticamente, al suo stesso divertimento, in un impeto di "O tutto o niente" da innamorato folle che uccide la ragazza che lo respinge perché "O mia o di nessuno".
Penso che cerchi inconsciamente rifugio un gioco classico, in cui il master spalma bene bene la vasellina, e ti illude di poter fare quello che vuoi quando in realtà sei solo uno spettatore, a un gioco che ti dice papale papale che quello che vuoi non puoi farlo, ma finché rimani entro certi limiti hai davvero la possibilità di esprimere quello che desideri sul tema proposto. E se il tema non ti va bene, cambia gioco e trovane uno che ne abbia uno che ti piace di più.
Penso che Alex, e tanti altri, passino attraverso una vera e propria autocastrazione e cerchino attivamente l'impotenza totale mascherata da onnipotenza, sabotandosi di continuo e ignorando testardamente gli strumenti che potrebbero dargli la possibilità di trovare veramente lo sfogo creativo cercato.
Ovviamente, poi, si rende conto che il gioco tradizionale questo sfogo non glie lo da di certo, e si trova in un'empasse irrisolvibile. Sente una premessa apertamente imposta come una limitazione, e corre a rifugiarsi dove queste limitazioni sono ancora più forti, ma nascoste e striscianti. Gode a farsi prendere in giro, insomma.
Ah, Alex... Miet, per inciso... non prendertela a male per quanto scritto sopra. Non è una critica al tuo modo di giocare né tantomeno una critica personale. Se non credessi che il gioco narrativista possa darti enormi soddisfazioni non mi prenderei la briga di cercare di far breccia in quella massa di porfido che chiami testa. Poi, sai che non ho peli sulla lingua, e credo che l'unico modo per confrontarsi sia essere del tutto aperti, anche a costo di essere brutali. Quindi interpreta la mie parole in questo senso. Nel caso avessi bisogno di chiarimenti... hai il mio telefono e il mio msn. Rinnovo anzi l'invito a tutti i ragazzi coinvolti in quanto sopra a comparire, dire la loro e, se necessario, darmi del coglione.