Una nota sul trauma: ho giocato a Penny un sacco di volte, e il trauma non è mai stato fisico. Per altro, anche nella realtà, non è affatto necessario.
La premessa del gioco è che - a causa di una propria azione o decisione - è accaduto qualcosa di così traumatico che la mente del paziente si rifiuta di accettarlo. Questo bisogna tenerlo sempre presente. E' compito del viaggiatore descrivere la scena in modo da tenere alta la tensione, in modo che il sé stesso del passato si trovi a prendere delle decisioni cariche. E' compito delle guide, una volta che la scena è matura per un'azione significativa, renderla davvero tale.
La cosa migliore per raggiungere un buon climax, è quello di costruire la terza sulle scene precedenti.
In una partita, la terza scena di un viaggiatore è stata incentrata su un litigio tra marito e moglie, al termine del quale il marito ha cercato di investire in macchina la moglie, senza riuscirci. E in quel momento si è reso conto di essere diventato uguale a suo padre, che aveva ucciso sua madre, il ricordo della seconda scena. E per noi che lo vedevamo, la cosa era particolarmente terribile, perché la prima scena era stata sul loro primo incontro, per cui sapevamo quanto la amava, e quanto fosse davvero atroce per lui convivere con il pensiero di averle fatto del male.
Una piccola nota anche sul rituale: chi ha giocato a Penny o a Polaris con me sa che io sono il primo che prende la cosa atrocemente sul serio. Per me accendere la candela in Polaris, o liberare il tavolo a Penny in modo che rimangano solo monete, fogli e matite, in modo che sia il più asettico e ospedaliero possibile, sono una parte fondamentale del calarsi nell'atmosfera del gioco, e una cosa che adoro. Al mio tavolo, forse perché presentando il gioco cercavo di trasmettere questa sensazione, non è mai stato un problema.