Autore Topic: Come sono uscito dal tunnel del game design  (Letto 9227 volte)

Matteo Suppo

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Come sono uscito dal tunnel del game design
« il: 2011-08-10 09:37:01 »
Sono sempre stato un po' sospettoso nei confronti dei game designer e a tutt'oggi quasi nessuno ha la mia fiducia incondizionata (praticamente solo ron e vin u.u).


Anche degli scrittori mi fido poco, con le dovute eccezioni. Probabilmente è per via della sproporzione tra "persone che vogliono scrivere un libro e persone che vogliono aver scritto un libro", ovvero in soldoni la ricerca di status e riconoscimento.


In ogni caso a volte non ci si può fare proprio niente, hai delle idee e vengono fuori dei giochi.


Persino io, che non mi definisco game designer, ho dato vita ad alcune cose, principalmente in collaborazione con -Spiegel-


Ad oggi queste cose sono:
  - uno scenario per il Solar System per omaggiare l'ambientazione di Werewolf: the Forsaken, che è in via di abbandono, anche se mi dico che prima o poi ci darò una sistemata.
  - un gioco pensato per essere giocato su un forum, Indie Clash, che però richiede (imho) di almeno 5/10 persone per carburare e in più probabilmente l'ambientazione è debole.
  - un gioco pensato per essere giocato in un sito internet apposito, Urbania, che potrebbe sfociare anche nel Alternate Reality Game a pensarci bene.
  - un sistema di creazione di personaggi/ambientazione per il gioco Fantasy Sega, e un inizio di meccanica di gioco che però non convince nessuno (neanche me).
  - svariate idee senza capo nè coda a cui non mi sto davvero applicando.


Qualche tempo fa c'era stato un concorso di design su gcg. Non ho partecipato, ma le parole del tema mi avevano comunque fatto scattare qualcosa, ed ero arrivato a produrre un gioco incentrato sul tema dei ricordi. In sostanza era un uomo su un treno in un viaggio senza ritorno che riviveva la sua vita passata.


Ci ho pensato su parecchio, e sono arrivato anche a un punto che mi sembrava degno addirittura di un playtest. Ma c'eran cose che non mi quadravano e inoltre leggevo di Un Penny per i miei pensieri e ci vedevo molte somiglianze a livello di tematiche e meccaniche.


Così ho giocato a Un penny per i miei pensieri, con Giulia e Trevor. Abbiamo anche parlato di cosa sta sotto al cofano del gioco, e adesso devo giocarlo un altro paio di volte per rispondere ad alcune domande che ho sul suo funzionamento.


Il fatto è che Penny esplora gli stessi temi del mio protogioco, ed anche in una maniera molto simile ed evocativa. Le cose che avrebbero dovuto essere centrali nel mio gioco sarebbero dovute essere il simbolismo e la gestualità, e Penny ha entrambe.


Per cui ho deciso di lasciar sprofondare questo protogioco nell'oblio, perché a produrlo adesso non avrebbe niente di nuovo da dire. Sarebbe ridondante o anche meno efficace di Penny.


C'è una morale in questa storia? Certo! La morale è che il game design deve spingere in direzioni nuove, e i giochi devono rispondere a domande che altri non hanno già posto, o comunque esplorare tecniche più efficaci. Il design non deve reinventare la ruota ma piuttosto fermarsi a dire: ma perché è rotonda? E a farla vuota? E a farla sferica?


In fondo basta guardare i game designer americani. Ron ultimamente ha tirato fuori dal cilindro i suoi tre giochi sulla religione perché secondo lui è un tema trascurato nel gioco di ruolo. Vin sta portando avanti le sue considerazioni sulle unreliable currencies, in una serie di post che tra l'altro sono cristallini. Czege ha notato che il tema dell'italia non riceve amore e quindi cerca di spingerci in quella direzione.


Nessuno fa giochi perché vuole aver fatto giochi. Nessuno fa giochi che già esistono. Nessuno ci dice di fare giochi perché sì.


Scrivo perché percepisco nel forum, come sensazione emergente, una "fretta" di fare game design, una "fretta" di raggiungere l'america, una fretta di lasciarsi alle spalle il "gioco".


Scopo del thread: Principalmente rassicurarmi, darmi una pacca sulla testa dicendo "tranquillo". Ma è in topic anche qualsiasi "Non hai ragione" "Sbagli qui" "Ehy, il congiuntivo", "Non hai capito una sega".
Volevo scrivere qualcosa di acido ma sono felice :(

Niccolò

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #1 il: 2011-08-10 09:55:06 »
concordo, anche se secondo me nel game designa la raffinazione di un gioco già vincente è comunque un ottimo ottimo ottimo modo di procedere. o fare dei frankenstein ben congegnati.

almeno, fuori dai gdr ho esperienza di questo. l'originalità è bella ma non è l'unica cosa. c'è la sua rifinitezza, completezza, eleganza, ecc ecc

Mattia Bulgarelli

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #2 il: 2011-08-10 10:47:58 »
[Eestiquatzi mode]
...e pensi che in un ambiente come quello del GdR, in cui quasi tutti i GM _SONO STATI_ designer per il loro gruppo, per far funzionare il loro Parpuzio personale (e, spesso, per renderlo MENO Parpuzio, nel senso di meno arbitrario e più godibile per tutti) sia STRANO che CHIUNQUE non si senta in grado di mettere insieme delle regole?
[/Eestiquatzi mode]

Io sto provando a mettere insieme un tot di pensieri, in questi giorni, per "la sfida di Czege" che hai nominato. Cosa ne verrà? Boh. Per ora mi approccio con umiltà, sapendo che se anche produrrò un disastro ferroviario o un cumulo di letame fumante invece di un bel gioco, PAZIENZA, avrò imparato qualcosa.

Almeno sono consapevole che sto provando, sperimentando, ecc. e non ho la pretesa di "essere figo" (anche perché, dai, "essere figo" per aver avuto una pacca sulla spalla nella cerchia dei 4 gatti che fanno GdR? Ma per piacere... XD ), né ho la pretesa di essere in grado di portare chissà quale innovazione o di creare un Gioco Innovativo Finedimondo.

Insomma: prendetelo come un tentativo "da dilettante" di pasticciare un po' con il medium. C'è gente che su DeviantART si esalta molto di più con molta meno consapevolezza del mezzo espressivo che sceglie, quale che sia. >_<

Ah, sì, le mie esperienze di design? Infinite house rule per vari sistemi, avanti-veloce di qualche anno, poi LMVcAngelica: consapevole della difficoltà di scrivere un gioco, sono (ri)partito con un color hack. Botta di culo o sono figo io, non si sa, ma funziona. Yay me, voglia di fare un passo in più, vediamo se inciampo o sto in piedi.
Co-creatore di Dilemma! - Ninja tra i pirati a INC 2010 - Padre del motto "Basta Chiedere™!"

Rafu

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #3 il: 2011-08-10 10:55:19 »
(In risposta/di seguito al post di Nik)

Il criterio giusto (per le attività "artistiche" in generale) non è "l'originalità", ma la "necessità". Quello che sto creando è necessario? Una necessità mia, di altri, o dell'"arte" stessa. Necessario di per sé e non per un fine ulteriore? Occhio che (come ci insegna p.es. Baker) la "necessità" in questione può anche essere strettamente locale: qualcosa che non ha importanza per il vasto mondo, ma ha un grandissimo valore per una precisa, specifica comunità.

Niccolò

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #4 il: 2011-08-10 12:18:35 »
l'utilità, forse? ci sono un sacco di cose belle e che vorrei che non sento necessarie...

Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #5 il: 2011-08-10 12:37:07 »
...stavo aspettando questo tuo topic, sapevo che sarebbe arrivato ;-)


Sono fondamentalmente d'accordo con te, tranne che su alcune sfumature della "morale".

Qual'è la morale della tua esperienza con il tuo simil-Penny? ...che, alla fine, hai imparato qualcosa di più su come funziona Penny, e hai imparato cosa preferisci fare quando fai design (giochi che "aggiungano qualcosa" al knowledge base della cultura di gioco che ami).

Hai imparato.

Non solo: l'hai imparato e sei venuto a condividere quest'esperienza con il resto della community, facendone qualcosa che possa arricchire tutti.

La morale, o almeno quello che io credo, è che qui gli errori valgano tanto quanto i successi.

Dei tuoi giochi che hai elencato, io ne ho almeno altrettanti che giacciono sul mio hard disk o tra i miei appunti, molti dei quali probabilmente non verranno mai nemmeno playtestati... Sono tutti "bozze", "prove", cose che ho provato a fare, ma che ad un certo punto ho dovuto interrompere per qualche motivo, e da questo motivo ho imparato qualcosa.

Sul tuo discorso sulla fretta, sono completamente d'accordo. La fretta è cattiva consigliera. La fretta, su The Forge, ha portato all'ondata di giochi del 2006 con testi poco chiari e con bug seri - vedi per esempio Agon, che sarebbe divertentissimo, se solo funzionasse per davvero.

Però io, qui nella scena indie italiana, per tanto tempo ho avuto un'altra impressione, di qualcosa che considero ancora più dannoso:

sfiducia, e vergogna.

Sfiducia generale verso gli italiani che cercano di fare design in questa community, da parte di altri italiani di questa community. Prima era solo una mia impressione, ora questo tuo topic ne è la prova.

E conseguente vergogna e timidezza di chi cerca di mettere in piedi un suo progetto. Vergogna e timidezza che per me erano praticamente palpabili al workshop di game design con Ron a INC 2010, come se io e gli altri a quel tavolo non riuscissimo a capacitarci di essere finalmente davanti ad una persona che ci prendeva sul serio (e in effetti, in parte, era così).

Questa sfiducia e questa vergogna le trovo estremamente ridicole, quando le si guarda nell'ottica del fatto che noi (noi italiani) non riusciamo a prenderci o a farci prendere abbastanza sul serio riguardo i nostri progetti dai connazionali, mentre invece di la dall'Atlantico c'è qualcuno (Ron* e Paul, come minimo) che qui sullo stivale vede del potenziale, cioè vede gente che, ne più ne meno degli altri, potrebbe contribuire ad arricchire la scena indie del nostro hobby.

E allora, non è che dobbiamo metterci a sfornare giochi perché sì, o perché ce l'ha detto Paul. E ancora meno dobbiamo metterci a sfornarli entro dopodomani, o entro il prossimo anno. Un gioco è pronto quando è pronto, non prima (ma nemmeno dopo).

Però dobbiamo sentirci liberi di poter fare dei giochi se ci sentiamo di farli. E, oserei dire, anche di esserne fieri. Non vedo perché non dovremmo.
Verranno giochi di merdatm? Probabile.
Non saranno i primi, e non saranno gli ultimi (la mia cartella "progetti vari" sul portatile è PIENA di giochi di merdatm fatti da me).
Ma da quei giochi di merda qualcuno imparerà qualcosa.
Abbastanza da, prima o poi, permettere a qualcuno di creare un gioco che piaccia tanto a chi lo ha scritto quanto a chi lo gioca.

Bene: quel gioco, io lo vorrò giocare.


Tornando al discorso del non reinventare la ruota, sono fondamentalmente d'accordo con te, ma per un dato valore di "novità". Perché non è che i giochi che sono già usciti devono per forza essere lo "stato dell'arte finale" di tutte le loro componenti. Quando Baker si è messo a lavorare su Cani nella Vigna, non è che si è fermato perché c'era già un altro gioco sul west nel panorama forgita (Dust Devils). Un amante dell'hobby potrebbe essere insoddisfatto di come un gioco affronta ciò che si propone di fare, o certe tematiche, o semplicemente potrebbe voler affrontarne alcune componenti a partire da sfaccettature diverse.
Inoltre, come scrive il Domon, si può fare qualcosa di interessante e degno di attenzione anche mettendo insieme "pezzi" di altri giochi, ovviamente in maniera ponderata, non alla cieca. La parte che funziona di Agon ne è un ottimo esempio.

Sono anche d'accordo sull'implicito della tua esperienza con Penny, e cioè che, per fare bene design, bisogna provare più giochi possibile. Giocare di più, non giocare di meno.
Però, anche qui, da qualche parte bisogna pure cominciare... La riflessione che avevo già fatto io sull'argomento è che, in tre anni, ho provato anche a fondo molti giochi, però sono ancora ben lungi dall'aver vissuto tutto ciò che lo scintillate panorama dei gdr indie ha da offrire... Ne potrei avere per altri N, di anni, provando tutto ciò che vorrei (intendo a fondo, con reward cycle completi, non "una botta e via" che sarebbe controproducente), e comunque senza restare in pari con ciò che esce di nuovo.

E da qui, in soldoni, viene il mio "da qualche parte dovrò pur cominciare"... Se aspetto di provare tutti i giochi indie o influenzati dal panorama forgita, anche scremando via quelli che non mi ispirano, non inizierò mai con i miei progetti. Ma proprio mai mai.
(per inciso, non è che per questo smetto di provare giochi nuovi; anzi, intendo provarne sempre di più, nel limite delle mie umane possibilità)

So che dovrò fare i conti con l'incertezza. So che magari oggi lavoro su un gioco, e che dopodomani potrei trovarne uno pubblicato nel 2007 che fa ciò che vorrei che facesse il mio, o che mi obbligherà a riflettere su alcune mie scelte di design che all'improvviso mi sembreranno noiose e obsolete (e in questo caso, a quel punto sarà un piacere rimaneggiare il gioco integrando ciò che ho imparato di nuovo).

...alla fine, quello che voglio dire, è che non è che dobbiamo avere eccessi di fretta, di fiducia o di orgoglio. L'umiltà è NECESSARIA quando fai design.

Ma non dobbiamo nemmeno avere paura di fare design, o vergognarcene, perché l'innovazione va avanti se c'è qualcuno che la fa, e perché se siamo entusiasti per un gioco che abbiamo fatto, non vedo perché non dovremmo condividere questo entusiasmo con gli altri.


*Ron è sempre ENTUSIASTA di vedere amanti dell'hobby che lavorano sul loro giochino indie, anche se è un gioco stupido o anche se hanno ancora molto da imparare. Lo dimostra anche il suo recente post dopo la GenCon, qui: http://www.indie-rpgs.com/forge/index.php?topic=31803.msg287657#msg287657
Rinominato "Ermenegildo" vox populi, in seguito al censimento dei Paoli.

Ron Edwards

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #6 il: 2011-08-10 13:59:23 »
Hi everyone,

I recommend considering two things, neither of which is very strong without the other.

1. Exactly the same thing posted above: seriousness. Do you want to design a game, or do you want to achieve the social status you think is gained by a game designer?

If you're interested in my opinion, I only respect the former. Some of you may remember my comment during the discussion with Tobias in 2010: I consider myself a gamer with a personality defect called "game design." I am not a designer on some "higher" level than any player, gamer, or whatever you want to call it.

2. But also, playfulness. I see this complex term in many ways. (i) It can mean a sense of fun and joy, especially the willingness to look a little silly if that was fun at the time. (ii) It can mean experimentation, trying new things to see how they work without much pressure to make sure they work. And (iii) it can refer to the social interaction surrounding the design work, particularly back-and-forth with other people, or even an unconscious dialogue in one's head regarding other games.

Without #1, the resulting game design is empty and ultimately boring despite flashy associations. Without #2, the experience is grim and exhausting. I've seen dozens of examples of both.

But if #1 and #2 are both there, then all the issues of originality, for instance, melt away. I will eagerly play a game which is only a little bit different from an earlier game, if it was designed with both #1 and #2. But without both, then even the most original game is unsatisfying, perhaps because it is merely clever, or any number of other reasons.

Best, Ron

Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #7 il: 2011-08-10 15:18:20 »
Fan Mail a Paolo.
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

Rafu

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #8 il: 2011-08-10 16:17:26 »
@Ron:
I worry that (right here and right now) some exaggerate concern about (ostensibly) your #1 above — also a form of status game in and of itself — can sometimes lead a crowd to crush playfulness (#2) like a hammer as soon as it shows. The hammer is sometimes wielded against newcomers who display a bit too much enthusiasm, sometimes against old hats who make the occasional show of pride.
What do you think? Despite often being overly critical of designs myself, I don't like it when anybody criticizes the fact that one person is designing as opposed to the substance of their design — and even then I don't think anybody but the designer(s) themselves should ever decide one particular game doesn't have to be designed.

@Niccolò:
La "necessità" di cui parlo io è come quando si rompono le acque: il bambino deve nascere. Non so se sono riuscito a spiegarmi.

Matteo Suppo

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #9 il: 2011-08-10 16:19:06 »
First in italian...


Ho chiuso la pagina mentre scrivevo ç_ç


Paolo, son d'accordo con te e mi preme sottolineare che la sfiducia che provo è totalmente di pancia, senza motivazioni logiche. E' anche per questo che cerco rassicurazioni. Non lo so, forse sono io il primo a sentirmi inadeguato e quindi non voglio che qualcun altro lo sia prima di me. Forse sono il primo a dare tanta importanza allo status di game designer, e quindi lo denigro. Boh, la mia mente è complessa e non so come funziona.


Per quanto riguarda l'intervento di Ron sono d'accordissimo sulla prima cosa, ovviamente, ma fatico a capire appieno la seconda. Per esempio questa playfullness dove la si ritrova? Al tavolo da gioco? check. Nelle telefonate con -Spiegel-? Check. Sul forum? Uhm... non lo so, in che modi si declina su GCG, sempre che sia presente?


and now, in english!


Paolo, I agree with you and i want to remark that the mistrust I feel is totally instinctive with no rational reasons. It's the reason why I'm looking for reassurance. I don't know, maybe I'm the first to feel inadequate and so I don't want others to be before me. Maybe I'm the first to give so much importance to the status of game designer, and so I denigrate it. Dunno, my mind is complex enough and I don't fully understand how it works.


About the things Ron said I fully agree on the first, obviously, but I'm finding hard to understand the second. For example where I can find such playfulness? During games? Check. During phone calls with -Spiegel-? Check. On the forum? Uhm, I don't know, how does it work on GCG, if it's present?
Volevo scrivere qualcosa di acido ma sono felice :(

Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #10 il: 2011-08-11 05:45:46 »
@ Ron:
I must admit that my first attempts as an amateur game designer were mostly driven by the "social status" effect, even if  I was totally unaware of it. Unconsciously, having friends play a game I designed made me feel important, and I sort of "needed" it.
That need disappeared over time, and now my design efforts are just focused on trying to create "exactly the game I would like to play" (not necessarily groundbreaking or inspirational: just something that works and "nails" the specific gaming experience I'm aiming at, which I still haven't found in other games I played). Also, since I don't seek other people's approval anymore, a lot of pressure disappeared and I rediscovered both the "seriousness" and the "playfulness" you talk about.
Up to now, I found the results pretty satisfying. And the playtesting/learning/improving cycle keeps going on...

Luca.
« Ultima modifica: 2011-08-11 05:52:20 da Luca Bonisoli »

Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #11 il: 2011-08-11 05:52:08 »
Io sto provando a mettere insieme un tot di pensieri, in questi giorni, per "la sfida di Czege" che hai nominato. Cosa ne verrà? Boh. Per ora mi approccio con umiltà, sapendo che se anche produrrò un disastro ferroviario o un cumulo di letame fumante invece di un bel gioco, PAZIENZA, avrò imparato qualcosa.

Se sei d'accordo, Mattia, mi offro per darti un "parere da esterno" sulle regole, in modo da ricambiare quello che tu hai gentilmente fatto per il mio vecchio Spear City Heroes (sei stato impagabile!)  ;D
Poi, naturalmente, "vedremo cosa ne verrà"!  8)
Luca.

Suna

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #12 il: 2011-08-11 06:17:43 »
(In risposta/di seguito al post di Nik)

Il criterio giusto (per le attività "artistiche" in generale) non è "l'originalità", ma la "necessità". Quello che sto creando è necessario? Una necessità mia, di altri, o dell'"arte" stessa. Necessario di per sé e non per un fine ulteriore? Occhio che (come ci insegna p.es. Baker) la "necessità" in questione può anche essere strettamente locale: qualcosa che non ha importanza per il vasto mondo, ma ha un grandissimo valore per una precisa, specifica comunità.

Un plauso a Rafu per queste parole. L'originalità non è assolutamente un requisito dell'arte creativa, e il game desing fa parte di questo insieme.
Non fare un gioco perché ti sembra ridondante con qualcosa che esiste già... spesso di fronte a spunti creativi ho attraversato questa fase. Me lo sono chiesto.
Ben (Lehman) mi è venuto incontro nel risolvere questo dubbio. Mi sono chiesto: "ma questo gioco che ho in mente non funzionerebbe un po' come Perfect di Joe Mcdaldno?" e rivolgendomi a Ben: "Perché a questo punto non dovrei creare un setting del Solar System o una hack di Perfect piuttosto che un gioco da zero?" Pensavo che la risposta fosse "perché voglio creare qualcosa di nuovo" (esattamente il problema di Triex).
E Ben: "penso che questa sia una domanda sbagliata, e la risposta è ancora più sbagliata. La risposta giusta è: 'perché sarebbe un gioco diverso. Si incentrerebbe sulle tematiche di Perfect o del Solar System anziché le tematiche su cui vuoi che si incentri, e tematiche=situazioni." O citando testualmente:

Ben: It would be addressing the issues of perfect, or the issues of solar system.  And not the issues that you want to address.  issues = situations.

Ecco dunque che la domanda che ti sei posto, Triex, era sbagliata, e lasciare da parte il tuo gioco è stato la risposta sbagliata che ti sei dato. Simile non vuol dire uguale. Penny affronta determinate situazioni e tematiche. Il tuo gioco ne avrebbe affrontate altre.
Beyond the Mirror è sulla memoria. Questo non vuol dire che riguarda le stesse tematiche di Penny For My Thoughts. Crea situazioni diverse, ovvero tipi di scena diversa.
Penny ad esempio fa ricreare il tuo passato agli altri giocatori. Era questa la situazione che avevi in mente? Fosse anche "sì" la risposta, comunque avresti potuto creare un gioco tuo personale e diverso da Penny.

Insomma, confermo che tu come altri non hai capito il nocciolo della questione "perché creare un gioco" e forse hai sprecato una buona idea lasciandola morire.

NB: il tuo commento sui game designers e il sospetto che ne hai aprirebbe un'ampia parentesi, che magari affronto in un thread a parte.
« Ultima modifica: 2011-08-11 06:19:14 da Suna »

Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #13 il: 2011-08-11 06:24:38 »
Citazione
Ben: It would be addressing the issues of perfect, or the issues of solar system. And not the issues that you want to address.  issues = situations.


Questo.
E poi conta anche che un GdR, oltre a nascere da un atto creativo, è anche uno strumento per supportare altri atti creativi.
Quindi, di fatto, come autore di un GdR, stai dando alle persone (te compreso!!! non si è autori se non si è PRIMA e CONTEMPORANEAMENTE giocatori) un nuovo strumento per "creare" e quindi "esplorare" gli argomenti che sono interessanti, in primis, per te.
il dado si lancia da solo, e da qualche parte nel mondo un orco muore - vincitore di un Ezio D'Oro per la Boiata della Settimana! ("This Is Something Only I Do!"™)

Matteo Suppo

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Re:Come sono uscito dal tunnel del game design
« Risposta #14 il: 2011-08-11 07:14:58 »
Citazione
NB: il tuo commento sui game designers e il sospetto che ne hai aprirebbe un'ampia parentesi, che magari affronto in un thread a parte.
Come vuoi, ma sarebbe in topic anche qua, più o meno.


Per quanto riguarda il mio proto-gioco e penny... no, così come l'avevo pensato non avrebbe affrontato niente di nuovo. Non so, è come se avessi un romanzo in mente e leggessi Il Signore degli Anelli e dicessi: "uhm, ma perché dovrei scrivere il mio romanzo che non sarebbe nient'altro che la brutta copia di questo?"
« Ultima modifica: 2011-08-11 07:19:14 da triex »
Volevo scrivere qualcosa di acido ma sono felice :(

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