Stavo riflettendo su alcune considerazioni circa lo sviluppo di Beyond the Mirror, cosa che mi ha portato ad avere il privilegio di discutere di teoria del game design con gente del calibro di Lehman e Czege.
Lo schema delle nuvolette e delle scatole che Baker ha pubblicato sul suo blog (
http://www.lumpley.com/comment.php?entry=599 <--- qui la raccolta dei post), e con Ben si discuteva di come questo influenzi l'andamento del gioco.
Ben analizzava come in Polaris la meccanica di risoluzione parte interamente dalle nuvolette (la fiction) e va verso le scatole (la meccanica), in quanto la fiction contenuta in una frase durante il conflitto aziona le meccaniche del gioco.
Bliss stage invece è l'inverso. Come in In A Wicked Age di Baker, le frecce vanno in una sola direzione, dalle meccaniche alla fiction, ovvero le meccaniche determinano la fiction, il ché darebbe al gioco un feeling surreale, quasi onirico (le meccaniche generano narrazione ma la narrazione non influenza le meccaniche).
In altre parole, la differenza è tra un gioco viscerale, dove la fiction aziona le meccaniche di gioco (vi dice niente "moves snowball"? Sì, parlo di Apocalypse World), e tra un gioco astratto, distaccato, come può essere anche uno shock: di Joshua Newman.
Mi ricordo una critica che Hicks faceva di shock: che inconsciamente poneva in luce questa questione. Hicks commentava Diaspora dicendo come lo preferisce perché molto più di shock: lo fa affezionare ai personaggi, mentre shock: è troppo astratto per i suoi gusti. Baker ha successivamente dato una spiegazione teorica sul perché.
Non è necessariamente un difetto, secondo me. A certi giochi giova un'impostazione astratta/distaccata. Per shock: è decisamente appropriata, in quanto il protagonista della narrazione è lo shock, non chi lo vive. E' un approccio decisamente appropriato al filone fantascientifico -anche se sono sicuro che sia stato un incidente di percorso piuttosto che una scelta conscia, infatti Newman, come al suo solito, rispondeva a Hicks dicendo che il suo prossimo progetto, Xenon, sarà molto più viscerale e risolverà quel problema.
Mi piacerebbe poter linkare quel dialogo tra Newman e Hicks ma purtroppo non riesco a trovarlo. Se qualcuno riesce, gli sarò grato per postarlo qui.
Ora, naturalmente ogni volta che scopro un nuovo pezzo di teoria che può aiutarmi nel mio percorso di game designer mi ci confronto e provo ad applicarla al mio attuale sforzo.
Analizzando Beyond the Mirror vedo che:
quando piazzi un dado, descrivi una parte del conflitto. Se piazzi un dado con risultato "-" devi descrivere violenza, freddezza e mancanza di sentimenti. Se piazzi un dado con "+" viceversa devi descrivere empatia.
Ecco qui che la freccia va dalle scatole alle nuvolette. La meccanica genera la narrazione.
Eppure ci sono istanze in cui ho l'opposto.
Quando subisci una condizione (ovvero dei dadi con "-" vanno sulla colonna del "focus"), questa deve essere coerente con ciò che è stato narrato (se è stato narrato come vieni ferito, la tua condizione sarà, coerentemente, "ferito").
Il più delle regole, comunque, vanno dalle scatole alle nuvolette.
Se guadagni sfocatura, generi e narri una cicatrice. Se guadagni focus, generi e guadagni sollievo.
Quando raggiungi il cap su focus o blur, generi l'epilogo, che è influenzato dal tuo livello in goal al momento della rivelazione.
Ora, un gioco astratto si addice poco a Beyond the Mirror. E' intimista, molto viscerale nelle intenzioni. Ergo dovrò trovare un modo per girare le meccaniche...
Inevitabile giungere all'analisi di altri giochi conosciuti.
Ad esempio, in Ravendeath come in Moonfolk il piazzamento dei dadi genera la narrazione, e le frecce vanno dalle scatole alle nuvolette. Laddove questo trovo che sia PERFETTO in Moonfolk (genera narrazione a sorpresa, quasi imprevedibile, ma molto coerente con le scelte fatte nel piazzamento), forse per Ravendeath non è la soluzione più indicata, perché un gioco incentrato sulla vendetta dovrebbe, per come la vedo io, essere molto più viscerale. Narro, quindi scateno meccaniche, per intenderci. Ora, sbaglio o Ravendeath tendeva verso l'author stance per scelta di design? Penso che l'incoraggiamento verso quella stance sia correlato con la questione del rapporto tra narrazione e meccaniche evidenziato da Baker.
Elar è sullo stesso filone, ma essendo un gioco incentrato fortemente sulla gestione del ritmo narrativo, addirittura a livello di denominazione delle meccaniche (le gocce di colore, l'inerzia del racconto), direi che la sua astrattezza sia decisamente appropriata.
Vorrei sentire le vostre opinioni in merito.
Ciao!