(nota: perché sia un Conflitto Successivo, devono essere diversi gli attori, il luogo e l'Ambito di partenza).
Non è esatto: questo
solo se vuoi mantenere la stessa posta. Se cambi posta, puoi conservare tutto il resto uguale.
(e pensare che te l'eri cavata benissimo nel resto della risposta, mi vai a cadere proprio nell'ultima riga...

)
Aggiungo le mie risposte a quelle di Mauro. Non sono diverse, ma sono maniere diverse di dire la stessa cosa. Mi concentrerò di più sui motivi e sugli effetti, più che sule regole.
Prima di tutto, Manfredi: hai detto che hai fatto solo delle prove di conflitto, vero? Perchè diverse domande che fai avrebbero avuto risposta in una partita vera semplicemente dall'osservazione del gioco. Spiego quali.
La prima domanda è generale e quella che più mi attanaglia.
Ho letto i PbF di cani nella vigna. Il GM pone delle situazioni e i PG rispondono.
Si, la risoluzione dei conflitti è narrativa cooperativa. Ma in che modo i giocatori cooperano alla creazione della storia?
Esclusivamente con il veto sul GM? O i pg sono liberi di narrare disgressioni o scene, fuori dai conflitti, che stravoltano la scena in atto?
Prima di tutto: se i giocatori usano il Veto per "dirigere la storia", state sbagliando di brutto. Non hanno capito il gioco e litigherete. Il Veto è un "freno di emergenza", FERMA il gioco, ci si dice "un momento, non ce li voglio io i marziani in un mondo western" o "fermi! Cosa sarebbe questa storia che secondo te con una pallottola posso far esplodere una casa?" e cose di questo tipo. Dovrebbero essercene POCHISSIMI in gioco, e solo all'inizio, intanto che non vi "sincronizzate" a livello estetico. Se continuate ad usarlo vuol dire che non vi state sincronizzando, non vi state venendo incontro, vi state impuntando cocciutamente, e fermate continuamente il gioco.
(questo in Cani nella Vigna, in altri giochi il veto si usa normalmente durante il gioco, in altri il veto non c'è)
Poi, come ha detto Mauro, in Cani nella Vigna i giocatori possono DECIDERE COSA FANNO I LORO PERSONAGGI. Liberamente. Ti pare poco?
Se ti pare poco, forse è perchè ti mancano, in una prova di conflitto, gli altri due lati del triangolo:
1) Da regolamento, se segui la procedura di creazione della città del manuale (e la DEVI seguire, è più "regola ferrea da non sgarrare mai" quella che il tipo di dado), non hai un "cattivo da combattere". Mai. Oh, certo, puoi ritenere, personalmente, che un certo PNG sia un bastardo da punire, ma avrà sempre avuto una motivazione per quello che fa, una motivazione che uno dei giocatori potrebbe approvare e supportare.
non hai i "cattivi" (vedi, ed è un brano importante, pagina 119, e soprattutto pagina 121).
2)
non giochi Dio. Puoi avere idee personali (ed è giusto che tu le abbia) su da che parte stia la "giustizia" nell'avventura, ma NON PUOI IMPORLA, e NON E' UN FATTO OGGETTIVO: non puoi togliere i poteri a nessuno perchè "non segue il suo allineamento", non puoi dare segnali, non puoi dare indicazioni divine, e se qualcuno in gioco dice "parlo con il signore della vita e gli chiedo cosa devo fare" tu gli devi rispondere "ci riesci. Dimmi tu cosa ti dice". Perchè non lo puoi giocare tu.
Questi 3 "lati" dicono che la storia, effettivamente,
non è scritta prima, nemmeno come "canovaccio",e che sarà creata in gioco dai giocatori
mediante le scelte dei personaggi. E non solo:che
qualunque scelta facciano, ne verrà fuori una storia appassionante. Molto, molto, molto più appassionante di quelunque "storia precostituita", con molte più sorprese, incertezza e passione.
Ma anche questo, è solo il cerchio di mezzo.
C'è un cerchio più interno, di creatività dei giocatori, che avviene scena per scena nei semplici conflitto: il semplice fatto che
è chi subisce il colpo che narra le conseguenze e che sceglie il fallout.
Il giocatore 1 subisce danno da pallottola, tira, fallout 12, descrive "il colpo mi prende nella mano fracassandomi le ossa" e come fallout poi sceglie il nuovo tratto "monco, al posto della mano ha un uncino: 1d6"
Il giocatore 2 subisce lo stesso fallout, sullo stesso rilancio, descrive "la pallottola mi prende di striscio in un punto non vitale" e come fallout sceglie "ho imparato che è meglio sparare per primi, 1d6"
E' ininfluente per la storia dei personaggi? (che in Cani nella Vigna, E' la storia, visto che sono i protagonisti, e non semplici comparse in una storia più grande di loro decisa dal GM)
E prima che mi dici "ma nessuno sceglierebbe la !1" riflettici, e guarda il regolamento: chi sceglie la (1) non viene danneggiato in nessuna maniera rispetto alla (2). Non ha malus di alcun tipo. Il giocatore non viene danneggiato se fa scelte interessanti e drammatiche invece delle solite e noiose scelte "sicure".
Il terzo cerchio è quello più esterno. Fra una città e l'altra. Il giocatore decide cosa ha imparato il suo personaggio (fallout di esperienza), il GM deve, da regolamento, ostruire la città successiva
sulla base di quello che hanno fatto nella primaNon è il "mondo immutabile già creato e fisso che se ne frega delle azioni del PG", è un mondo che viene esplorato man mano e creato "attorno" alle azioni già compiute. Come farebbe un romanziere o uno sceneggiatore.
Mi è sembrato che la fine di un conflitto che escala a sparatoria e la perdita della posta si traduca sempre in una fuga. E' cosi?
No. Dipende dalla posta, dai rilanci e dalla narrazione.
Esempio: la posta è salvare una ragazza prigioniera. Se perdi, l'ultimo indiano prima di morire sotto i colpi delle tue pallottole, le taglia la gola.
Ma queste sono cose che vengono con l'esperienza. E' normale che all'inizio, dopo anni di D&D (in cui TUTTI i conflitti hanno come posta "voglio ucciderlo" o almeno "voglio fargli male") non si abbia una gran varietà di poste, e tutto si riduca al "solito" combattimento in cui se perdi fuggi (o vieni catturato) come con gli orchi. Non mi preoccuperei troppo, e lascerei tempo al tempo. Un po' alla volta il range di possibilità del gioco verrà esplorato.
[edit: crosspost con Mattia]
[ri-edit:sistemato un quote]