Sono abbastanza d'accordo con Michele, ma spezzo una lancia a favore del Bleeding. Non è sempre negativo. Mi è capitato che mettere me stesso in gioco mi aiutasse fortemente. Da un lato si rafforza un sentimento di amicizia sincera (che dev'essere già presente) tra i partecipanti, dall'altro mi consente di vedere me stesso da un'altra prospettiva, aiutandomi a conoscermi. Ci tengo a precisare comunque che io sono una persona estremamente votata all'introspezione: sono abituato a "guardarmi da fuori" e a giudicarmi anche piuttosto duramente. Per me, quindi, il bleeding in un gdr non è altro che un ulteriore strumento per fare ciò che ho sempre fatto.
Provo ad aggiungere qualche considerazione personale
Perché secondo voi lo fanno?
Per la stessa ragione per cui non si scrivono solo feuilleton romantici e non si girano solo film con Massimo Boldi. Affrontare temi "seri" serve a capirli, serve ad analizzarli e serve a riflettere. Giocando a
Gray Ranks di Jason Morningstar ho provato le stesse sensazioni che mi ha dato leggere
Se questo è un uomo di Primo Levi. Una partita a
Spione di Ron Edwards, una volta, mi diede le stesse sensazioni che mi dette leggere
I miei sette figli, di Alcide Cervi (e vi ricordo che sono di Reggio Emilia), ma ad un livello ancora più personale e coinvolto.
E' giusto parlare di certe cose tramite un gioco?
Lo è tanto quanto scrivere un romanzo che parli degli stessi argomenti. Qui è la lingua che ci ostacola.
Gioco in italiano ha un significato diverso di
play in inglese. Molti "giochi" non sono, forse, realmente giochi (secondo il termine italiano), pur essendo pienamente
plays.
Gioco è un termine che porta con sé l'infanzia, il disimpegno e la vacuità (tant'é vero che, ormai, non è più neanche sinonimo di sport; non si dice quasi più "il gioco del calcio"),
play no.
Cosa avete provato quando avete toccato simili argomenti in un Gdr?(Aka postate AP in materia!)
Vedi sopra. Posso aggiungere che giocare al famigerato
A Flower for Mara mi ha permesso di aprirmi e conoscere davvero alcune persone che ora sono tra i miei migliori amici (e per questa singola esperienza difenderò sempre a spada tratta questo tipo di gioco: ha avuto per me un valore troppo positivo per dimenticarmene).
Giocando a Gray Ranks una sequenza che mi ha fatto stare davvero male è stato lo stupro del mio personaggio (un'ebrea di 16 anni e, alla faccia dell'unsafe, era una scena che mi ero creato da solo u.u) da parte di due soldati tedeschi. Sono arrivato a chiamare una scena di flashback per far sì che almeno non fosse stata la sua prima volta, che avesse già potuto fare sesso con un ragazzo con cui stava istituendo un rapporto, fallendo nell'intento.
La vicenda mi ha colpito allo stomaco, mi ha fatto sinceramente stare male per la povera Danuta.
Qualche giorno fa passeggio per il centro di Reggio e vedo una serie di cartelli, con ritratti e poche righe a delineare le storie di 11 persone che si intrecciavano nel Ghetto di Reggio durante l'ultima guerra. Ovviamente non erano storie allegre. Mi hanno fatto ripensare a Danuta e alla sensazione che ho provato e in quel momento mi sono sentito prendere allo stomaco dall'umanità reale di quelle vicende. Non posso dire di aver vissuto il dramma della deportazione e della shoa, certo, però, grazie a Gray Ranks, l'ho capita un po' meglio, ho compreso più da vicino la dimensione umana di quelle vicende, o almeno credo. Non potrò mai esserne sicuro, ma sicuramente ora mi colpiscono a un livello più intimo.
Non è un progresso personale cui rinuncerei volentieri.
Giocare a Spione, invece, mi aiuta a capire la mia stessa storia familiare, il mio passato prossimo. Ne parlo diffusamente in
questo post.