Una piccola aggiunta/precisazione, che penso utile al discorso generale.
Ragazzi, ma quando ne parlate sapete come funziona il famigerato A Flower for Mara?
Reciti la parte di un personaggio che ha appena subito una perdita: Mara (moglie, figlia, sorella, madre). Giochi delle scene di cene familiari, in cui lo spettro di Mara ti parla. Hai in mano una rosa, con legato un biglietto su cui è scritto un tuo lutto, una tua perdita.
Nei modi e nei tempi che scegli puoi sederti di fronte agli altri e parlargli, nei modi e nella forma che preferisci, di quello che è scritto sul biglietto.
Come vedete non è, in realtà, nulla di che. Il "gioco" serve giusto a creare familiarità, a dare quell'atmosfera di sintonia che ci consente di parlare di noi stessi. Non ci obbliga in alcun modo a farlo (solo il regista e Mara sono obbligati a fare un monologo, e anche loro sono liberi di approfondire e aprirsi quanto vogliono). Niente, lo vedete, che non possa succedere in un altro contesto.
Fossi stata un'altra persona avrei parlato di quello che ho parlato facendo il monologo di Mara anni prima, in un altro contesto.
Le sensazioni forti del gioco sono date soprattutto dallo stupirsi per primi di quanto si sta dicendo, di quanto sei in grado di aprirti agli altri e di quanto questo sia reciproco.
Il gioco crea una struttura in cui è facile esprimersi, in cui sai di venire compreso, il resto lo fai tu e arrivi esattamente al punto in cui vuoi arrivare.
A me è successo di iniziare a parlare di una cosa e poi di sbrodolare e di mettermi totalmente a nudo, partendo anche per la tangente, perché si era aperta la diga di una serie di cose (più o meno collegate) che mi marcivano dentro da troppo. Nessuno mi ha obbligato a farlo, nessuno era obbligato a farlo e, soprattutto, non ci è stato "fatto" niente: nessuna diagnosi, nessun giudizio, nessun senso di disagio, solo un abbraccio e degli amici che, a voce alta o meno, mi dicevano "Ok, noi ti capiamo, se vuoi una mano siamo qui".
Vedete? Nulla di preoccupante, niente psicanalisi, psichiatria o altre psico-cose. Nessuna terapia o roba da professionisti. Solo una scusa per parlare di sé a degli amici (quelli veri, quelli con cui puoi parlare delle cose realmente importanti), conoscerci meglio e, perché no, chiedere una mano. Non mi pare così terribile e spaventevole, anzi.