Autore Topic: Theory 101 - parte 3: Creative Agenda  (Letto 4697 volte)

Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« il: 2008-06-20 13:21:59 »
Ecco qui la mia ultima "fatica" :). Premetto che gli ho poi dato una scorsa molto veloce, quindi sta volta non sarà accurato come l'articolo che ho tradotto precedentemente ;)
Aspetto i vostri consigli di miglioramento.

[edit articolo riveduto e corretto]
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Theory 101: Creative Agenda

By M. Joseph Young (2006)
( articolo originario su http://ptgptb.org/0028/theory101-03.html )

Quando si sono esaminati gli stili dei GM e il game design dei giochi, è stato fatto notare en passant che lo scopo dei giochi, e quindi del design dei giochi, è il divertimento. Molte persone stanche di discorsi teorici ritornano a questa idea che quel che importa sia divertirsi, non il trasformare la questione in una materia accademica. Solo giocare, divertirsi, e non preoccuparsi di quello che stiamo facendo

Questo atteggiamento è in parte lodevole; dovremmo infatti essere sempre consapevoli del fatto che i giochi hanno come scopo principale il divertimento e che perciò è un errore allontanare il focus del game design da questo. Per contro così si evita una questione essenziale. In che modo ci divertiamo? Che cosa è che rende divertenti i giochi? Sebbene capisca perfettamente la dicotomia esistente tra divertirsi e fare del gioco un argomento accademico, vorrei suggerire che gli argomenti accademici possono essere una grande fonte di divertimento per quelle persone a cui piacciono. Il divertimento è come un concetto mal definito: lo conosciamo quando lo sperimentiamo, lo riconosciamo quando lo osserviamo negli altri, ma solitamente non ci soffermiamo a pensare a quale sia la causa che produce quest'esperienza.

Se vogliamo creare giochi, comunque, o anche se vogliamo capire come utilizzarli al meglio, abbiamo bisogno di capire che cosa rende i giochi divertenti e come far emergere tale divertimento nel gioco. Tuttavia se è vero che alcune persone trovano divertenti gli studi accademici mentre altre no, è chiaro che cose diverse sono divertenti per persone diverse. Per rendere un gioco divertente, devi discernere che cosa diverte i giocatori e accettare che questo non è identico per tutti i giocatori.

E' comune dire che ci sono due tipi di persone nel mondo; mio fratello scherza dicendo che ci sono due tipi di persone nel mondo: quelle che dividono tutte le persone nel mondo in due generi e quelle che non lo fanno. Sembra, comunque, che tra i giocatori tendiamo a dividerci sempre in tre generi. La primissima distribuzione triplice (three-fold) di giocatori che incontrai, che purtroppo non so a chi attribuire, sosteneva che alcuni giocatori cercano il combattimento, alcuni cercano gli enigmi da risolvere e alcuni cercano opportunità di interazione, sviluppo ed espressione dei personaggi. E raccomandava di progettare le avventure inserendo opportunità per tutti e tre i generi di gioco, così da poter piacere a tutti e tre i tipi di giocatori.

La prima divisione triplice di giocatori ad avere un impatto duraturo sulla teoria del gioco di ruolo emerse dalle discussioni di un newsgroup, facente parte di un angolo, ora largamente abbandonato, di Internet conosciuto col nome di Usenet e chiamato rec.games.frp.advocacy. Questa divisione è conosciuta talvolta come il modello RGFA o Threefold Model e talvolta viene chiamata GDS (da Gamism, Dramatism, Simulationism, n.d.t). Questo modello sembra essere emerso inizialmente da una tensione tra quelli per cui il gioco di ruolo riguardava vivere (experiencing) un personaggio, che presero il nome di simulazionisti, e quelli per cui il gioco riguardava esprimere (expressing) un personaggio, che furono chiamati drammatisti. Nel mezzo di questa tensione, qualcuno suggerì che nessuna di queste due posizioni lo interessava, poiché era lì per "giocare il gioco" (to play the game); così venne inventata la terza categoria dei gamisti per coprire quelli che erano più interessati al giocare che non all'interpretazione.

All'inizio del 1998, Ron Edwards pubblicò un articolo fondamentale sul Gaming Outpost [10] intitolato System Does Matter [1]. In questo articolo Edwards provò ad introdurre i lettori a una serie di concetti di game design. Egli citò le distinzioni introdotte da Jonathan Tweet nelle meccaniche di risoluzioni : fortune (l'uso di dadi o di altri elementi causali come le carte), karma (la comparazione diretta di punteggi o risorse) e drama (risoluzione attraverso autorità  (viene usata la parola latina fiat, n.d.t) la decisione di qualcuno nel gioco) e propose la sua visione del modello Threefold, rinominando il Dramatismo con Narrativismo per evitare la confusione con il termine di Tweet. Tuttavia egli cambiò in modo fondamentale il nocciolo dei concetti di gamismo, dramatismo e simulazionismo, portando all'emersione di una teoria distinta comunemente conosciuta come GNS.

Furono necessari diversi di anni e il contributo di molte persone in molte discussioni prima che quello che era chiamato GNS si distillasse in un concetto chiave all'interno della prima esaustiva teoria sui dei giochi di ruolo. All'interno di questa teoria, gamismo, narrativismo e simulazionismo sono stati definiti come categorie di creative agenda, nello sforzo di spiegare che cosa sono e come funzionano.

Il Professor Edwards evita di usare parole come ragione, motivo o intento. Ad un primo livello è facile dire che un "creative agendum" è la risposta alla domanda "perché giochiamo". Però, a causa dei problemi di comunicazione nel parlare di queste cose con il linguaggio quotidiano, la domanda "perché giochiamo" viene facilmente fraintesa. Può essere che John arrivi al gioco perché sta provando a portarsi a letto Mary. Potremmo onestamente dire che questo è il motivo per cui sta giocando. Questo però non ha nulla a che vedere con il perché sta giocando nel senso di una creative agendum; è solo un motivo sociale per essere coinvolti. Quando parliamo del perché qualcuno gioca, ci stiamo domandando perché l'atto del giocare sia divertente per quel giocatore, che cos'è che lo diverte quando sta prendendo parte ad un gioco di ruolo.

Non sorprenderà il fatto che a persone diverse piacciono cose diverse, e quindi si aspettano cose differenti dalla loro esperienza di gioco. Questo conduce a conflitti di interesse e ai relativi conflitti tra i giocatori. Riguardando a quel lontano e dimenticato modello triplice sulle preferenze di gioco, se abbiamo un giocatore che vuole il combattimento, un altro che vuole gli enigmi e un terzo che cerca interazioni tra personaggi, soddisfare gli interessi di tutti e tre può risultare nella migliore delle ipotesi l'esercizio di un giocoliere, in cui l'arbitro prova a dividere il tempo speso su ogni area in modo equo tra i tre partecipanti in modo che ognuno trovi divertente quella parte di gioco focalizzata sul suo interesse. Nella peggiore crea divisioni in un gruppo di gioco, con i giocatori che vedono dedicare meno della metà del gioco a quello che li diverte, sapendo che il gioco potrebbe essere progettato per essere "più divertente", in base a ciò che ciascuno trova divertente. Essendo i conflitti tra le creative agenda ancora più fondamentali di questa primitiva divisione, sono una causa ancora più probabile di questi conflitti. Diciamo che un gruppo di gioco è disfunzionale se i giocatori al suo interno sono in lotta per il controllo della creative agendum globale del gioco, sia che siano consapevoli di star facendo questo sia che non lo siano. Quando giocatori diversi vogliono cose differenti dallo stesso gioco, i gruppi di gioco non funzionano bene.

Per capire le creative agenda si deve prima capire che esse riguardano l'atto del giocare. Questo è ciò che le persone portano al tavolo, che guida le loro decisioni di gioco; è ciò che rende il gioco divertente per una persona. Ci sono giocatori che hanno diverse ragioni per giocare, e giocheranno giochi differenti per differenti ragioni o anche cambieranno la loro creative agendum durante il gioco. Queste non sono categorie in cui dividere le persone, né sono propriamente categorie per i giochi, ma sono bensì categorie dei vari tipi di divertimento che possono guidare e informare un approccio di gioco personale. Inoltre, nessuno afferma o crede che sia impossibile che possa esistere una quarta agendum che debba ancora essere identificata; solo che, ad oggi, gli sforzi di definirne una quarta hanno sempre ricondotto a una delle tre esistenti.

Al Gamismo è spesso data poca attenzione da molti giocatori perché tutti pensano di capire che cosa sia e molte persone lo associano a termini quali munchkin, power gamer o rules lawyer. Anche se quei giocatori si ritrovano di solito nel gioco gamista, non sono la sua definizione. E' stato detto che il gamismo riguarda vincere e perdere, ma questa è una descrizione troppo limitata. Ciò che si avvicina di più concerne l'affrontare efficacemente le sfide, ma manca ancora qualcosa. Fondamentalmente il gamismo riguarda la ricerca della gloria (the pursuit of glory). Riguarda il mettersi in mostra, riguarda la ricompensa che viene dal fare qualcosa ammirato dagli altri. Se i giocatori stanno prendendo il loro divertimento dal fatto che stanno impressionando gli altri con quanto bene stanno giocando (in particolare nell'affrontare le sfida in-game), se la loro discussione post-gioco racconta delle cose più fiche che i personaggi hanno fatto e i loro sorrisi in-game vengono dalle situazioni meglio gestite, questi è quasi certamente un gioco gamista.

Se il gamismo è più complicato di quello che la gente pensa, il narrativismo lo è meno. Il narrativismo ha sofferto di incomprensioni e cattiva stampa e di particolari limiti del linguaggio per quanto riguarda la parola storia, che significa molte cose differenti per la gente. Il Narrativismo fornisce lo stesso genere di divertimento del sedersi con i propri amici discutendo sul significato della vita, dell'universo e di ogni cosa. E' guidato dal desiderio di esplorare problemi, di creare drammi morali, etici o personali attraverso l'introduzione di un conflitto e testando una risposta. Fondamentalmente riguarda le conseguenze delle scelte. In pratica, comunque, è semplice come immaginare una situazione che affronta principi e valori reali, decidendo che cosa farebbe un personaggio i base ai suoi valori e osservando quello che accade. Le persone giocano in questo modo tutto il tempo senza esserne consapevoli. Essi sollevano questioni di amore, lealtà, fedeltà, fiducia, onore, onestà e altro nei loro giochi e, mettendo il personaggio in situazioni nelle quali differenti valori confliggono, testano le proprie credenze su quelle cose.

La teoria è per sua natura sempre in continuo mutamento. Questo è evidente in ogni sforzo di definire il simulazionismo. Ron Edwards lo descrive come il mettere l'enfasi sulla "preservazione del sogno". Il co-autore di Universalis [2] Ralph Mazza enfatizza la relazione tra elementi fissi e variabili come in un esperimento, mentre il suo socio Mike Holmes mette in dubbio se sia veramente una creative agendum nello stesso senso del narrativismo e del gamismo. La mia percezione è che l'obiettivo del simulazionismo sia la scoperta e il guidare la curiosità. E' la stessa concezione di divertimento che guida la popolarità di programmi come The History Channel, dei documentari, dei programmi sui viaggi e dei programmi di scienza, quel desiderio di imparare.

Così arriviamo tutti al tavolo di gioco per divertirci; ma possiamo avere concezioni differenti di che cosa rende un gioco divertente. Se non siamo d'accordo, allora come gli "enigmisti" e i "combattenti" ci scontriamo per il controllo del gioco o ci lamentiamo di quelle condizioni che non ci fanno piacere il gioco.

Uno degli obiettivi del game design è di eliminare tali disfunzioni. Può sembrare privo di senso pratico suggerire che le regole del gioco possono avere impatto sul quello che i giocatori trovano divertente, soprattutto poiché, come abbiamo visto nel nostro primo articolo (NdT: si veda Theory 101 — Part 1 : System and the Shared Imagined Space), esse non sono il sistema ma meramente un modo per influenzare il sistema. Ora il sistema ha importanza (system does matter). La relazione tra creative agendum e regole nasce proprio perché il sistema ha importanza e le regole sono un'autorità importante per il sistema. Un gioco può essere progettato per incentivare o facilitare una particolare creative agendum o almeno per evitare di confliggere con essa. Questo è dove nasce il concetto di giochi gamisti o narrativisti o simulazionisti. Da una certa prospettiva, non si può dire in maniera sensata che esistano. Il gamismo, il narrativismo e il simulazionismo sono agenda di giocatori espresse attraverso l'atto del giocare. Ma, se un gioco premia una agendum e interferisce con le altre, quelli che lo giocano dovranno fare una scelta. Essi possono ignorare le regole che intralciano il loro specifico approccio al divertimento, modificando (drifting) il gioco perché sia quello desiderato attraverso la creazione di un sistema (nel senso del principio di lumpley - n.d.t) meno ancorato alle regole (nel senso del manuale di gioco - n.d.t). Oppure possono cambiare atteggiamento, provando a capire perché un genere differente di gioco è divertente trovando divertimento in qualcosa di nuovo. Oppure possono giocare ad un altro gioco.

Molto si è detto nelle discussioni di teoria a riguardo del game design incoerente. Questo porta a molte discussioni, soprattutto perché il termine viene frainteso.

In principio i giochi di ruolo scoprirono che c'erano un sacco di grandi cose che potevano essere fatte, e cercarono di farle tutte. Le radici da wargame dell'hobby portarono quella tensione tra gamismo e simulazionismo, che lì esiste, anche nel design di questi nuovi giochi, e l'introduzione dell'interazione fra i personaggi portò con sé il potenziale per il narrativismo. I giochi cercavano di incoraggiare tutti questi modi. Tuttavia, questi modi erano spesso in conflitto diretto tra loro, cosicché il giocatore che ne perseguiva uno interferiva con i giocatori che ne perseguivano altri. Gli stessi set di regole perciò contenevano "elementi" (bits) che per supportare differenti modi di gioco mettevano i giocatori l'uno contro l'altro.

La soluzioni più semplice a questo è sempre stata quella di dire ai giocatori di eliminare quelle regole che non contribuivano al loro divertimento. Questo funziona estremamente bene nella creazione di  gruppi di gioco funzionali, ad esempio quelli che hanno inclinazioni gamiste elimineranno diverse regole a supporto del narrativismo e del simulazionismo per aumentare la loro capacità di mettere alla prova se stessi, mentre quelli con interessi narrativisti elimineranno molto di ciò che è gamista o simulazionista così da focalizzarsi sui valori e sulle scelte del personaggio. Questo succede a diversi livelli in ogni gruppo, spesso senza che sia riconosciuto da quelli che ne sono coinvolti. Esso può passare completamente inosservato, ogni gruppo crede di star giocando il gioco come è scritto, finché i giocatori non si spostano in altri gruppi e scoprono che la scelta sulle regole che non hanno interesse o che devono essere ignorate, in altri gruppi è completamente diversa.

Questo in sostanza significa che nonostante si usino le stesse regole come autorità, questi due gruppi hanno forgiato sistemi completamente incompatibili fra di loro. Entrambi sostengono di star giocando a Dungeons&Dragons o a Champions o a Vampire: the Masquerade, ma essi non potrebbero giocare assieme meglio di un giocatore di bridge con un giocatore di pinnacolo. Le stesse regole hanno condotto a pratiche di gioco molto diverse.

Tali giochi sono definiti incoerenti a causa del loro fallimento nel produrre un gioco uniforme nei vari gruppi di gioco. Le regole del bridge o del baseball o di Axis and Allies sono costruite in modo che i giocatori possano muoversi da un gruppo di gioco ad un altro senza dover imparare nuove regole. Molti, molti giochi di ruolo sono costruiti in quel modo. Ma molti di essi sono costruiti come borse degli attrezzi, non per essere giocati come sono scritti ma per essere customizzati in accordo con i gusti personali. Ci sono vantaggi in questo tipo di design a livello di marketing, poiché un maggior numero di giocatori comprerà un gioco che può customizzare piuttosto che uno che stato progettato a dovere per supportare una specifica esperienza di gioco che può o non può divertire. D'altra parte, questo incentiva un atteggiamento verso i giochi per cui il sistema non importa, per cui qualunque arbitro può prendere un qualsiasi gioco, sbudellarne le meccaniche e far giocare nel setting usando le proprie -lungamente testate- personali regole. Il sistema (però) importa, perché se permetti alle regole di informare il tuo approccio al gioco, scoprirai che i giochi sono veramente differenti l'uno dall'altro, molto di più che non solo per i dettagli del setting, e che ci sono più cose divertenti che si possono fare con il gioco di ruolo di quelle che conoscevi.

Questo è l'obiettivo di una buona progettazione di gioco coerente ed è anche l'obiettivo che sostiene l'attuale teoria del gioco di ruolo. The Forge e altri luoghi di discussione esistono per permettere ai designer di esaminare le proprie assunzioni, arrivare a capire meglio cosa possono fare i giochi e, attraverso il miglioramento delle proprie progettazioni, arricchire l'hobby.

Questa visione di insieme della teoria del gioco è stata per necessità molto breve e magari perfino sommaria. Ci sono un numero considerevole di articoli che riguardano ed espandono queste nozioni per quelli che hanno desiderio di imparare di più.

Ron Edwards ha, in molti modi, aperto la strada in questi anni. I suoi articoli, ora su TheForge, sono fondamentali per qualsiasi discussione della attuale teoria. System Does Matter [1] è ora superato, ma è ancora il punto migliore da cui partire. Esso viene espanso in una completa teoria in GNS and Other Matters of Role-playing Theory [3]. Una comprensione molto più chiara della teoria viene espressa nelle esposizioni più recenti: Simulationism: The Right to Dream  [4], Gamism:  Step On Up  [5] e Narrativism:  Story Now  [6].  A loro volta questi sono stati parzialmente aggiornati con la pubblicazione del The Provisional Glossary [7].

John Kim ha molto (di questo argomento) sul suo sito [8]. Egli è stato largamente coinvolto su RGFA nelle discussioni dell'originario modello Threefold e ha conservato quel lavoro espandendolo.

Il mio Applied Theory [9] è uno sforzo di chiarire molti concetti teorici evidenziando le loro potenziali applicazioni nel game design. Inoltre nella mia rubrica settimanale su Gaming Outpost [10], Game Ideas Unlimited mi sono avventurato nella teoria in un certo numero di occasioni. Left or Right? [11] esamina l'uso delle tecniche di illusionismo per conferire potere ai giocatori. Allo stesso tempo, Ephemeral Illusion [12] sfida l'illusionismo come approccio pratico al gioco. I mezzi per incoraggiare le varie creative agenda (da prima che venissero chiamate così) sono discussi in Rewards [13]. Credibility [14] esamina alcune delle basi dello spazio immaginato condiviso (shared immagined space) e come viene formato.

Una completa comprensione dello stato attuale della teoria richiede l'essere coinvolti nelle discussioni correnti. Sfortunatamente, i proprietari di The Forge hanno deciso recentemente di chiudere le discussioni di teoria sul forum, così queste conversazioni si sono sparpagliate nella blogosfera. Il più famoso di questi è il blog di Vincent Baker [15] e ci sono link ad altri blog sulla teoria nella sezione "Site Discussions" su The Forge.

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M. Joseph Young is best known as co-creator of Multiverser: The Game and its supplements, as well as author of novels based on its concepts.  He also writes many articles for many sites, including the Law and Enforcement in Imaginary Realms series here at Places to Go, People to Be.

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Riferimenti:


[1] R. Edwards (1998), System Does Matter, http://www.indie-rpgs.com/articles/11/

[2] Universalis Home Page, http://www.indie-rpgs.com/ramshead/

[3] R. Edwards (2001), GNS and Other Matters of Role-playing Theory, http://www.indie-rpgs.com/articles/1/

[4] R. Edwards, Simulationism: The Right to Dream, http://www.indie-rpgs.com/articles/15/

[5] R. Edwards, Gamism:  Step On Up, http://www.indie-rpgs.com/articles/21/

[6] R. Edwards (2003), Narrativism:  Story Now, http://www.indie-rpgs.com/articles/25/

[7] R. Edwards (2004), The Provisional Glossary, http://www.indie-rpgs.com/articles/27/

[8] John Kim Home Page, http://www.darkshire.net/~jhkim/

[9] M.J. Young, Applied Theory, http://www.indie-rpgs.com/articles/23/

[10] Gaming Outpost web site, http://www.gamingoutpost.com/

[11] M.J. Young (2001), Left or Right?, http://www.gamingoutpost.com/articles/unregistered_author/250/left_or_right/

[12] M.J. Young (2002), Ephemeral Illusion, http://www.gamingoutpost.com/articles/m_j_young/676/game_ideas_unlimited_ephemeral_illusion

[13] M.J. Young (2003), Rewards, http://www.gamingoutpost.com/articles/m_j_young/635/game_ideas_unlimited_rewards/

[14] M.J. Young (2004), Credibility,  http://www.gamingoutpost.com/articles/m_j_young/604/game_ideas_unlimited_credibility/

[15] Vincent Baker blog, http://www.lumpley.com/
« Ultima modifica: 2008-06-27 15:53:18 da Gabriele Pellegrini »

Leonardo

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« Risposta #1 il: 2008-06-20 14:58:47 »
Ho solo letto qualche pezzo in qua e là perché adesso vado di corsa...

"which regrettably I cannot credit" a mio avviso significa più o meno "di cui sfortunatamente non posso citare l'autore" o forse meglio in italiano "di cui purtroppo non ricordo l'autore".
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Leonardo »

Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« Risposta #2 il: 2008-06-20 15:14:19 »
Grazie :)

Sì questa volta devo ammettere che non sono stato molto bravo nel tradurre :oops: (me ne sto accorgendo rileggendo quello che ho scritto XD), tuttavia è anche vero che ho trovato questo articolo un po' più complesso del precedente. Cmq grazie per la segnalazione ;)
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Niccolò

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« Risposta #3 il: 2008-06-20 16:50:15 »
non preoccuparti, meglio qualcuno che traduce male, e poi si corregge insieme, che aspettare che qualcuno traduca.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Moreno Roncucci

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« Risposta #4 il: 2008-06-20 17:40:54 »
Citazione
[cite] Gabriele Pellegrini:[/cite]
Aspetto i vostri consigli di miglioramento.


Provo a fare qualche modifica/correzione al volo, poi magari una volta arrivati ad un testo definitivo correggiamo il primo post e cancelliamo gli altri. Sto facendo un po' in fretta perchè purtroppo alcune scelte di traduzione hanno falsato notevolemente alcune frasi (per fortuna, non quelle fondamentali) e vorrei evitare la diffusione di altre idee sbagliate sulla teoria, quindi probabilmente rimarrà qualche errore.

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Quando si sono esaminati gli stili dei GM e il game design dei giochi, è stato fatto notare en passant che lo scopo dei giochi, e quindi del design dei giochi, è il divertimento. Molte persone stanche di discorsi teorici ritornano a questa idea che quel che importa sia divertirsi, non il trasformare la questione in una materia accademica. Solo giocare, divertirsi, e non preoccuparsi di quello che stiamo facendo

Questo atteggiamento è in parte lodevole; dovremmo infatti essere sempre consapevoli del fatto che i giochi hanno come scopo principale il divertimento e che perciò è un errore allontanare il focus del game design da questo. Per contro così si evita una questione essenziale. In che modo ci divertiamo? Che cosa è che rende divertenti i giochi? Sebbene capisca perfettamente la dicotomia esistente tra divertirsi e fare del gioco un argomento accademico, vorrei suggerire che gli argomenti accademici possono essere una grande fonte di divertimento per quelle persone a cui piacciono. Il divertimento è come un concetto mal definito: lo conosciamo quando lo sperimentiamo, lo riconosciamo quando lo osserviamo negli altri, ma solitamente non ci soffermiamo a pensare a quale sia la causa che produce quest'esperienza.

Se vogliamo creare giochi, comunque, o anche se vogliamo capire come utilizzarli al meglio, abbiamo bisogno di capire che cosa rende i giochi divertenti e come far emergere tale divertimento nel gioco. Tuttavia se è vero che alcune persone trovano divertenti gli studi accademici mentre altre no, è chiaro che cose diverse sono divertenti per persone diverse. Per rendere un gioco divertente, devi discernere che cosa diverte i giocatori e accettare che questo non è identico per tutti i giocatori.

E' comune dire che ci sono due tipi di persone nel mondo; mio fratello scherza dicendo che ci sono due tipi di persone nel mondo: quelle che dividono tutte le persone nel mondo in due generi e quelle che non lo fanno. Sembra, comunque, che tra i giocatori tendiamo a dividerci sempre in tre generi. La primissima distribuzione triplice (three-fold) di giocatori che incontrai, che purtroppo non so a chi attribuire, sosteneva che alcuni giocatori cercano il combattimento, alcuni cercano gli enigmi da risolvere e alcuni cercano opportunità di interazione, sviluppo ed espressione dei personaggi. E raccomandava di progettare le avventure inserendo opportunità per tutti e tre i generi di gioco, così da poter piacere a tutti e tre i tipi di giocatori.

La prima divisione triplice di giocatori ad avere un impatto duraturo sulla teoria del gioco di ruolo emerse dalle discussioni di un newsgroup, facente parte di un angolo, ora largamente abbandonato, di Internet conosciuto col nome di Usenet e chiamato rec.games.frp.advocacy. Questa divisione è conosciuta talvolta come il modello RGFA o Threefold Model e talvolta viene chiamata GDS (da Gamism, Dramatism, Simulationism, n.d.t). Questo modello sembra essere emerso inizialmente da una tensione tra quelli per cui il gioco di ruolo riguardava vivere (experiencing) un personaggio, che presero il nome di simulazionisti, e quelli per cui il gioco riguardava esprimere (expressing) un personaggio, che furono chiamati drammatisti. Nel mezzo di questa tensione, qualcuno suggerì che nessuna di queste due posizioni lo interessava, poiché era lì per "giocare il gioco" (to play the game); così venne inventata la terza categoria dei gamisti per coprire quelli che erano più interessati al giocare che non all'interpretazione.

All'inizio del 1998, Ron Edwards pubblicò un articolo fondamentale sul Gaming Outpost [10] intitolato System Does Matter [1]. In questo articolo Edwards provò ad introdurre i lettori a una serie di concetti di game design. Egli citò le distinzioni introdotte da Jonathan Tweet nelle meccaniche di risoluzioni : fortune (l'uso di dadi o di altri elementi causali come le carte), karma (la comparazione diretta di punteggi o risorse) e drama (risoluzione attraverso autorità  (viene usata la parola latina fiat, n.d.t) la decisione di qualcuno nel gioco) e propose la sua visione del modello Threefold, rinominando il Dramatismo con Narrativismo per evitare la confusione con il termine di Tweet. Tuttavia egli cambiò in modo fondamentale il nocciolo dei concetti di gamismo, dramatismo e simulazionismo, portando all'emersione di una teoria distinta comunemente conosciuta come GNS.

Furono necessari diversi di anni e il contributo di molte persone in molte discussioni prima che quello che era chiamato GNS si distillasse in un concetto chiave all'interno della prima esaustiva teoria sui dei giochi di ruolo. All'interno di questa teoria, gamismo, narrativismo e simulazionismo sono stati definiti come categorie di creative agenda, nello sforzo di spiegare che cosa sono e come funzionano.

Il Professor Edwards evita di usare parole come ragione, motivo o intento. Ad un primo livello è facile dire che un "creative agendum" è la risposta alla domanda "perché giochiamo". Però, a causa dei problemi di comunicazione nel parlare di queste cose con il linguaggio quotidiano, la domanda "perché giochiamo" viene facilmente fraintesa. Può essere che John arrivi al gioco perché sta provando a portarsi a letto Mary. Potremmo onestamente dire che questo è il motivo per cui sta giocando. Questo però non ha nulla a che vedere con il perché sta giocando nel senso di una creative agendum; è solo un motivo sociale per essere coinvolti. Quando parliamo del perché qualcuno gioca, ci stiamo domandando perché l'atto del giocare sia divertente per quel giocatore, che cos'è che lo diverte quando sta prendendo parte ad un gioco di ruolo.

Non sorprenderà il fatto che a persone diverse piacciono cose diverse, e quindi si aspettano cose differenti dalla loro esperienza di gioco. Questo conduce a conflitti di interesse e ai relativi conflitti tra i giocatori. Riguardando a quel lontano e dimenticato modello triplice sulle preferenze di gioco, se abbiamo un giocatore che vuole il combattimento, un altro che vuole gli enigmi e un terzo che cerca interazioni tra personaggi, soddisfare gli interessi di tutti e tre può risultare nella migliore delle ipotesi l'esercizio di un giocoliere, in cui l'arbitro prova a dividere il tempo speso su ogni area in modo equo tra i tre partecipanti in modo che ognuno trovi divertente quella parte di gioco focalizzata sul suo interesse. Nella peggiore crea divisioni in un gruppo di gioco, con i giocatori che vedono dedicare meno della metà del gioco a quello che li diverte, sapendo che il gioco potrebbe essere progettato per essere "più divertente", in base a ciò che ciascuno trova divertente. Essendo i conflitti tra le creative agenda ancora più fondamentali di questa primitiva divisione, sono una causa ancora più probabile di questi conflitti. Diciamo che un gruppo di gioco è disfunzionale se i giocatori al suo interno sono in lotta per il controllo della creative agendum globale del gioco, sia che siano consapevoli di star facendo questo sia che non lo siano. Quando giocatori diversi vogliono cose differenti dallo stesso gioco, i gruppi di gioco non funzionano bene.

Per capire le creative agenda si deve prima capire che esse riguardano l'atto del giocare. Questo è ciò che le persone portano al tavolo, che guida le loro decisioni di gioco; è ciò che rende il gioco divertente per una persona. Ci sono giocatori che hanno diverse ragioni per giocare, e giocheranno giochi differenti per differenti ragioni o anche cambieranno la loro creative agendum durante il gioco. Queste non sono categorie in cui dividere le persone, né sono propriamente categorie per i giochi, ma sono bensì categorie dei vari tipi di divertimento che possono guidare e informare un approccio di gioco personale. Inoltre, nessuno afferma o crede che sia impossibile che possa esistere una quarta agendum che debba ancora essere identificata; solo che, ad oggi, gli sforzi di definirne una quarta hanno sempre ricondotto a una delle tre esistenti.

Al Gamismo è spesso data poca attenzione da molti giocatori perché tutti pensano di capire che cosa sia e molte persone lo associano a termini quali munchkin, power gamer o rules lawyer. Anche se quei giocatori si ritrovano di solito nel gioco gamista, non sono la sua definizione. E' stato detto che il gamismo riguarda vincere e perdere, ma questa è una descrizione troppo limitata. Ciò che si avvicina di più concerne l'affrontare efficacemente le sfide, ma manca ancora qualcosa. Fondamentalmente il gamismo riguarda la ricerca della gloria (the pursuit of glory). Riguarda il mettersi in mostra, riguarda la ricompensa che viene dal fare qualcosa ammirato dagli altri. Se i giocatori stanno prendendo il loro divertimento dal fatto che stanno impressionando gli altri con quanto bene stanno giocando (in particolare nell'affrontare le sfida in-game), se la loro discussione post-gioco racconta delle cose più fiche che i personaggi hanno fatto e i loro sorrisi in-game vengono dalle situazioni meglio gestite, questi è quasi certamente un gioco gamista.

Se il gamismo è più complicato di quello che la gente pensa, il narrativismo lo è meno. Il narrativismo ha sofferto di incomprensioni e cattiva stampa e di particolari limiti del linguaggio per quanto riguarda la parola storia, che significa molte cose differenti per la gente. Il Narrativismo fornisce lo stesso genere di divertimento del sedersi con i propri amici discutendo sul significato della vita, dell'universo e di ogni cosa. E' guidato dal desiderio di esplorare problemi, di creare drammi morali, etici o personali attraverso l'introduzione di un conflitto e testando una risposta. Fondamentalmente riguarda le conseguenze delle scelte. In pratica, comunque, è semplice come immaginare una situazione che affronta principi e valori reali, decidendo che cosa farebbe un personaggio i base ai suoi valori e osservando quello che accade. Le persone giocano in questo modo tutto il tempo senza esserne consapevoli. Essi sollevano questioni di amore, lealtà, fedeltà, fiducia, onore, onestà e altro nei loro giochi e, mettendo il personaggio in situazioni nelle quali differenti valori confliggono, testano le proprie credenze su quelle cose.

La teoria è per sua natura sempre in continuo mutamento. Questo è evidente in ogni sforzo di definire il simulazionismo. Ron Edwards lo descrive come il mettere l'enfasi sulla "preservazione del sogno". Il co-autore di Universalis [2] Ralph Mazza enfatizza la relazione tra elementi fissi e variabili come in un esperimento, mentre il suo socio Mike Holmes mette in dubbio se sia veramente una creative agendum nello stesso senso del narrativismo e del gamismo. La mia percezione è che l'obiettivo del simulazionismo sia la scoperta e il guidare la curiosità. E' la stessa concezione di divertimento che guida la popolarità di programmi come The History Channel, dei documentari, dei programmi sui viaggi e dei programmi di scienza, quel desiderio di imparare.

Così arriviamo tutti al tavolo di gioco per divertirci; ma possiamo avere concezioni differenti di che cosa rende un gioco divertente. Se non siamo d'accordo, allora come gli "enigmisti" e i "combattenti" ci scontriamo per il controllo del gioco o ci lamentiamo di quelle condizioni che non ci fanno piacere il gioco.

Uno degli obiettivi del game design è di eliminare tali disfunzioni. Può sembrare privo di senso pratico suggerire che le regole del gioco possono avere impatto sul quello che i giocatori trovano divertente, soprattutto poiché, come abbiamo visto nel nostro primo articolo (NdT: si veda Theory 101 — Part 1 : System and the Shared Imagined Space), esse non sono il sistema ma meramente un modo per influenzare il sistema. Ora il sistema ha importanza (system does matter). La relazione tra creative agendum e regole nasce proprio perché il sistema ha importanza e le regole sono un'autorità importante per il sistema. Un gioco può essere progettato per incentivare o facilitare una particolare creative agendum o almeno per evitare di confliggere con essa. Questo è dove nasce il concetto di giochi gamisti o narrativisti o simulazionisti. Da una certa prospettiva, non si può dire in maniera sensata che esistano. Il gamismo, il narrativismo e il simulazionismo sono agenda di giocatori espresse attraverso l'atto del giocare. Ma, se un gioco premia una agendum e interferisce con le altre, quelli che lo giocano dovranno fare una scelta. Essi possono ignorare le regole che intralciano il loro specifico approccio al divertimento, modificando (drifting) il gioco perché sia quello desiderato attraverso la creazione di un sistema (nel senso del principio di lumpley - n.d.t) meno ancorato alle regole (nel senso del manuale di gioco - n.d.t). Oppure possono cambiare atteggiamento, provando a capire perché un genere differente di gioco è divertente trovando divertimento in qualcosa di nuovo. Oppure possono giocare ad un altro gioco.

Molto si è detto nelle discussioni di teoria a riguardo del game design incoerente. Questo porta a molte discussioni, soprattutto perché il termine viene frainteso.

In principio i giochi di ruolo scoprirono che c'erano un sacco di grandi cose che potevano essere fatte, e cercarono di farle tutte. Le radici da wargame dell'hobby portarono quella tensione tra gamismo e simulazionismo, che lì esiste, anche nel design di questi nuovi giochi, e l'introduzione dell'interazione fra i personaggi portò con sé il potenziale per il narrativismo. I giochi cercavano di incoraggiare tutti questi modi. Tuttavia, questi modi erano spesso in conflitto diretto tra loro, cosicché il giocatore che ne perseguiva uno interferiva con i giocatori che ne perseguivano altri. Gli stessi set di regole perciò contenevano "elementi" (bits) che per supportare differenti modi di gioco mettevano i giocatori l'uno contro l'altro.

La soluzioni più semplice a questo è sempre stata quella di dire ai giocatori di eliminare quelle regole che non contribuivano al loro divertimento. Questo funziona estremamente bene nella creazione di  gruppi di gioco funzionali, ad esempio quelli che hanno inclinazioni gamiste elimineranno diverse regole a supporto del narrativismo e del simulazionismo per aumentare la loro capacità di mettere alla prova se stessi, mentre quelli con interessi narrativisti elimineranno molto di ciò che è gamista o simulazionista così da focalizzarsi sui valori e sulle scelte del personaggio. Questo succede a diversi livelli in ogni gruppo, spesso senza che sia riconosciuto da quelli che ne sono coinvolti. Esso può passare completamente inosservato, ogni gruppo crede di star giocando il gioco come è scritto, finché i giocatori non si spostano in altri gruppi e scoprono che la scelta sulle regole che non hanno interesse o che devono essere ignorate, in altri gruppi è completamente diversa.

Questo in sostanza significa che nonostante si usino le stesse regole come autorità, questi due gruppi hanno forgiato sistemi completamente incompatibili fra di loro. Entrambi sostengono di star giocando a Dungeons&Dragons o a Champions o a Vampire: the Masquerade, ma essi non potrebbero giocare assieme meglio di un giocatore di bridge con un giocatore di pinnacolo. Le stesse regole hanno condotto a pratiche di gioco molto diverse.

Tali giochi sono definiti incoerenti a causa del loro fallimento nel produrre un gioco uniforme nei vari gruppi di gioco. Le regole del bridge o del baseball o di Axis and Allies sono costruite in modo che i giocatori possano muoversi da un gruppo di gioco ad un altro senza dover imparare nuove regole. Molti, molti giochi di ruolo sono costruiti in quel modo. Ma molti di essi sono costruiti come borse degli attrezzi, non per essere giocati come sono scritti ma per essere customizzati in accordo con i gusti personali. Ci sono vantaggi in questo tipo di design a livello di marketing, poiché un maggior numero di giocatori comprerà un gioco che può customizzare piuttosto che uno che stato progettato a dovere per supportare una specifica esperienza di gioco che può o non può divertire. D'altra parte, questo incentiva un atteggiamento verso i giochi per cui il sistema non importa, per cui qualunque arbitro può prendere un qualsiasi gioco, sbudellarne le meccaniche e far giocare nel setting usando le proprie -lungamente testate- personali regole. Il sistema (però) importa, perché se permetti alle regole di informare il tuo approccio al gioco, scoprirai che i giochi sono veramente differenti l'uno dall'altro, molto di più che non solo per i dettagli del setting, e che ci sono più cose divertenti che si possono fare con il gioco di ruolo di quelle che conoscevi.

Questo è l'obiettivo di una buona progettazione di gioco coerente ed è anche l'obiettivo che sostiene l'attuale teoria del gioco di ruolo. The Forge e altri luoghi di discussione esistono per permettere ai designer di esaminare le proprie assunzioni, arrivare a capire meglio cosa possono fare i giochi e, attraverso il miglioramento delle proprie progettazioni, arricchire l'hobby.

Questa visione di insieme della teoria del gioco è stata per necessità molto breve e magari perfino sommaria. Ci sono un numero considerevole di articoli che riguardano ed espandono queste nozioni per quelli che hanno desiderio di imparare di più.

Ron Edwards ha, in molti modi, aperto la strada in questi anni. I suoi articoli, ora su TheForge, sono fondamentali per qualsiasi discussione della attuale teoria. System Does Matter [1] è ora superato, ma è ancora il punto migliore da cui partire. Esso viene espanso in una completa teoria in GNS and Other Matters of Role-playing Theory [3]. Una comprensione molto più chiara della teoria viene espressa nelle esposizioni più recenti: Simulationism: The Right to Dream  [4], Gamism:  Step On Up  [5] e Narrativism:  Story Now  [6].  A loro volta questi sono stati parzialmente aggiornati con la pubblicazione del The Provisional Glossary [7].

John Kim ha molto (di questo argomento) sul suo sito [8]. Egli è stato largamente coinvolto su RGFA nelle discussioni dell'originario modello Threefold e ha conservato quel lavoro espandendolo.

Il mio Applied Theory [9] è uno sforzo di chiarire molti concetti teorici evidenziando le loro potenziali applicazioni nel game design. Inoltre nella mia rubrica settimanale su Gaming Outpost [10], Game Ideas Unlimited mi sono avventurato nella teoria in un certo numero di occasioni. Left or Right? [11] esamina l'uso delle tecniche di illusionismo per conferire potere ai giocatori. Allo stesso tempo, Ephemeral Illusion [12] sfida l'illusionismo come approccio pratico al gioco. I mezzi per incoraggiare le varie creative agenda (da prima che venissero chiamate così) sono discussi in Rewards [13]. Credibility [14] esamina alcune delle basi dello spazio immaginato condiviso (shared immagined space) e come viene formato.

Una completa comprensione dello stato attuale della teoria richiede l'essere coinvolti nelle discussioni correnti. Sfortunatamente, i proprietari di The Forge hanno deciso recentemente di chiudere le discussioni di teoria sul forum, così queste conversazioni si sono sparpagliate nella blogosfera. Il più famoso di questi è il blog di Vincent Baker [15] e ci sono link ad altri blog sulla teoria nella sezione "Site Discussions" su The Forge.

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M. Joseph Young is best known as co-creator of Multiverser: The Game and its supplements, as well as author of novels based on its concepts.  He also writes many articles for many sites, including the Law and Enforcement in Imaginary Realms series here at Places to Go, People to Be.

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Riferimenti:


[1] R. Edwards (1998), System Does Matter, http://www.indie-rpgs.com/articles/11/

[2] Universalis Home Page, http://www.indie-rpgs.com/ramshead/

[3] R. Edwards (2001), GNS and Other Matters of Role-playing Theory, http://www.indie-rpgs.com/articles/1/

[4] R. Edwards, Simulationism: The Right to Dream, http://www.indie-rpgs.com/articles/15/

[5] R. Edwards, Gamism:  Step On Up, http://www.indie-rpgs.com/articles/21/

[6] R. Edwards (2003), Narrativism:  Story Now, http://www.indie-rpgs.com/articles/25/

[7] R. Edwards (2004), The Provisional Glossary, http://www.indie-rpgs.com/articles/27/

[8] John Kim Home Page, http://www.darkshire.net/~jhkim/

[9] M.J. Young, Applied Theory, http://www.indie-rpgs.com/articles/23/

[10] Gaming Outpost web site, http://www.gamingoutpost.com/

[11] M.J. Young (2001), Left or Right?, http://www.gamingoutpost.com/articles/unregistered_author/250/left_or_right/

[12] M.J. Young (2002), Ephemeral Illusion, http://www.gamingoutpost.com/articles/m_j_young/676/game_ideas_unlimited_ephemeral_illusion

[13] M.J. Young (2003), Rewards, http://www.gamingoutpost.com/articles/m_j_young/635/game_ideas_unlimited_rewards/

[14] M.J. Young (2004), Credibility,  http://www.gamingoutpost.com/articles/m_j_young/604/game_ideas_unlimited_credibility/

[15] Vincent Baker blog, http://www.lumpley.com/
« Ultima modifica: 2008-06-27 15:48:40 da Moreno Roncucci »
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Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« Risposta #5 il: 2008-06-20 18:19:41 »
Ottimo grande Moreno, è già molto più scorrevole :)
Grazie mille per i vostri contributi.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« Risposta #6 il: 2008-06-24 21:54:34 »
Posso ritenere il testo corretto e finito oppure ci dovete fare altre modifiche?

Ciao
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Moreno Roncucci

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« Risposta #7 il: 2008-06-24 22:03:10 »
Aspettavo gli interventi di altri...
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Moreno Roncucci »
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Niccolò

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« Risposta #8 il: 2008-06-25 09:55:51 »
a me sembra ok
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« Risposta #9 il: 2008-06-25 10:05:14 »
Passo a riportare la correzione in testa al topic?
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« Risposta #10 il: 2008-06-25 12:50:06 »
Citazione
socio Mike Holmes mette in dubbio se è veramente una creative agendum nello stesso senso del narrativismo e del gamismo.

qualcuno ha un riferimento circa questo?
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da vertigo »

Moreno Roncucci

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Theory 101 - parte 3: Creative Agenda
« Risposta #11 il: 2008-06-25 13:55:14 »
Citazione
[cite] vertigo:[/cite]
Citazione
socio Mike Holmes mette in dubbio se è veramente una creative agendum nello stesso senso del narrativismo e del gamismo.

qualcuno ha un riferimento circa questo?


Credo sia un riferimento alla versione di Mike Holmes della teoria del "Beeg Horseshoe" (grande ferro di cavallo), proposta all'inizio da Jared Sorensen. Ma e' roba di diversi anni fa, non so come la pensino adesso.  Di dubbi sull'effettiva esistenza del simulazionismo ce n'erano comunque tanti nelle prime discussioni sull'argomento.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Moreno Roncucci »
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