Albe di Cieli Lontani
Cercherò brevemente di spiegare come dettagliare un sistema solare.
Siccome a noi interessano i sistemi solari con uno o due pianeti abitabili dagli umani, mi focalizzerò su questo tipo di sistemi, anche se non è scritto da nessuna parte che debba per forza esistere vita di tipo terrestre.
Le stelle
Le stelle si muovono nel firmamento, ma nella maggior parte dei casi il loro movimento è per noi impercettibile, a causa della grande distanza. Eppure, vi sono stelle della nostra Galassia la cui velocità supera i 100 km/s; quelle vicine al Sole sembrano muoversi con velocità media di 20 km/s. Il movimento di una stella è studiato controllando la posizione dell’astro rispetto a stelle circostanti in lunghi intervalli.
Classe spettrale e luminosità
La diversa luminosità delle stelle e la caratteristica che ha suggerito di suddividere le stelle in classi sulla base del loro splendore: la classe spettrale. La luminosità di una stella è accuratamente misurata con fotometri fotoelettrici, simili a esposimetri fotografici, montati su telescopi.
La luminosità delle stelle qui adottata è misurata in Soli, in altre parole, quante volte la stella è più o meno luminosa del Sole.
La classe spettrale di una stella indica la temperatura della fotosfera, che per le stelle della sequenza principale è legata alla loro massa.
Le stelle K: arancioni, G: gialle, F: gialle bianche sono le più adatte ad accogliere la vita perché bruciano per almeno qualche miliardo di anni.
Le stelle più luminose, come quelle delle classi O: blu, B: azzurre, A: bianche bruciano in generale meno di un miliardo di anni e in certi casi addirittura meno di dieci milioni di anni.
Le stelle K, G e F. , inoltre, emettono sufficiente radiazione ultravioletta per catalizzare importanti reazioni nell’atmosfera, come la formazione dell’ozono, ma non troppo, perché questo distruggerebbe la vita.
Nel diagramma Herzsprung-Russel le stelle non si distribuiscono a caso, ma in grandissima parte si raccolgono lungo una fascia, che attraversa diagonalmente il diagramma, chiamata sequenza principale. In tale se quelle stelle sono disposte secondo un ordine regolare, da quelle blu, più calde e con massa maggiore fino a quelle rosse, più fredde e di massa minore. Lì Sole vi compare in posizione intermedia, come una stella gialla (tipo G). Al di fuori della sequenza principale, nella parte in alto a destra del diagramma, compaiono stelle giganti rosse: hanno la stessa temperatura superficiale, e quindi lo stesso colore di stelle della sequenza principale, ma rispetto a queste sono molto più luminose, per cui devono avere una superficie radiante, cioè che emette energia luminosa, molto più estesa. Alcune di queste stelle sono così grandi da essere chiamate supergiganti. Un altro gruppo di stelle esterno alla sequenza principale occupa la parte in basso e verso sinistra del diagramma: tali stelle hanno lo stesso colore di quelle della sequenza principale, ma sono molto meno luminose, per cui devono essere noto più piccole sono dette Nane Bianche.
Colori, temperature e spettri stellari
Con l’impiego di opportuni strumenti, gli spettroscopi, un qualunque raggio luminoso da origine a uno spettro, cioè a una striscia formata da bande con tutti i colori dell’iride: dal rosso, che corrisponde a luce con lunghezza d’onda maggiore, al blu, con lunghezza d’onda minore, oppure da una serie di righe luminose, la cui posizione e il cui dipende dalla natura chimica della sorgente luminosa. Gli spettri sono una specie d’impronte digitali dei vari elementi chimici e costituiscono un potente strumento d’indagine, poiché con uno spettrografo è possibile ottenere lo spettro anche di corpi lontanissimi. Esaminando le posizioni e gli spessori delle righe negli spettri si possono determinare gli elementi o i composti chimici del corpo da cui proviene la luce, o delle masse gassose attraversate dalla luce stessa. In realtà la questione non é così semplice, perché il «tipo spettrale» dipende dalla temperatura del corpo emittente e le stelle non hanno tutte la stessa temperatura, come rivelano in prima approssimazione i differenti colori con cui ci appaiono strettamente legati alle temperature superficiali delle singole stelle. Si ricordi che, all’aumentare della temperatura di un corpo, diminuisce la lunghezza d’onda delle radiazioni luminose che esso emette in prevalenza: si passa, cioè, dal rosso al blu. Nella Costellazione di Orione, visibile nei nostri cieli invernali e primaverili, l’enorme stella Betelgeuse appare rossa, mentre l’altra stella molto luminosa, Rigel, è bianco-azzurra. La prima emette energia soprattutto come luce rossa, cioè a lunghezze d’onda maggiori, per cui sappiamo che è relativamente fredda: circa 3000 kelvin (K); la seconda invece emette energia soprattutto come (minuscolo] radiazioni luminose di lunghezze d’onda minori, che appaiono bianco-azzurre al nostro occhio, ed è, quindi, molto calda: oltre 12 000 K. All’analisi spettroscopica, le diverse temperature delle stelle si traducono in pratica in differenti tipi spettrali: le stelle vengono perciò classificate in una serie di classi spettrali, ordinate in funzione di valori decrescenti della temperatura. La classe spettrale O, per esempio, comprende le stelle a più alta temperatura superficiale (30 000-60 000 K), di colore bianco-azzurro, mentre la classe M raccoglie le stelle più «fredde» (3 000 K), di colore rosso; il nostro Sole appartiene a una classe intermedia, con stelle di colore giallo e temperatura di 5000-6000 K. La luminosità delle stelle diminuisce al diminuire della loro temperatura, per cui è possibile risalire, dalla classe spettrale di una stella, alla sua magnitudine assoluta: è proprio questa la relazione alla base del metodo per determinare le distanze stellari descritto all’inizio. Le analisi spettrali, eseguite su centinaia di migliaia di corpi celesti, hanno mostrato una notevole uniformità nella composizione chimica delle atmosfere stellari, cioè della parte estrema dell’ammasso di materia di cui è formata una stella. Per la maggior parte tale materia e costituita di idrogeno (H: 80%) e di elio (He: 19%), mentre la parte rimanente (meno dell’1%) comprende tutti gli altri elementi chimici che conosciamo.
Zona Abitabile
L’acqua liquida può esistere sulla superficie dei pianeti orbitanti a una distanza che non induce rotazione sincrona. Meno un pianeta è massiccio più è vicino alla sua stella prima si "ferma" cioè entra in moto sincrono con essa e, non diversamente dalla Luna che rivolge sempre la stessa faccia alla Terra, il pianeta in moto sincrono rivolge sempre la stessa faccia al Sole.
Le stelle K, G e F non sono né troppo calde, né troppo fredde, e bruciano sufficientemente a lungo perché la vita abbia possibilità di comparire. Questo tipo di stelle costituisce probabilmente dal 5 al 10% delle stelle della nostra galassia.
È controverso se le stelle più piccole e meno luminose, quelle di classe spettrale M. - M: rosse
Possano ospitare mondi ospitali alla vita di tipo terrestre.
Perché eventuali pianeti nella biozona, molto vicina alla stella, avrebbero le maree frenate quindi avrebbero un emisfero luminoso perennemente illuminato e rovente e uno oscuro perennemente buio e freddo.
La biozona (HZ in inglese) è la distanza dal sole alla quale i pianeti presenti possono mantenere acqua allo stato liquido sulla superficie.
Una zona abitabile «stabile» presenta due particolarità. Anzitutto, la sua localizzazione deve rimanere pressoché invariata. La luminosità delle stelle aumenta col passare del tempo una data zona abitabile si allontana dalla stella.
Inoltre, nessun corpo di massa importante come un gigante gassoso dev’essere presente nella zona abitabile o in prossimità di questa: la sua presenza potrebbe impedire la formazione di pianeti terrestri.
Tutte le stelle conoscono delle variazioni di luminosità, ma l’ampiezza di tali fluttuazioni è molto diversa da una stella all’altra. La maggior parte delle stelle sono relativamente stabili, ma un’espressiva minoranza tra esse è variabile e presenta spesso dei cali e degli intensi aumenti di luminosità. Di conseguenza, la quantità d’energia radiativa che i corpi orbitanti ricevono subisce delle brusche variazioni. Queste ultime sono dunque delle cattive candidate a ospitare pianeti in grado di permettere la vita nella misura in cui le forti variazioni di flusso energetico hanno un impatto negativo sulla sopravvivenza degli organismi. Per esempio, esseri viventi adattati a un dominio di temperatura particolare avrebbero probabilmente problemi a sopravvivere a importanti variazioni di temperatura. Inoltre, le variazioni di luminosità sono in genere accompagnate dall’emissione di dosi massicce di raggi gamma e di raggi X, radiazioni che potrebbero essere letali. L’atmosfera dei pianeti è in grado di attenuare tali effetti ma è ugualmente possibile che tali pianeti non siano in grado di trattenere la loro atmosfera perché le forti radiazioni incidenti a ripetizione potrebbero disperderla.. Un aumento del 100% della luminosità solare non implica necessariamente un aumento del 100% della temperatura della Terra.
Metallica
Ogni sistema solare con le sue stelle e i suoi pianeti si forma da un’unica nebulosa primordiale.
La composizione della nebulosa determina gli oggetti astronomici che popoleranno il sistema.
Alcuni sistemi a bassa metallica avranno soltanto giganti gassosi, palle di ghiaccio e comete.
Altri sistemi a bassa metallica avranno mondi di carbonio e giganti gassosi verdi e azzurri simili a Urano e Nettuno.
Sistemi binari
Alcune stelle hanno una compagna vicina o distante.
È difficile ma non impossibile che i pianeti dei sistemi binari abbiano orbite abbastanza stabili e regolari da ospitare la vita.
Esistono anche sistemi trinari con due stelle vicine e una compagna distante (come Alpha Centauri) oppure quaternari formati da due coppie di compagne vicine, oppure ammassi stellari, poco stabili, con stelle a distanza ravvicinata.
E quante più stelle ci sono in un sistema tanto meno è probabile che i pianeti nella biozona mantengano un’orbita stabile.
Nebulose
Le nebulose sono formate soprattutto idrogeno (oltre il 90%) da polveri e gas freddi. Le nebulose di solito sono in stato di quiete perché le particelle non sono abbastanza massicce perché la forza di gravità possa fare effetto, quando qualche evento comincia a creare aggregati di materia sufficientemente massiccia comincia il collasso della nebulosa e la formazione di un sistema stellare.
Nascita di un sistema solare
Con il proseguire dell’addensamento e della contrazione, l’energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica e di conseguenza aumenta la temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una protostella, da cui partono gran copia di radiazioni infrarosse. A causa della forza di gravità, la contrazione prosegue e il nucleo della protostella si riscalda; ma se la massa iniziale e scarsa, ad esempio qualche centesimo della massa solare, la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari: la contrazione si arresta e il corpo si raffredda, lasciando una fredda e buia nana bruna (una «stella mancata»).
Se invece la massa è sufficiente, continua a riscaldarsi, fino a raggiungere temperature di quindici milioni di K, sufficienti a far innescare il processo termonucleare di trasformazione dell’idrogeno in elio. Il calore liberato da tale reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l’esterno, fino a compensare la forza di gravità: si giungono così a una fase di stabilità, durante il quale la stella, ormai adulta, si trova sulla sequenza principale del diagramma H-R, che rappresenta, quindi, la fase dell’evoluzione di una stella nel corso della quale la fonte di energia è la «combustione nucleare» dell’idrogeno. La sua posizione e la sua permanenza nella sequenza principale dipendono dalla massa iniziale della nebulosa da cui sì e originata: stelle nate con grande massa diventano più calde, blu, e consumano il loro idrogeno più rapidamente (nel giro di milioni di anni); stelle con massa piccola rimangono meno calde, rosse, e sono più longeve (miliardi di anni). Le stelle gialle rimangono nella sequenza circa dieci miliardi di anni: il Sole, che ha già cinque mi leardi di anni, e una stella «di mezza età».
Gigante Rossa
Alla fine il combustibile nucleare si esaurisce e la stella, sotto la pressione del suo enorme campo gravitazionale non più contrastato, deve lasciare la fase di gigante rossa per avviarsi alla fine.
Nebulosa Planetaria
Alla trasformazione in una gigante rossa, seguita dalla formazione di una nebulosa planetaria e, se la massa e alcune volte quella del Sole l’oggetto si trasformeranno in una nana bianca.
Stelle con massa iniziale prossima a quella solare devono collassare, gradualmente, fino a divenire corpi delle dimensioni della Terra, per cui la loro densità deve arrivare a milioni di volte quella dell’acqua e la materia si presenta in uno «stato degenerato», con i nuclei degli atomi immersi in un «mare» continuo di elettroni. Sarebbe questa l’origine delle nane bianche, che, riscaldate dal processo di contrazione, ma prive di una fonte di energia nucleare, sono destinate a raffreddarsi lentamente.
Nane Bianche
Dopo la fase di gigante rossa l’evoluzione stellare segue vie diverse secondo la massa iniziale della stella. Le stelle con massa iniziale pari a quella del Sole o alcune volte maggiore (tra 0,8 e 8 volte quella del Sole) diventano nane bianche, ma prima attraversano una fase particolare.
Arrivate allo stadio di giganti rosse, finiscono per espellere i loro strati più esterni che, trascinati via da un imponente vento stellare, danno origine a nubi sferiche di gas in espansione. Tali involucri gassosi, che contengono parte degli elementi che si sono formati nel nucleo della stella centrale idrogeno, elio, carbonio, ossigeno, azoto ecc. sono chiamate nebulose planetarie poiché ai primi osservatori, nel secolo scorso, apparivano come dischetti luminescenti, simili ai pianeti. Con la perdita dell’involucro esterno, la gigante rossa si trasforma in un nucleo rovente, che si contrae e si riscalda ulteriormente, a spese dell’idrogeno residuo. Dopo alcune migliaia di anni, la fusione nucleare si esaurisce e la stella inizia a raffreddarsi; al fino, la nebulosa scompare e la stella centrale, compatta e nuda, diventa una nana bianca.
Stella di neutroni
Quando la pressione degli elettroni degeneri non è più in grado di controbilanciare il collasso gravitazionale si avvia il processo che porta la stella morente a evolvere in una stella di neutroni.
Perciò quando la massa rimanente della stella è superiore a 1,44 masse solari, non si stabilizza nello stadio di nana bianca ma procede oltre, fino ad arrivare appunto allo stadio di stella di neutroni.
Buco Nero
Se la massa originaria della stella e qualche decina di volte quella del Sale, dopo la fase di supernova il collasso gravitazionale non trovano più forze sufficienti a contrastare il collasso gravitazionale. La contrazione prosegue, la densità continua ad aumentare e si forma un corpo sempre più piccolo, circondato da un campo gravitazionale immenso. Una porzione di spazio, non più grande di una decina di Chilometri, si trasforma in un vortice oscuro in grado di attirare entro di sé e di far scomparire qualunque corpo o particella che entri nel suo raggio d'azione : neanche le radiazioni, compresa la luce, potrebbero uscirne, per cui è molto appropriato il nome di buco nero con cui viene indicato.
Massa
L’ipotesi principale fatta sui pianeti abitabili è che essi siano di masse prossime a quelle terrestri. Tali pianeti, la cui massa sarà dello stesso ordine di grandezza di quella della Terra, sono principalmente composti da silicati e non hanno conservato strati gassosi esterni di idrogeno ed elio come i pianeti gassosi.
I pianeti con una massa scarsa sarebbero dei cattivi candidati a ospitare la vita per due ragioni. Anzitutto, la loro gravità risulterebbe più bassa e la loro atmosfera meno densa. Le molecole che costituiscono la vita hanno una probabilità molto più elevata di raggiungere la velocità di fuga e di essere espulse nello spazio per la propulsione del vento solare o per una collisione. I pianeti la cui atmosfera non è spessa non avranno sufficiente materia per la biochimica iniziale, non sono abbastanza isolati termicamente e una cattiva conducibilità termica attraverso la loro superficie e meno protezione contro le radiazioni ad alta frequenza e i meteoriti. Inoltre, i pianeti più piccoli hanno un diametro inferiore e dunque maggiore rapporto superficie-volume dei pianeti di maggiori dimensioni. Tali corpi tendono a perdere energia molto più rapidamente dopo la loro formazione e hanno dunque scarsa attività geologica. Non presentano vulcani, terremoti né attività tettonica che fornisca alla superficie elementi favorevoli alla vita e all’atmosfera molecole in grado di regolare la temperatura come ad esempio il biossido di carbonio.