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General / Commenti: Sturm und Drang
« il: 2009-05-08 10:12:07 »
È fondamentale che un giocatore giochi un personaggio attraverso la propria sensibilità, non potrebbe essere diversamente perché non posso chiederla al mio vicino di casa, ma una cosa è giocare con la propria sensibilità, un' altra giocare se stessi.
Se l’ambientazione chiede che il personaggio venga giocato con certi parametri, tu non puoi giocare quello che vuoi, in un gioco di ruolo da tavolo sarebbe come crearsi delle house rules (parpuziare?). Se il personaggio ha delle reazioni che non credi credibili perché lo rifletti sul tuo gusto estetico e non sulla tua sensibilità proiettata nel personaggio, è come dire: "io Otello non intendo uccidere Desdemona, perché io attore che interpreta Otello non sono geloso".
Il problema che sottoponi, è il classico esempio di: “il mio personaggio non farebbe mai una cosa del genere” quando si gioca a Vampiri. In verità non è il personaggio che non lo farebbe mai, ma il giocatore che non vuole farglielo fare per quale assurda paura.
Questo è l’atteggiamento del giocatore “schiavo del personaggio” (che in verità e schiavo del giudizio di se), nessuno e nemmeno in sud ti dice che devi dire o fare determinate cose, ma che il tuo ruolo è quello di raccontare una storia insieme agli altri e interpretare fino in fondo quello che hai per le mani.
Nessuno chiede Konstanitn (come è successo) di uccidere Bob, ma sicuramente quando lo vede nel negozio un po’ di voglia di farlo deve averla. Riguardo alla credibilità c’è un altro piccolo paragrafo sempre a pagina 13 del sud: “COERENZA: questa è una parte fondamentale perché, nel momento in cui le atmosfere della storiacreata dai partecipanti si sono fatte cupe e tragiche, basta un input poco coerente per spezzare il ritmo irreparabilmente e spingersi verso la comicità. La coerenza viene ben mantenuta solo se c’è ascolto.”
Si in effetti forse mi sono spiegato male, quello che intendo non è tanto “non importa crederci, basta fare finta”, ma riuscire a crearsi in testa, un sottotesto in grado di farmi credere una certa cosa, quello si.
Come insegna Stanislavskij il famigerato “se magico” è il primo processo che attiviamo per rendere credibile a noi stessi ciò che normalmente non lo sarebbe.
Quindi quello che intendo è il giocatore deve avere l’umiltà di accettare ciò che gli viene proposto dall’ambientazione e dal gioco degli altri, secondo un processo di fiducia. Nei match di improvvisazione teatrale gli attori diventano anche dei frigoriferi e gli altri interpreti li trattano come tali, perché hanno imparato a credere non alla loro verità ma a quella della sciarada.
L’interprete deve essere in grado di imparare a credere e non credere secondo il proprio insindacabile giudizio. A volte il live può diventare un modo per crescere.
Grazie Mille e scusate il nuovo papiro…
Andrea Rinaldi
P.s. VI prometto che la prossima risposta sarà più breve ci sono troppe cose di cui parlare e da sviscerare...
Se l’ambientazione chiede che il personaggio venga giocato con certi parametri, tu non puoi giocare quello che vuoi, in un gioco di ruolo da tavolo sarebbe come crearsi delle house rules (parpuziare?). Se il personaggio ha delle reazioni che non credi credibili perché lo rifletti sul tuo gusto estetico e non sulla tua sensibilità proiettata nel personaggio, è come dire: "io Otello non intendo uccidere Desdemona, perché io attore che interpreta Otello non sono geloso".
Il problema che sottoponi, è il classico esempio di: “il mio personaggio non farebbe mai una cosa del genere” quando si gioca a Vampiri. In verità non è il personaggio che non lo farebbe mai, ma il giocatore che non vuole farglielo fare per quale assurda paura.
Questo è l’atteggiamento del giocatore “schiavo del personaggio” (che in verità e schiavo del giudizio di se), nessuno e nemmeno in sud ti dice che devi dire o fare determinate cose, ma che il tuo ruolo è quello di raccontare una storia insieme agli altri e interpretare fino in fondo quello che hai per le mani.
Nessuno chiede Konstanitn (come è successo) di uccidere Bob, ma sicuramente quando lo vede nel negozio un po’ di voglia di farlo deve averla. Riguardo alla credibilità c’è un altro piccolo paragrafo sempre a pagina 13 del sud: “COERENZA: questa è una parte fondamentale perché, nel momento in cui le atmosfere della storiacreata dai partecipanti si sono fatte cupe e tragiche, basta un input poco coerente per spezzare il ritmo irreparabilmente e spingersi verso la comicità. La coerenza viene ben mantenuta solo se c’è ascolto.”
Si in effetti forse mi sono spiegato male, quello che intendo non è tanto “non importa crederci, basta fare finta”, ma riuscire a crearsi in testa, un sottotesto in grado di farmi credere una certa cosa, quello si.
Come insegna Stanislavskij il famigerato “se magico” è il primo processo che attiviamo per rendere credibile a noi stessi ciò che normalmente non lo sarebbe.
Quindi quello che intendo è il giocatore deve avere l’umiltà di accettare ciò che gli viene proposto dall’ambientazione e dal gioco degli altri, secondo un processo di fiducia. Nei match di improvvisazione teatrale gli attori diventano anche dei frigoriferi e gli altri interpreti li trattano come tali, perché hanno imparato a credere non alla loro verità ma a quella della sciarada.
L’interprete deve essere in grado di imparare a credere e non credere secondo il proprio insindacabile giudizio. A volte il live può diventare un modo per crescere.
Grazie Mille e scusate il nuovo papiro…
Andrea Rinaldi
P.s. VI prometto che la prossima risposta sarà più breve ci sono troppe cose di cui parlare e da sviscerare...