[cite] Mauro:[/cite]avessi dovuto basarmi unicamente sui nomi e sulla mia esperienza, alla divisione GNS avrei dato questi significati:
- Narrativist: pone attenzione sull'interpretazione del personaggio e sull'aspetto narrativo;
- Simulationist: cerca di simulare la realtà, rendendo quanto piú possibile realistico il mondo/sistema/ecc.;
- Gamist (messo per ultimo perché è per esclusione/confronto con gli altri): pone attenzione sull'avanzamento del personaggio, sul primeggiare, anche piú che sull'interpretazione (comprendente il power play, tra gli altri).
Una simile interpretazione, seppur in linea generale, è esatta?
No, non lo è per niente. Edwards & soci hanno dato a questi termini delle definizioni -decisamente- diverse, che piaccia o no ora sono quelle che vanno per la maggiore fra chiunque discuta un minimo seriamente di teoria e -soprattutto- fra i game designer.
In particolare:
Il giocare "Narrativist" non è detto che si focalizzi sull'interpretazione del personaggio, perché si può costruire una "narrazione" anche usando tecniche diversissime. Se raccontassimo tutto in terza persona come in certi romanzi, metti pure anche al passato remoto, non sarebbe una "narrazione"? Certo che lo sarebbe... Quel che conta per realizzare la Creative Agenda è che la "narrazione" la costruiamo
qui e ora mentre giochiamo ("Story now!"), quindi per esempio che nessuno si sia portato da casa un finale già scritto, un certo numero di percorsi prefissati, ecc.
Vuol dire che quando nel gioco c'è una scelta critica da fare, il giocatore sceglie ciò che gli sembra più "bello", cioè la scelta che maggiormente soddisfa la sua estetica nella narrazione (compatibilmente col gruppo, col "mood" del gioco, con quanto narrato fino a quel momento, ecc.)
Il giocare "Simulationist" non è detto che simuli "la realtà": può concentrarsi sul simulare le idiosincrasie di un genere letterario o cinematografico, può concentrarsi sull'immedesimazione profonda nei personaggi, o su molte altre cose ancora. Probabilmente, se giochi di ruolo da molti anni, oltre il 90% di quel che hai imparato dai manuali sul "come giocare bene" si riferisce a un giocare secondo un ideale "simulationist".
E' l'idea di "sognare insieme" un mondo che in qualche modo "esiste" come separato dalla realtà - QUALSIASI mondo sia.
Se nel fare una scelta critica cerchi di "farla fare al personaggio", avendo cura di ignorare quelle informazioni che tu possiedi ma il tuo personaggio no ("Il mio PG è un avventuriero alle prime armi e non sa che tipo di energia soffia un drago blu!"), prendendo in considerazione innanzitutto il "carattere" che hai prestabilito per quel personaggio e domandandoti "che cosa farebbe lui" in quella situazione, se il tuo primo pensiero è per la coerenza dell'ambientazione e per la verosimiglianza, oppure per la coerenza al "genere", probabilmente stai seguendo una C.A. simulazionista.
Il giocare "Gamist" invece non è necessariamente una cosa "negativa" come immagini (lo sarebbe se uno o due giocatori seguissero questa C.A. da soli e in contrasto col resto del gruppo, probabilmente, come per qualsiasi altra C.A.). E' il giocare come si gioca a un gioco (scusa il contorsionismo), per "primeggiare" in qualche modo e dimostrare padronanza, con i mezzi che il gioco ti dà. Se in D&D 3a ed. questo può essere la "character optimization" delle varie componenti numeriche, d'altro canto puoi giocare "gamisticamente" a On Stage (anzi, è un gioco che incoraggia fortemente il gamismo) e in tal caso per "prevalere" devi certamente dedicare molta delle tua attenzione a come interpreti il personaggio.
Se di fronte a una scelta difficile ti domandi innanzitutto qual è il modo di agire più
efficace rispetto al raggiungimento di un certo obiettivo, probabilmente stai giocando con una C.A. gamista.
I tuoi fraintendimenti sono comuni, del resto - a "istinto", un tempo, l'avevo immaginata così anch'io, ma ho ben presto capito che ero fuori strada. Che è poi la ragione per cui spesso si rinfaccia a Edwards e alla comunità di The Forge di aver scelto dei pessimi vocaboli - ma in realtà non hanno scelto quei vocaboli, li hanno ereditati da un'evoluzione storica e organica delle teorie!