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« il: 2013-07-08 19:58:47 »
Capitolo 9: Addio
La cena passa abbastanza tranquilla. Io ormai ho deciso di ascendere, ma conosco bene il mio coniglio interiore e so che non è affatto detto che succeda. Per le scene degli addii non ci servono dadi, per cui le facciamo in una stanza in piedi, stile jeepform.
Il primo addio lo fa Caesar, con Steve che gli mostra la sua nuova casa, dicendogli che c’è una stanza in più, e che se vuole può averci un angolino anche lui. Gabriele ci tiene a spiegarci che non sta cadendo per Steve, ma che sta cadendo perché ha trovato un suo posto e ha ritrovato la fiducia in sè stesso. Ottimo! Ci son tanti motivi per cui cadere.
Io dico che il mio addio lo farò con Shelley. Luca dapprima dice che lo farà con Johnny, perché altrimenti non avrebbe nessuno, ma lo convinciamo invece a scegliere la chiave a cui tiene di più. Anche lui sceglie Shelley.
Ci guardiamo per capire chi dovrà andare per primo. Sappiamo già entrambi che vogliamo ascendere. Lo faccio andare per primo. Mi avvisa “Occhio che te la lascerò a pezzi”. Ho mille piani e progetti per indorare la pillola, ho battute, pucciosità, tutti gli strumenti possibili, e una strategia.
Fai progetti. Poi buttali via.
Eco dice a Shelley che andrà con lei, sul molo mentre arriva la nave. Lei si arrabbia, minaccia di abbandonare tutto, di buttare via il suo dipinto. Lui le si rivela, il tempo congelato, il mondo avvolto da una tinta blu, lui che fluttua con due ali gigantesche per aria. Lei è sorpresa, ma non rinuncia. Lo minaccia che butterà via la tela che lo raffigura, perché non potrebbe sopportare di guardarla sapendo che lui ha deciso di abbandonarla.
Abbandona la tela sul molo.
Quando è il mio turno chiedo se posso recuperare in qualche modo la tela, e aspetto Shelley sulla nave, sopra una grande valigia arancione. Le chiedo come sta. Lei mi chiede se sto partendo. Io annuisco. Lei capisce che me ne sto andando anche io. Io le dico “Non vorrei fare anche io la scenata colorata di mio fratello.”
Lei capisce. Mi chiede perché. Io le dico tante cose, tante cose inutili. Accampo scuse. Dico che ci sono altre persone che hanno bisogno di aiuto. Lei dice di essere più importante di quelle persone.
Mi metto a ridere, dicendo che gli umani sono davvero incredibili. Così piccoli, così insicuri, eppure convinti che l’universo esista solo per loro. Non la sto prendendo in giro, però. Le dico che anche io voglio viaggiare il mondo, e vedere l’universo. Le chiedo come potrebbe chiedermi di rinunciare all’universo per lei.
Lei risponde che lei rinuncerebbe all’universo per me. Ma io non ci credo. Non le rispondo, e la scena finisce qua.
Avrei avuto da dirle tante cose. Avrei voluto passare la nottata a parlare con lei. Ma non si può.
Nell’ultima scena tra le ali io ed Eco salutiamo Caesar, augurandogli ogni bene per la sua vita. Poi lui cade. Luca propone la scena di Caesar che scende le scale del faro, perdendo piume ad ogni gradino. Una bellissima immagine.
Il gioco non è ancora finito, però. Caesar ci racconta il suo epilogo, di lui che guarda fuori dalla finestra Steve e famiglia intenti a sedersi a tavola, e poi lui che entra ad unirsi a loro.
Io rimango in attesa di sapere quale sarà il destino di Shelley e Johnny. Mentre pensa Marco gira in tondo per la stanza, e noi al centro lo seguiamo come dei girasoli. Ci dice che Johnny ritorna a casa dopo la vacanza, la casa vuota, i palloncini scoppiati, coi fili che penzolano. Qualcuno si avvicina e chiede “E’ questa la casa dei palloncini?”. Johnny sorride e risponde: “Lo era, ma se mi dai una mano la faremo tornare tale”.
Sono sollevata. A Johnny non abbiamo detto addio, ma la sua storia ora è conclusa, con un lieto fine.
Shelley invece è sulla nave che sta attraccando al porto di Londra. Non so bene cosa abbia raccontato Marco, ma io vedevo una leggera foschia mattutina, e gli occhi un po’ gonfi di Shelley. Lei vede sul molo un volto che non vedeva da tempo, quello di Daniel. Lui sorride, lei sorride.
Non me lo aspettavo. E’ stata una uscita magistrale. Non ero proprio in grado di immaginare un finale più positivo di questo. Grazie.
Capitolo 10: Postumi
Una bella giocata non finisce quando si ripongono i dadi. Gli strascichi si portano avanti per ore, a volte per giorni. Durante la serata abbiamo parlato e scherzato e abbracciato. Durante la notte ho sognato.
Non ricordo cosa succedesse, a parte una tempesta di sabbia e un computer e una tenda, nè chi ci fosse, a parte Mario Bolzoni (che comunque ci sta sempre bene in un sogno). Ricordo però chi ero, ed ero Meg. Che siano spoiler?
Durante il giorno dopo ogni tanto mi ritrovavo a rivivere le scene della giocata, che grazie al magico potere del nostro cervello sono sempre più ricchi di dettagli mai espressi. Mi piacerebbe poter disegnare certe scene, ma son più capace con le parole che non con le forme.
Mi piacerebbe scendere di nuovo sulla terra come Meg. Sto immaginando cosa dire, di cosa parlare. Farle scoprire le pesche, così come in questa giocata ha scoperto le arance. Farle arrembare una nave pirata, farle scoprire il fuoco con gli uomini primitivi. Vedere l’universo. Andare da qualcuno e chiedergli “Ti sei mai innamorato?”.
Mi è piaciuto scrivere questo fiume immenso di parole. L’ho scritto di getto senza rileggerlo, per cui ve lo sarete gustati con tutti gli inevitabili orrori di ortografia, grammatica e battitura. Quando ho riaperto il file dopo cena ho constatato con orrore quante volte dovevo girare la rotellina per riuscire a scrollarlo tutto. Ma vabbeh. L’ho scritto più per me che per voi. Mi rifarò scrivendo qualcosa per voi, prima o poi.
E se siete arrivati fin qua grazie. E’ bello condividere esperienze con qualcuno. Spero di giocare con voi, prima o poi. Bye Bye!