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Post - Daniele Di Rubbo

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Ho aggiunto anche la traduzione della pagina del diario del protagonista (il Lettore) da leggere all’inizio della partita.

Quanto al ritagliare, per me il problema è relativo: il mio manuale ha già tutti gli indizi ritagliati, per cui cambia solo che, al posto degli indizi triangolari in inglese, da da ora in poi, terrò in mano quelli rettangolari in italiano.

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Grazie per i riscontri. Ci è arrivato il vostro modulo di feedback.

In particolare, sarei interessato a sapere cosa avete trovato frustrante nelle regole per la corruzione? Cos’è successo nella vostra partita che è risultato punitivo?

Cosa non vi ha convinto del doppio approccio? In che modo avete trovato complicato usarlo?

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Raffinare il pezzo

Sopra ho combinato uno schema di tredici tarokka e ho fatto un po’ di brainstorming per dare a ciascuno di esso un’interpretazione, anche se considerato in relazione agli altri.

Tuttavia, avrete notato che non tutte le idee sono praticabili o si combinano bene tra loro; ma questa è la natura dei brainstorming: ci danno un pezzo di pietra grezzo e appena sbozzato. Siamo noi che dobbiamo raffinarlo.


Il dominio

Le idee più chiare che mi sono venute riguardano il dominio.

Il dominio di Averia ha un clima temperato. Il terreno è buono per l’agricoltura e l’allevamento di ovini e bovini, che è la principale occupazione della gente comune. Delle ampie foreste sembrano aver reclamato da tempo vaste parti del territorio, quasi che un tempo ci fosse stata una grande civiltà, ora in declino. E, infatti, il territorio è cosparso di rovine; le strade mostrano un’arte di costruzione che ora si è persa: sono messe male, ma consentono ancora di muoversi velocemente lungo gli assi principali. Il territorio è tagliato dalla Sere, un fiume maestoso attorno al quale un tempo sorgeva una grande civiltà.

L’insediamento principale è Alta Averia, una bella città di pietre e mattoni, che ora ha parecchie parti in rovina e non più manutenute. Gli Averiani sembrano aver perso una guida politica e, ora, le famiglie più ricche e importanti della città eleggono tra di loro quelli che devono governare la città.

La religione storica degli Averiani è quella nella dea Silvara: l’incarnazione terrena della luna, nella sua triplice natura di anziana saggia, madre feconda e figlia innocente. I suoi simboli sono: la luna, l’argenteo astro notturno; la civetta, l’uccello che tutto vigila e caccia di notte, simbolo dell’antico imperio degli Averiani; e l’argento, il metallo dello stesso colore della luna e che, grazie alla benevolenza della dea, faceva tracimare i forzieri di Alta Averia.

Qualche anno fa, i Thren, un popolo straniero con usi e costumi diversi, con un altro dio e un’altra lingua, sono entrati in armi nella valle della Sere e hanno cominciato a metterne a ferro e fuoco il territorio. L’esercito di Alta Averia è stato radunato, ma la potenza della città non era più quello del passato, e le sue forze sono state sconfitte in una grande battaglia campale. Alta Averia è stata saccheggiata, molti edifici sono stati dati alle fiamme e molti sono morti.

Ora i Thren hanno posto Threnagun (letteralmente “la tenda/casa dei Thren”), il loro accampamento di grosse tende rotonde, lungo il corso alto del fiume Sere. Un accampamento di tende con la porta rivolta verso sud, poiché dal nord, secondo le credenze dei Thren, viene il freddo, la morte, le cattive notizie, il tradimento e tutto quanto un bravo uomo dovrebbe temere.

Le foreste e le terre selvagge del dominio di Averia sono infestate da lupi, che ululano alla luna e che, nella notte, cacciano con i loro occhi che rifulgono di una maligna luce rossastra. La gente li teme, poiché essi attaccano il bestiame e gli abitanti. In molti dicono che essi non sia vero lupi – benché i lupi siano sempre stati ben numerosi in queste zone – bensì lupi mannari, e che essi siano calati sulle terre di Averia insieme all’orda dei Thren.


Il signore oscuro

Passiamo ora a sistemare il signore oscuro. Come prima cosa, ho deciso che abbandonerò il filone dei Vistani, dal momento che era uno spunto venutomi immediatamente, ma poi è rimasto un po’ troppo isolato per tirarci fuori qualcosa di buono e che si amalgamasse col resto degli spunti.

Valeria era una delle sacerdotesse vergini di Silvara. Ultimato il suo servizio, della durata di trent’anni, come era stato previsto dall’accordo matrimoniale stretto tra la sua famiglia e un’altra delle maggiori famiglie aristocratiche di Alta Averia, sarebbe andata in sposa a Galerius, che di lì a poco sarebbe stato eletto come console della città.

Valeria non aveva per Galerius nessun affetto ed era conscia che, una volta finito il suo servizio come sacerdotessa, il suo matrimonio col nobiluomo sarebbe stata un’unione infelice e dettata unicamente dal dovere. L’inverno di quell’anno, il territorio di Averia fu minacciato per la prima volta dai Thren e l’esercito di Alta Averia, comandato da Galerius, fu sconfitto e messo in rotta in una catastrofica battaglia. Dopo essersi ritirati la tre mura della città, Galerius comandò che tutte le ricchezze degli Averiani, nonché il tesoro di stato, sacro alla dea Silvara, fossero nascosti in un luogo segreto. Nel frattempo, Galerius aveva chiesto a Valeria di usare l’antica magia averiana per trovare un modo per sbaragliare i Thren.

Durante le sue ricerche, Valeria entrò in contatto con una magia antica e proibita, legata a Nerthul, l’antico dio-lupo dei loro antenati, il cui culto era stato proibito e soppiantato molti secoli prima da quello della dea Silvara. Entro in contatto con antichi rituali di negromanzia e diverse pratiche religiose proibite.

Nel frattempo era stato organizzato un incontro tra la delegazione degli Averiani e quella dei Thren fuori dall’antico confine sacro delle mura della città. I Thren avevano promesso di ritirarsi a nord, presso Threnagun, il loro accampamento lungo il corso della Sere, a patto che gli Averiani pagassero loro un tributo. Durante le trattative e il banchetto che seguì, Valeria incrociò il suo sguardo con quello di Kolnul, il capo dell’orda dei Thren e si innamorò di lui. In un momento di ritiro, i due si confessarono il loro amore e lo consumarono. Così Valeria ruppe il suo voto di castità fatto quasi trent’anni prima alla dea Silvara, prima di convolare a nozze con Galerius.

Kolnul le disse che, se lei avesse trovato un modo per conferirgli l’antico potere del dio Nerthul, che era anche il dio ancestrale dei Thren, avrebbe preso il potere e conquistato il tesoro di Averia; lei non avrebbe più dovuto sposare un uomo che non amava e Kolnul avrebbe fatto di lei la sua regina.

Valeria si ritirò nelle antiche catacombe di Alta Averia e consultò nuovamente i testi proibiti. Per risvegliare il potere di Nerthul avrebbe dovuto sacrificare nel fuoco sacro di Silvara il cuore dell’uomo più valoroso della città, il suo promesso sposo Galerius. Recatosi presso le sue stanze con un pretesto, lo pugnalò a tradimento, estraendone il cuore e gettandolo insieme al proprio in preda alle fiamme sacre della dea Silvara per risvegliare l’antica furia di Nerthul.

In quella notte, le Nebbie di Ravenloft invasero per la prima volta Averia e trassero a sé Valeria e il suo nuovo dominio. Essa era stata “benedetta” dalla licantropia dal malvagio dio-lupo e trasmise il suo potere e la sua maledizione, tramite un morso infetto, a Kolnul. Tuttavia, Kolnul, non amava davvero Valeria: l’aveva soltanto sfruttata per i suoi scopi e ora desiderava più di ogni altra cosa l’argento di Averia, che tuttavia era custodito in un luogo conosciuto soltanto da Galerius, un uomo ormai morto.

Questa era la beffa delle Potenze Oscure a Valeria: aveva rinnegato la sua dea per uccidere un uomo che l’amava, per amore di un uomo che non l’avrebbe mai amata. Ora vaga nella notte per le terre di Averia, ricevendo in sogno le visioni del cuore di Galerius pulsante e immerso nelle fiamme sacre.

Ora, nel dominio, le voci si sono sparse. In molti sanno che il tesoro di Averia è stato nascosto e lo stanno cercando perché bramano con tutti sé stessi di possedere quella ricchezza. Anche Kolnul è ossessionato dal trovare quell’argento.

Valeria, invece sente dietro di sé una fame implacabile di carne umana, che non riesce a controllare. È spaventata da ciò che è diventata e non si sente accolta né dal suo vecchio popolo né dai Thren. Vaga nelle foreste, spesso sotto forma di lupo, col potere della natura e del suo nuovo dio: Nerthul. Quelli che morde diventano lupi mannari al suo servizio, ma non Kolnul: questa è solo l’ennesima beffa delle Potenze Oscure. Odia sé stessa, ma è troppo vigliacca e meschina per desiderare la sua stessa morte.


L’avventura

Nel dominio di Averia ci sono due religioni ai ferri corti: quella tradizionale averiana, che ha al centro la figura della dea Silvara, e quella nuova di Nerthul. Da tempo i Thren adoravano Nerthul, il dio-lupo delle sconfinate steppe, ma il rituale e l’empia devozione di Valeria hanno portato questo culto con ancora più violenza nelle vite degli Averiani.

I cittadini di Alta Averia sono divisi: alcuni, capitanati da Octavius, il padre di Valeria e sacerdote di Silvara, ritengono che solo la loro patrona li possa proteggere dai Thren e dai lupi mannari; altri, capitanati da Falerius, un ex pastore la cui fattoria è stata distrutta, la cui famiglia è stata massacrata e le cui pecore sono state decimate dai lupi mannari, sostiene che solo asservirsi completamente al Dio Lupo può salvare gli Averiani dalla rovina più completa.

In tutto questo, Lars, il fratello di Galerius, ritiene che, spulciando tra gli antichi testi, tra i quali Valeria aveva trovato il suo rituale, si possa trovare una soluzione al problema che attinga alla fede in Silvara. Lui e gli altri che lo seguono, se riusciranno a scoprire quegli antichi segreti, scopriranno lo stesso rituale che ha trasformato Valeria in un lupo mannaro e, sacrificando il cuore di un innocente sull’antico altare del Dio Lupo, riusciranno a trasformarsi in lupi mannari e a ottenere la vera forza per combattere contro i Thren.

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Segnalazioni e News / Re:Worlds in Peril in italiano?
« il: 2019-08-30 13:00:49 »
Ho il sentore che non resterai deluso.

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In vista di doverlo giocare per l’ennesima volta alla GnoccoCON 2019, ho tradotto in italiano e impaginato gli indizi e la pagina del diario del protagonista necessari per giocare a Sweet Agatha. Li trovate qui:

https://drive.google.com/open?id=17b2OPzAPGjke7xVU2tYheVVsH1-WQmia

Stampateli in fronte/retro senza adattarli e ritagliateli.

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Ne sono convinto ancora, ma devo fare un aggiunta. Io all'epoca quando provai i giochi forgiti per la prima volta, stavo giocando ancora ai tradizionali. Il confronto fra il funzionamento degli uni e lo sferragliare faticoso degli altri, allo stesso tavolo e con gli stessi giocatori, era più che evidente.

Anche io. E, all’inizio, non sapevo neanche giocarli. Però vedevo che non ero capace perché dovevo ancora imparare, ma vedevo anche bene le differenza tra i giochi e credevo che sarebbe valsa la pena di sbatterci su la testa. Il tempo mi ha dato ragione, anche se nel mezzo ho avuto un bilancio “di guerra” (ce l’ho ancora con Davide per avermi detto che non ha senso giocare a un gioco come Polaris).

E aggiungo: anche adesso. Con un gruppo di amici, sto giocando a Maschiacce Armate Pesantemente; gli stessi amici con cui ho giocato a Polaris, Sporchi segreti, Fiasco, Evolution Pulse, Il mondo dell’apocalisse, Sagas of the Icelanders, ecc. Mi pare di capire, però, che questa partita non ci stia prendendo, a differenza di quelle vecchie, tant’è che stiamo parlando da tempo (prima della pausa estiva) di giocare una nuova partita a Polaris, dal momento che nel frattempo si è aggiunta una giocatrice che vorrebbe provarlo.

Ora, io non credo che noi siamo degli stronzi: non ci divertiamo a rovinarci le partite a vicenda e abbiamo dimostrato che possiamo, da amici, portare a conclusione delle belle partite coerenti. Invece, credo una cosa: se altri giochi hanno funzionato bene con lo stesso gruppo e altri no, è perché alcuni giochi ti danno gli strumenti per avere delle esperienze di gioco coerenti e altri no. Stesso gruppo, giochi diversi, esperienze diverse.


Ma se non hai MAI davvero visto come funzionava DAVVERO il gioco a cui hai giocato per anni, e l'hai sovrascritto con fantasie e falsi ricordi, e DOPO giochi finalmente a dei giochi FUNZIONANTI, il risultato è diverso. E l'ho visto mille volte.

Questo l’ho visto anche io. Me ne resi conto diversi anni fa, quando non ero ancora così consapevole. Parlavo spesso con una mia amica giocatrice di come mi paresse che alcuni nostri amici riscrivessero i proprio ricordi delle esperienze di gioco.

Me ne accorsi perché, quando parlavano delle loro partite che giocavano con altri gruppi, erano ammantati da un’aura di specialità assurda. Il problema è che io quelle persone le conoscevo ed erano dei cani, per cui non potevo spiegarmelo se no con un meccanismo per il quale la persona non può dire a sé stessa che sta facendo una cosa vuota, brutta e inutile, e deve inventarsi una narrazione di una specialità che, però, non è oggettiva.

Anni dopo i fatti mi hanno dato ragione, visto che alcune di queste persone hanno preso consapevolezza e hanno sfanculato il resto del gruppo. Se volete ridere, su questa storia ci ho scritto anche una situazione di vita e di lavoro per Il Silenzio dei minotauri.


P.S.: per tutto questo post mi sono adeguato all'uso di "tradizionale", "Classico", etc, ma non concordo molto con l'uso di questi termini per definire quello che è un singolo gioco: Parpuzio. Ci sono persone che hanno giocato per anni a gdr degli anni 70 senza mai usare la regola zero, facendo i tiri scoperti, e insomma, giocando davvero ad un gioco, e non a Parpuzio. Sono giochi che avevano i loro problemi (altrimenti non sarebbe mai nato Parpuzio e quel tipo di cultura, senza la necessità per i GM di dover continuamente tappare falle nei sistemi di gioco), e che chiamo tranquillamente "non funzionanti", ma per altrti motivi, non perchè sono dei pietosi paraventi dietro a pantomime prestabilite.

Sì ma, per quanto quei giochi non fossero giocati col sistema di parpuzio, restano comunque dei giochi di ruolo di stampo classico, per cui con un sistema di autorità completamente in mano al game master. Insomma, non avranno avuto la regola zero, ma il sistema zero ce lo avevano tutto. Nel mio discorso originale, non parlo mai della regola zero, ma quello che descrivo è chiaramente il sistema zero.

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Il punto è che se giochi ai giochi classici e tutto va bene, i problemi non li vedi. La gente fa finta che vada tutto bene, ma dentro di sé lo sa benissimo che ci sono i problemi e, più o meno, sa quali sono. Le conversazioni su Facebook e, un tempo, sui forum, trasmettono questo disagio a palate. Non mi faccio andare giù la storiella che ci sia là fuori una manica di stronzi che vogliono rovinare il gioco agli altri; sono propenso a credere che gli stronzi nel nostro ambiente ci siano eccome, ma sono più propenso a credere che un ambiente sociale plasmato da una cultura di gioco basata sul nascondere il sistema porti, per forza di cose, a continui abusi sociali e a continui strappi nell’accordo di gruppo (consapevoli e non).

Ieri, un utente diceva che era come se accusassi le macchine del fatto che ci siano degli autisti che mettono sotto di proposito la gente. No, il paragone non calza: è come se ci fossero delle macchine con i radar per i pedoni e che, quando compaiono, sul parabrezza te li indicano con delle frecce olografiche. Ecco, questo è il paragone corretto. Ci sono macchine che ti invogliano a mettere sotto i pedoni: ecco cosa credo.

Ah, aggiungo una cosa: alla fine, se ci pensi bene, tutto questo non riuscire a vedere al di là del game master stronzo, è un po’ una riconferma della teoria di sopra. Non riescono a vedere al di là di quella concezione, perché il sistema è nascosto dietro un accordo di gruppo che dice che il sistema è il game master. Per cui, se qualcosa va male e serve qualcuno che si prenda la colpa, la colpa deve essere di chi si para innanzi al sistema, ossia il game master.

Quello che sto dicendo è che non riescono a concepire che il problema sia nel sistema perché, culturalmente, non vedono il sistema. Vedono solo chi gli sta davanti.

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Una cosa che mi fa specie è che su Facebook ho letto alcuni giocatori di ruolo tradizionali che se ne sono avuti a male perché descrivo il game master come uno stronzo e che chi si comporta a quel modo è uno stronzo e uno che non sa giocare e non sta facendo bene, e non uno che è portato a giocare così dai giochi di stampo classico.

Non potrei essere più in disaccordo. Prima di tutto, nel mio primo esempio (non far tirare a un giocatore), nel mio pensiero, il game master non stava facendo lo stronzo, ma stava evitando un tiro inutile che avrebbe portato una perdita di tempo e un possibile inutile fallimento che magari avrebbe bloccato la storia. La critica era semmai alle regole che ti dicono di tirare quando non ha senso. Il mio punto era dimostrare che, regole o meno, il sistema passa per il game master, che decide lui cosa applicare e che, quindi, diventa il sistema.

Secondariamente, si dice che ho parlato solo del game master, quando le differenze sono altre, e che se uno gioca male gioca male in tutti i giochi. No. Il sistema determina chi ha autorità di dire cosa avviene, come avviene, quando avviene nello spazio immaginato condiviso. Se il sistema sta tutto dietro a un unico giocatore, significa che solo lui ha autorità di dire chi ha autorità di dire cosa avviene, come avviene e quando avviene nello spazio immaginato condiviso. Anche quando usa bene questa autorità. Non sto parlando di game master stronzi, ma di autorità tutte dietro a un unico giocatore, sia che le usi bene sia che le usi male.

Per cui chi dice che prendo il game master stronzo a modello dei giochi di ruolo classici o è in cattiva fede oppure non ci arriva.

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Una volta c’era anche la «fanmail a pioggia», ma non ho mai segnato le fanmail.

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Posto qui questo lungo estratto da una discussione avuta stamani via chat, perché forse sono riuscito a spiegare la cosa in maniera chiara e tale da non risultare offensiva per nessuno.



Osiride: Mi sfugge perché *** [gioco di ruolo indie] non sia un gioco di ruolo di stampo classico?

Daniele: Be’, perché nei giochi di ruolo di stampo classico, il sistema di gioco è posto al di là del contratto sociale che chi gioca accetta tacitamente.

Nei giochi di ruolo di stampo classico, puoi sentirti davvero impotente come giocatore, perché non accedi mai direttamente al sistema di gioco: la tua agency di giocatore è sempre incerta e non ti viene garantita. Ti senti il terreno continuamente sfuggire sotto i piedi.

Osiride: Questa come definizione mi risulta più critica. Cosa si intende per “accedere al sistema di gioco”?

Daniele: Significa che, nel contratto sociale che tutti noi giocatori accettiamo (tacitamente o non) quando ci sediamo al tavolo, è contemplato che io, come giocatore, posso attivare determinate regole e che queste regole hanno determinate conseguenze in gioco.

In un gioco di ruolo di stampo classico, può essere che il game master, in un momento in cui il regolamento prevederebbe una prova, mi dica: “No, non tirare”. Oppure, che in una situazione in cui non sta succedendo nulla e in cui non c’è nulla da scoprire, mi dica: “Tira su Percezione”; in realtà, non c’è nulla e io sto tirando per nulla, ma questo lo sa solo il game master. Oppure, può succedere che il game master fissi una difficoltà a 15, senza dirlo al giocatore, che il giocatore tiri avendo successo e che il game master, retroattivamente, stabilisca che la difficoltà sarebbe stata meglio a 20, perché non vuole che il giocatore abbia successo in questa prova.

In tutti questi casi, il giocatore non accede mai direttamente al sistema. C’è l’illusione che ci sia un sistema predeterminato al quale tutti rispondiamo, ma in realtà il sistema è schermato dalla figura del game master: il giocatore vi accede sempre passando per il game master. In poche parole, il sistema di gioco è la volontà del game master.

Capisci bene che questo significa che, in un gioco di ruolo di stampo classico, non sai mai davvero a che gioco stai giocando: lo sa solo il game master, se è abbastanza consapevole. Questo sistema cambierà in base al game master e, ti dirò di più, cambierà anche con lo stesso game master, perché lui è una persona e, come tutte le persone, cambia di momento in momento.

C’è poi da dire che anche molti giocatori indie hanno dei concetti sbagliati su che cosa sia e in base a che cosa risulti problematico un gioco di ruolo di stampo classico. Per esempio, in molti credono che, se il game master si prepara un’avventura prima, allora quello è un gioco di ruolo di stampo classico.  Ma, in Cthulhu Dark, il game master si prepara un’avventura prima, e anche bella dettagliata, ma quello non è assolutamente un gioco di ruolo di stampo classico.

Il problema non sono mai i dettagli singoli per i quali crediamo che un gioco di ruolo indie sia in realtà un gioco di ruolo classico solo perché ha dentro una qualche cosa che noi abbiamo sempre visto nei giochi di ruolo di stampo classico. Il problema è che, nei giochi di ruolo classici, tutti questi dettagli entrano in sinergia e determinano che il sistema di gioco, nel suo complesso, sia spostato dal “centro del tavolo” – dove è a disposizione di tutti i giocatori che, tramite la loro agency, possono accedervi – a “dietro un giocatore”, il game master, che è l’unico giocatore che può accedervi direttamente. Questo significa anche che, in un gioco di ruolo di stampo classico, il game master è l’unico a conoscere davvero il sistema di gioco e l’unico che possa davvero garantire che questo non cambierà improvvisamente.

Questo è tanto più vero se consideri che un gioco di ruolo classico resta tale anche se il game master improvvisa tutto e non prepara alcuna avventura. Avevo diversi amici che giocavano esattamente così, come game master, ma questo non cambia il fatto che loro giocassero completamente imbevuti di cultura di gioco classico.

C’è anche da dire che i giochi di ruolo di stampo classico possono essere benissimo coerenti. “Coerente” significa che tutti hanno lo stesso intento creativo, ossia che tutti desiderano ottenere (e ottengono) da quella partita la stessa esperienza di gioco. Anzi, se giochi davvero bene a un gioco di ruolo di stampo  classico, l’esperienza di gioco non può che essere coerente. Quando si parla di questo game master, figura mitica che conosce i desideri di tutti e sa come realizzarli, probabilmente si parla di questo. Per cui io, game master, so come siete fatti come giocatori, so come ci piace giocare a questo tavolo di gioco e creo per tutti noi un’esperienza di gioco ad hoc, plasmandoci addosso un sistema che funzioni per noi e che piaccia a noi.

Un chiaro esempio di giocatore di stampo classico che giocava in maniera coerente è il mio amico ***. Se parli con lui e con i suoi amici con i quali giocava a Vampiri: La Masquerade, tutti ricordano una bellissima esperienza. Nessuno si rompeva mai le palle, i temi emergenti nelle partite erano interessanti per tutti e tutti erano contenti dei risultati della partita. Ecco, questa è un’esperienza di gioco coerente al 100%.

Questo non è mai stato impossibile anche nei giochi di ruolo di stampo classico. Solo che, per un *** che ce la fa, ci sono mille persone che non ce la fanno e delle quali puoi leggere continuamente le frustrazioni, adesso su Facebook, un tempo sui forum.

Il nostro punto, come giocatori e game designer di giochi di ruolo indie, è sempre stato quello di garantire a tutti un’esperienza di gioco coerente, al di là della bravura personale e della fortuna di essere riusciti a farcela anche prima.

E poi c’è anche il grosso problema della frammentazione della cultura di gioco. Ossia, il fatto che *** e il suo gruppo potessero funzionare e fossero perfetti solo chiusi in sé stessi. Se cambi il gruppo, tutta quella magia si rompe; la loro esperienza di gioco coerente non può funzionare, se non chiusa su sé stessa.

Mentre, se giochiamo, per esempio, a Fiasco in gruppi diversi, bene o male la nostra esperienza di gioco sarà auspicabilmente sempre coerente e riconoscibile. Possiamo dire di aver giocato allo stesso gioco.

Al massimo, constateremo che Mattia gioca sempre impostando le scene in maniera molto aggressiva, che Laura odia quando il suo personaggio ha in finale positivo nel sipario, che Lorenzo preferisce impostare le scene anziché risolverle, ecc.

Questi sono stili di gioco. Tutti noi ne abbiamo uno, un po’ come, nel calcio, ci sono calciatori bravi a fare cose diverse, ma giocano pur sempre tutti quanti allo stesso gioco.

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Segnalazioni e News / Re:[GnoccoCON 2019] News
« il: 2019-08-25 11:08:29 »
Ho notato. In qualche modo, con i miei eventi ho fatto: in poche parole, ho segnato le presenze a mano. Il problema è che, se modifichi qualcosa nell’evento ti segna i vecchi posti occupati, ma cancella il nome di chi li ha occupati e gli dà la possibilità di iscriversi di nuovo, anziché di disiscriversi.

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Segnalazioni e News / Re:Story-games chiuso.
« il: 2019-08-24 20:52:44 »
Ok, lo spero perché lo so che non è molto affollato, ma è una grande risorsa per la community.

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Segnalazioni e News / Re:Story-games chiuso.
« il: 2019-08-24 20:31:16 »
Io lo avevo saputo. A me dispiace che chiuda perché ha comunque rappresentato un punto di passaggio per molti che sono stati anche su “The Forge”. Mi dispiace anche perché mi sembra sempre più palese che non sappiamo più discutere online, se non correndo e se non scrivendo velocemente, male e senza argomentare. Mi chiedo anche: quanto durerà ancora “Gente che gioca”? Devo preoccuparmi e cominciare a salvare le discussioni offline?

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Quello che segue è una prova non finita. Alcune idee non tornano ancora. Continuerò il post nei prossimi giorni. Non leggete lo scenario se intendete giocarci con me alla GnoccoCON 2019.

Ho iniziato da qualche giorno a scrivere un hack per giocare delle avventure di genere gothic fantasy nell’ambientazione di Ravenloft, usando una versione modificata del regolamento di Cthulhu Dark (Graham Walmsley, 2010-2017).


Divinare i tarokka

Una delle parti più interessanti di questo hack, a mio avviso, è una procedura di generazione casuale di spunti utilizzando il mazzo dei tarokka di Ravenloft. Era un sistema che avevo nella testa da una decina d’anni circa, ma l’ho messo su carta solo qualche giorno fa. Si tratta di disporre le carte dei tarokka sul tavolo, con uno schema simile a quella del metodo di divinazione chiamato “albero della vita” ma, se quello usa dieci carte, il mio ne usa tredici. In ultima analisi, il mio metodo di lettura dei tarokka è un hack funzionale al mio scopo di design e ispirato al secondo metodo di lettura dei tarokka proposto dai manuali della serie Ravenloft che, storicamente, usava undici carte.


Creazione del signore oscuro

Il signore oscuro si genera pescando sei tarokka. La prima carta rappresenta l’essenza del signore oscuro, e io ho pescato il Donjon, una carta che simboleggia reclusione. La mia immaginazione sta già andando a qualcuno che è stato esiliato per qualche ragione; non so perché, ma sto pensando a un vistana.

La seconda carta rappresenta il passato del signore oscuro, e io ho pescato il Necromancer, che simboleggia le arti oscure. Mi sto immaginando che questo vistana abbia in passato trafficato con la negromanzia, o qualcosa del genere.

La terza carta rappresenta la caduta del signore oscuro, ossia la ragione per la quale le Potenze Oscure lo hanno scelto come signore oscuro. Ho pescato il Guild Member, che simboleggia gli accordi, ma qui deve essere interpretata in maniera più negativa e il suo significato negativo è quello di tradimento. Abbiamo bisogno qualcosa di potente ed evocativo, perché gli sia valso il titolo di signore oscuro, per cui penso ai tradimenti più spregevoli: quelli delle persone amate o dei familiari. Mi sto immaginando che il nostro signore oscuro abbia tradito qualcuno di vicino, magari un fratello, e che lo abbia fatto in maniera efferata e sanguinaria.

La quarta carta rappresenta il potere del signore oscuro, e io ho pescato il Druid, che simboleggia il controllo sulla natura. Qui la mia mente pensa per la prima volta alla licantropia: il signore oscuro è maledetto dalla licantropia, oppure è un signore delle terre selvagge, oppure esercita un controllo particolare sulla natura.

La quinta carta rappresenta la debolezza del signore oscuro, l’unico modo per poterlo davvero distruggere. Ho pescato il Missionary, che simboleggia il diffondersi della fede. Stando sul semplice, sto pensando a un oggetto della fede che, se posseduto, può determinare la distruzione del signore oscuro: un’arma da usare contro di lui o un oggetto che, se distrutto, porterà alla sua rovina, come il cenotafio di un lich.

La sesta e ultima carta rappresenta il tormento, ossia cosa desidera con tutto sé stesso il signore oscuro. Ho pescato il Thief, che simboleggia il furto, ma anche la perdita di qualcosa di importante, e la cosa più semplice a cui sto pensando è che magari il signore oscuro abbia perso (o gli sia stato sottratto) l’unico oggetto in grado di distruggerlo, e adesso egli sia ossessionato dal ritrovarlo.


Creazione del dominio

Ora passiamo a creare il dominio del signore oscuro, che si genera attraverso quattro tarokka. Potrei rimischiare le carte nel mazzo, ma questa è la mia prima prova e voglio vedere cosa succede a esaurire tredici delle cinquantaquattro carte che il mazzo contiene.

La settima carta rappresenta il dominio e, in particolare, com’è fatto concettualmente e territorialmente. Ho pescato il Ghost, che simboleggia un passato lontano e, forse, rovinoso. Qui per la prima volta sto pensando a un periodo simile alla versione romanzata e decadente (non dico che sia stato così nella storia vera) del nostro alto medioevo, con un’Italia lasciata a sé stessa e le scorribande di popoli guerreschi che venivano da fuori. Mi sto immaginando le città abbandonate, il paesaggio costellato da rovine di edifici non più mantenuti, e i boschi che tornano a conquistare tutto. Si ha la sensazione che qui ci sia stato qualcosa di grande e ordinato nel passato, ma ora siamo in un periodo più buio, oscuro, incerto. Mi annoto mentalmente di usare nomi che sembrino vagamente latineggianti per la gente e i luoghi.

L’ottava carta rappresenta gli abitanti del dominio, e io ho pescato il Broken One, che simboleggia la rovina delle persone. Continua a prendere corpo la mia idea di un impero decaduto: mi immagino la gente impaurita e impoverita, che non ha più speranza nel futuro e che teme qualcosa. Forse ci sono proprio due popoli principali nel dominio: gli abitanti della vecchia civiltà in rovina e i nuovi saccheggiatori, che li terrorizzano.

La nona carta rappresenta un segreto che si nasconde nel dominio, e io ho pescato il Rogue, che simboleggia la brama di ricchezza. Sto cominciando a pensare che nel dominio si nasconda un grande tesoro; non so perché, ma la mia mente va all’oro del Reno dei Nibelunghi: un grande tesoro che è maledetto, che non può più essere trovato e che magari genera l’ossessione della gente, disposta a fare di tutto per entrarne in possesso. Mi ricordo del Thief, il tormento del signore oscuro, e mi dico che forse il tradimento è stato proprio originato da quello, da una brama di ricchezza che ha portato a una tragedia familiare.

La decima carta rappresenta un orrore che si annida nel dominio, e io ho pescato la carte della Beast. Neanche a farlo apposta, il mio aver pensato alla licantropia in precedenza potrebbe tornare utile proprio in accordo a questa carta. Magari il territorio è ricoperto di boschi, e i boschi sono pieni di lupi. Alcuni di questi lupi sono strani, magari non proprio dei lupi. Magari è stato il signore oscuro a estendere la sua maledizione ad altri, magari i barbari invasori sono il vettore della licantropia. Un’altra cosa figa a cui penso si collega al tesoro di sopra: se davvero tutti nel dominio bramano questo oro, mi ricordo che la debolezza dei lupi mannari di montagna di Ravenloft erano le armi fatte d’oro. Potrebbe essere uno spunto interessante.


Creazione dell’avventura

Passo ora alla creazione dell’avventura. Nel dominio c’è sempre una situazione iniziale instabile, che ha portato alla rottura di un equilibrio e all’esplodere di un conflitto.

L’undicesima carta rappresenta l’avventura, ovvero la situazione attuale e la natura del conflitto. Ho pescato il Priest, che simboleggia la fede religiosa. Sto pensando a un conflitto religioso semplice semplice: la vecchia religione e la nuova, portata dagli invasori. Ricordo che a Ravenloft c’è una religione malvagissima e legata al Dio Lupo venerato dai lupi mannari, il cui credo predica il dominio sugli altri e l’uccisione delle prede umane. Potrebbe essere interessante andare a parare lì in qualche modo.

La dodicesima carta rappresenta il fato nero del dominio, ossia cosa accadrà di orribile e oscuro, se i personaggi protagonisti non impediscono che il conflitto si manifesti con tutta la sua forza. Ho pescato la carta del Wizard, che rappresenta la brama di potere arcano, ma qui me la immagino, in particolare, come un potere arcano andato fuori controllo. Mi sto immaginando un potere oscuro e fuori controllo; mi sto immaginando che la maledizione della licantropia si diffonda su sempre più persone e che il culto del Dio Lupo diventi la religione dominante, con gli uomini costretti a rintanarsi nelle case la notte per nascondersi dal regno dei lupi.

La tredicesima carta, infine, rappresenta il fato rosso del dominio, ossia cosa accadrà di violento e sanguinario, se i personaggi protagonisti non impediscono che il conflitto si manifesti con tutta la sua forza. Io ho pescato il Transmuter, che simboleggia effetti disastrosi e inaspettati. Mi immagino che la religione antica degli abitanti del dominio possa essere usata per rievocare un rituale in grado di dare loro la forza di contrastare gli invasori e i loro oppressori licantropi. Ma si sa che le Potenze Oscure sono sempre pronte a beffarsi dei mortali che credono di potere dominare le arti oscure: magari la magia va fuori controllo o non va esattamente come preannunciato. Magari adesso anche alcuni abitanti del dominio diventano lupi mannari a loro volta. Adesso la guerra è senza quartiere tra due fazioni: i vecchi abitanti e i nuovi invasori, ma il sangue che imbeve il terreno è sempre quello degli innocenti.

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Terza sessione

Abbiamo iniziato la nostra terza sessione parlando di altro. Poi siamo passati a fare il riassuntone della seconda sessione.

Ho detto ai giocatori che io ero pieno di idee e di mosse dei PNG per ogni evenienza, ma che non volevo dargli l’impressione di stargli troppo addosso e che non avessero la possibilità di sviluppare degli obiettivi come minotauri, al di là dei miei spunti. Per questo gli ho chiesto se c’erano delle scene che avrebbero voluto giocare.

Siccome ho visto che titubavano, ho chiesto ad Alberto come avrebbe voluto comportarsi col fiore di Ekoldore, che il suo minotauro aveva portato dalla giungla; se avesse voluto consegnarlo a Suree Empyreus o cosa. Lui mi ha detto che sì, avrebbe voluto consegnarglielo; io ho detto che allora questa era una scena da giocare, e abbiamo cominciato con quella.

Prima scena

Suree Empyreus era circondata da tre ancelle, che la pettinavano e la cospargevano di unguenti. Il Mantonero arriva; Suree lo guarda malissimo: sa che Kutilda Empyreus è morta mentre lui era con lei nella giungla; evidentemente lo ritiene responsabile. Suree manda via le sue ancelle e il Mantonero va a prendere il fiore di Ekoldore: le spiega cosa è successo nella giungla, ma mente; le dice che il fiore si è appassito alla fine (non che è stato lui a sabotarlo), ma che probabilmente tornerà vivo quando incontrerà una donna da sventrare.

Qui rifletto se questa è un’inflessione, ma non credo che lo sia, per cui non posso appellarmi ad essa per capire se Suree si fiderà o meno del minotauro. Devo prendere una decisione come game master, e decido che Suree non se ne intende di piante strane e che si fida del minotauro che, in fondo, ha fatto apparentemente quello che lei voleva.

Decido di spingere la situazione in avanti: Suree gli chiede di portare il fiore da Lube, in modo tale che questo le prenda il feto causandone la morte. Però il Mantonero si oppone: dice che lui è l’assistente di un cerusico e che conosce le piante; ha fatto quello che lei gli ha chiesto, ma quello che gli sta chiedendo ora va al di là delle sue mansioni. Suree è furibonda: si impone, gli intima di ubbidire.

Siamo a un’inflessione. Io metto dentro un token Coraggio (Suree è un’intrinseca con pensieri quid pro quo) e tre token No. Alberto mette dentro i suoi tre token Coraggio. Pessima scelta. Infatti, pesca due token No e due token Coraggio: “L’esito è umiliante. Diminuisci il tuo numero di Nome di uno”. Un disastro!

Giochiamo la scena con Suree che lo minaccia: o  il Mantonero ubbidirà oppure gli renderà la vita un inferno e farà di tutto per escluderlo dalla tenuta. Lui vorrebbe reagire, ma abbassa lo sguardo e se ne va contrito e umiliato. Alberto dice che non è stato coraggioso: è palese. Mi dà un token Silenzio (adesso ne ha uno solo).

Seconda scena

Nella scena successiva, il minotauro di Antonio sta tagliando una siepe della tenuta con delle cesoie di bronzo, quando gli si avvicina il minotauro senza nome anziano che abbiamo visto nelle due scene del congresso dei senza nome, alla fine delle sessioni precedenti. È preoccupato e gli vuole parlare. Gli dice che ha saputo delle sue interazioni con Lube (non la chiama così, ma «la quarantaquattresima moglie») e del fatto che si sia fatto cambiare di turno per stare vicino a lei; teme che lui la desideri e che stia per infrangere il Silenzio.

Il Pellechiara nega la cosa. Il minotauro anziano dice che molti giovani stanno prendendo esempio da loro e che la meschinità degli uomini sta dilaniando la casata di Susenyos Empyreus; teme che questo possa portare a soffrire i minotauri e i servitori della casata, coloro che sono più in basso nella scala sociale. Il Pellechiara gli dà appoggio e dice che la cosa preoccupa anche lui; propone di fare un’escursione nella giungla, loro due e gli altri minotauri della tenuta, per parlare di queste e ripristinare la loro armonia col Silenzio. I due si salutano con l’impegno di spargere la voce e andare nella giungla assieme.

Il Pellechiara è un leader: ricarica i suoi token Mente, (che tornano a tre) quando parla con un filosofo di questioni civili e culturali. Ho deciso tra l’ultima sessione e questa che il minotauro anziano è un filosofo, apposta per dare ad Antonio la possibilità di sbloccare questi recuperi. Tuttavia, adesso ha già tre token Mente, per cui non recupera nulla.

Terza scena

Nella scena successiva dico ad Alberto che gli lascio il tempo di fare qualcosa prima di tornare alla carica, perché è mia ferma intenzione dare seguito alle parole di Suree Empyreus e farlo letteralmente bastonare da altri minotauri o servitori della casata. Alberto, però, dice che vuole andare a parlare col Pellechiara, per cui chiedo ad Antonio dove lo trova.

Lo trova mentre sta riponendo gli attrezzi da giardinaggio in un capanno. Il Mantonero gli dice cosa è successo con Suree Empyreus ed esprime le sue preoccupazioni. Il Pellechiara si sbottona: ora vede bene come gli uomini giochino con loro, compiano soprusi e li sfruttino. Parla apertamente e direttamente di fare qualcosa, di ribellarsi, dice al Mantonero che intende andare nella giungla con altri minotauri per coltivare il Silenzio e per parlare del ruolo dei minotauri, di come dovrebbero comportarsi. Dice anche che per lui i minotauri dovrebbero avere un nome. Il Mantonero dice che andrà con lui.

A fine scena, siamo tutti concordi: il Pellechiara ha desiderato, per cui Antonio mi dà un token Silenzio. Adesso anche lui ne ha uno solo.

Durante questa scena ho pensato a più riprese di far arrivare un gruppo di minotauri a cui Suree Empyreus aveva dato ordine di dare una dura lezione al Mantonero, ma ho evitato di farlo perché, da una parte, mi sembrava troppo presto e che avrebbe avuto molto più senso usare quello spunto dopo l’eventuale ritorno dall’escursione nella giungla; dall’altra, mi sembrava che avrei spezzato una interazione molto carica e significativa tra i due. Per questo non l’ho fatto.

Quarta scena

La scena successiva si apre nella giungla. Controlliamo le regole per stabilire chi è il Primo sul manuale e scopriamo che entrambi i minotauri protagonisti hanno lo stesso numero di token Silenzio, per cui tocca a noi decidere chi sarà il Primo. Siamo convinti che il Pellechiara debba essere Primo, visto che è stato lui a volere fortemente questa escursione nella giungla.

Decido di usare il mio incontro pericoloso:

Citazione
La giungla è particolarmente fitta e gli alberi di Itzel – le cui foglie, spesso, erano raccolte dagli abitanti del distretto di Dora per produrne delle spade – sono anneriti, rinsecchiti e privi di foglie. Su di essi, sono appollaiati molti Sousau, gli uccelli saprofagi con le ossa craniche a vista, che ti fissano. A un certo punto, cominci a sentire il terreno venire meno sotto i tuoi piedi: sei intrappolato nelle sabbie mobili! Vedi emergere attorno a te le ossa degli altri sventurati: ci sono diverse ossa umane, ma anche di minotauri.

So che ho frecce migliori nel mio arco, ma se non gioco adesso questo incontro, rischio di non giocarlo mai più. Mi sembra abbastanza buono per cominciare a impostare una situazione neutra e non troppo consequenziale ad altre situazioni che ho già avviato (come quella del minotauro che si è lasciato morire per non dover più combattere nella Guerra Eterna) o che non ho ancora avviato (come il filone legato a Vivinna Empyreus).

Siccome sono appena entrati nella giungla, devo anche provvedere a dare loro alcuni token, come previsto dalle regole. Facciamo un breve controllo e il Pellechiara ha un numero di Nome di uno, ma non ha token Nome, per cui provvedo a dargliene uno.

Poi descrivo loro la scena. Sono in sei: loro due, il filosofo anziano, il giovane soldato (l’altro minotauro che si è visto precedentemente nelle due scene del congresso dei senza nome), e altri due minotauri che lavorano alla tenuta.

A un certo punto, tutti e sei rimangono impantanati nelle sabbie mobili. Il giovane soldato è quello che sprofonda più di tutti: sia il Mantonero che il Pellechiara si muovono per soccorrerlo ma, a un certo punto, il Mantonero si avvicina al bordo delle sabbie mobili e afferra il tronco di un albero di Itzel secco: lo vuole lanciare in mezzo alle sabbie mobili, mentre il Pellechiara tenta di tirare fuori il giovane soldato, che ormai è completamente sprofondato dentro di esse.

Siamo a un’inflessione. Io metto dentro all’Urna tre token Teschio, Alberto gioca due token Coraggio e il token Vita. Pesca il token Vita, un token Coraggio e due token Teschio. Nell’Urna c’è ancora un token Coraggio e un token Teschio, il che significa che l’esito valido è: “Agisci fisicamente con abilità o sicurezza ottenendo un esito drammatico in tuo favore. Aggiungi un token Nome alla tua scorta”.

Il Mantonero fa uno sforzo enorme, ribalta il tronco in modo che ricada come un ponte sulle sabbie mobili; il Pellechiara e tutti gli altri si aggrappano ad esso e si trascinano in salvo. Tutti sono impressionati e riconoscenti verso il Mantonero, soprattutto il giovane soldato.

Congresso dei senza nome

La sessione volge verso la fine, per cui passiamo al congresso dei senza nome. Siccome i due minotauri senza nome che avevamo visto nei due congressi precedenti sono parte dell’escursione nella giungla, Alberto e Antonio decidono di concentrarsi su altri minotauri: si tratta dei lavoratori di un acquedotto che porta l’acqua alle tenute degli empyrei del loro stesso distretto. Stanno discutendo del fatto che tutti i minotauri della casata di Susenyos Empyreus siano andati nella giungla per risintonizzarsi col Silenzio e per discutere tra loro di cose importanti. Questo avvenimento gli sembra nuovo e rivoluzionario: di solito loro vanno nella giungla da soli, dicono. Uno chiede all’altro: «Se il tuo leader ti chiedesse di andare tutti assieme nella giungla, tu lo seguiresti?». «No» gli risponde l’altro.

Chiudiamo anche quest’ultima scena. Siccome si sono concentrati sul minotauro di Antonio nel discutere di questioni civili o culturali, lui aumenta il suo numero di Nome di uno, portandolo a 2.

Considerazioni finali

Facciamo qualche chiacchiera a fine sessione. La sensazione è che la partita stia andando bene: i minotauri hanno giocato scene belle cariche, nelle quali hanno espresso le loro convinzioni e hanno fatto scelte tematiche. Alberto dice che, nonostante l’esito negativo della prima inflessione, non ha avuto problemi a giocare l’esito negativo; non lo ha trovato frustrante.

Io esprimo loro i dubbi che avevo nel presentare la situazione pericolosa che ho usato nella giungla, dicendogli che l’ho giocata ora per togliermela dai piedi. Sia Alberto che Antonio mi hanno detto che, per loro, quell’incontro aveva senso: giocando questa situazione pericolosa, ho messo involontariamente il focus sui minotauri e su come agiscono tra loro, che è una cosa interessante che non avevamo ancora visto. Se, invece, avessi usato un incontro che coinvolgeva situazioni in qualche modo connesse alle vicende di Dégringolade, avrei probabilmente tolto dal centro della scena le interazioni dei minotauri tra loro. Non ci avevo pensato e sono stato felice del fatto che una mia scelta che reputavo debole sia stata in realtà apprezzata per altre ragioni.

A questo punto chiudiamo davvero la sessione e ci salutiamo, perché si è già fatto tardi.

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