Gentechegioca
Gestione => Pattumiera => Topic aperto da: Riccardo Coletta - 2010-06-22 15:16:42
-
Jessica Denton
Colore: #f00
Jessica entrò in quella strana porta, ritrovandosi in un ampio salone, ornato da enormi lampadari di cristallo, affreschi e quadri apparetemente di grande valore, tendaggi di altri tempi...
Ma non fu quello che colpì maggiormente la ragazza, furono gli astanti. Decine di persone vestite in modo impeccabile, stile anni trenta: tutti gli uomini con un frack nero, camicia bianca e papillon anch'esso nero; le donne tutte agghindate in abiti ricamati di grande fattura, con perle e gioielli da mostrare ad ogni piè sospinto...
I volti però stonavano totalmetne con l'aspetto formale della festa; tutti erano truccati in modi improbabili, con colori sgargianti, dai capelli alle ciglia, passando per le labbra, e qualsiasi altra cosa potesse essere colorata in un modo più che bizzarro
Appena entrata Jessica fu squadrata praticamente da tutti, la musica si fermò... dal fondo cominciò a sentirsi qualche risolino, qualche commento sull'inadeguatezza della nuova arrivata.
-
Tobias Randal
Colore: #00f
Tobias Randal rassicurò la sua collega riguardo il suo stato di salute, ma immediatamente dopo, alzato lo sguardo, vide suo padre sorriderle, fare cenno di no con la mano, come per rimproverare un bimbo birichino, per poi girarsi ed entrare in una strano oblò circolare verde fosforescente sul muro accanto al cadavere... Sorprendentemente nessuno dei presenti notava la strana apertura, nè nessuno aveva avuto la benchè minima reazione ad un uomo non autorizzato accanto alle prove... Randal guardò intorno, come per cercare conferme di qualche tipo; osservò gli uomini della scientifica passare più volte vicino all'oblò e non degnarlo incredibilmente nemmeno di uno sguardo
"Che aspetti l'invito?" sentì lo psicologo, che questa volta decise di non guardare in basso, per non dover affrontare ancora lo sguardo della testa senza corpo
-
Leo Morgan
Colore: #f0f
Leo era immobile, di fronte alla porta... osservava il bigliettino, poi il portale, poi il bigliettino, poi quella maedetta porta.
Lo scrittore si avvicninò al portale delle ombre, lo aprì leggermente... e come aveva immaginato si trovò di fronte ad un buio impenetrabile.
Nei suoi racconti questo muro porta ovunque e da nessuna parte, poichè porta dove hai bisogno di andare, cosa che solitamente non è assolutamente un posto in cui VUOI andare
-
"Non dormire ti fa male, Tobias" disse, a mezza voce, non preoccupandosi troppo che gli altri potessero sentirlo.
Razionalizzò la faccenda: la mancanza di sonno, una testa mozzata per terra, il serial killer che non riuscivano a prendere e tutti i suoi problemi psicologici attuali e pregressi, qualche scherzo lo potevano fare. Forse avrebbe dovuto decidere ad andarci lui, da un terapeuta...ma questo non sarebbe stato ben visto sul lavoro.
"Scusa" si rivolse alla collega "sto bene, sto bene. E' che sono stanco, dormo poco ultimamente"
Si fece coraggio e si chinò accanto all'agente della scientifica.
"...Non c'era rabbia nel suo fare a pezzi i corpi" commentò dopo aver osservato, con fatica, il taglio "...continuo ad essere dell'idea che non abbia legami personali con le vittime"
Alzò la testa, per vedere se l'oblò luminoso era scomparso.
PS. Tobias fa Rendall, di cognome, con la "e" e si pronuncia sempre con la "e"
-
Tobias Rendal
L'oblò verde era sempre lì... Lentamente Tobias si alzò in piedi, facendo finta di riflettere... appoggiò la mano sul muro, dove l'oblo che era convinto essere frutto della sua fantasia e della sua insonnia sembrava trovarsi... anche al tatto però. Se era un'allucinazione, era un'allucinazione completa; lo psicologo sentiva chiaramente il freddo metallo sotto le sue dita, che lentamente afferravano il manico dell'oblò e poi lo lasciavano... seguendo diligentemente tutto l'oggetto... Un sussurro suadente proveniva da quell'apertura... "Riuscirai a fermarmi questa volta"...
Tobias si guardò ancora intorno e ancora nessuno notava l'oblò, nemmeno l'agente della scentifica che gli chiese gentilmente di spostarsi per controllare una goccia di sangue... a poco meno di 10 cm dall'apertura, verde, luminescente
-
"Ma che cazzo...?" Jessica si guardò intorno spiazzata. La camicetta nera con gli sbuffi sulle maniche e i ricami ai polsi(*), la gonna a pieghe che arrivava poco sopra le ginocchia(nera anch'essa), le calze a righe orizzontali viola e nere e le scarpette ballerine decisamente stonavano in quel contesto così bislacco per lei. "Scusate.. Ho sbagliato posto, me ne vado subito." Fece qualche passo indietro e aprì la porta per uscire, notando, con suo sommo sconcerto, che non c'era la sua città fuori, ma solo l'ampio salone d'ingresso della sfarzosa casa in cui era capitata. SI guardò indietro incerta, vedendo una parte di quelle persone che ancora la osservavano. Camminò con passo indeciso verso la porta successiva, che si presentava molto più ampia. Prese a pacioccarsi nervosamente una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi guardandosi intorno come se si aspettasse un agguato da un momento all'altro. ""Ma dove accidenti sono finita?" pensò. I suoi luminosi occhi verdi tradivano la sua paura. Prese dal suo zainetto uno specchietto fingendo di ritoccare il rossetto nero che aveva sulle labbra e di osservarsi la pelle bianchissima adornata da uno spruzzetto di lentigini, ma in realtà osservava dietro di lei per vedere se era seguita.
(*) non so se è chiaro ma pensavo a quei polsini delle camice stile '700.
Ho cambiato un filo il suo look, dopo lo scrivo nella scheda, si vesta da sembrare quasi una bambola, solo tutta di nero o quasi :P
-
Tobias fissò gli occhi in quel verde.
Per un attimo ne fu affascinato.
Gli piaceva, il verde. Sapeva di sogni e distrazione.
Allungò una mano e si rese conto che la parete era effettivamente forata.
Provò a fare un passo dentro la luminescenza fosforescente
-
[cite]Autore: Glenda[/cite][p][span style=color: rgb(0, 0, 255);]Tobias fissò gli occhi in quel verde.
Per un attimo ne fu affascinato.
Gli piaceva, il verde. Sapeva di sogni e distrazione.
Allungò una mano e cercò di aprirlo[/span][/p][p]Ma questo oblò ha la forma di quelli di una nave? Cioè è tondo e piccino, oppure ci si passa?[/p]
Forma come di una nave ma più grande... come ho scritto tuo padre ci è appena entrato
-
Leon Morgan (si pronuncia Lìon)
Leon lasciò cadere la borsa della spesa a terra, e un pomodoro, in un improvviso anelito di libertà, scivolò fuori e rotolò qualche metro sul pavimento. Mentre il panico saliva, cominciò ad urlare "Jason! Dove sei? Vieni fuori per favore. Non sono arrabbiato con te." Ma Jason non era in nessuno dei suoi nascondigli preferiti. Non era da nessuna parte nell'appartamento. E d'altronde non poteva nemmeno essere uscito dallo stabile, il portiere lo avrebbe fermato, o comunque l'avrebbe detto a Leon al suo ritorno.
Leon si fermò, e nascose la faccia nelle mani, rendendosi conto di quanto gonfi fossero i suoi occhi e da quanti giorni non si facesse la barba. Poi lentamente, rialzò lo sguardo. Nient'altro aveva senso, quindi doveva affrontare quella cosa. Tornò, a passi titubanti, verso il portale d'ebano. Lo aprì del tutto, quasi trattenendo il fiato, nella flebile speranza che i suoi sensi lo stessero ingannando, che fosse una specie di scherzo di cattivo gusto. Ma non era così, il buio era dannatamente reale, il suo braccio poteva estendersi dove avrebbe dovuto esserci il muro, e un rivolo di aria fredda usciva dall'oscurità. "Jason!" provò a gridare, di nuovo, ma non ci fu risposta. Chiuse gli occhi per un istante, smise di lottare, e prese una decisione. Forse era diventato completamente folle. Ma anche nella follia, per suo figlio non avrebbe lasciato nulla di intentato.
Tornò indietro verso il tavolo, si riempì le tasche con una torcia, un coltellino svizzero, un accendino, un blocchetto per gli appunti, una penna, tre matite, un rotolo di scotch, il camioncino preferito di Jason, e il post-it che gli aveva lasciato. Ne lasciò un altro al suo posto. "Caro Jason, ero preoccupato e sono venuto a cercarti. Se torni prima di me, telefona alla mamma e dille di venirti a prendere. Ti voglio bene, mio piccolo guerriero. Papà."attaccò il post-it al quaderno di Jason, e tornò verso il portale fermandosi un attimo prima della soglia. Lo guardava di sbieco, come per valutare dove colpire.
"Non capisco quello che sta succedendo" disse ad alta voce "ma ho bisogno di trovare mio figlio."
E si incamminò nell'oscurità.
-
Jessica Denton
Alzò lo specchietto, ma quello che vide non la tranquillizzò come avrebbe voluto. Tutti coloro che vide nello specchio ridevano di lei, la indicavano, la deridevano, le facevano il verso, saltellavano e ballavano facendo finta di essere dei matti o dei poveri scemi.... ma ogni volta che Jessica provava a girarsi per verificare, trovava volti sorridenti che le facevano leggeri cenni d'inchino col capo.
L'inquietudine iniziò a salire quando nello specchio vide l'immagine di sua madre, vestita con il suo solito Tailleur grigio scuro... Aveva tre fogografie in mano che voleva evidentemente che Jessica vedesse mentre le gettava nel camino... La ragazza era certa che una di quelle fotografie mostrasse una giovane, forse lei stessa o una delle sue compagne al corso di scrittura creativa, una delle poche amiche che aveva
Jessica si voltò, ma come si aspettava, sua madre non c'era, ma il camino con le foto che iniziavano a bruciare si, era esattamente dove doveva essere
-
Leon Morgan
L'oscurità durò meno di un battito di ciglia, prima che lo scrittore si ritrovasse in un luogo apparentemente scontato: una biblioteca
Era in piedi, in mezzo a due scaffali alti... impossibile dire quanto, sicuramente più di quanto il suo sguardo era in grado di catturare. Di fronte a lui il corridoio s'inoltrava anch'esso oltre la propria capacità visiva, interrotto di tanto in tanto da uno spazio tra due di queste altissimi ripiani. Dietro di lui la stessa cosa... come sospettava non c'era porta per tornare indietro.
In qualche secondo la vista di Leon si abituò alla penombra in cui la biblioteca viveva, e scorse una figura un po' strana... Una figura umanoide, che aveva però al posto della testa un questionario, che spuntava usando le penne che erano al posto delle dita. Il volto, quella specie di questionario sorretto da una base in plastica, osservava, se così si può dire, i libri sulle mensole, poi una mano con tre penne di diverso colore al posto delle dita, segnava una spunta sulla "faccia" con un colore diverso
-
Tobias Renda
Nel momento in cui si avvicinò al gigantesco oblò, i suoi colleghi lo ignorarono come non fosse mai stato lì, come se per qualche ragione lui non ci fosse.
Fece un altro passo e si ritrovò a camminare per un corridoio d'ospedale... Una risatina di scherno venne da un luogo non ben precisato di fronte a lui. Il corridoio era ben pulito, con il bianco del soffitto che arrivava fino a mezzo muro, sostituito da quel punto fino al pavimento da una lastra di plexiglass azzurro chiaro, solitamente usata negli ospedali per ovviare alla pessima abitudine di alcune persone di appoggiarsi al muro con le scarpe. Il pavimento era in mattonato di plastica morbida.
Dietro di lui la porta del bagno, di fronte a lui il corridoio si stendeva oltre il campo visivo... con diverse luci al neon semi-guaste e lampeggianti; ogni quattro cinque metri c'era un finestrone da cui filtrava una luce giallognola anch'essa leggermente intermittente.
-
Lo sgomento fu talmente forte ed improvviso che Jessica lasciò cadere lo specchietto, che però, fortunatamente, non si ruppe. Si voltò di scatto per osservare meglio la scena e,non vedendo più la madre, raccolse lo specchietto e corse verso la grossa porta. "Merda, merda, merda..." ripeteva come un mantra, prossima al panico. Corse scomposta verso la grossa porta e, raggiuntala, cominciò a tirare e agitare la maniglia, finchè non si aprì. Davanti a lei c'era un grosso e curato giardino, con un viale in ghiaia e nel mezzo una grossa fontana decorata di scene al limite dell'assurdo condite con note macabre. Le gambe della ragazza cominciarono a tremare vistosamente. Era spersa e a sua mente era prossima al blackout, fu riportata ad una parvenza di lucidità dal ringhio profondo di due cani che però non riusciva a vedere... Prese a correre lungo il viale verso la cancellata barocca che si trovava alla fine senza guardare indietro al fine di riuscire a scavalcare il grosso cancello prima che chiunque potesse raggiungerla.
-
Jessica Denton
Mentre la ragazza in preda al panico tentava di scavalcare il cancello, una macchina della polizia si fermava proprio davanti ad esso... una strana macchina della polizia con una chiavetta, simile a quella per ricaricare i giocattoli a molla, infilata nel tettuccio. Uscì in quel momento dal posto guida un poliziotto anch'esso con una chiavetta per la ricarica, infilata nella schiena, insieme a due... cani, che al posto della testa avevano dei grossi spilli. Anche la porta del passeggero e le una delle portiere posteriori si stavano aprendo
Senti una voce femminile, apparentemente giovanile, forse poco più che adolescente, proveniente dal labirinto di siepi che orna una parte di questo immenso cortile: "Jessica, cara, vieni qui prima di finire seriamente nei guai"
-
Alla vista di quelle creature ancora più bislacche Jessica saltò giù dal cancello che aveva appena iniziato a scavalcare. Non aveva mai avuto così paura, sentiva il cuore pulsare ad una velocità incredibile, le gambe sembravano dover cedere da un momento all'altro e il nodo alla gola pareva così stretto da soffocarla. Voleva scoppiare a piangere e lasciarsi andare a quella sensazione così orribile e impetuosa, ma il suo istinto le diceva che se questo fosse successo non ne sarebbe uscita viva. SI voltò verso la voce, che non sembrava quella di sua madre, ma non poteva esserne certa, esitò un secondo circa e poi si buttò in corsa dalla parte opposta alla voce. Non poteva fidarsi, in quell'incubo tutto sembrava essere ostile, e una voce amichevole era perfetta per una trappola; tanto più che la persona che aveva parlato non era in vista e quel labirinto di siepi concedeva poco scampo. Corse a perdifiato nell'altra metà del labirinto di siepi e si rannicchiò in un angolo sperando che non la trovassero, per prendere un po' di fiato. si sedette mettendosi con la schiena appoggiata ad una statua in pietra di dubbio gusto e appoggiò lo zaino con cui era scappata di casa sulle sue gambe controllando se avesse potuto trovare qualcosa per difendersi. A parte i ricambi, il materiale per l'igiene personale, il cellulare, il suo iPod e l'orsacchiotto di peluche che aveva fin da piccola, non trovò nulla che la potesse aiutare, nemmeno un apribottiglie. Lo Sconforto stava per avere la meglio su di lei. Abbracciò lo zaino e rimasi lì per qualche minuto mente i rumori dei suoi inseguitori si facevano lentamente più vicini... Decise di riprendere la fuga, ma stando bassa e muovendosi in modo più discreto.
-
Leon Morgan
Leon rimase leggermente sorpreso. Per quanto si possa aspettarsi coerenza da un'allucinazione, credeva che sarebbe finito nello scenario di uno dei suoi libri, non in questa specie di biblioteca di babele. Aveva però una sua logica, ne convenne.
Andò incontro alla creatura bibliotecario.
"Mi scusi" disse, e mentre lo faceva, si rese conto di averlo fatto a voce molto bassa, forse di riflesso per il luogo in cui si trovava "ha per caso visto passare un bambino?"
-
Leon Morgan
Lo strano figuro si voltò scrutandolo, o meglio dando l'impressione di scrutare visto che non si intravedevano occhi da alcuna parte. Una voce arrivò alle orecchie dello scrittore, ma non proveniva da quella strana testa, proveniva da più giù, dall'altezza dello stomaco, e veniva attutita, come provenisse appunto dallo stomaco
Leon potè notare meglio l'abbigliamento dell'essere e consisteva in un lungo camice bianco sporco in più punti di colore rosso, blu o nero, specialmente intorno alle tasche, dove probabilmente metteva le mani con quelle dita a penna
"Lei chi sarebbe scusi? Come vede sono molto indaffarato, c'è ancora qualche milione di miliardi di libri da catalogare e non è che posso stare a perdere tempo con chi, evidentemente non ha niente di meglio da fare che chiacchierare"
Detto questo il figuro riprense a scrivere... poi si fermò di nuovo... Leon sentì come il rumore di qualcuno che annusa
"Mmmm... abbiamo del talento... acerbo, bloccato forse, ma del talento. Sentiamo un po', con cosa lo scambieresti?"
-
Questo posto non mi piace, fu il suo primo pensiero.
Non gli piacevano, in genere, gli ospedali, nonostante almeno con gli ospedali psichiatrici criminali ci avesse fatto il callo.
Principalmente gli dava fastidio quella asettica mancanza di colore, tanto che abbassò subito gli occhi sul rivestimento azzurro.
Secondo gli davano fastidio certi odori.
Forse sto camminando in un mio sogno si disse forse ho avuto un crollo psicotico anche io...
Fece alcuni passi avanti, estrasse dalla tasca un piccolo contenitore contente delle pillole e ne mandò giù un paio.
"...follia...realtà...[/i" mormorò a mezza voce tra un passo e l'altro "strani posti entrambi"
Si avvicinò alla prima, strana finestra
-
Tobias Rendal
Lo psicologo si avvicinò all'ampia finestra sulla sinistra. Dava su un'ampia stanza con un tavolino al centro, ricordava una stanza per gli interrogatori. Era vuota, fatta eccezione per il tavolo e la sedi... No! Osservando meglio Tobias notò che in un angolo c'era una figura accovacciata, con la testa tra le ginocchia. La luce giallognola rendeva difficile individuare bene le figure, sembrava di guardare tutto attraverso un vetro giallo
Il bambino alzò un attimo la testa, come osservando verso la finestra, ma da quella distanza era impossibile per il Dottor Rendal distinguere i dettagli, ma gli sembrava comunque di poter dire che al posto degli occhi, il bimbo avesse due fori neri.
Tobias ebbe la sensazioe che questo avesse a che vedere con il suo caso, come ci fosse un legame tra questo bimbo o bimba che sia, e l'assassina che stava cercando... ma ebbe contemporanemanete la sensazione che ci fosse un legame con lui stesso
Iniziò a sentirsi poco bene, un leggero giramento di testa, un leggero mal di stomaco... forse dovuto a queste luci stranamente intermittenti
Sussuri leggeri sembravano giungere alle orcchie dello psicologo, ma ogni volta che tentava di concentrarsi su ciò che dicevano, s'abbassavano e divenivano quasi impercettibili
-
Jessica Denton
La ragazza sentì il cancello aprirsi mentre una voce meccanica, priva di emozioni incitava lo strano animale a cercare meglio
Sfuggire ad un cane a punta che cerca le tue tracce, Dolore 5
-
Tobias si appoggiò un attimo con la mano alla parete.
Forse non doveva prendere quelle pillole...Gli girava la testa...anzi, gli sembrava che attorno a sè girasse tutto.
Sperò che qualcuno pronunciasse il suo nome...qualcuno di cui conosceva la voce...qualcuno che gli dicesse: "sveglia, coraggio, va tutto bene...è stato solo un malessere"...
Invece nella testa sentiva altre voci, confuse...ma così reali!
Nel suo mestiere, aveva avuto tante volte a che fare con realtà che non erano la sua...Era entrato in contatto con le menti più distorte...era riuscito a provare empatia per i deliri più bizzarri: forse doveva semplicemente farlo anche adesso...non scappare dall'incubo ma cercare di capirlo...
Battè sul vetro giallo.
"Ehi! Ehi, piccolo, riesci a sentirmi?"
deduco che non ci sia una porta...se però c'è dimmelo che edito
-
Leon Morgan
[cite]Autore: leilond[/cite]"Lei chi sarebbe scusi? Come vede sono molto indaffarato, c'è ancora qualche milione di miliardi di libri da catalogare e non è che posso stare a perdere tempo con chi, evidentemente non ha niente di meglio da fare che chiacchierare"
Leon socchiuse gli occhi dalla rabbia ma non reagì. Però alzò la voce.
"Mi chiamo Leon Morgan, e non voglio farle perdere tempo. Sto cercando mio figlio, un bambino di 7 anni, jeans e maglietta rossa. Lo ha visto oppure no?"
"Mmmm... abbiamo del talento... acerbo, bloccato forse, ma del talento. Sentiamo un po', con cosa lo scambieresti?"
A questo punto Leon sorrise, ma il suo sorriso non era affatto rassicurante.
"Glielo chiedo di nuovo, ha visto un bambino? Altrimenti la nostra conversazione termina qui."
-
Uso 2 dadi di follia se ti va bene tiro col dice roller di Renato (Non Cedere ai Dadi.)
Jessica Denton ha tirato: D: 5 3 1, F: 4 3, D: 6 6 4 4 3 (http://ncasdice.appspot.com/showroll?id=128661)
Il giocatore vince 3 a 1, Il Dolore domina
Jessica stringeva il suo zaino schiacciando il muso del suo orsacchiotto inconsapevolmente, senza endersi conto che la sua paura stava in minima parte distorcendo la realtà intorno a lei...
Se usi il mio tiro lasco a te visto che domina dolore, anche se ho vinto io.
-
Monetina per me. Il roller va benissimo. Tirate sempre voi, visto che prima io dico a voi quanti dadi dolore sono, poi voi scegliete il resto e tirate
Jessica Denton
La ragazza sentiva i poliziotti a molla incitare lo strano segugio con le loro voci prive d'espressione. Sentiva i loro movimenti nel labirinto di siepi e si sentiva sempre più braccata.
Jessica si fermò in un piccolo vicolo cieco, stringendoi il suo zainetto con la forza della disperazione...
Le voci cessarono e furono sostituite da strani gemiti, colpi di tosse. Il segugio iniziò prima a guarire, poi si sdraiò a terra contorcendosi silenziosamente. Anche i poliziotti a molla si stringevano la gola, cercando il modo di respirare di nuovo... Uno di loro barcollò, quasi cadendo a terra. Venne sorretto da uno degli altri, mentre il terzo trascinava il cane a punta fuori. Una volta oltrepassato il cancello del cortile poterono riprende fiato
"Non possiamo prenderla qui e ora. Sarà meglio fare rapporto al Tenente, vedrà lui se è il caso di spiccare un mandato di cattura per Famiglia inadeguata" furono le parole che Jessica percepì vagamente... poichè anche lei stava subendo la stessa sorte...
La mancanza di controllo del suo talento la stava soffocando e più le mancava il respiro, più forte stringeva lo zaino, più pesante era la pressione sul petto che gli impediva di riprendere fiato... fin quando, non potendone più, lasciò lo zaino per afferrarsi la gola e in quel momento venne colta da un potente conato di vomito, riversando sulla siepe alla sua sinistra tutto ciò che le era rimasto in bocca.
"Ti senti meglio ora?"
La sua vista appannata non le permise di mettere subito a fuoco l'immagine di fronte a lei, che risultà quindi solo un'ombra, bianca sotto e nera sopra
"Vieni con me adesso, prima che tornino più preparati" disse la figura
La giovane riuscì infine a riprendere il controllo della vista; si trovava di fronte ad una ragazza, di circa 16 anni, massimo 18, abbigliata in modo molto sobrio, con un vestitino bianco merlato, capelli neri lunghi, ordinatamente raccolti in una lunga treccia che le scendeva sul petto. Sorrideva amorevolmente, ma si notava anche una certa malizia, una malizia inadatta ad una così giovane ragazza. Le porgeva la mano sinistra
La testa di Jessica pulsava come se dentro ci fosse un carpentiere a lavoro
Disperazione: 1 moneta
Speranza: 0 monete
-
No, nessuna porta, ne da questo lato nè in tutta la stanza in generale
Tobias Rendal
Il bambino sembrava non sentire, mentre Tobias, più lo osservava, più gli sembrava di percepire dentro di se quel senso di inquietudine e abbandono che evidentemente provava il bambino.
Poi l'immagine nel finestrone ebbe uno scatto, come fosse un filme e fosse saltata la pellicola. La scena riprese dall'inizio, con il bimbo che tiene la testa tra le ginocchia, poi alza lo sguardo e punta le buie fosse scure verso lo piscologo, che viene ancora una volta colto da un senso di angoscia... di nuovo lo scatto... di nuovo la scena dall'inizio
Le voci nella testa del Dottor Rendal non accennavano a diminuire, nè a farsi più chiare... rimavevano un sussurro lontano, apparentemente chiaro e comprensibile solo fino al momento in cui tentava di farci attenzione
-
Leon Morgan
Il bibliotecario interruppe il suo lavoro, voltandosi verso lo scrittore, che percepì diversi rumori provenire da dietro gli scaffali e da dietro di lui. Evidentemente alzando la voce aveva attriato l'attenzione di qualcuno o qualcosa
"No, non ho visto un bambino, io non guardo niente che non richieda la mia attenzione, ma qui ci sono diversi miliardi di libri, sia quelli già scritti, che quelli da scrivere, sia quelli pubblicati, che l'immondizia che non verrà mai presa in considerazione... vuole che non ci sia un libro che racconta che fine a fatto suo figlio, signor Morgan?"
Leon venne sorpreso da una voce dietro di lui
"Dubito che lei sia in grado di districarsi tra tutti questi scaffali" disse una figura copia esatta del primo bibliotecario.
"Ma se è disposto a darci un po' del suo talento" sentì infine dire da di là dello scaffale "magari noi possiamo aiutarla".
-
"E tu chi diavolo sei? Cosa vuoi da me? Dove accidenti sono?" Disse Jessica ansimando mentre era ancora a gattoni per terra tentando di rialzarsi lentamente. Crollò a terra esausta e senz'aria nei polmoni, potendo così vedere da vicino solo le scarpette e le eleganti e sobrie calze bianchissime della ragazza. Le fissò i piedi per qualche secondo buono cercando di metterli a fuoco, così da essere sicura che la ragazza non la stesse calpestando, dato l'enorme peso che sembrava avere sulla schiena all'altezza dei polmoni. Razionalizzò che dovevano essere i postumi di quella terrificante sensazione di soffocamento di qualche attimo prima."Che diavolo è successo poco fa?" chiese ansimando ancora, mentre lentamente riguadagnava una postura quasi eretta.
-
Jessica Denton
La ragazza sorrise facendo l'occhiolino.
"Cara ragazza, tu sei spaventata e non sai ancora di cosa sei capace. Sei stata tu farci perdere il respiro a tutti... devi imparare a controllarti, altrimenti la tua presenza qui non sarà affatto facile e cercheranno di fermarti quanto prima". La voce delle giovane donna era suadente... guarda il tuo bel visino e semrba quasi invidiosa, maliziosamente invidiosa.
"Ti ripeto che dobbiamo andare via di qui". La ragazza alzò lo sguardo oltre le siepi "Ecco, già cominciano ad arrivare i Ragazzi di Giornali che cercano di capire cosa sia successo e farne una bella notiza, non credo tu abbia voglia di finire in prima pagina, vieni con me, vedrai che ti troverai bene, prenderai una buona tazza di tè con me e le mie compagne e chiariremo un po' di cose, ma dopo, ora non c'è tempo"
-
Leon Morgan
La comparsa di un secondo bibliotecario a bloccare la via di fuga alle sue spalle rese abbastanza chiaro a Leon cosa stava per succedere. Tornò a fissare il primo bibliotecario, quello più vicino, mentre il suo sorriso si faceva ora più suadente, ma in realtà più minaccioso. infilò le mani in tasca, e le sue dita si strinsero intorno a uno degli oggetti che aveva portato con sé.
"No, grazie. Non sono interessato. Ora potreste cortesemente indicarmi l'uscita, per favore?"
-
Leon Morgan
"Interessante... tanta voglia di non perdere tempo perchè mio figlio è importante, poi quando c'è da sacrificare qualcosa per lui..." la frase venne lasciata in sospeso dal bibliotecario, che poi on un cenno delle dita a penna verso una direzione apparentemente uguale a qualsiasi altra continuò "Cammini signor Morgan, cammini, prima o poi giungerà da qualche parte anche lei... e in generale, se cerca un bambino, il primo luogo in cui guarderei è il collegio... anche se solitamente i bambini non preparati durano poco, magari è già diventato il buffet di una festa delle Dame di Scortesia"
Vedi immediatamente che ai due bibliotecari si è aggiunta una figura molto particolare; umanoide come gli altri... al posto della testa ha una penna stilografica; è vestito di con un comleto composto di copertine di libri, ma così perfettamente incastrate tra loro da sembrare un completo marrone, con colletto alla coreana; la camicia è un semplice foglio di carta piegato ad arte, mentre la cravatta è disegnata sul foglio stesso. Al suo arrivo noti immediatamente che la tensione nei bibliotecari è scesa, che si sono voltati e rimessi a lavoro molto tranquillamente
Questa figura rimane immobile, apparentemente tenendoti sotto controllo
-
Leon Morgan
Leon fece per incamminarsi, ma la rabbia non se ne andava, quindi si voltò indietro verso il bibliotecario.
"Stia attento a non lasciarsi confondere, questo non è quello che è successo qui. Quello che è successo è che due sciacalli, intuendo di trovarsi di fronte ad una persona in difficoltà, hanno tentato di estorcergli qualcosa in cambio di promesse vaghissime. Mi lasci dire che questo genere di cose rovina il proprio karma. E se dovessi scoprire che mio figlio è passato di qui, o che lei in qualche modo c'entra qualcosa, beh, le assicuro signor..."
Leon gli afferrò la testa, scorrendo le sue pagine fino alla prima, dove si trovava stampato il numero di catalogo.
"...17X1.AC6F, che mi ricorderò di lei."
Lo lasciò andare, ricomponendogli le pagine e i vestiti, e si incamminò verso la direzione che gli era stata indicata.
-
Jessica si alzò senza mai afferrare la mano della ragazza... quello sguardo la metteva in allarme. La fissò negli occhi per qualche secondo sincerandosi che la sua completa sfiducia trasparisse. "Te? compagne? E magari giochiamo anche un po' con le bambole... perchè no? Non mi fido di te. Come facevi a sapere il mio nome? Come posso essere sicura che tu non sia in combutta con quella puttana sanguinaria di mia madre? Che il diavolo possa trascinarla all'inferno e tenersela." Fece una pausa guardando altrove, poi fissò nuovamente lo sguardo sulla ragazzina e continuò " Facciamo così. Tu mi dici come uscire da questo posto e poi ognuna per la sua strada ok? Io non verrò con te." La ragazza aveva cominciato con del sarcasmo per poi marcare le proprie parole in modo sempre più netto, fino a scandire nettamente l'ultima frase. La situazione l'aveva tesa e ora che sembrava un po' più gestibile il panico stava lasciando il posto all'aggressività.
-
"Maledizione..." sussurrò "Maledizione..!"
Non capiva cosa stesse succedendo ma voleva che quella scena non si ripetesse.
Si gettò contro il vetro con tutta la forza che aveva...e con tutta l'intenzione di mandarlo in pezzi.
-
Tobias Rendal
Il medico si scagliò contro la vetrata, cercando di interrompere in qualche modo quella sequenza eterna. Fu allora che notò un riflesso sul vetro: qualcuno era dietro di lui
Dal camice con tanto di targhetta sembrava un medico, ma al posto della testa aveva una grossa pillola, la versione gigante di un potente ansiolitico; al suo fianco due infermiere, con gli occhi cuciti, ma con una sutura abbastanza lenta da permettere loro, seppur con fatica e un certo dolore, di socchiudere gli occhi e vedere; entrambe le infermiere avevano in mano una siringa.
La testa del dottorino stava emettendo una polvere sottile, come delle spore, che entravano nel naso e negli occhi dello psicologo. Le immagini all'interno del finestrone iniziarono a cambiare rapidamente, come una serie di fotografie mandate in rapida sequenza... in alcune di queste Tobias Rendal vide una donna intenta a fare a pezzi un'uomo legato ad un tavolo... per un attimo la donna parve girarsi pe guardare verso la finestra e un terribile sorriso congelò il sangue del Dottor Rendal, poichè era il suo sorriso
I medici del reparto di psichiatria amano fare esperimenti con i risvegliati e i locali, evitare di essere catturato è un conflitto con dolore 7 (5 per il dottorino +2 per le infermiere)
-
Leon Morgan
Il bibliotecario non si scompose minimamente, così come i suoi omologhi, mentre la curiosa figura dalla testa a forma di penna, toccò alcuni libri, sussurrando in direzione degli scaffali alcune parole a voce troppo bassa perchè lo scrittore potesse sentire.
Leon inizò a camminare verso quella che sperava essere un'uscita; iniziò a sentire delle strane voci, dei sussurri, provenire dagli scaffali. "Scrivimi... Scrivimi... Scrivimi..." dicevano queste voci, che lentamente si trasformavano da semplici sussurri ad una cantilena insopportabile; ad un certo punto allo scrittore sembrò di avere cento voci che gli strillavano contemporanemanete nelle orecchie, mentre una ventina di copertine vuote, senza libro all'interno, si erano aggrovigliate alle sue gambe ed iniziavano a scalare il suo corpo.
L'autore fantasy iniziò a sentire come se qualcosa gli venisse strappato dalla testa... vide alcune idee pronte per i suoi libri prendere forma visibile di fronte a lui e poi venire risucchiate all'interno di una di quelle copertine
L'anima dei libri mai scritti vorrebbe cibarsi di parte della poca ispirazione che ti è rimasta, opporti a questo risucchio è un conflitto con dolore 5
-
Jessica Denton
La maliziosa ragazza rispose con un sorriso e un leggero movimento della testa come a dire lentamente "No No". Si mosse elegantemente per sedersi su una panchina di marmo lì accanto, tirando fuori da una borsetta bianca che fino a quel momento Jessica non aveva notato, uno specchietto... mentre con un cenno della testa indicò alla studentessa di guardare verso un corridoio tra le siepi
La ragazza sbirciò dietro l'angolo e vide cinque stranissime figure correre nella sua direzione; erano umanoidi, dalla dimensione bambini o adolescenti, ma erano fatti di carta... come se qualcuno si fosse divertito a raccattare giornali e riviste, piegarle ad arte e formare dei bambini... però correvano e si urlavano l'un l'altro frasi tipo "Dai che questa può essere una bella notizia! Un risvegliato che aggredisce la polizia, magari ci scappa anche un mandato d'arresto... dai dai, dobbiamo scoprire chi è"
Jessica si voltò verso la giovane donna vestita di bianco che le rispose con uno sguardo che poteva significare qualcosa come "Allora?"
-
Jessica era riuscita a riacquistare quel tanto di lucidità da capire che c'erano altri guai in arrivo. Non capiva che tipo di pericolo potessero essere, ma lì le stranezze sembravano decisamente da evitare. Ragionò rapidamente: la ragazzina sembrava la più normale e fino ad ora si era dimostrata anche "amichevole". "Ok, hai vinto muoviamoci." Disse la giovane. I suoi nervi erano prontissimi, alla prima occasione sarebbe fuggita anche dalla ragazza o l'avrebbe data in pasto ai suoi inseguitori senza remore. Era più che convinta di stare finendo in bocca al leone, ma era l'unica piccola via d'uscita percorribile per tirare un po' di fiato. Grazie al terrore che sua madre le dava nelle ultime settimane entrare nell'ordine di idee "Mors tua, vita mea" non era più così difficile. Ogni mezzo per sopravvivere era lecito.
-
Jessica Denton
La ragazza sorrise e iniziò a condurre Jessica tra le siepi del labirinto, dando impressione di conoscerlo praticamente a memoria. Lungo questo tragitto altre tre ragazze, vestite in modo simile alla prima si unirono al gruppo da alcuni corridoi laterali, sorridendo graziosamente e carezzando repentinamente le braccia della giovane studentessa ogni qualvolta capitava loro di essere abbastanza vicine.
Le voci dietro si fecero pressanti, quei bambini di carta parevano non voler mollare e raggiungere a tutti i costi questo "risvegliato".
Girato un angolo dell'immenso labirinto di siepi, il gruppo si ritrovò di fronte un'alta porta in legno massiccio, decorato con intarsi rappresentanti dei piccoli libri aperti, con un simbolo scolpito sulla pietra torreggante sopra di essa, il volto di una donna gentile ma austera, dai capelli legati in un ordinato chignon.
La giovane donna aprì la porta indicando di entrare, ma si rese subito conto della titubanza di Jessica.
"Lì c'è un pericolo certo" disse indicando i Ragazzi di Giornali che oramai avevano anche loro girato l'ultimo angolo e si dirigevano verso di loro, sciamando in sei come formiche, "Qui invece" concluse indicando la porta aperta, che dava su un buio insondabile "c'è un pericolo incerto, non sicuro"
Le altre ragazze tentavano, con grande delicatezza e gentilezza, anche sensualità, di spingere la studentessa ad entrare, senza però mai essere violente o spingere sufficentemente forte da spostarla veramente, erano più carezze che spinte.
-
Vai di conflitto!
Sfinimento si può aggiungere solo uno per volta o sbaglio?
Comunque vediamo come va...
La posta ovviamente è "non essere catturato"
Tobias ha tirato: D: 6 6 5, S: 5, F: 5 3 2 1, D: 5 4 4 2 2 1 1 (http://ncasdice.appspot.com/showroll?id=131661)
Brrr...che brutto tiro! Narra la dominanza quindi starebbe a me?
-
PS. assente fino a domenica per Mosquito
-
"Fanculo!" Sibilò Jessica. "Quindi ammetti che anche con voi belle mascherine non sono al sicuro... cosa mi cambia? non so quel che possono farmi loro e non so quel che potete farmi voi. Chissà, magari se usassi di nuovo il mio potere..." Jessica tentò il bluff... aveva capito che in qualche modo i nemici erano crollati per merito suo, ma non aveva la minima idea di come attivarlo. Volere fortemente di essere fuori dai guai stringendo lo zaino sembrava essere la chiave... Nel caso di grossi guai ci doveva provare. Era fra due fuochi ed aveva bisogno di capire da che parte scappare.
-
Leon Morgan
Tiro 4 dadi di follia e risveglio il mio talento per ritorcere la loro avidità contro di loro.
Leon Morgan ha tirato: D: 6 5 4, F: 6 2 1 1, D: 6 6 6 5 4 (http://ncasdice.appspot.com/showroll?id=132661)
Il giocatore vince 3 a 0, Il Dolore domina
Diavolo, questo volevo narrarlo io!
-
Jessica Denton
"A te la scelta Jessica, a te la scelta". Le quattro giovani donne entrarono in uno svolazzare di vesti bianco e crema, lasciando la studentessa sola davanti alla grossa porta di legno, con sei sciamanti strani bambini fatti carta che si dirigevano verso di lei...
-
Leon Morgan
Un'altra monetina per me
Le copertine si accavallavano intorno a lui, nel tentativo di estorcere qualche storia allo scrittore. Leon Morgan sfogliò gli eventi con chiarezza e decisione... con la mente quasi in trance si vide seduto alla sua scrivania, con un foglio nella macchina e le dita che correvano veloci
"E le copertine, mosse da una mano oscura, tentarono di accaparrarsi quel poco di buono che il nostro eroe ancora possedeva, ma lui era più forte di loro, sarebbe stato lui a prendere l'energia di quelle bestie immonde, a ricaricare il proprio spirito" erano le parole scritte sul foglio
Ma Leon non sapeva in realtà a cosa stava andando incontro... la sua mente fu un susseguirsi di immagini, di pagine scritte, di ricordi mai vissuti... Interi libri spazzatura ingolfarono la sua mente, intrecciandosi con quelle poche idee decenti che gli erano rimaste... tentò di resistere e di correggere ancora, fin quando gli era possibile, ciò che aveva scritto
Le custodie vuote caddero a terra inermi, mentre lo scrittore rimetteva il suo ultimo pasto su di loro. Con la testa ancora dolorante e il suo libro ancor più sepolto in mezzo a tutta la spazzatura che aveva ingerito, Morgan si rialzò lentamente in piede, per trovarsi di fronte all'uomo con la testa a penna.
"Ha creato abbastanza trambusto signor Morgan, gli scrittori di talento sono solitamente bene accetti in questo luogo, ma lei deve imparare a controllarsi e a controllare il suo saper scrivere... torni quando si sentirà pronto". Dicendo questo lo strano individuo lo accompagnò verso una porta
Narra i tuoi intenti ora, puoi seguire il suggerimento del bibliotecario e andare al collegio o indirizzarmi da qualche altra parte
Disperazione: 2 monete
Speranza: 0 monete
-
Jessica era in preda alla frustrazione.Seguì le ragazze e si chiuse la porta alle spalle stringendosi lo zaino davanti. Il suo desiderio più forte era quello di prendere un oggetto e rompere la testa alla ragazzina che aveva davanti. Nonostante la stessero aiutando lei si sentiva come un topo in trappola, ed era certa che le cose sarebbero nuovamente precipitate di li a poco. In quei ghigni falsi riconosceva le sue compagne di corso che spesso fingevano gentilezza, era solo ipocrisia. Le seguì in silenzio ma rimanendo a 2-3 passi di distanza, non voleva essere toccata e ignorava tutti i sorrisi che le rivolgevano. "Ma come cazzo fanno a non capire che non voglio la loro finta gentilezza? Non sono forse abbastanza chiara nella mia ostilità?" rimuginò.
-
A quella visione Tobias gridò, e fece un passo indierto, staccandosi da vetro, al cui interno vedeva ancora, ma sempre più sfocati, i movimenti dell'assassina intenta nel suo lavoro...Un velo rosso parve annebbiargli la vista, cercò di correre, di allontanarsi da quell'incubo, ma una mano si posò sulla sua spalla. Una. Poi due. Poi sentì di avere molte presenze intorno, che gli bloccavano ogni via di fuga, e non riusciva più a distinguerle, perchè quella polvere sempre più densa aveva un odore intenso, che dava alla testa, e sembrava cancellare tutti i suoi sensi.
<< Andatevene...>> implorò, cercando di allontanare quelle presenze da sè << voi non siete veri...voi non siete veri...>>
Altre mani immobilizzarono le sue braccia (o era lui che non riusciva più a muoverle?)
Poi calò il buio.
-
Leon Morgan
Leon barcollò attraverso la porta. Subito fu presa di un altro conato, ma il suo stomaco ormai vuoto non poteva rimettere altro, né poteva farlo la sua mente, che invece lo desiderava ardentemente. Si sentiva come se fosse stato costretto, come in Arancia Meccanica, a sorbirsi ore ed ore di soap operas sudamericane, teatro d'avanguardia interpretato da collegiali pretenziosi, e porno molto, molto scadente.
Facendo uno sforzo cercò di ricacciare tutto quel frastuono nel silenzio e di guardarsi attorno. Si trovava su un balcone, da cui aveva una visuale di una città immersa nella notte, ma non per questo meno rumorosa. La porta da cui era uscito era scolpita nella pietra, per assomigliare alle fauci aperte di un elefante. Un elefante con un monocolo, a dire il vero. Si rese anche conto che qualcuno aveva montato una passerella di legno tra l'edificio in cui si trovava e il tetto di quello vicino, che sembrava essere una pensioncina scadente, e da lì è come se partisse una sorta di sentiero, o di ragnatela di passaggi tra un tetto e l'altro.
Stava osservando e riflettendo, quando vide qualcosa muoversi, un paio di tetti più in là. Era la sagoma di un ragazzino! Sembrava più grande di Jason, ma un ragazzino sarebbe sicuramente stato un interlocutore migliore i quegli strani esseri nella biblioteca, no?! Se poi questa era l'uscita, Jason avrebbe sicuramente dovuto passare di lì. Decise di fidarsi della passerella e di corrergli incontro.
"Ehi, tu, aspetta!"
-
Jessica Denton
Entrando nella stanza rimase interdetta. Si trovava in un'ampio salone vittoriano, con un enorme lampadario di cristallo, muri ornati e addobbati con quadri d'autore, un lungo tavolo con un buffet pronto. Dalla finestra vedeva il buio della città, ma si trovava al terzo piano di un qualche palazzo, il che era strano visto che era entrata da una porta al piano terra. La stanza, eccezion fatta per la porta dalla quale era entrata, porta su cui era ora appoggiata la donna che l'aveva fatta entrare, aveva solo un'altra entrata, dalla parte opposta del salone.
"Siedi Jessica" disse una delle giovani donne, indicandole un gruppo di sedie dove alcune avevano già preso posto. Le ragazze avevano già iniziato a versarsi il tè, nel quale mettevano, con un cucchiaino, una strana sostanza rossastra dalla consistenza simile al miele.
Fu allora che Jessica si reste conto di qualcosa di assurdo... il buffet era composto di parti umane... dalla dimensione sembravano parti di bambini, forse giovani adolescenti
"Che fai, non ti servi?" sentì dire come in un sussurro suadente dalla giovane donna che ora le poggiava una mano sulla spalla, stringendo forte, come cercando di spingerla, ora senza alcuna delicatezza, a sedersi ad uno degli orridi tavoli
-
Tobias Rendal
Per un attimo lo psicologo non vide più nulla... si sentì prendere di peso, poi riuscì ad aprire gli occhi, ma era completamente paralizzato, non riusciva a muovere un muscolo.
Passarono davanti alle varie vetrate, nella quale potè sbirciare diverse scene... tutte scene di come lui si era immaginato si fossero svolti gli omicidi a cui stava collaborando, in tutte le scene una donna era l'assassina, ma in tutte le scene gli occhi di quella donna avevano qualcosa di assurdamente familiare, troppo familiare
Sentì una porta aprirsi ed entrarono in piccolo studio. Lo depositarono su un lettino, forse un classico lettino da psicologo d'altri tempi, almeno da quello che riusciva a vedere con la coda dell'occhio.
Tobias non riusciva nemmeno a parlare e ciò non lo rese certo tranquillo e in grado di rilassarsi sul pur comodo giaciglio.
Poco dopo qualcuno entrò nella stanza e si sedette dietro di lui; una voce femminile, sicura e decisa, interruppe il silenzio: "Bene dottor Rendal... fra qualche minuto potrà riprendere il controllo. Ci scusi per l'esperimento, ma dovevamoi capire quanto lei è cosciente delle sue reali possibilità qui a Mad City... e devo dire che mi ha un po' delusa"
-
Leon Morgan
Il bambino non si fermò e non degnò Morgan nemmeno di uno sguardo. Saltò rapido da un tetto all'altro. Lo scrittore tentò di stargli dietro come potè, fin quando non si rese conto di non avere la benchè minima idea di dove fosse finito. I tetti ora erano così vicini l'uno all'altro che non c'erano più passerelle ad unirli ed era praticamente impossibile vedere la città sotto. Lo spettacolo era più che surreale, con finestre e porte messe nelle posizioni più improbabili, come se qualcuno ne avesse migliaia, le avesse gettate da un'aereo per vedere come si andavano a mettere.
Lo scrittore perse definitivamente di vista il ragazzino che stava seguendo, e rallentò, cercando un modo di trovare una qualche via d'uscita da questo assurdo dedalo di tetti ed ingressi. Alla sua sinistra sentì un fruscio, un suono che gli era molto familiare, il suono di un foglio che viene accartocciato, un suono che negli ultimi giorni aveva accompagnato il suo tentativo di buttare giù due righe decenti. Si voltò e vide pezzi di giornali e di riviste che vorticavano rumorosamente, prendendo la forma di una mezza dozzina di ragazzini...
"Mmmmm... Ci siamo persi qualcuno?" disse uno di quegli strani esseri di carta. "Che ne dici se scriviamo un paio di pagine su questa storia?" chiese un secondo ragazzo, con una voce identica al primo e come se in realtà fosse stata la stessa persona a parlare.
-
Jessica barcollò, faticava a realizzare che stava succedendo davvero. Il suo sguardo si perse nel vuoto e poco dopo impallidì(più di quanto non fosse già chiara di suo), si appoggiò ad una sedia tentando di riprendere fiato. "Devo vomitare..." disse, mentre si dirigeva verso la finestra, come per cercare aria.
Quella che in principio era una sensazione di stizza divenne furia quasi cieca e mutò ulteriormente un turbine di emozioni fortissime. Lo spettro di sua madre era nuovamente lì con lei. La testa le pulsava violentemente e le gambe la reggevano a fatica. Dopo qualche istante ulteriore crollò a terra e rimase seduta contro il muro, respirando affannosamente.
-
Conosceva quella sensazione: l'impotenza. Era qualcosa che lo terrorizzava. Avrebbe voluto almeno gridare, ma non gli veniva la voce...era come se gli mancasse completamente il controllo sul proprio corpo.
E perchè quella voce lo chiamava per nome? Chi era? E cos'era Mad city?
Un flebile filo di voce, quasi impercettibile, riuscì ad uscire dalle sue labbra.
"...chi siete...dove sono...? Lasciatemi andare...."
-
Jessica Denton
"Su su Jessica, ora alzati" le diceva la donna mentre altre due l'alzavano di peso e la mettavano su una sedia.
"Adesso dobbiamo scegliere il piatto principale" continuò indicando un'altra Dama che portava con se due bambini di non più di dieci anni... stringeva le loro braccia con forza, tanto che si vedeva il braccino farsi rosso
"Io direi biondino in salsa di marachella e limone" disse battendo delicatamente le mani come una bimba emozionata "Che ne dici Jessica?". Mentre diceva ciò il bambino iniziò a singhiozzare ma fu immediatamente zittito da un malrovescio sul muso... un piccolo rigolo di sangue iniziò a colare
-
Tobias Rendal
"Si si... la lasceremo andare... lei ci serve sano... per ora... sa com'è, uno dei nostri esperimenti ci è sfuggito di mano... ma ora concentriamoci su di lei" continuò la voce che proveniva da vicino il lettino... il dottor Rendal iniziava a sentire l'intorpidimento diminiuire, iniziò a sentire che la punta delle dita comincivano a rispondere ai suoi comandi
"Lei deve migliorare... se vuole diventare un vero psichiatra, come me, deve imparare a non mostrare le emozioni, a non farsi coinvolgere. Guardi la mia espressione, nonostante io sia molto emozionato nell'averla qui, dal mio viso non traspare nulla"
Tobias Rendal riuscì lentamente e con grande sforzo, a voltarsi e a osservare la fote di quella voce. Vide una donna dalla corporatura rotonda ma non troppo, con un tailleur grigio che si fermava poco sopra le ginocchia. Ma non era certo il vestito o il corpo che colpì lo psicologo, fu il viso; un caschetto di capelli neri apparentemente immobili e scolpiti nel legno, contornava un volto piatto e vuoto, fatta eccezione per due punti neri al posto degli occhi, due punti neri al posto delle narici, un cerchio nero di un paio di centimetri di raggio al posto della bocca...
"Vede?" si sentì provenire da quel volto, senza che nulla si muovesse
-
ragazzi, aspettate un attimo, bisogna postare quando i link andranno al database nuovo, altrimenti appena cambia il DNS non li ritrovate più. per il momento copiate e salvate da qualche parte quelli che avete fatto tra ieri e oggi.
-
ma non c'è scritto che i lavori sono terminati?
-
Beh, quando l'ho scritto in Discussioni c'era ancora il database vecchio. Se non avete perso niente tanto meglio. :)
-
A Tobias sfuggì un grido, ma subito cercò di controllarsi: doveva "accettare" quello che aveva davanti, se voleva comunicarci...aveva sempre fatto così, e non era quello il momento di cambiare sistema.
"Non...è necessario" disse, cercando di parlare come se si trovasse davvero di fronte a una qualsiasi collega "O almeno...non lo è per me. E' proprio con le emozioni che faccio il mio lavoro. E' grazie a quelle che lo faccio meglio di altri. Io empatizzo con i miei pazienti, il distacco professionale è fuori dai miei metodi"
-
Jessica si lasciò riportare alla sedia, non oppose nessuna resistenza, il suo sguardo era ormai vacuo, assente. Non ebbe nessuna reazione alla situazione e non rispose alle affermazioni delle ragazze che erano con lei. L'unico segno di attività che aveva dato era quello di non aver molato il suo zaino e avero opposto fiera resistenza qualora avessero cercato di toglierlo dalla sua mano. La sua presa in quel momento era d'acciaio. Tutte le sue poche sicurezze erano in quello zaino. Dopo qualche secondo si riprese. Scosse la testa e portò lo zaino sotto il tavolo ai suoi piedi. Doveva fare un'altro tentativo per uscire di lì. Lentamente, con i piedi sdraiò a terra lo zaino e poggiò con delicatezza il piede destro sopra lo stesso, pronta a tentare di nascosto un trucco simile a prima. Nel frattempo cercava di distrarre le ragazzine mostrando la sua paura e giocando nervosamente col coltello che aveva vicino al piatto, come se dovesse da un momento all'altro usarlo come arma contro di loro. Lentamente schiacciò lo zaino sotto il suo piede sperando che questo facesse almeno del male alle ragazze, abbastanza da permetterle di spalancare la porta da cui era arrivata e fuggire.
Masteeeeer! quanto dolore ha questa situazione?
Jessica ha tirato: D: 6 3 2, F: 6 6 4 3 1 1, D: 6 6 6 4 3 3 2 1 (http://ncasdice.appspot.com/showroll?id=134661)
Il giocatore vince 5 a 4, Il Dolore domina
Vinco ancora io anche se con un margine scarserrimo. Moneta per te e narrazione tua.(menomale che non ha dominato follia XD)
La posta in gioco ovviamente è la mia fuga.
-
Sfuggire a cinque dame di scortesia (alla loro malizia e alle loro fauci) nel bel mezzo di uno dei loro tè pomeridiani è dolore 8
-
Leon Morgan
Leon, si grattò il naso come faceva quando era perplesso. Non gli era chiaro come da queste parti sapessero tutti di lui, ma se c'erano delle regole, accettarle il prima possibile sembrava la strategia migliore.
"Scrivere... su un giornale intendete? Perché no?" Jason sapeva leggere molto bene per la sua età. Un giornale avrebbe potuto capitargli tra le mani.
-
Tobias Rendal
Il dottore sentì che finalmente stava riprendendo il controllo del proprio corpo e che l'intorpidimento stava scomparendo.
La dottoressa scosse la testa. "Che delusione Dottor Rendal... che delusione... e io he mi aspettavo grandi cose da lei" disse la strana psichiatra, pigiando un pulsante che si trovava sul bracciolo della sua sedia. "Speravo vivamente che lei mio potesse aiutare a recuperare la donna-esperimento che ci siamo persi, ma se questo è il suo atteggiamento non credo che potremmo collaborare. Peccato, perchè avrei anche potuto darle qualche informazione su cose che le sarebbero certamente interessate molto"
Rendal riuscì faticosamente ad alzarsi in posizione seduta... oramai l'intorpidimento era quasi scomparso. Osservò meglio la dottoressa, notando un badge attaccato all'occhiello del tailleur, che riportava "Dott. Margareth Mayem, primario di psichiatria, neuropsichiatria, biopsichiatria, parapsichiatria, psicogenesi dell'incubo". Vide sul tavolo diverse carte e fascicoli, uno dei quali con il suo nome, "Tobias Rendal aka Tobires Renada"
Margareth Mayem... Mayem... questo nome sembrava dirgli quacosa, ma i suoi pensieri furono interrotti dalla porta dello studio che si apriva e da una di quelle strane infermiere dagli occhi cuciti e dalla pelle malata, che si avvicinavano a lei con le siringhe in pungo
"Ora si calmi" disse la dottoressa. La vista di Tobias Rendal si fece offuscata, sentiva tangibilmente la mente di lei che lo aggrediva con rabbia repressa e tentava di immobilizzarlo; in quella stanza si stava svolgendo un vero e prorpio confronto di personalità, mentre l'infermiera tentava di iniettarle qualcosa che lui sicuramente non voleva provare
Il primario del manicomio di Mad City con un'infermiera sono dolore 9. La posta è "sconfiggere la personalità della Mayem e impedire all'infermiera di siringarti" (il talento di sfinimento mi sembra applicabile se vuoi e sei daccordo)
-
Jessica Denton
Questa volta Jessica, cosciente in parte di quello che stava facendo, mantenne un controllo più saldo sul proprio potere. La testa del suo orsacchiotto venne schiacciata dal suo piede e nello stesso istante le Dame di Scortesia lasciarono cadere qualsiasi cosa portassero per stringersi il capo. Gemiti di dolore provennero da tutte e cinque, mentre la studentessa e i due bambini provavano solo un vago senso di capogiro. I bambini fecero per scappare, ma la dama accanto a loro prese la testa di uno e la sbattè contro lo spigolo del tavolo, uccidendolo sul colpo. A quel punto Jessica spinse più forte e le dame caddero a terra urlando, permettendole di afferrare lo zaino e scattare verso la porta.
Sentì un leggero dolore alla caviglia ma inizialmente non ci fece caso, aprì la porta e uscì, immaginandosi il cortile di prima... ma era invece in un corridoio austero, ornato di quadri antichi e busti di una donna inquietante. Lontani lamenti di sofferenza, bambini che piangevano disperati, arrivavano alle sue orecchie dalle varie porte che davano su questo interminabile passaggio.
Il dolore alla caviglia non accennava a calare, così Jessica guardò meglio e vide quattro lunghe lacerazioni, probabilmente lasciate dalle unghie di una di quelle donne d'incubo. Il sangue colava mpiamente sul calzino, sulla scarpa e poi a terra, lasciando una scia di sangue al passaggio
Disperazione: 3 monete
Speranza: 0 monete
-
Leon Morgan
"Il titolo potrebbe essere... qualcosa come 'FIGLIO DI RISVEGLIATO...' a proposito, il suo nome è? Comunque 'FIGLIO DI RISVEGLIATO PERSO PER MAD CITY E CATTURATO DALL'EDUCATRICE!'. Che ne dice? Questo le dovrebbe dare una settimanella prima che venga reso inutilizzabile... già, credo proprio che sarà un buon titolo e ne verrà fuori un bell'articolo"
Gli altri bambini di carta, ce n'erano 6 in tutto, annuivano vigorosamente, mentre i pezzi di carta che volteggiavano intorno a loro iniziavano a prendere la forma di un giornale appena stampato con il titolo così come descritto e la tua foto perplesso che guardi sui tetti e cerchi di capire qualcosa.
"Vedi? Si si, mi sembra proprio una bella prima pagina... ci serve il tuo nome per renderla migliore, ma anche così può andare in stampa... "
-
"Fanculo!" sussurrò con violenza la ragazza mentre si teneva stretta la gamba... "Mi hanno fatto male, rovinato la gamba e le mie calze preferite..." Voleva tornare indietro e fargliela pagare, ma quella follia durò solo un secondo, poi si rese conto che la fuga da quell'inferno era prioritaria. I gemiti dei bambini le stringevano il cuore, avrebbe voluto aiutarli, ma sapeva di non avere i mezzi ed in quel momento era pure ferita.Si trascinò fino alla prima finestra e guardò giù. La vista di tre piani di caduta senza nulla che potesse ammortizzare la scoraggiò immediatamente. aveva voglia di rannicchiarsi in un angolo e piangere, ma non era ancora il luogo e il momento. Si chiese se c'era qualcuno come lei lì nei dintorni, ma non si sarebbe messo a cercarlo. zoppicò lungo il corridoio cercando di essere silenziosa. Voltato l'angolo si accorse prima di essere vista che c'erano altre due ragazze con un ragazzino ai loro piedi, estremamente malconcio, ma ancora vivo. Discutevano della muscolatura di lui e sul fatto che andasse bollito vivo per ammorbidirla per bene, di modo che a tavola risultasse tenero. Lui ebbe un moto di ribellione, tentando di mordere la caviglia ad una di loro, ma l'altra gli bloccò violentemente la testa a terra con un piede.
Jessica aveva osservato la scena col cuore che le batteva fortissimo. SI schiacciò contro il muro nella speranza che le due non venissero dalla sua parte e non ne arrivassero altre.
Mi son permesso di aggiungere dei particolari che possono rimanere come colore o ritorcermisi contro. se non ti va cancello il pezzo e mi limito alla mia azione.
nel frattempo è lì, usalo come credi :P
-
Jessica Denton
D'improvviso entrò in scena una signora, una maestrina; il sobrio vestito nero, con il bavero di pizzo bianco, risaltava accanto ai vestitini bianchi merlati delle due dame di scortesia; sarebbe sembrata una perfetta e dolcissima nonnina, se non fosse stato per gli occhi completamente neri, senza iridie e senza pupille, un pozzo di morte.
La donna stringeva un'asta di legno, come quelle che i maestri di una volta usavano per bacchettare le dita dei bambini. Sollevò il braccio e colpì con incredibile violenza il volto di una delle due dame; il labro si lacerò e il sangue schizzò e poi colò a imbrattare il vestito bianco, mentre la ragazza rantolava indietro appoggiandosi alla parete per non cadere
"Qui! In corridoio!! Come della bambine disobbedienti!!!" urlò la donna con una voce stridula, fastidiosa. "Ora portate il bimbo in camera sua e tu" disse rivolta a quelle a cui aveva appena spaccato la faccia "Dopo che hai sistemato quella ferita torna qui a pulire"
Infine Jessica sentì qualche passo verso di lei e poi quella voce, questa volta più calma e suadente. "Jessica, seguimi nel mio studio"
-
La giovane Jessica trasalì. Il terrore era ormai troppo per essere gestito razionalmente si sporse verso il corridoio dove vedeva la signora allontanarsi. Non fu in grado di opporsi oltre, non riusciva a vedere vi d'uscita da quell'incubo e la seguì senza resistenza di sorta. camminava come fosse quasi in trance pur zoppicando, fissando la schiena dell'anziana dama. "Mi hanno rovinato le mie calze preferite" disse senza nessuna nota di emotività nella voce. La resa era palese.
-
Leon Morgan
Leon osservò il giornale che stava prendendo forma, e si rese conto che mancava la data.
"Ma... quindi questo deve ancora succedere o è già successo? Dove posso trovare l'Educatrice? Per caso al collegio di cui ho sentito parlare?
-
La mia posta è: "liberarmi di loro e scappare"
Alzo di uno lo sfinimento ed uso il talento di sfinimento uso maggiore
Tobias ha tirato: D: 4 4 1, S: 4 1, F: 5 4 3 3, D: 6 5 5 5 4 4 3 2 1 (http://ncasdice.appspot.com/showroll?id=130662)
Talento di Sfinimento: Uso Maggiore. +2 successi.
Il giocatore vince 6 a 3, Il Dolore domina
-
Jessica Denton
Jessica seguì la strana donna in un dedalo i corridoio, tutti ornati da quadri e busti della donna stessa. Madre Quando entrò in una stanza al cui centro c'era una scrivania con una sedia per lato. I muri erano tutti e quattro un'immensa libreria, tanto alta da non poterne vedere il soffitto e stracolma di centinaia, forse migliaia di libri. Su ogni libro Jessica notò come titolo il nome e il cognome di qualcuno.
Madre Quando si sedette, indicando a Jessica di fare altrettanto. La signora batteva ritmicamente le dita su un libro posato sulla scrivania, dal titolo "Jessica Denton"
"Bene Jessica, ora serve che inizi a comportarti da ragazza matura e ci aiuti a ritrovare tua madre, visto che abbaimo urgente bisogno del suo aiuto"
-
Leon Morgan
"No no... appena lo mandiamo in stampa vuol dire che l'Educatrice l'ha catturato, al che avrai una settimanelle di tempo prima che tuo figlio venga ridotto in uno stato inservibile"
Il ragazzo di giornali faceva cenno di si con la testa mentre parlava.
"E ancora no" continuò il bambino di carta "L'educatrice non sta al collegio, ma è lì che di solito consegna i bambini dopo che ci si è divertita... lavora per Madre Quando"
-
Tobias Rendal
Lo psicologo sentì la personalità dell'essere di fronte a lui cercare di aggredirlo, di entrare nella sua mente, di controllarlo, mentre l'infermiera si avvicina minacciosa con la siringa in mano. Il Dottor Rendal parlò con voce calma, suadente... e questo indebolì la forza d'impatto del suo interlocutore, che pareva stranamente interdetto dalle parole rassicuranti che sentiva...
Tobias prese la palla al balzo e scattò verso la porta, uscendo rapidamente dalla stanza, correndo giù per il corridoio... con uno strano e intenso dolore dietro la schiena. Si fermò un secondo... cercò di toccarsi lì dove sentiva dolore... e trovo una siringa piantata fino alla base dell'ago... Stupito del fatto che non avesse toccato qualche organo vitale, se la tolse delicatamente, sopprimendo un urlo di dolore
-
Riprese a correre. Per quanto ne sapeva - o non ne sapeva - un'altra di quelle figure da incubo poteva sbucare fuori da qualsiasi angolo.
Non aveva più neppure la cosienza se quello fosse un sogno o la realtà: non aveva più importanza. Se era un delirio della sua mente, era abbastanza realistico da provare un forte impulso di difendersi.
Poi un ricordo.
C'era un bambino, in quella stanza!
Cercò di guardarsi in giro, e ritrovare il luogo da cui quei medici lo avevano portato via privo di sensi.
-
Jessica non fu sicura di quello che aveva appena udito. Guardò l'anziana signora con estremo stupore. "M-mia madre? Aiuto?" Chiese sinceramente.
"I-io... tutto quello che so è che due giorni fa, quando sono scappata, era a casa." Era estremamente inquietata dalla donna, sentiva un fortissimo pericolo venire da lei e non osò opporsi pur avendo ripreso un po' di coscienza. "M-mi è parso d'averla vista a quella strana festa alla villa... insomma dove mi hanno trovata L-le ragazze... Ma non ne sono affatto c-certa. Non s-so molto su dove sia adesso... e sinceramente non credo nemmeno di conoscerla più così tanto adesso... L'unica cosa che credo di poter fare per trovarla è farvi da esca. Son sicura che mi sta cercando..." Jessica era una ragazza piuttosto sveglia e intelligente, nonostante il suo fisico delicato e fragile sapeva cavarsela sempre con trucchi e astuzie basate sulla sua estrema abilità empatica... sapeva che corde toccare coi suoi interlocutori in modo istintivo e si lasciava guidare molto dal suo intuito, che finora non l'aveva mai tradita. Ora doveva provare a giocare lei d'anticipo per non avere delle brutte sorprese, ma sapeva che con questa donna non sarebbe stato come con delle stupide ragazzine.
-
Leon Morgan
Leon inclina la testa, perplesso per un istante, mentre un'idea comincia a farsi strada nella sua testa.
"Quindi quello che scrivete... succede. Benissimo. Scrivetelo. Però, voi siete dei professionisti, giusto? Quindi il vostro giornale deve informare. Sapete come funziona, vero? Chi, cosa, dove, quando, come e perché. Ma soprattutto dove. Voi non vorreste mai che il vostro lavoro venga considerato impreciso o scadente. Altrimenti, sarei costretto a rivolgermi alla concorrenza..."