[cite]Autore: p[/cite][p]Sì, è una cosa che ronza in testa anche a me da un po'.
Avevo anche il titolo, "Off Stage!". :-)
Ne parliamo un po' qui?[/p][p]Io sarei per puntarlo sul narrativo/jeep. In linea di principio.[/p][p]Ciao
Lollo[/p]
[p]Attenzione: dire "jeep" e' fare riferimento ad un armamentario di tecniche, e di obiettivi, piuttosto circoscritto.[/p][p]Non che ci sia niente di male nel circoscrivere; anzi, e' proprio quello che si sta a cercando di fare in questa fase, per le ragioni che abbiamo chiare tutti. Pero' se ci si circoscrive a qualcosa di cosi' ben definito, piu' che un'evoluzione compiutamente coerente di On Stage si ottiene un Jeepform. Un genere che ha indiscussi meriti e che incontra anche i miei gusti personali, ma che e' gia' esistente - e addirittura formalizzato - indipendentemente da On Stage.[/p][p]Mentre credo che sarebbe piu' interessante, e forse anche un po' lo scopo della proposta, provare a immaginare dove sarebbe potuto andare On Stage, quasi autonomamente, se ci si fosse voluti maggiormente concentrare su qualcuno dei suoi aspetti.[/p][p]Nota che questo non esclude che si finisca per andare proprio in direzione del jeepform, in ogni caso, e io e te lo sappiamo bene. "Nero come il cuore" era un esperimento (di gioco, non di design) nato in buona parte su queste premesse (rimuovere gli elementi esplicitamente gamisti da On Stage, per concentrarsi di piu' su alcuni aspetti narrativi e piu' segnatamente propri del palcoscenico). E ha finito per essere qualcosa che pur non essendo Jeepform (non era nemmeno una cosa compiuta), ne' avendo il jeepform tra i riferimenti degli autori, lo ricordava - come hai fatto notare tu per primo - sotto qualche punto di vista.[/p]
Punti di merito che riconosco a On Stage!:
- il fatto che incoraggia una decostruzione/ricostruzione delle storie. Molto spesso, nel momento in cui ci si mette a scrivere uno scenario, si effettua una scomposizione di quel mondo narrativo. In pratica la storia originale (libro, film, ecc.) è solo *uno* dei possibili esiti di una premessa iniziale. Il gioco divertente, per l'autore, è cercare di risalire al 'brodo primordiale' che ha generato la storia effettiva, e dis-assarlo in modo che possa condurre a esiti anche molto differenti. On Stage! è così fin dalla "ambientazione base" del mondo scespiriano: da tutte le opere di Shakespeare sono stati astratti archetipi, luoghi, oggetti e situazioni, che poi possono essere rimescolati (attribuendo per esempio il carattere di Iago ad Amleto).
- il ragionare per scene.
- il concedere un forte potere autorale al giocatore che fa da controllore di scena. Ci sono state partite in cui il Regista non faceva nulla o quasi, se non dirimere i confronti.
- il suo essere estremamente flessibile per le storie più disparate.
- le carte. :-) Su questo probabilmente sono in minoranza. Eppure trovo molto divertente il loro uso quando riescono a inserire un elemento imprevisto-ma-coerente con tutto il resto. Mi scocciano invece le Frasi Fatte che chiudono una scena, o fanno arrivare un terremoto dal niente, o fanno scomparire un personaggio su cui volevo costruire una scena.
- il suo essere molto flessibile anche come forma, dal gioco al tavolo a quello in piedi a quello su un palcoscenico.
Cose che non mi piacciono di On Stage!:
- l'asta. E' lunga lunga lunga, spesso conduce a esiti che nessuno desidera (es. ha la scena uno che non se ne fa nulla, oppure qualcuno non ha MAI il controllo di scena).
- le abilità quando sono un mero bonus numerico. Mi piace molto invece quando diventano un sostegno all'interpretazione. Per esempio nel nostro "La storia fantastica", Marzia Possenti e io inventammo l'abilità "Duellare con brio", che ti dà sì un consistente +5 alla Lotta, ma solo se inframmezzi i colpi di spada con sagaci considerazioni contro il tuo avversario. :-)
- il fatto che pressoché tutte le partite che ho fatto (salvo una delle ultimissime, un "Essere Giulio Cesare" all'ultima ModCon, da brivido!) si siano risolte spesso in vacca. Cioè prendendosi un po' in giro, dissacrando la storia, parodiandola, anche. Non so se questo sia intrinseco al fatto che si sta decostruendo una storia già esistente e quindi un certo grado di distacco, di "ironia postmoderna" (concedetemelo) è inevitabile.
- la disparità spesso molto marcata di presenza in scena. Si può realizzare lo scenario più bilanciato possibile, ma va sempre a finire (specie se i giocatori sono più di 6) per tenere qualcuno un po' ai margini. Io risolvo quasi sempre con un intervento da Regista dicendo "ehi, Otello è un po' che non entra in scena, chiamatelo!", ma sento che è un palliativo e anche una forzatura. Mi direte che ci sono fior di giochi (es. AiPS) in cui questo non accade; ma a me, *specie* per una one-shot, non piace.
Cose che mi soddisfano quando gioco a On Stage! (suppongo che da queste parti la chiamiate "Creative Agenda"?):
- arrivare alla fine del gioco con una storia compiuta, che ha sciolto tutti i fili. Non mi piace quando restano delle cose in sospeso, tanto che spesso come Regista ho aggiunto (o, come giocatore, ho richiesto) un post-epilogo in cui raccontare tutto questo.
- quando una scena è breve ma intensa e si chiude con un cliffhanger.
- quando i personaggi mettono in scena cose che hanno un significato per noi spettatori che conosciamo la storia originale, cosa che me la rende se possibile ancora più ricca; un po' come se stessi vedendo come sarebbe potuta andare diversamente.
- quando ogni giocatore gioca non per "vincere" ma "gioca per lo show". Non tutti sono in grado di chiamare in scena il proprio acerrimo nemico più forte in Lotta! Ma se questo porta a una bella morte per il mio personaggio, io lo apprezzo - sicuramente di più che non usare mille sotterfugi per schivare la presenza in scena.
In realtà ho giocato a partite assolutamente goal-oriented altrettanto divertenti, perché i giocatori avevano quel surplus di interpretazione che rendeva l'insieme molto gustoso. Credo che potrebbe funzionare anche in questo modo. Con Francesco Iori, quando scrivemmo il live scespiriano "Domani nella battaglia pensa a me", partimmo dall'idea iniziale di una "Royal Rumble" (letterale ^__^) in cui i personaggi entravano in scena sorteggiati a caso e il pubblico doveva decretare quale di essi dovesse abbandonare il palco.
Riassumendo, per quanto mi riguarda, credo di essere fortemente orientato alla costruzione di una storia. Al tempo stesso però mi dispiacerebbe abbandonare quell'elemento molto giocoso della "combinatoria casuale" tra vari elementi.
A voi cosa piace e cosa non piace? Che cosa vi lascia soddisfatti al termine di una partita di On Stage!? Propongo di partire da qui.
Ciao
Lollo