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[SLOW DOWN] Editoria italiana GDR - Split da "Gioco dell'anno"
mechvigiak:
Premetto per chiarezza che su molte cose, avendo parlato con molti negozianti (tra cui quelli di Stratagemma, i Milanesi, i Torinesi), editori e distributori mi ritrovo su molte delle osservazioni di Danilo.
Mi sono perso su alcune osservazioni. Da un lato mi sembra che un premio che dia un indirizzo anche al mercato oltre che agli utenti finali sia auspicato, dall'altro non si vorrebbe che tenesse conto delle loro esigenze. Da un lato si vuole saltare la filiera che arriva ai negozi e dall'altro ci si lamenta che i negozi non tengono quello che ci piace. Da un lato si dice che certi modelli sono vecchi e stantii, dall'altro si vorrebbe che gli stessi divulgatori del vecchio e stantio facessero una rivoluzione culturale e abbracciassero il cambiamento in nome della cultura (non necessariamente della sostenibilità economica).
Possiamo ragionare di modelli possibili invece che per crociate ?
anche gli autori indipendenti sono passati tramite i negozi, o no ?
credete che l'unica via sia Kickstarter ? io no.
credete sia Lulu ? io no.
credete sia ebay? io no.
l'associazionismo? io no.
perchè gli indie/narrativi vendono praticamente solo a Lucca ?
Qual'e' il target di copie vendute per un prodotto di successo secondo voi ?
Tre aggettivi per un gioco di ruolo di successo (economicamente parlando) ?
Se non partiamo da un'idea di riferimento diventa difficile parlare dei problemi dell'editoria e del mercato in Italia (e in un secondo momento passare a quelli internazionali).
Moreno Roncucci:
Andrea, quella che a te pare incoerenza, è semplicemente il parlare di due settori diversi, di due mercati diversi, di una mezza dozzina di aspetti di vendita, considerandoli cose separate.
L'atteggiamento opposto, quello di considerarli tutti la stessa roba, e che quindi "D&D ha ragione perchè vende più di Cani nella Vigna" mi pare uno sterile chiudersi a riccio a difesa dell'esistente, un po' come qualcuno che evitasse ogni critica alla gestione della finanza statale italiana perchè comunque la banca d'Italia ha più soldi di uno che crea artigianalmente e vende statuine di legno via internet. E con quest'ottica, ho sentito affermazioni tipo "anche se con il tuo commercio di statuine guadagni bene e hai un attività in crescita, in realtà sei un fallito, perchè non sei un banchiere, come quello che hanno messo in galera l'altro giorno per bancarotta"
I principi generali sono gli stessi (è meglio guadagnare di più, è meglio risparmiare sulle spese, etc.), la situazione completamente diversa. Il banchiere fallito ha fallito nei principi basilari, anche se ha in tasca molti più soldi di quanti l'altro potrà averne in una vita, perchè quei soldi non li ha prodotti, se li è ritrovati in banca quando l'hanno assunto.
Questo è D&D (e per estensione, tutti i simil-D&D tipo Vampire): un gioco che viene presentato da un sacco di gente come l'esempio perfetto di prodotto vincente, che tira, perchè vende molto di più di Cani nella Vigna. Perchè fanno il confronto fra i soldi nelle casse della WotC (fatti con Magic) o della Hasbro (fatto con un sacco di altri giochi) e ignorano con nonchalance il piccolo fatto che, notoriamente, D&D è in perdita da anni, e che praticamente ogni anno c'è il "licenziamento natalizio" di un sacco di gente per abbassare le spese e ridurre questa perdita.
D&D è un prodotto che nel 1982, in un singolo anno, ha avuto un incasso dichiarato di 24 milioni di dollari, con i manuali che costavano 15 dollari l'uno e pochissimi moduli pubblicati a 5-7 dollari l'uno. Questo in un solo anno. Fai un po' i conti. Non la chiamavano "D&D craze" per niente... poi ci credo che ha attirato l'attenzione dei fondamentalisti religiosi. Era PER FARSI PUBBLICITA attaccandosi A QUANTO ERA FAMOSO D&D.
Cosa è rimasto di questo? La TSR ha rischiato di fallire già 3 anni dopo, con le vendite in picchiata verticale, bruciando in pochi mesi tutti i guadagni precedenti, e per salvarsi dal fallimento hanno iniziato la politica di spremitura dei fans. Con quella è riuscita a tirare avanti per un altra decina d'anni, ma alla fine è fallita comunque. Con una fetta di mercato che era ancora più grande di quella di tutti gli altri messi insieme, ma non è bastato.
Quando un prodotto ha le vendite che precipitano per più di 20 anni (con qualche ripresa momentanea ad ogni nuova edizione, senza mai recuperare pienamente le vendite precedenti), quando una ditta va avanti alternando fallimenti e licenziamenti e vendite di pezzi di società, io non lo chiamo "va tutto bene". Lo chiamo "la barca affonda", e vedo che non c'è alcun interesse a non farla affondare (anche perchè la Hasbro ha tanti di quegli altri giochi che puo' vendere al suo posto) non mi pare una politica commerciale da prendere ad esempio dicendo "tutti dovrebbero fare così".
Per me, a parte i problemi di pessimo design, pubblicazioni mai playtestate, testi incoerenti, flooding del mercato per spremere la gente, etc, c'è un problema di fondo: quel tipo di mercato è FOLLE già di suo, intrinsecamente. Un gdr non è un romanzo. Una persona non è che compra un manuale tipo D&D alla settimana e poi riesce ad usarlo. Per questo quando hanno dovuto riempire il mercato di cartaccia per sopravvivere hanno puntato al collezionista, a quello che vuole avere tutti i moduli geografici del Forgotten Realms anche se ne userà al massimo un paio: anzi, il loro cliente ideale è il COLLEZIONISTA NON GIOCANTE, così non hanno nemmeno problemi di giocabilità o di disaffezione del pubblico.
Il gdr non può essere (a lungo, almeno) un editoria periodica, tipo il lettore di Tex che si compra 110 pagine tutti i mesi, perchè un manuale di un gdr non si "usa" leggendolo al gabinetto, ma giocandolo per mesi o anni!
Questo è il problema di D&D, e dei pochissimi altri nella sua situazione: hanno ancora un vastissimo parco di giocatori, ma non riescono più a guadagnare abbastanza vendendogli prodotti. E quindi molti chiudono, falliscono, dimostrandosi realtà molto più fragili di quelle indie.
La situazione di un autore indie è completamente diversa. Opposta. Gente che fa altri mestieri, che si scrive gdr nel tempo libero, li vende senza grandi campagne pubblicitarie, e ha vendite generali in continuo aumento (anche se il proliferare di nuove pubblicazioni indie ha reso più esasperata la concorrenza, non sono più i tempi in cui tutti compravano tutto). (questo ovviamente parlando nel mercato USA, la situazione italiana è più complicata). In cui gli autori di punta guadagnano DI PIÙ di quanto guadagnano quelli che scrivono i manuali di D&D. È un settore in crescita e in attivo, e proprio per il fatto di non avere le strutture della WotC, è praticamente indistruttibile: al limite se qualcuno decide di smettere di pubblicare un manuale lo mette in scaricamento gratuito o in creative commons, ma non va a fallire, non ci sono sequestri di magazzino, giochi introvabili per anni, etc.
Come ha detto Danilo, questi sono i fatti. Da cui si possono trarre conseguenze diverse.
È possibile per esempio guardare alle vendite residue a cui si è accartocciato il vecchio D&D, lontanissimo dai fasti del passato, e dire "vende ancora un sacco, significa che va tutto bene, bisogna fare tutti come lui"
È possibile invece magari guardare a come un pessimo design (e questo lo metto fra i fatti oggettivi, per favore non prendiamoci in giro) abbia contribuito a far perdere continuamente giocatori a D&D (basta pensare a quanto è costato, in termini di diffusione del gioco, il peso del lavoro sul GM... solo l'unico io a conoscere un sacco di gente che non gioca più perchè "non trovano nessuno per fare il GM" e hanno (giustamente) zero voglia di farlo loro, tanto da preferire non giocare?), e quanto invece l'eccezionale design di molti (non tutti) i giochi indie abbia creato un mercato fiorente in una situazione ambientale di totale ostilità, e vedere come, come sempre, "il sistema conta". E da lì, partendo dal principio generale, dire che se fosse scritto bene, se fosse un gioco fatto con tecniche migliori e più moderne, D&D tornerebbe ad avere successo e a far guadagnare l'editore.
Forse ti stupirà, ma io considero sbagliate entrambe queste visioni. Cioè anche la seconda. Presentano lo stesso errore: NON presentano quella che chiami "incoerenza", e partono dal presupposto che la formula sia unica per entrambe le due situazioni.
La prima conclusione è quella ovviamente più assurda, con gente che è convinta che basta far giocare più gente a D&D, che è il gioco giusto, e in breve si tornerà a vendere milioni di copie. Ma anche la seconda fa lo stesso errore, ma a rovescio: invece di guardare agli indie con gli occhi di qualcuno che non riesce più a distinguere fra copie invendute in esposizione e successo, si ha qualcuno che ritiene che visto che un buon gioco dall'ottimo design può passare a vendere da 100 a 500 copie, allora in quel modo si può passare da mille ad un milione di copie e far tornare D&D alle vendite di prima...
No, non c'è design al mondo che possa salvare il modello commerciale tradizionale dei gdr, è semplicemente suicida. Certo, dal punto di vista del commerciante, specie di chi se ne sbatte del vendere gdr o card, o di chi è tanto affezionato ai vecchi gdr che preferisce vederli morire che cambiare, può benissimo convenire spremere fino all'ultimo D&D, fare più soldi che puoi in quella maniera, e poi quando chiudono o non rendono più, smettere semplicemente di venderli (per questo motivo mi pare davvero strano che un premio per i gdr guardi di più al punto di vista dei commercianti che a quello dei giocatori, i commercianti fra tutti gli anelli della catena sono quelli che hanno meno interesse a far sopravvivere i gdr...)
Cosa fare allora? È qui che le risposte divergono, e la varietà di opzioni sembra "confusione", quando in realtà è semplicemente rendersi conto che si parla di domande diverse.
Qual è lo scopo? Qual è la minaccia terrificante che vuoi sventare? La scomparsa dei manuali di gdr dai negozi? A me non farebbe nè caldo nè freddo, ad altri sembrerebbe una catastrofe. Ovvio che le soluzioni divergono.
Vuoi mantenere i gdr nei negozi, a tutti i costi? O vuoi che siano più giocati, da più persone? (le due cose NON sono collegate, i giochi più giocati al mondo non li vendono nei negozi, vedi la briscola). O vuoi giochi migliori in assoluto, e chi se ne frega chi li gioca? O vuoi che siano ottimizzati i guadagni, anche magari con meno vendite? Cosa vuoi? La risposta a queste domande non può essere la stessa
Il problema del premio di Lucca a me pare che non ha ancora capito che sono domande diverse, e ha creduto di poter dare un unica risposta a tutte. Solo che così la risposta era quasi sempre sbagliata.
La scelta di un mattone ingiocabile legato a WH40K mi fa pensare che la risposta fornita sia stata quella alla domanda "come facciamo a spremere un bel po' di soldi in più dai fans di WH40K che abbiamo gia in negozio?", e la cosa mi lascia come ho detto perplesso perchè è la domanda dalla risposta più facile per i commercianti di gdr, non fanno altro da anni.
Felix:
molto interessante, grazie Moreno! Però avrei una domanda. Come mai Pathfinder sembra non andare verso la stessa sorte di D&D della TSR che hai invece descritto nel tuo intervento? Mi pare che la Paizo venda parecchio e Giochi Uniti, in Italia, punti molto sul gioco; per intedersi, come si punta su un gioco che vende.
mechvigiak:
sempre per contribuire alla discussione, rispetto a quanto dice Moreno mi chiedo come leggere Sine Requie. A me il design della prima versione piaceva di più, ma e' la seconda che ha venduto di più e i cui numeri sono un fenomeno tutto italiano. Quale e' stata la scelta vincente (commercialmente) ?
Poi per rispondere agli stupori suscitati da Moreno ti dirò che personalmente sono più per un buon design e per un modello di gioco alla 'briscola', so però che senza un porta di entrata non ci sono nuovi giocatori che alimentino il settore, e il principale elemento di ingresso rimane il negozio (anche per le associazioni e i gruppi ricchi di iniziative).
Alessandro Piroddi (Hasimir):
Negozio come elemento di ingresso... e in virtù di cosa?
Io parlo di quanto vedo io, per cui potrebbe essere una mia miopia... ma non ho mai saputo di gente che inizia a giocare di ruolo perchè frequentando un negozio di gcc, di fumetti, di miniature, di gdt... ha deciso damblè di agguantare un tomo hardcover e pagare 30€ per mettersi poi a studiarlo.
La mia esperienza è che si comincia a giocare:
MOLTO - giocando con amici che già giocano, te ne parlano e ti coinvolgono
POCO - parlando con amici che già giocano, te ne parlano e ti coinvolgono
imho la cosa che fa iniziare a giocare è il fatto di avere giocatori a portata di mano che ti facciano toccare il loro entusiasmo, o che possano farti sfogare il tuo.
E in questo non aiutano i negozi, aiutano le associazioni, le convention, i social-network.
I negozi aiutano SE il negoziante (o chi per lui) si sbatte a dedicare tempo ed energie per rendere il suo negozio anche un luogo dove poter giocare... e quindi aggregarsi e confrontarsi e contagiarsi.
Ma spazio e tempo sono risorse tanto quanto il denaro e la scaffalatura: quanti negozianti si sbattono per organizzare serate gdr piuttosto che i molto più remunerativi tornei di GCC e Miniature?
Prontissimo ad essere smentito eh!
Ma per ora la vedo così.
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